TAR Palermo, sez. II, sentenza 2009-11-20, n. 200901823
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Testo completo
N. 01823/2009 REG.SEN.
N. 02730/1995 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2730 del 1995, proposto da OR DA, GU AR ET, GU AN, GU OR e GU LL, in qualità di eredi di GU NI, rappresentati e difesi, giusta procura a margine della memoria di costituzione in riassunzione, dall'avv. prof. Sergio Agrifoglio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Palermo, via Brunetto Latini 34,
contro
- il Ministero di Grazia e Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Stato, domiciliata per legge in Palermo, via A. De Gasperi 81;
- l’Istituto Nazionale Previdenza Dipendenti Amministrazione Pubblica (Inpdap), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio,
per l'annullamento del provvedimento 8767 del 2 giugno 1995, con il quale l’Amministrazione ha dato inizio al recupero della somma - percepita dal ricorrente in forza di una sentenza del Tar Palermo n. 2363 del 24 ottobre 1984 – mediante recupero sulla indennità di buonuscita
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia (già Ministero di Grazia e Giustizia);
vista la memoria di costituzione in riassunzione depositata il 5.8.2009;
visto il “ foglio di lume” depositato dai ricorrenti il 20.10.2009;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 21.10.2009 il Referendario dott.ssa AR Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. Con atto notificato il 29 giugno 1995, il dott. NI NO, magistrato ordinario, esponeva di aver già proposto ricorso al Tar Sicilia nel 1984, al fine di sentir dichiarare il proprio diritto ad avere riconosciuti dal datore di lavoro (Ministero di Grazia e Giustizia) sei aumenti periodici figurativi sullo stipendio base della qualifica posseduta alla data del 1 gennaio 1979, e per sentir condannata l’amministrazione resistente al pagamento della somma così dovuta, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a far data dalla maturazione del credito fino al soddisfo.
La sua richiesta veniva accolta con sentenza 2363 del 24 ottobre 1984, avverso la quale il Ministero proponeva ricorso in appello innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa.
Tale appello veniva dichiarato perento con decisione n. 161 del 15 aprile-2 giugno 1992, che pertanto passava in giudicato nel 1993 e per effetto della quale al ricorrente veniva corrisposto quanto dovuto.
Tuttavia, nel 1995, il Ministero emanava il provvedimento in epigrafe impugnato, comunicando che in base all’art. 10, comma 2 della legge 425 del 1984 la somma netta versata, pari a Lire 53.582.174, sarebbe stata recuperata sulla indennità di buonuscita-
2. Avverso tale provvedimento il dott. NO spiegava ricorso sulla base di due motivi.
In primo luogo, lamentava la violazione dell’art. 10 comma 2 legge 6 agosto 1984 n. 425 siccome interpretata dalla legge di interpretazione autentica 24 dicembre 1993 n. 537, art. 3 comma 64, che, di fatto, aveva consentito il recupero delle somme corrisposte ai magistrati ordinari per effetto della equiparazione del loro trattamento economico a quello dei magistrati contabili (art. 9 legge 97/79 e art. 3 lett. d) della legge 1308/1961 e art. 10 della l. 1345/1961).
Infatti, in ordine al contenzioso generato dalle richieste di adeguamento pendenti davanti ai tribunali di tutta Italia, la legge 425/1984 all’art. 10 aveva dichiarato estinti i giudizi pendenti, prive d’effetto le sentenze non ancora passate in giudicato e disposto il recupero delle somme erogate a seguito di provvedimenti giudiziari già passati in giudicato, tralasciando, tuttavia, di considerare la peculiare ipotesi in cui il giudicato si fosse formato “dopo” l’entrata in vigore della legge 425/84 senza che si fosse generata alcuna estinzione del processo: appunto, il caso di giudizi amministrativi pendenti al 1984, non estinti (in quanto comunque esisteva una sentenza di primo grado) e passati in giudicato solo all’esito del termine di perenzione. In questi casi, infatti, l’Amministrazione era stata costretta a pagare le somme richieste.
Per porre rimedio alla suddetta situazione, il legislatore aveva emanato una disposizione di interpretazione autentica (appunto, l’art. 3 comma 64 della legge 537/93) che rendeva applicabile l’art. 10 delle legge 6 agosto 1984 n. 425 anche ai provvedimenti giudiziali passati in giudicato dopo l’entrata in vigore della legge 425/1984.
Avverso tale disposizione il NO spiegava le proprie doglianze, ritenendola contraria ai principi sulla intangibilità del giudicato e, fatto ancor più grave, una legge-provvedimento mirata a colpire una sessantina di magistrati in tutta Italia.
2.1. In secondo luogo, il ricorrente lamentava anche il mancato avviso di avvio del procedimento di recupero, e quindi la violazione dell’art. 7 della legge 241/90, non potendosi considerare “atto vincolato” il provvedimento di recupero delle somme percepite in buona fede dal pubblico dipendente.
3. Il Ministero di Grazia e Giustizia si costituiva in giudizio.
4. Con memoria di costituzione depositata il 5 agosto 2009, gli odierni ricorrenti, in qualità di eredi del dott. NI NO, deceduto il 19 ottobre 1997, riassumevano la causa chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato,