TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-04-02, n. 202104018
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Pubblicato il 02/04/2021
N. 04018/2021 REG.PROV.COLL.
N. 08802/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8802 del 2020, proposto da
A S, rappresentato e difeso dall'avv. G P, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento, 11;
contro
Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui sono domiciliati
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Lecce, non costituito in giudizio;
nei confronti
Roberto T, rappresentato e difeso dagli avv.ti Aristide Police e Raimondo D'Aquino Di Caramanico, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, viale Liegi, 32;
per l'annullamento
degli atti con cui il Consiglio Superiore della Magistratura ha conferito l'Ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Lecce (vacante dal 4 febbraio 2019 – pubblicato con telefax n. 4457 del 21 marzo 2019. Fasc. n. 7/CO/2019) al dott. Roberto Giuseppe T e in particolare della relativa delibera CSM 29 luglio 2020;
del DPR di nomina ove intervenuto e di ogni altro atto presupposto connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del CSM con il Ministero della Giustizia e del dott. Roberto T;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice la dott.ssa L M;
Uditi, nell'udienza del giorno 24 marzo 2021, i difensori delle parti, in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 4 D.L. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 L. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 D.L. 137/2020, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Il dott. A S, magistrato di VII valutazione di professionalità, Presidente di sezione presso il Tribunale di Lecce, ha partecipato alla procedura bandita dal Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), per la nomina all’Ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Lecce.
Nella seduta del 29 luglio 2020, il predetto incarico è stato conferito al dott. Roberto Giuseppe T, dopo che dalla Commissione era pervenuta proposta anche in favore del ricorrente.
Il dott. A S ha, quindi, impugnato tali atti unitamente al DPR di nomina ove intervenuto.
Il ricorrente sostiene che la nomina impugnata sarebbe illegittima in quanto, a suo dire:
- la proposta in favore del dott. T sarebbe stata decisivamente motivata sull’aver ricoperto incarico direttivo (presidente della Corte d’appello di Lecce) assegnato però con atto annullato in via definitiva dal Consiglio di Stato con sentenza n. 97 del 4 gennaio 2019;
- in tale giudicato il Consiglio di Stato avrebbe anche rimarcato come il dott. T, nella relativa procedura, avesse taciuto una posizione di incompatibilità connessa alla professione forense svolta nel distretto da un suo congiunto - omissione che costituisce illecito disciplinare tipizzato dalla norma da punirsi nel minimo con la censura - il che precluderebbe al magistrato di concorrere ad incarichi direttivi come quello invece ora assegnato al T al vertice del Tribunale di Lecce;
- dalle tristemente note chat facenti capo al dott. P, il conferimento al dott. T dell’incarico direttivo risulterebbe espressamente far parte della deteriore spartizione correntizia (intercettazione P - F);
- la proposta in favore del dott. T avrebbe fatto applicazione dell’inconferente principio del “funzionario di fatto” che, invece, può essere utilizzato solo a tutela dell’affidamento dei terzi, giammai a favore del soggetto che ha beneficiato dell’illegittimo conferimento di funzioni come tale annullato dal GA;
- la proposta in favore del dott. T, risulterebbe carente di rapporto informativo da parte del capo dell’ufficio e il parere attitudinale del Consiglio giudiziario sarebbe stato emesso su convocazione e scelta del relatore operata dalle stesso T, in evidente conflitto di interessi e in violazione del dovere di astensione per di più in un momento in cui, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, egli non avrebbe avuto più titolo per svolgere le funzioni di presidente della Corte d’appello, essendo già stato nominato altro magistrato.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame l’Avvocatura dello Stato per conto del CSM e del Ministero della Giustizia, del quale ha eccepito il difetto di legittimazione, e il dott. T.
Alla camera di consiglio del 18 novembre 2020 la parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare instando per la fissazione dell’udienza di trattazione della causa nel merito.
In vista di tale udienza le parti hanno depositato memorie conclusive e all’udienza del 24 marzo 2021, sentiti i difensori delle parti in collegamento da remoto in videoconferenza, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.
I) Violazione art. 44 TU Dirigenza;violazione artt. 1 e 6 bis L. 241/1990;violazione art. 97 Cost.;violazione del dovere di astensione;conflitto di interessi;eccesso di potere.
La proposta di conferimento dell’incarico al dott. T sarebbe priva di “Rapporto Informativo di Capo di Ufficio” e presenterebbe un Parere Attitudinale espresso dal Consiglio giudiziario inficiato dal fatto che il Consiglio medesimo sarebbe stato convocato proprio dal dott. T, quando ormai non era più Presidente, il quale avrebbe anche nominato il Consigliere Relatore.
II) Violazione del giudicato portato dalla sentenza Cons. Stato n. 97/2019;violazione di legge;eccesso di potere.
La delibera sarebbe viziata anche perché il CSM non avrebbe tenuto conto che il Consiglio di Stato, con la citata sentenza, nell’annullare la nomina a Presidente della Corte di appello di Lecce del dott. T, aveva sottolineato che questi, all’atto della presentazione della domanda, aveva taciuto di versare in una situazione d’incompatibilità, derivante dall’esercizio da parte del suocero (avv. R M) della professione di avvocato nel distretto di Lecce (art. 18 ordinamento giudiziario).
Quindi, secondo il ricorrente, ai sensi dell’art. 37, comma 2, T.U. sulla dirigenza giudiziaria, ciò avrebbe precluso al dott. T l’accesso ad un ufficio direttivo o semidirettivo.
Inoltre il CSM, fermo restando il difetto di istruttoria e di motivazione e la violazione del dictum giurisdizionale, omettendo di fare rapporto agli organi titolari dell’azione disciplinare, avrebbe impedito anche il formarsi (con l’obbligatoria irrogazione nel minimo della sanzione della censura) dell’elemento preclusivo all’accesso ad incarichi direttivo quale è la sanzione disciplinare.
III) Eccesso di potere per carenza di istruttoria;nullità del parere attitudinale specifico espresso dal medesimo Consiglio giudiziario in data 20 maggio 2019 sul dott. Roberto Giuseppe T.
Il parere del Consiglio giudiziario sarebbe stato reso in presenza di gravi illegittimità procedimentali che ne determinerebbero la nullità provocando, a cascata, la mancanza di una condizione di ammissibilità della domanda (art. 44 TU).
IV) Eccesso di potere.
La delibera impugnata sarebbe illegittima perché valorizzerebbe eccessivamente l’esperienza del dott. T quale Presidente della Corte di appello di Lecce, la cui nomina è stata annullata dal Consiglio di Stato, così dando rilievo ad una esperienza quale “funzionario di fatto” che non rientrerebbe tra i parametri di valutazione.
V) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7- 13, 18, 25, 29, 35 T.U. dirigenza giudiziaria;violazione e falsa applicazione art. 12 D.Lgs. 160/2006.
Sarebbe illegittima la comparazione fra i due candidati la quale, ove correttamente condotta, avrebbe avuto come esito la prevalenza del ricorrente.
2. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di difetto di legittimazione del Ministero della giustizia.
Come di recente osservato dalla Sezione (sentenza n. 1461 del 4 febbraio 2021), il Ministro della giustizia non è estraneo al procedimento avente ad oggetto il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, ciò desumendosi dagli articoli 10 e 11 della L. 195/58. Ne discende che nel procedimento giurisdizionale che ha ad oggetto una deliberazione del CSM recante conferimento di un incarico direttivo o semidirettivo, il Ministro della giustizia è parte necessaria del giudizio.
Inoltre, ai sensi dell’art. 17 della L. 195/58 “ Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia ”, evidentemente in coerenza con la previsione generale contenuta nell’art. 110 della Costituzione, che attribuisce al Ministro Guardasigilli la cura dei servizi relativi alla giustizia, e in relazione alla necessità di dare certezza giuridica e pubblicità alle decisioni del CSM riguardanti i magistrati.
3. Passando all’esame del ricorso, con il primo motivo il ricorrente ritiene illegittima la delibera impugnata perché non sarebbe stata considerata l’assenza del rapporto informativo del Capo dell’Ufficio e sarebbe stato considerato un parere attitudinale adottato, in evidente conflitto di interessi e con possibili risvolti penali, dal Consiglio giudiziario su convocazione dello stesso dott. T, quando egli era già cessato dalla carica di Presidente della Corte d’appello di Lecce, essendo stato sostituito dal dott. V con delibera del CSM in data 8 maggio 2019. Inoltre il dott. T avrebbe anche nominato il relatore della pratica.
Il ricorrente segnala in ogni caso come la notizia dell’avvenuta nomina del dott. V a Presidente della Corte d’appello di Lecce fosse certamente nota al dott. T, anche in considerazione del risalto che la stessa aveva avuto sui giornali locali, dunque sarebbe anomala l’immediata convocazione da parte sua del Consiglio giudiziario perché adottasse il parere attitudinale che lo riguardava (laddove per tutti gli altri candidati del distretto il Consiglio giudiziario si è riunito nel mese di giugno), nonché la scelta del relatore, il quale, in sede di redazione del parere, avrebbe poi acriticamente recepito il contenuto dell’autorelazione del dott. T.
3.1. Dalla lettura della documentazione versata in atti risulta che la nota di convocazione del Consiglio giudiziario reca la data del 9 maggio 2019, corrispondente alla data in cui alla Corte di appello di Lecce è stata protocollata, con il n. 6051, la nota di comunicazione della delibera di nomina a Presidente della Corte di appello di Lecce del dott. Lanfranco V (il quale ha, poi, presso possesso delle funzioni soltanto in data 24 maggio 2019).
Risulta anche che la nota di convocazione della seduta del Consiglio giudiziario riguardava anche altri 14 punti all’ordine del giorno.
I superiori rilievi di fatto se, da una parte, depongono per l’inopportunità della decisione del dott. T di disporre la convocazione del Consiglio giudiziario chiamato a trattare (anche) la questione del parere attitudinale sulla sua figura magistratuale per il conferimento del posto di Presidente del Tribunale di Lecce - che ben sarebbe potuta essere trattata, come avvenuto per altri magistrati aspiranti allo stesso ufficio, nella seduta del 19 giugno 2019 - per di più in una data in cui era noto l’annullamento della sua nomina con sentenza del Consiglio di Stato ed era notoria l’intervenuta nomina alla funzione di Presidente della Corte di appello del dott. Lanfranco V, tuttavia tale convocazione poteva essere disposta da chi in quel momento era ancora il Presidente della Corte di appello di Lecce.
D’altra parte risulta che la trattazione della questione relativa al parere attitudinale per il conferimento del posto di Presidente della Corte di appello, formalmente, non ha rappresentato il motivo unico di tale (non urgente) convocazione.
Infine non risulta con quali criteri siano stati designati i relatori dei vari punti e, soprattutto, non emergono elementi da cui inferire che la nomina di un diverso relatore avrebbe determinato la predisposizione di un parere di contenuto diverso.
3.2. Sul punto il ricorrente non ha neanche allegato che il parere attitudinale specifico del 20 maggio 2019 non corrisponda, nel contenuto, alle effettive esperienze professionali e ai meriti maturati dal dott. T nell’arco della sua carriera, ammettendo anzi espressamente “il valore personale del magistrato T”.
Invero il parere attitudinale in parola si basa su elementi che, per quanto riportati anche nell’autorelazione, sono comunque obiettivi e inconfutabili quali:
- il parere espresso nei confronti del dott. T il 23 settembre 2009 ai fini del riconoscimento della VII valutazione di professionalità, nel quale egli viene definito come “magistrato dotato di elevata professionalità, eccellente sotto ogni aspetto, dedito con elevato grado di impegno all’attività dell’ufficio, equilibrato, sereno, competente e capace, dotato di grandi capacità organizzative, oltre che di raffinata cultura giuridica, che per tali ragioni gode della stima incondizionata dei colleghi e del foro”;
- il precedente attitudinale specifico del 16 luglio 2013, espresso in occasione della presentazione della domanda per il conferimento del posto di Presidente del Tribunale di Lecce, nel quale si afferma che: “tutti i parametri di valutazione esaminati concorrono nell’indicare univocamente il dottor T come magistrato dotato di brillanti capacità professionali, eccellente livello culturale ed ottima preparazione giuridica. Il dott. T ha, nel corso del suo percorso professionale, dato concreta e costante prova di capacità organizzative sia nella manifestata attitudine a ben organizzare il proprio ufficio ed il proprio lavoro, sia nell’attività di collaborazione alla migliore organizzazione e funzionalità degli uffici in cui ha lavorato, non facendo mai mancare il proprio prezioso contributo in tal senso ai Dirigenti degli uffici stessi”;
- il parere del 25 febbraio 2014, di conferma nelle funzioni semidirettive, in cui si afferma che il dott. T “ha dato prova di saper coniugare la sua grande professionalità e il suo elevato spessore culturale ad una encomiabile e non comune efficienza organizzativa”;
- il parere del 15 gennaio 2016, espresso in occasione della presentazione dell’istanza per il conferimento dell’incarico di presidente di sezione della Corte d’appello di Lecce, nel quale il dott. T è definito “magistrato di notevolissimo spessore culturale, giuridico, morale, unisce brillanti qualità intellettuali e doti di forte pragmaticità e concretezza”;
- tutti i pareri espressi dai dirigenti degli uffici ove il dott. T ha prestato sevizio dall’inizio della carriera, come pretore di Santhià e Trino vercellese (anni ’80) e Pretore di Lecce (anni ’90);
- il parere dell’8 luglio 2003 espresso dal Presidente del Tribunale di Lecce che gli aveva assegnato l’incarico di coordinatore della II sezione penale, in cui si attestano in capo al dott. T “attitudini al coordinamento e la specifica capacità dimostrate nell’organizzazione della seconda sezione del Tribunale, che dirigeva dal 15 novembre 2001 come Giudice anziano ... senza sottrarre energie al lavoro collegiale e monocratico”;
- il rapporto informativo del 7 gennaio 2009 del Presidente della Corte d’appello nel quale si evidenzia che “Il dott. Roberto T è magistrato di primissimo ordine ... Giunto in Corte d’appello in un momento di particolare difficoltà per i processi pendenti e i vuoti d’organico, il dr. T ha dato un grandissimo contributo di lavoro senza del quale la gran parte dei processi, riguardanti numerosi imputati di reati associativi, quasi sempre detenuti, non avrebbero potuto essere conclusi, senza rischio di scarcerazioni per decorrenza dei termini”.
In definitiva risulta smentita per tabulas la censura secondo cui il parere del 20 maggio 2019 si sarebbe limitato a recepire acriticamente il contenuto dell’autorelazione essendo, viceversa, fondato su elementi oggettivi.
4. Con il secondo motivo il ricorrente censura la delibera impugnata per asserita violazione del giudicato portato dalla sentenza n. 97/2019 del Consiglio di Stato, nella quale è stata rilevata la necessità che l’omessa dichiarazione d’incompatibilità del dott. T fosse attentamente valutata dal CSM.
Lamenta, inoltre, il ricorrente che il CSM avrebbe omesso di fare rapporto agli organi titolari dell’azione disciplinare, così impedendo che allo stesso dott. T fosse irrogata la sanzione della censura, che sarebbe stata preclusiva dell’accesso ad incarichi direttivi.
4.1. Nella richiamata sentenza, relativa al procedimento di nomina a Presidente della Corte di Appello del Tribunale di Lecce, che vedeva in comparazione il dott. T con il dott. V, il Consiglio di Stato ha testualmente affermato: “ Inoltre, sebbene la questione dell’esistenza di una possibile causa di incompatibilità di sede del dott. T, posta solo nel presente giudizio d’appello, sia stata assorbita per effetto dell’accoglimento delle censure sopra esaminate, la stessa dovrà comunque essere attentamente valutata dal Consiglio superiore, poiché rientrante nelle attribuzioni dell’organo di governo autonomo della magistratura (art. 10 della legge istitutiva 24 marzo 1958, n. 195) ed oggetto di un preciso dovere dichiarativo del magistrato interessato anche nelle procedure di assegnazione di uffici direttivi (ai sensi dell’art. 48 del Testo unico sulla dirigenza giudiziaria) ”.
Osserva il Collegio che la valutazione sollecitata dal Consiglio di Stato sul punto da ultimo riportato riguardava il procedimento per il conferimento dell’ufficio direttivo di Presidente della Corte di appello di Lecce, vacante dal 1° gennaio 2017.
4.2. Nel caso di specie il CSM ha valutato le domande per il conferimento dell’Ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Lecce, vacante dal 4 febbraio 2019, pubblicato il 21 marzo 2019.
Si tratta, con tutta evidenza, di procedimenti diversi sia per uffici sia per decorrenza, per i quali gli aspiranti hanno dovuto presentare nuove domande.
Ciò posto, non risulta dagli atti di causa che il dott. T abbia nuovamente taciuto la circostanza della possibile causa di incompatibilità di sede, anche nella domanda presentata nel 2019, sicchè non è imputabile al CSM alcuna violazione del giudicato atteso che la sentenza richiamata, il cui dictum è certamente vincolante, riguardava la precedente procedura di conferimento dell’ufficio di Presidente della Corte di appello, poi esitata in via definitiva nella nomina del dott. Lanfranco V.
Né coglie nel segno la censura secondo cui il CSM, omettendo di denunciare l’omessa dichiarazione alle autorità disciplinari, avrebbe impedito l’irrogazione di una sanzione disciplinare che avrebbe impedito al dott. T di concorrere per tale ufficio.
Si tratta invero di censura che poggia su dati eventuali, atteso che rappresenta una mera ipotesi l’esito sanzionatorio del procedimento disciplinare eventualmente promosso nei confronti del dott. T;peraltro detta censura non può trovare ingresso in questa sede atteso che la presunta omissione di denuncia del CSM si sarebbe (in ipotesi) verificata in occasione di un diverso e precedente procedimento.
Dunque anche il secondo motivo è infondato.
5. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’illegittimità della delibera impugnata in quanto adottata senza il rapporto informativo del Dirigente previsto dall’art. 52 del T.U. sulla Dirigenza giudiziaria.
Il motivo è infondato.
Invero l’art. 52 in rassegna dispone, per quanto di interesse: “ L’aspirante comunica, per iscritto, la domanda di partecipazione al concorso e l’eventuale richiesta del parere per il cambio di funzioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 al dirigente dell’ufficio di appartenenza che, nei successivi trenta giorni, redige un rapporto informativo contenente gli elementi utili alle valutazioni relative sia al conferimento dell’ufficio direttivo e semidirettivo sia al passaggio dalle funzioni requirenti alle giudicanti e viceversa.