TAR Bari, sez. I, sentenza 2024-07-16, n. 202400850
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Testo completo
Pubblicato il 16/07/2024
N. 00850/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00679/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 679 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G D T, C D C, con domicilio digitale come da P.E.C. Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione e del Merito (già Ministero dell'Istruzione, dell’Università e della Ricerca ), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, n. 97;
per l’ottemperanza
- per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- della sentenza resa dalla Corte di Appello di Bari - Sezione Lavoro e Previdenza n. 576/2018, pubblicata il 13 aprile 2018 (RGL n. 190/2013) e passata in giudicato come da attestazione di non impugnazione resa dalla Cancelleria, che conferma integralmente la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Trani in funzione di Giudice del Lavoro n. 5186/2012 pubblicata il 13 dicembre 2012 (RGL n. 3281/2011);
- per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il 20 dicembre 2023:
- per la declaratoria della nullità ex art. 114, comma 4, lett. b), c.p.a. del decreto n. 3941 del 05.12.2020, adottato dal M.I.U.R. - U.S.R. Puglia - Istituto Superiore -OMISSIS-, versato in atti il 17.07.2023 dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, quale difensore ex lege delle Amministrazioni odierne resistenti, costituitasi in giudizio per il Ministero dell’Istruzione e del Merito (già Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), nell’ambito del ricorso per l’ottemperanza della sentenza resa dalla Corte di Appello di Bari – Sezione Lavoro e Previdenza n. 576/2018, pubblicata il 13 aprile 2018 (RGL n. 190/2013) e passata in giudicato, come da attestazione di non impugnazione resa dalla Cancelleria, che conferma integralmente la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Trani in funzione di Giudice del Lavoro n. 5186/2012 pubblicata il 13 dicembre 2012 (RGL n. 3281/2011).
Visti il ricorso di ottemperanza, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione e del Merito (già Ministero dell'Istruzione, dell’Università e della Ricerca);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2024 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con sentenza n. 5186/2012, pubblicata il 13 dicembre 2012, il Tribunale di Trani - Sezione Lavoro, sul ricorso proposto dal signor -OMISSIS-, pervenendo all’ accoglimento della sola domanda volta ad ottenere il riconoscimento in capo al ricorrente della medesima progressione stipendiale spettante agli ATA di ruolo, con conseguente condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive derivanti, oltre interessi e rivalutazione nei limiti di cui all’art. 22, comma 36 della legge 724/1994 , ha così statuito:
- dichiara il diritto di parte ricorrente al riconoscimento dello stesso trattamento, economico e giuridico, previsto per il personale a tempo indeterminato del comparto scuola, con accertamento del diritto alla medesima progressione stipendiale e conseguente condanna dell’amministrazione resistente alla ricostruzione di carriera nonché al pagamento delle differenze retributive spettanti in relazione all’effettiva anzianità di servizio, oltre accessori di legge .
Il ricorrente espone che con sentenza n. 576/2018, pubblicata il 13 aprile 2018, la Corte di Appello di Bari - Sezione Lavoro ha confermato la sentenza di primo grado. La succitata pronuncia della Corte d’Appello di Bari è passata in giudicato (cfr. l’attestazione di non impugnazione resa dalla Cancelleria in data 11 ottobre 2021).
Il deducente riferisce, in particolare, che:
- formulava istanza alle PP.AA. soccombenti al fine di ottenere il riconoscimento di: “anni 8, mesi 3, giorni 6 di servizio non di ruolo prestato nelle istituzioni scolastiche statali, nei seguenti periodi: dal 17/02/2006 al 20/05/2006;dal 22/05/2006 al 26/05/2006;dal 06/09/2006 al 30/06/2007;dal 15/10/2007 al 30/06/2008;dal 07/10/2008 al 25/10/2008;dal 12/11/2008 al 21/12/2008;dal 03/01/2009 al 30/06/2009;dal 01/09/2009 al 31/08/2010;dal 23/09/2010 al 15/10/2010;dal 16/10/2010 al 31/08/2011;dal 28/02/2012 al 01/03/2012;dal 05/03/2012 al 12/03/2012;dal 14/03/2012 al 13/05/2012;dal 14/05/2012 al 14/05/2012;dal 15/05/2012 al 30/06/2012;dal 11/10/2012 al 11/10/2012;dal 15/10/2012 al 30/11/2012;dal 05/12/2012 al 23/12/2012;dal 10/01/2013 al 03/02/2013;dal 04/02/2013 al 08/06/2013;dal 11/09/2013 al 22/10/2013;dal 23/10/2013 al 31/08/2014;dal 08/09/2014 al 31/08/2015;dal 11/09/2015 al 31/08/2016” ;
- con decreto n. 3768 del 31 gennaio 2019, il M.I.U.R. - U.S.R. Puglia - ha effettuato la ricostruzione di carriera, riconoscendogli un’anzianità pari a anni 6 mesi 4 giorni 10 utile ai fini giuridici ed economici dalla data di effettiva assunzione in servizio , in luogo degli anni 8, mesi 3, giorni 6” richiesti dal sig. -OMISSIS- .
1.1 - Con ricorso notificato il 9 giugno 2023 e depositato in pari data, agisce perchè questo Tribunale voglia:
I) adottare tutte le opportune misure attuative necessarie ad assicurare l’integrale esecuzione della sentenza resa dalla Corte di Appello di Bari – Sezione Lavoro e Previdenza n. 576/2018, pubblicata il 13/04/2018 (RGL n. 190/2013) e passata in giudicato come da attestazione di non impugnazione resa dalla Cancelleria, che conferma integralmente la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Trani in funzione di Giudice del Lavoro n. 5186/2012 pubblicata il 13/12/2012 (RGL n. 3281/2011), e per l’effetto dichiarare l’obbligo dell’Ministero dell’Istruzione e del Merito (già Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), in persona del suo Ministro pro tempore, di provvedere immediatamente e senza ulteriore indugio alla corretta ricostruzione della carriera del ricorrente, considerando un’anzianità pari ad “anni 8, mesi 3, giorni 6” e/o comunque maggiore a quella riconosciuta;
II) in ipotesi di perdurante inerzia dell’Amministrazione intimata, si chiede sin d’ora espressa nomina di commissario ad acta affinché provveda, in assegnando termine, a porre in essere ogni atto e adempimento necessario all’esecuzione della sentenza in epigrafe;
III) fissare sin d’ora la somma di denaro dovuta dalla Amministrazione intimata per ogni successiva violazione e/o inosservanza dell’ordine di ottemperare impartito da codesto TAR.
1.2 - Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.
In data 17 luglio 2023 ha depositato agli atti di causa l’ulteriore decreto n. 3941 del 5 dicembre 2020 dell’U.S.R. Puglia - Istituto di Istruzione Secondaria Superiore -OMISSIS- di Barletta, recante le differenze retributive.
1.3 - Con motivi aggiunti notificati il 20 dicembre 2023 e depositati in pari data, il ricorrente agisce, altresì, per la declaratoria della nullità ex art. 114, comma 4, lett. b), c.p.a. del decreto n. 3941 del 05.12.2020, adottato dal M.I.U.R. - U.S.R. Puglia - Istituto Superiore -OMISSIS-…, nell’ambito del ricorso per l’ottemperanza della sentenza resa dalla Corte di Appello di Bari - Sezione Lavoro e Previdenza n. 576/2018, passata in giudicato, chiedendo, inoltre, di dichiararsi l’obbligo della P.A. di provvedere immediatamente e senza ulteriore indugio alla corretta ricostruzione della carriera del ricorrente, considerando un’anzianità pari ad “anni 8, mesi 3, giorni 7” e/o comunque maggiore a quella riconosciuta .
Domanda, poi, la fissazione della somma di denaro dovuta dalla Amministrazione intimata per ogni successiva violazione e/o inosservanza dell’ordine di ottemperare impartito da questo T.A.R..
Formula le seguenti censure, così rubricate:
a - Illegittimità diretta. a.1. - nullità ex art. 114, comma 4, lett. b), cod. proc. amm.;
B. - illegittimità per derivationem.
Deduce che il menzionato decreto n. 3941/2020 riconosce in favore del ricorrente un arco temporale pari a 6 anni, 8 mesi e 4 giorni;ma ciò risulta erroneo sia relativamente al computo dell'anzianità effettivamente maturata, sia relativamente alla liquidazione stipendiale conseguente, tenendo conto della integrale progressione di carriera da riconoscersi sulla base di quanto statuito dalla pronuncia del Tribunale di Trani, confermata dalla Corte di Appello di Bari .
Rammenta che già con il decreto n. 3768 del 31 gennaio 2019, l’Amministrazione aveva - in tesi erroneamente - riconosciuto al ricorrente un’anzianità valutata in 6 anni, 4 mesi e 10 giorni, senza considerare integralmente il periodo di servizio non di ruolo prestato;più precisamente, nella predetta ricostruzione, il pre-ruolo veniva computato non considerando l’intero anno lavorativo, bensì erroneamente soltanto una quota parte di anno.
Evidenzia che, ai sensi della disciplina nazionale di cui all’art. 569 del decreto legislativo n. 297/1994 ( che va disapplicato per violazione dei principi comunitari di non discriminazione ), il periodo di servizio prestato di pre-ruolo veniva riconosciuto integralmente fino a un massimo di tre anni e, per la restante parte, nella misura di due terzi, in questo modo discriminando il diritto del lavoratore precario a vedersi riconosciuta l’anzianità di servizio, ai fini giuridici ed economici, nella misura effettiva del reale e integrale servizio prestato, così come per il personale di ruolo.
Assume che anche il contestato decreto n. 3941 del 5 dicembre 2020 reitera lo stesso vizio di calcolo del precedente decreto n. 3768/2019, considerando erroneamente un’anzianità inferiore a quella effettivamente maturata dal ricorrente (integrale periodo di servizio non di ruolo prestato).
Sostiene, inoltre, che, dall’esame dei due decreti, non risulta intellegibile il metodo di calcolo applicato e che l’Amministrazione non ha specificato le ragioni dell’incremento netto di quattro mesi di anzianità, rispetto a quella inizialmente quantificata.
Invoca nuovamente la corretta ricostruzione dell’anzianità maturata, reclamata in 8 anni, 3 mesi e 7 giorni, e produce a comprova la relativa tabella riepilogativa riportata di seguito (pure depositata in giudizio il 21 dicembre 2023), precisando che (pagine 5 e 6 dei motivi aggiunti e tabella in atti) il calcolo è stato realizzato nella modalità che segue: relativamente ad ogni periodo contrattuale (colonne A e B) si sono calcolati i giorni lavorati (colonna C). Successivamente i giorni lavorati nell’anno solare (colonna C) sono stati sommati fra loro per calcolare il totale dei giorni riferibili all’anno (colonna D). Quest’ultimo totale (colonna D) è stato diviso per il valore fisso di 30 (giorni) al fine di determinare il numero di mesi lavorati nell'anno (colonna F);i valori decimali risultanti dal computo (colonna G), moltiplicati per il valore fisso 30, determinano poi i giorni residui (colonna H). La sommatoria dei valori della colonna F determina il numero dei mesi complessivamente lavorati nell'intero periodo, mentre la sommatoria dei valori della colonna H determina il numero dei giorni residui.
1.4 - All’udienza in camera di consiglio del 9 maggio 2024, il Collegio ha evidenziato, ai sensi dell’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm., profili di inammissibilità del ricorso per essere generica la condanna contenuta nella sentenza per cui si agisce. Indi, la causa è stata introitata per la decisione.
2. - In via del tutto preliminare, osserva il Collegio che la pretesa è stata azionata ai sensi dell’art. 112, secondo comma lettera c), Cod. proc. amm., secondo cui il giudizio di ottemperanza è esperibile per conseguire l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario;con la precisazione che il giudizio di ottemperanza è limitato alla stretta esecuzione del giudicato del quale si domanda l’attuazione ed esula dal suo ambito la cognizione di qualsiasi altra domanda, comunque, correlata al giudicato stesso.
3. - Tanto premesso, il ricorso è inammissibile, come da recente giurisprudenza della sezione (v., tra le altre, decisioni 1584;1585;1602;1603;1604;1653;1654;1655/2022;263, 264, 308, 500, 1307/2023), dalla quale non si ravvisa ragioni per discostarsi.
Infatti, la menzionata sentenza n. 5186/2012 del Tribunale di Trani - Sezione Lavoro e la sentenza n. 576/2018 della Corte di Appello di Bari - Sezione Lavoro (di conferma della prima) finiscono per recare una condanna generica o comunque non suscettibile di essere portata ad esecuzione mediante il rimedio dell’ottemperanza: invero, tale tipo di sentenza implica che per la sua attuazione dovrebbe essere svolto un accertamento nel merito del rapporto sottostante (oggetto della cognizione del giudice ordinario), che non può - tuttavia - essere effettuato nell’ambito del giudizio di ottemperanza da parte del giudice amministrativo, essendo quest’ultimo sprovvisto di giurisdizione su tale rapporto (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sezione quinta, 30 ottobre 2015, n. 4977;Consiglio di Stato, sezione sesta, 21 dicembre 2011, n. 6773).
È utile richiamare in proposito le condivisibili osservazioni rese al riguardo dal Giudice di appello, secondo cui l’ottemperanza davanti al giudice amministrativo di sentenze definitive del giudice civile, secondo quanto previsto dall’art. 112, comma 2 lett. c), del c.p.a., può essere richiesta “al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato”, e, quindi, per dare esecuzione a specifiche statuizioni rimaste non eseguite e non anche per introdurre nuove questioni di cognizione che sono riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, dovendo, infatti, ritenersi precluso al giudice amministrativo, investito dell’ottemperanza, effettuare nuove valutazioni in fatto e in diritto su questioni che non sono state specificamente dedotte o trattate nel giudizio definito con la sentenza del giudice civile da ottemperare, la cui cognizione, nel caso di perdurante contrasto fra le parti, spetta al giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, sezione sesta, 13 maggio 2016, n. 1952).
Ancora, in riferimento alla sentenza di condanna che, come quelle di cui si chiede l’ottemperanza, non contiene l’esatta determinazione della somma dovuta, va ribadito che la stessa costituisce titolo esecutivo solo a condizione che dal complesso delle informazioni rinvenibili nel dispositivo e nella motivazione possa procedersi alla quantificazione con un’operazione meramente matematica. In assenza di tali requisiti, la domanda di esecuzione davanti al giudice amministrativo di una condanna generica, relativa cioè al pagamento di una somma non determinata nel suo ammontare e non determinabile in modo pacifico, risulta inammissibile, trattandosi di sentenza che non costituisce valido titolo esecutivo , per difetto del requisito di liquidità del diritto portato dal titolo esecutivo ex art. 474 Cod. proc. amm. (Consiglio di Stato, sezione sesta, cit., 13 maggio 2016, n. 1952 e giurisprudenza ivi citata - Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 dicembre 2011 n. 6773 ): infatti, qualora la misura della prestazione spettante all’interessato non sia suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni aritmetiche, eseguibili tout court sulla base di analitici e puntuali elementi di fatto contenuti nella medesima sentenza, e debba essere effettuata per mezzo di ulteriori accertamenti giudiziali, previa acquisizione dei dati istruttori all’uopo necessari, l’interessato non può agire in executivis , ma deve richiedere la liquidazione in un distinto giudizio dinanzi al giudice munito di giurisdizione.
D’altro canto, le richieste di parte ricorrente comporterebbero una complessa e articolata attività istruttoria sul rapporto o - comunque - il relativo completamento/integrazione, rientrante - in ogni caso - nell’ambito degli accertamenti di merito oggetto del giudizio di cognizione innanzi al giudice ordinario e non azionabile in sede di mera ottemperanza. Ciò è peraltro vieppiù evidente proprio sulla base delle articolate deduzioni di cui ai motivi aggiunti proposti in corso di causa (pagine 5 e 6) e al depositato “foglio di calcolo”, laddove - come detto (cfr. il precedente punto n. 1.3) - il ricorrente propone anche un suo articolato computo.
In conclusione, considerato che, nella fattispecie concreta in esame, il corretto inquadramento nel profilo giuridico-economico dopo la ricostruzione di carriera e il calcolo delle differenze retributive non sono suscettibili di determinazione mediante semplici deduzioni, integralmente ed esaustivamente poggianti sul complesso delle informazioni rinvenibili nel dispositivo e nella motivazione della pronuncia, deve essere ribadita l’inammissibilità del ricorso.
Né, del resto, questo giudice può sostituirsi al giudice competente nella determinazione del corretto inquadramento giuridico ed economico scaturente dalla predetta decisione del giudice ordinario, giudice naturale del rapporto di lavoro.
4. - L’inammissibilità della domanda di ottemperanza comporta, a prescindere da ogni ulteriore rilievo, l’inammissibilità della domanda di astreinte , ex art. 114, lett. e) Cod. proc. amm..
5. - Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.
6. - L’esito di rito e il complessivo svolgimento del giudizio giustificano la compensazione delle spese processuali.