TAR Napoli, sez. I, sentenza 2014-12-10, n. 201406461
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N. 06461/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00565/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 565 del 2011, proposto dalla società C.I.E.T. Standard Srl, rappresentata e difesa dall'avv. C M, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo legale sito in Napoli, Via F. Giordani N.42 - St. Ganguzza;
contro
Comune di Acerra;
per la condanna ex art. 30 cpa al risarcimento del danno derivante dall’illegittimo espletamento della gara indetta dal Comune di Acerra con determinazione dirigenziale n.117 del 15.4.2004 per l'affidamento del “Servizio di pubblica illuminazione - manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti comunali” .
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni subiti dalla società C.I.E.T. Standard srl (di seguito “CIET”) per effetto dell’avvenuto annullamento della gara indicata in epigrafe, caducata in autotutela da parte del Comune committente in data 1.9.2004.
Assume la ricorrente il comportamento scorretto ed illecito dell’ente, il quale sottacendo l’esistenza di una controversia giudiziaria pendente con altra società all’esito della quale è stata accertata l’illegittimità della procedura, avrebbe vanificato un qualificato affidamento in capo all’istante circa l’aggiudicazione in suo favore del contratto; il procedimento di gara era infatti oramai giunto al termine e “ sulla soglia della aggiudicazione ” in favore di essa ricorrente, quando inopinatamente sarebbe sopraggiunto il provvedimento di secondo grado del Comune con grave lesione della aspettativa riposta dalla deducente società nell’ottenimento dell’appalto. Essendo stata accertata giudizialmente da questo TAR l’illegittimità della procedura (sentenza n.11082/2004), la CIET agisce oggi in via risarcitoria autonoma ex art. 30 cpa, al fine di vedersi riconosciuto il pregiudizio economico asseritamente patito per effetto della condotta illegittima posta in essere dal Comune intimato;quantifica a tal fine varie voci di danno, come da ricorso, depositando all’uopo documentazione, tra cui perizia di parte.
Il Comune di Acerra non si è costituito in giudizio.
All’udienza del 12 novembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione, previa deposito di memoria conclusiva a cura di parte ricorrente.
Tanto premesso in fatto, rileva innanzitutto il Collegio che la controversia appartiene alla giurisdizione del G.A.
Non si ignora invero la tesi pur sostenuta dalle SSUU della Cassazione con la ordinanza n. 6596 del 23 marzo 2011, nella quale si è affermato che la controversia avente ad oggetto la domanda autonoma di risarcimento danni proposta da colui che, avendo ottenuto l'aggiudicazione in una gara per l'affidamento di un pubblico servizio, successivamente annullata dal Tar perché illegittima su ricorso di un altro concorrente, deduca la lesione dell'affidamento ingenerato dal provvedimento di aggiudicazione apparentemente legittimo, rientra nella giurisdizione del g.o., non essendo chiesto in giudizio l'accertamento della illegittimità dell'aggiudicazione e, quindi, non rimproverandosi alla p.a. l'esercizio illegittimo di un potere consumato nei suoi confronti, ma la colpa consistita nell'averlo indotto a sostenere spese nel ragionevole convincimento della prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del termine previsto dal contratto stipulato a seguito della gara.
Tale orientamento tuttavia non appare convincente e non è stato condiviso dalla giurisprudenza successiva (tra e varie recentemente v. TAR Toscana, I, 5 marzo 2014, n. 418 con richiamo a Consiglio di Stato, IV, 11 novembre 2008, n. 5633), alle cui conclusioni si aderisce per le ragioni appresso illustrate.
L'art. 133, comma 1, lettera e), numero 1, cpa prevede la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie "relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture ... ivi incluse quelle risarcitorie";l'art. 30, ultimo comma, cpa statuisce, a sua volta, che "di ogni condanna al risarcimento di danni per lesione di interessi legittimi o, nella materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo". Dal combinato disposto di tali norme deriva che devono ritenersi devolute al giudice amministrativo le azioni risarcitorie autonome riferite alla lesione di un diritto soggettivo qualora vengano in considerazione controversie rientranti nella sua giurisdizione esclusiva e, pertanto, principalmente quelle aventi ad oggetto le procedure di evidenza pubbliche finalizzate alla aggiudicazione di appalti. Tale affermazione va mantenuta ferma non solo qualora il ricorrente, dopo avere ottenuto l'annullamento di una aggiudicazione illegittima, chieda il risarcimento dei danni subiti per non essere risultato affidatario dell'appalto, ma anche quando contesti alla Amministrazione di averlo coinvolto in una trattativa inutile, aggiudicandogli illegittimamente l'appalto ovvero, come nel caso di specie, di averlo intrattenuto in una procedura quasi culminata nel provvedimento finale, ingenerando un affidamento qualificato nella correttezza della gara e dei suoi esiti e pur sapendo che pendeva un ricorso proposto da un terzo col quale si contestava viceversa l’illegittimità della procedura. Ed infatti, a ben vedere, tutte le ipotesi sono accomunate dalla circostanza che il ricorrente contesta l'illegittimo esercizio del potere con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;la differenza è da individuare nella diversa tipologia dell'interesse leso e, conseguentemente, dei danni, dei quali si può ottenere il ristoro.
Nel primo caso viene, infatti, in considerazione la lesione dell'interesse alla esecuzione del contratto e, conseguentemente, l’interesse positivo alla esecuzione dello stesso; nel secondo caso, che è quello che ci occupa, l'interesse a non essere leso nell'esercizio della propria libertà negoziale e, pertanto, il danno emergente e il lucro cessante quali aspetti dell’interesse negativo.
Ciò chiarito in linea generale, deve rilevarsi la sussistenza di una fattispecie di responsabilità ascrivibile all’amministrazione.
Sono infatti circostanze incontestabili ed emerse dagli atti le seguenti evidenze: - 1) la procedura de qua è stata definitivamente dichiarata illegittima dall’organo giudiziario per mancata pubblicazione del bando, come invece era prescritto ex lege trattandosi di appalto sopra soglia;- 2) il Comune ha sottaciuto, per un lasso di tempo sicuramente rilevante (circa 4 mesi), nei riguardi delle ditte partecipanti, la pendenza del ricorso giurisdizionale proposto dalla terza interessata Enel Sole srl;- 3) la ricorrente è stata intrattenuta in una procedura che sin dall’origine era da considerarsi invalida per fatto imputabile all’ente e che pertanto è stata poi legittimamente annullata.
Evidente è dunque la condotta colposa del resistente, concretizzatasi sia nella indizione di una gara contra legem , sia nella induzione dei partecipanti a confidare nel fisiologico sviluppo della gara e dei suoi esiti finali. Tanto basta a ritenere la configurabilità degli elementi costitutivi dell’illecito precontrattuale, rientrante, secondo l’impostazione corrente, comunque nell’ambito del generale schema aquiliano.
Né ad avviso del Collegio, può ipotizzarsi un concorso colposo dell’impresa ricorrente per aver partecipato ad una procedura che doveva sapere illegittima;rileva invero al riguardo il fondamentale principio di presunzione di legittimità degli atti amministrativi e di affidamento nella regolarità della azione della P.A., tanto più in una materia connotata da spiccato tecnicismo quale quella dei contratti pubblici.
Quanto al danno, deve osservarsi quanto segue.
La società ricorrente individua le seguenti voci di danno, delle quali chiede il ristoro : - a) cd. danno curriculare , per non poter avvalersi nella gare successive del requisito costituito dall’aver espletato il servizio de quo , atteso che l’appalto le sarebbe stato senz’altro aggiudicato;- b) il danno da mancata realizzazione dell’utile netto derivante dalla esecuzione del contratto;- c) le spese inutilmente sostenute per partecipare alla gara, poi annullata per fatto imputabile alla stazione appaltante.
Orbene, come già sopra esposto, il caso in esame sostanzia una ipotesi di responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, la quale ha annullato (legittimamente) una procedura (illegittimamente) indetta, ledendo l’affidamento ingenerato nel concorrente circa la regolarità della procedura e del suo esito finale. Ne consegue che l’unico danno risarcibile attiene all’interesse negativo vantato dal soggetto a non esser coinvolto in fasi prenegoziali inutili, nel duplice aspetto del danno emergente, costituito dalla spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara nonché del lucro cessante, rappresentato dal valore delle occasioni di lavoro perdute in seguito alla partecipazione stessa. Viceversa, non può dunque essere richiesto il danno da esecuzione del contratto (che non vi è stato), né il danno cd. curriculare il quale presuppone l’aggiudicazione e l’esecuzione della prestazione contrattuale, attenendo entrambi all’interesse positivo. Né può soccorrere al riguardo un ausilio prognostico sull’esito scontato della selezione (che parte ricorrente invece valorizza, assumendo che l’aggiudicazione sarebbe stata sicuramente in suo favore), considerato che al momento dell’annullamento in autotutela, ci si trovava evidentemente in una fase connotata da ampia discrezionalità e nella quale l’aggiudicazione in favore della deducente si profilava ancora quale mera evenienza.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la domanda risarcitoria avanzata dalla CIET con riferimento alle voci sub a) e b ) di cui al ricorso introduttivo deve essere rigettata.
Ne consegue che in favore della società istante può essere riconosciuto il solo danno emergente (quale aspetto dell’interesse negativo) costituito dalla spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara de qua, non essendo stato allegato nessun pregiudizio a titolo di lucro cessante.
A tal riguardo, l’importo quantificato dal CTU, basandosi su criteri induttivi e presuntivi, deve essere rideterminato ex art. 1226 c.c. in ragione di tutti i concorrenti fattori di probabile incidenza negativa e pertanto liquidato equitativamente e conclusivamente in complessivi €. 8.000,00 (ottomila/00). Al detto importo devono aggiungersi gli interessi legali, compensativi del mancato utilizzo dell’importo risarcitorio quale ristoro per equivalente del bene perduto, da calcolarsi dal giorno della proposizione della domanda sino al soddisfo effettivo.
Concludendo, in forza di quanto esposto, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente condanna della Amministrazione resistente a risarcire alla ricorrente il danno come sopra quantificato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.