TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-02-27, n. 201401219

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-02-27, n. 201401219
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201401219
Data del deposito : 27 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01325/2013 REG.RIC.

N. 01219/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01325/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1325 del 2013 proposto dalla Sig.ra Scialla Giovanna, rappresentata e difesa dall’Avv. E L e con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Corso Umberto I n.23;

contro

Ministero dell’Interno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. Diaz n.11;

per l'annullamento

previa sospensione, del Decreto del Prefetto di Caserta dell’8/3/2013 di revoca della licenza per gestione dell’Istituto di Vigilanza Privata “Global Security Service”, oltre che degli atti presupposti.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con deposito di relazioni datate 27/3/2013 e 5/4/2013;

Vista la documentazione depositata da parte ricorrente;

Vista la memoria dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.634 del 2013 di accoglimento della domanda di sospensione;

Vista la documentazione depositata da parte ricorrente;

Vista la memoria di parte ricorrente;

Vista la documentazione depositata da parte ricorrente;

Visti gli atti della causa;

Designato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30/1/2014 il Consigliere G N e uditi gli Avvocati come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Espone in fatto l’odierna ricorrente di aver nel 2008 richiesto il rilascio di licenza ex art.134 TULPS per esercizio di attività di vigilanza privata nei Comuni della Provincia di Caserta, che venne rilasciata in data 6/9/2010;
allo stato ha 135 dipendenti e nel 2012 trasmetteva progetto organizzativo dell’Istituto di vigilanza, ma venne comunicato l’avvio del procedimento di revoca della licenza per mancanza dei requisiti di diploma, capacità economica-finanziaria e per mancato aumento del capitale, nonché per deferimento all’Autorità giudiziaria. Veniva presentata memoria e comunque la ricorrente si è dimessa dall’incarico di legale rappresentante venendo sostituita in tale carica, ma è stato comunque adottato l’impugnato provvedimento.

L’Avvocatura Distrettuale si è costituita per dedurre circa la legittimità del proprio operato depositando relazioni dell’Amministrazione.

Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

1.Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce la violazione dell’art.97 Cost., del DM n.269/2010, degli artt.134 e ss. del RD n.773/1931, nonché l’eccesso di potere ed il difetto di istruttoria.

2. Il Collegio ritiene preliminarmente di ribadire che, nella materia delle licenze di pubblica sicurezza, perché siano rispettati i principi costituzionali di eguaglianza e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione, i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti di tali licenze devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato, anche diverse da quelle aventi rilievo penale e accertate in sede penale, ma devono essere significative in rapporto al tipo di funzione o di attività da svolgere, non essendo ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative, diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge e non suscettibili, secondo una valutazione ragionevole, di rilevare un’effettiva mancanza di requisiti o di qualità richieste per l’esercizio delle funzioni o delle attività di cui si tratta, traducendosi così in una sorta di indebita sanzione extralegale (T.A.R. Veneto, III, 14.4.2006, n.1017).

2.1 L’Amministrazione può d’altra parte esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (Cons. Stato, IV, 5.7.2000, n. 3709). Se, poi, gli elementi che vengono a tal fine in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo (TAR Calabria, Catanzaro, I, 1.3.2001, n.352), ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base (TAR Lombardia, Milano, I, 21.8.2002, n. 3286), vagliare l'esito dei relativi procedimenti penali specialmente se si tratta di denunce assai risalenti nel tempo (TAR Campania, Napoli, IV, 10.1.1996, n.30), verificarne con maggior rigore la rilevanza se intervenute in tempi remoti (TAR Campania, Napoli, III, 4.4.2002, n.1859;
TAR Lombardia, Milano, I, 25.6.2001, n.4473) e in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto.

3. Quanto poi alla specifica materia di cui alla presente controversia, la Sezione (17.2.2012, n.842;
11.6.2010, n.13978;
7.5.2010, n.3005;
28.2.2007, n.1292) ha già avuto modo di evidenziare che lo svolgimento dell’attività propria degli istituti di vigilanza, pur concretando un esercizio di attività imprenditoriale privata, si colloca nella materia della polizia di sicurezza per gli evidenti riflessi che esercita sulla sicurezza e l’ordine pubblico, sia in quanto la predetta attività si pone come indiretto ausilio nel perseguimento delle finalità di interesse generale della sicurezza e della prevenzione dei reati, sia in quanto incide sulle generali condizioni di controllabilità del territorio da parte delle Forze dell’Ordine, siccome costituita da corpi organizzati autorizzati al porto delle armi, facenti capo ad apposite organizzazioni aziendali, anche complesse.

3.1 Il necessario contemperamento nel quadro dell’art. 41 Cost. tra l’iniziativa economica privata, che è libera, e l’utilità sociale, viene operato dall’Autorità di pubblica sicurezza competente lungo le linee guida del TULPS, mediante atti connotati da significativi margini di discrezionalità che sono riconosciuti dalla legge al fine precipuo di consentire il raggiungimento del giusto punto di equilibrio tra le opposte esigenze di garantire la libera iniziativa economica privata e di assicurare nel contempo che essa non vada a detrimento di altri interessi di pari o superiore rilievo e protezione costituzionale. In quest’opera di bilanciamento va comunque riconosciuta una naturale preminenza all’interesse generale alla prevenzione e alla garanzia di efficacia della tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, spettando al giudice amministrativo un sindacato sulla verità dei presupposti di fatto presi a base della decisione e sulla razionalità complessiva, sulla coerenza logica e sulla proporzionalità e ragionevolezza della misura adottata, ma non sul merito della convenienza ed opportunità della scelta.

4. Occorre peraltro dare atto che, nella materia de qua, si sono registrati numerosi interventi dell’Autorità Antitrust e della giurisprudenza amministrativa, rivolti ad un maggiore apertura al mercato di questo delicato settore;
in particolare i giudici amministrativi (ex multis, Cons. Stato, VI, 23.4.2007, n.1823;
20.4.2006, n.2197;
V, 10.1.2005, n.32;
IV, 4.10.2005, n.5282;
20.10.2005, n.5900;
15.2.2005, n. 478;
6.3.2004, n.1386;
7.9.2004, n.5782;
6.7.2004, n.5012;
26.11.2001, n.5938;
28.10.1999, n.1643;
23.10.1991, n. 849;
T.A.R. Sardegna, 19.7.2006, n.1511;
6.8.2003, n.1005;
22.5.2002, n.597;
18.3.2002, n.284;
Cons. Giust. Ammin., 23.12.1988, n.24;
T.A.R. Puglia, Bari, I, 8.2.2005, n.394;
TAR Lazio, I-ter, 13.10.2004, n.10905;
9.6.2003, n.5197;
16.3.2001, n. 2036;
T.A.R. Campania, Napoli, IV, 1.12.2004, n.17813;
28.2.2005, n.1317;
TAR Lombardia, Brescia, 13.4.2002, n. 694;
TAR Toscana, I, 16.12.2002, n.3359;
24.11.1998, n.662;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22.3.2001, n. 489;
T.A.R. Umbria, 5.8.1998, n. 829;
TAR Valle d’Aosta, 16.12.1994, n. 205;
T.A.R. Friuli, 18.5.1991, n.189;
T.A.R. Puglia, Lecce, 11.12.1990, n.1079) hanno rimarcato che i provvedimenti di diniego dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata di cui all'art.134 TULPS non possono essere motivati solo in base al numero degli Istituti, delle guardie e dei sistemi di vigilanza esistenti, ma devono dare ragione di come l'interesse pubblico sarebbe danneggiato dal rilascio di una nuova autorizzazione, a giustificazione del restringimento della sfera di libertà costituzionalmente garantita, in termini dunque di giudizio di eccessività e di negatività di una nuova autorizzazione sotto il profilo del turbamento che potrebbe derivare all'ordine pubblico da un eccesso di concorrenza. Tale giudizio deve perciò fondarsi su concreti ed oggettivi elementi di valutazione, riscontrati con riferimento alla situazione esistente nell’ambito territoriale interessato, atti a dimostrare come l’ingresso di un nuovo soggetto nel settore eroderebbe quote di mercato essenziali a garantire il giusto profitto alle imprese operanti, così da costringere queste ultime a ridurre la qualità del servizio offerto con negativi riflessi sull’interesse all’ordine pubblico tutelato.

4.1 Apparirebbe del resto matura un’interpretazione adeguatrice della disciplina dettata in materia di autorizzazioni di polizia dal TULPS ai principi costituzionali espressi nell’art. 41 Cost., anche in considerazione della qualificazione degli istituti di vigilanza privata come “imprese commerciali esercitanti un servizio (la vigilanza, appunto) nell'interesse dei privati che lo richiedono verso un determinato corrispettivo (la "tariffa"), e cioè imprenditorialmente ed a fine di lucro” (Cass. Civ., I, 17.12.1994, n. 10863;
nn. 1174 del 1972, 1959 del 1971 e 1740 del 1970). Peraltro “la disciplina pubblicistica di siffatta attività - imposta dalla sua contiguità con quella, istituzionalmente e normalmente riservata allo Stato, relativa alla salvaguardia degli equilibri dell'ordine e della sicurezza pubblica e della tutela, sul piano preventivo e repressivo, delle persone e dei beni - ha un rilievo meramente esterno ed è volta soltanto al controllo dell'esercizio dell'attività medesima nella misura e nei limiti in cui esso può incidere su interessi pubblici anche costituzionalmente garantiti. Ed è esclusivamente in tale dimensione che operano sia il provvedimento autorizzatorio cui l'esercizio dell'attività stessa è subordinata (art. 134 comma 1 R.D. n. 773 del 1931), sia i provvedimenti mediante i quali si realizzano i controlli, di legittimità e di funzionalità, demandati dalla legge alle autorità di pubblica sicurezza” (Cass. Civ., I, 17.12.1994, n. 10863).

Con tali premesse il provvedimento prefettizio di autorizzazione allo svolgimento delle imprese di servizi di vigilanza e di investigazione, in quanto espressione del predetto potere-dovere di controllo su tale attività, non può dunque, senza una valida ragione giustificatrice, incidere su principio del libero svolgimento delle attività economiche riconosciuto dall’art. 41 della nostra Costituzione e dai principi di concorrenza e di apertura del mercato di origine comunitaria. L’interpretazione degli artt. 134 e 136 del TULPS, in quanto disposizioni volte alla regolazione delle attività in parola in un sistema pre-costituzionale ispirato a valori e principi diversi rispetto a quelli consacrati nella Costituzione e caratterizzato dal dirigismo statale delle attività economiche e dalla conseguente “funzionalizzazione” dell’autonomia privata, nonché da forme di intervento pubblico di regolazione del mercato mediante la pianificazione delle attività private e la correlata fissazione di contingenti, deve essere condotta in modo da salvaguardare la compatibilità di tali regole con i sopravvenuti principi costituzionali e comunitari;
la concorrenza deve, cioè, essere tutelata come bene in sé in quanto assicurante in modo automatico il miglior equilibrio del mercato e la massima soddisfazione dell’interesse dei consumatori, mentre le limitazioni allo svolgimento dei servizi in questione possono essere giustificate, secondo lo spirito ed i principi ricavabili dalla disciplina comunitaria e nazionale in materia, solo in quanto trattasi “di attività che ... partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri” ovvero che “siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica” di cui agli artt. 45 e 46 del Trattato CEE (T.A.R. Lazio, Roma, I-ter, 10.3.2006, n.1890).

4.2 Il provvedimento prefettizio che interviene in materia, pertanto, non può essere finalizzato a disciplinare o restringere la concorrenza fra imprese esercenti attività di vigilanza privata e tanto meno ad introdurre contingenti volti a creare un’ingiustificata barriera all’entrata di nuove società o ad assicurare alle imprese operanti nel settore un’ingiustificata posizione di oligopolio, considerato il favor dell’attuale “costituzione economica” per il regime di concorrenza in quanto, per definizione, meglio rispondente alle esigenze della generalità. Inoltre tale atto, se negativo, deve evidenziare, mediante circostanziate motivazioni fondate su un’approfondita istruttoria, le esigenze di ordine pubblico e di sicurezza che rendono inopportuno l’accesso al mercato dei servizi in parola ad un nuovo operatore del settore, alla stregua di una lettura costituzionalmente compatibile della disposizione in esame con i principi e le norme risultati dalla Carta Costituzionale, come modificata a seguito della riforma del Titolo V, ed in particolare con l’art. 118, ultimo comma, secondo il quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà”.

4.3 Pur con tali considerazioni il Collegio reputa non irrilevante il profilo della tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, quale oggetto dell’apprezzamento, condotto dal Prefetto, circa il limite di saturazione dell’area territoriale di riferimento in cui chiede di andare ad agire il nuovo operatore che fa istanza per la licenza;
il mantenimento di un giusto e accorto equilibrio di questo mercato è infatti garanzia di concorrenza fisiologica e non esasperata e di razionale controllabilità di questi corpi armati da parte dell’Autorità amministrativa.

Sul punto la Sezione (7.5.2007, n.4760) ha, ad esempio, ritenuto che siano integrati gli estremi dell’abuso della licenza ex art. 134 TULPS allorché venga svolta un’attività di prevenzione dei crimini contro le persone, ossia un servizio di ronda anticrimine a tutela non di beni immobili, ma delle persone, con possibilità di intervenire direttamente nel caso di “eventuali situazioni critiche”: tale attività, in quanto strettamente inerente alle funzioni di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, è infatti prerogativa esclusiva delle Forze di Polizia e non può ricomprendersi nell’ambito della licenza di investigatore privato ex art. 134 TULPS che resta circoscritta “alle investigazioni e alla raccolta di informazioni per conto di privati, nonché alla ricerca ed alla individuazione di elementi di prova ai fini della difesa penale”.

4.4 Sotto il profilo organizzativo va evidenziato che, ai sensi dell’art. 257 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), i soggetti che richiedono il rilascio della licenza per le attività di vigilanza ex art. 134 TULPS debbono corredare la domanda con un progetto organizzativo e tecnico-operativo dell'istituto (art. 257, co. 2) e con un progetto di regolamento tecnico dei servizi che si intendono svolgere (art. 257, co. 3), in base al quale esso «dovrà risultare adeguato, per mezzi e personale, alla tipologia degli stessi, all'ambito territoriale richiesto, alla necessità che sia garantita la direzione, l'indirizzo unitario ed il controllo dell'attività delle guardie particolari giurate da parte del titolare della licenza, o degli addetti alla direzione dell'istituto, nonché alle locali condizioni della sicurezza pubblica». La caratteristiche minime cui deve conformarsi il progetto organizzativo ed i requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi sono determinati con decreto del Ministro dell’interno (art. 257, co. 4), che ha, di recente, esercitato detto potere attraverso il decreto ministeriale del 1° dicembre 2010, n. 557/PAS/10971.10089.D(1)Reg.

Al Questore, cui spetta la vigilanza sul servizio delle guardie particolari giurate (art. 249, co. 5, r.d. n. 635/40;
art. 1 r.d.l. 26 settembre 1935, n. 1952, conv. con legge 19 marzo 1936, n. 508) e sugli istituti di vigilanza privata (art. 1 r.d. 12 novembre 1936, n. 2144), è affidata invece la potestà di approvare le modalità con cui deve essere eseguito il servizio espletato con l’impiego di guardie particolari giurate, le quali modalità debbono essergli sottoposte da coloro che tali guardie utilizzino (art.2 r.d.l. n. 1952/35). Nell’esercizio di questo potere «è data facoltà al Questore di modificare le norme di servizio proposte […] e di aggiungervi tutti quegli obblighi che ritenesse opportuno nel pubblico interesse» (art. 3 r.d.l. n.1952/35).

4.5 L’art. 8 del DM 1/12/2010, in particolare, concede agli istituti di vigilanza già autorizzati un termine di diciotto mesi per adeguare alle nuove disposizioni le caratteristiche e i requisiti organizzativi, professionali e di qualità dei servizi;
dichiara immediatamente esecutive le nuove disposizioni in caso di richiesta di estensione di licenza;
stabilisce che gli istituti già autorizzati ad operare in diverse province sulla scorta di diverse autorizzazioni debbono unificare le attività in un’unica licenza rilasciata dal Prefetto della provincia dove l’istituto ha eletto la sede principale. L’allegato D del decreto è dedicato, in particolare, alla individuazione dei requisiti operativi minimi degli istituti di vigilanza e alle regole tecniche dei servizi, ai sensi dei predetti commi 3 e 4 dell’art. 257 del reg. esec. TUEL;
detto allegato stabilisce all’art.

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