TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-10-24, n. 202206541

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-10-24, n. 202206541
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202206541
Data del deposito : 24 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2022

N. 06541/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00657/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 657 del 2017, proposto da
G G, A G, rappresentati e difesi dagli avvocati G B, B G, con domicilio eletto presso lo studio G B in Napoli, largo Francesco Torraca n. 71;

contro

Comune di Pozzuoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato C D F, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Di Martino in Napoli, Riviera di Chiaia n. 180, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

per l'annullamento

ordinanza del Dirigente della Direzione 5^ del Comune di Pozzuoli, prot. n. 0064257 del 07.10.2016, notificata il 29.11.2016, con la quale si ordina al ricorrente G G, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, di provvedere in proprio alla demolizione delle opere contestate entro 90 giorni, con l'avvertenza che, in caso di accertata inottemperanza il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, saranno acquisite di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune e che sarà irrogata la sanzione pecuniaria pari ad € 20.000,00, prevista dal comma 4 bis del medesimo art. 31;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pozzuoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento da remoto del giorno 19 ottobre 2022 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente sig. G G (che ha riassunto il giudizio dopo il decesso del sig. A G, a seguito di ordinanza di interruzione della sezione n. 676 del 31.1.22) è proprietario del lastrico solare di un fabbricato ubicato in Pozzuoli (NA) alla II Traversa Miliscola n. 11/B,.

Su detto lastrico veniva realizzata dal dante causa (sig. G A) un torrino scala ed, in aderenza allo stesso, una tettoia metallica coperta da lamiere grecate.

Tali opere venivano autorizzate dal Sindaco in data 12.10.1981.

Successivamente il sig. G A realizzava, sempre in aderenza al torrino scale, una veranda di circa mq 15, chiusa con vetrate.

Al fine di sanare la suddetta veranda, il proprietario dell’epoca inoltrava in data 20.12.1986 istanza di concessione in sanatoria, ai sensi dell’art. 31 della L. 28.02.1985 n. 47.

Con provvedimento del 25.07.2003, il comune di Pozzuoli rilevava la tardività dell’istanza di condono formulata ex lege 47/85;

Tuttavia, il sig. G A, già consapevole della tardività della sua domanda, aveva in precedenza formulato in data 25.2.97 istanza di rideterminazione consentita dall’art. 39 comma 10 bis della legge 21.12.1994 n. 724 e dall’art. 2, comma 37 lett. g della L. 23.12.1996 n. 662, istanza sulla quale oggi lamenta di non aver mai ottenuto risposta alcuna.

In data 22.08.2016, venivano contestati al sig. G G lavori abusivi consistenti nella suddetta veranda di 15 mq, nonché una tettoia che risulterebbe non più “smontabile come previsto dall’autorizzazione prot. n. 34246/1981 essendo stata oggetto di lavori con incapsulamento alla base di pilastri mediante malta cementizia”.

Il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Pozzuoli ha infine ingiunto ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/01 la demolizione dei suddetti interventi (provvedimento impugnato del 7.10.2016).

Con il presente gravame il ricorrente deduce che il Comune intimato sarebbe incorso in vizi istruttori e di motivazione;
in particolare:

-avrebbe omesso di considerare la pendenza dell’istanza di rideterminazione del condono edilizio ex lege 724/1994 a tutt’oggi non ancora esitata;

-sarebbe incorso in un errore tecnico, ritenendo che le innovazioni sulla tettoia (comunque mirate alla sola messa in sicurezza) non fossero separatamente rimuovibili.

Sono stati infine dedotti più generali vizi di procedimento.

Si è costituito in giudizio il comune di Pozzuoli che si è difeso con memorie, mentre all’udienza di smaltimento del 21.10.22 la causa è stata inoltrata a sentenza.

DIRITTO

Il ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi.

Quanto al primo (relativo alla richiesta di condono della veranda), va puntualizzato che il comma 10 bis dell’articolo 39 della legge 724/94 prevede che “Per le domande di concessione o autorizzazione in sanatoria presentate entro il 30 giugno 1987 sulle quali il sindaco abbia espresso provvedimento di diniego successivamente al 31 marzo 1995, sanabili a norma del presente articolo, gli interessati possono chiederne la rideterminazione sulla base delle disposizioni della presente legge”.

La L. 23 dicembre 1996, n. 662 ha poi disposto (con l'art. 2, comma 38) che la domanda di cui al comma 10-bis dell'articolo 39 della citata legge n. 724 del 1994,

“deve essere presentata entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge."

Infine il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (entrato in vigore il 1.1.1997), nel modificare l'art. 2 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, ha disposto con l'art. 10, comma 5-bis che "La domanda di cui al comma 10-bis dell'articolo 39 della citata legge n. 724 del 1994, introdotto dal comma 37, lettera g), del presente articolo, deve essere presentata entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge anche qualora la notifica del provvedimento di diniego intervenga successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge".

Come in precedenza esposto, il ricorrente ha proposto domanda integrativa di rideterminazione in data 25.2.1997 (con protocollo dell’ufficio in arrivo in pari data), nel rispetto quindi delle tempistiche previste dal citato art. 10 comma 5 bis del DL 669/1996.

Non risultando agli atti alcun riscontro del Comune in ordine a tale istanza (il patrono resistente si limita ad allegare la risposta in data 25.7.2003 alla precedente domanda condonistica del 20.12.1986, qui non in rilievo), va conseguentemente censurata l’ordinanza di demolizione relativa alla veranda, poiché il provvedimento è stato adottato in violazione dell’art. 38 della L. n. 47/1985 (che impone per giurisprudenza costante la sospensione ex lege dei procedimenti sanzionatori sino all’esito della domanda di condono).

Quanto alla tettoia, il Dirigente ha ritenuto che, a seguito dell’esecuzione delle opere di messa in sicurezza, la tettoia stessa non fosse più “smontabile come previsto dall’autorizzazione prot. n. 34246/1981 essendo stata oggetto di lavori con incapsulamento alla base di pilastri mediante malta cementizia”, ordinando così la demolizione dell’intera struttura.


Il professionista incaricato dal ricorrente ha depositato perizia asseverata del 25.1.17, raffrontando l'attuale consistenza della struttura rispetto a quella assentita con autorizzazione edilizia sindacale del 12.10.1981;
ha affermato al riguardo che i lavori posti a base dell’ordine demolitorio:

-sarebbero stati imposti per mettere in sicurezza i pilastri, a causa della notevole corrosione degli ancoraggi preesistenti;

-avrebbero comunque avuto carattere di facile reversibilità “..essendo assolutamente enucleabili” mediante agevole rimozione della malta cementizia, senza alterare il carattere smontabile della tettoia.

Proprio su quest’ultimo punto il ricorrente ha insistito anche in prossimità dell’odierna udienza, affermando che “…il Dirigente avrebbe dovuto ordinare solo il ripristino dello status quo ante, con un provvedimento diretto a riportare la tettoia de qua nelle condizioni di cui all’autorizzazione sindacale e giammai disporre la demolizione dell’intera struttura” (memoria del 13.9.22).

A fronte della impegnativa attività difensiva del ricorrente, il comune ha replicato in modo generico con memoria del 19.5.22, rinviando alle premesse istruttorie riportate nel provvedimento impugnato (a suo dire esaustive);
queste ultime si limitano tuttavia a rilevare il nuovo e non autorizzato incapsulamento alla base dei pilastri della tettoia ritenuta tout court ormai “non più smontabile”, senza spiegare perché si sarebbe resa necessaria l’integrale demolizione della tettoia stessa, in luogo di un ripristino delle condizioni originarie nei sensi già autorizzati, valutando in concreto la possibilità di far rimuovere la malta cementizia senza aprioristiche esclusioni.

La misura più mite di ripristino dello status quo ante, poi, anche nel dubbio di una sua praticabilità, avrebbe potuto quantomeno delinearsi, con l’avvertenza a carico del proprietario di non ammettere soluzioni conservative diverse dal ritorno all’origine della tettoia autorizzata, con obbligo di procedere alla demolizione nel caso di riscontrata impossibilità di attuare il rigoroso ripristino di cui sopra.

In ogni caso, il dominio istruttorio sulla decisione presa è apparso molto dubbio anche (come sopra rilevato) alla luce del portamento processuale dell’ente intimato, che a fronte delle valutazioni tecniche poste a supporto delle tesi attoree, non ha inteso opporre sostanziali confutazioni, ciò postulando le conseguenze valutative del giudicante, ai sensi dell’art. 64 u.c. CPA.

Va pertanto condivisa la doglianza del ricorrente con cui si censura il difetto di proporzionalità e/o il difetto di istruttoria, per non aver l’amministrazione ponderato misure di ripristino in luogo di quelle demolitorie dell’intera tettoia.

Sullo specifico punto, l’accoglimento del ricorso (nei limiti sopra precisati) postula la riedizione del potere valutativo del Comune in ordine alla praticabilità di soluzioni idonee a garantire il rientro nella legalità della tettoia medesima, secondo criteri di compiutezza istruttoria delineati in sentenza.

In conclusione, il gravame è fondato sia con riguardo alla veranda che alla tettoia, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata, assorbita ogni altra doglianza.

E’ fatta salva la successiva attività dell’amministrazione civica nei sensi precisati in motivazione.

Sussistono ragioni per compensare le spese di lite.

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