TAR Brescia, sez. II, sentenza 2017-01-31, n. 201700130
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Testo completo
Pubblicato il 31/01/2017
N. 00130/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00084/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 84 del 2015, proposto da:
L B, rappresentato e difeso dall'avvocato E B, con domicilio eletto in Brescia presso il suo studio, via Aldo Moro, 54;
contro
Questura di Brescia, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
del decreto del Questore di Brescia prot. n. 301/188/2014/Cat. 6 del 15 settembre 2014, notificato il 5 novembre 2014, di rigetto del rinnovo del porto d’armi per uso caccia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame il sig. Bino Lucrezio lamenta l’illegittimità del provvedimento con cui la Questura di Brescia, “riservandosi ogni ulteriore determinazione a definizione del procedimento penale”, ha negato allo stesso il rinnovo del porto d’armi per uso caccia, a causa della pendenza, nei suoi confronti, di un giudizio penale per violazione dell’art. 20 bis della legge sulle armi 110/1975, incardinato a seguito di segnalazione dei Carabinieri di Gorgonzola (competenti sul territorio di Bellinzago Lombardo).
Il provvedimento con cui è stato negato il porto d’armi all’odierno ricorrente è scaturito dal fatto che ignoti sono penetrati nell’abitazione del figlio del ricorrente, impossessandosi di un’arma di proprietà di quest’ultimo. In occasione dei rilievi effettuati a seguito della denuncia di tale reato, i Carabinieri hanno riscontrato che, nel locale lavanderia, erano presenti armi registrate a nome del padre.
Ciò ha determinato la segnalazione dei Carabinieri alla Questura di Brescia per l’adozione di opportune misure cautelari nelle more dell’accertamento, in sede penale, delle responsabilità dell’odierno ricorrente e del figlio. Conseguentemente, è stato adottato il provvedimento censurato, il quale sarebbe illegittimo, secondo quanto dedotto in ricorso, per violazione dell’art. 20 bis della legge 110/75.
Il secondo comma di tale articolo, rubricato “Omessa custodia di armi”, così recita: “ Chiunque trascura di adoperare, nella custodia delle armi, munizioni ed esplosivi di cui al comma 1 le cautele necessarie per impedire che alcuna delle persone indicate nel medesimo comma 1 giunga ad impossessarsene agevolmente, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a euro 1.032. ”.
Il ricorrente, però, non sarebbe incorso in tale violazione (né tantomeno in quella, più grave, prevista dal comma 1, avente ad oggetto la consegna di armi a persona minore o incapace) e la mera iscrizione di un procedimento penale non sarebbe, di per sé, prova di inaffidabilità del richiedente il porto d’armi. Tant’è che, secondo quanto sostenuto in ricorso, proprio in tale ottica dovrebbe essere considerato il fatto che i Carabinieri di Gorgonzola non hanno ritenuto di segnalare alcunché alla Questura di Brescia, affinché valutasse la sussistenza dei presupposti per la revoca della licenza.
Inoltre, si ricorda ancora, che il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, con sentenza 14/1/2014 n. 140, ha