TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2009-09-04, n. 200908380

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2009-09-04, n. 200908380
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 200908380
Data del deposito : 4 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05155/2005 REG.RIC.

N. 08380/2009 REG.SN.

N. 05155/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SNTENZA

sul ricorso numero 5155/2005, proposto da Frateloreto R e Pli M T, rappresentati e difesi dall'avv. R S, con domicilio ex lege - in mancanza di domicilio eletto in Roma - presso la Segreteria di questo T.a.r.;

contro

il Comune di Filettino in persona del Sindaco p.t., non costituito;
il Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, non costituito;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 11 del 24.2.2005, con cui il Comune di Filettino ha intimato il ripristino dello stato dei luoghi;
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, in particolare del parere negativo del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini di cui alla nota del 12.1.2005 prot. n. 112;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 28 aprile 2009 il cons. Giancarlo Luttazi;

Difese come specificato in verbale;

Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti prospettano quanto di seguito indicato.

Con d.i.a. in sanatoria prot. n. 4303 del 26.11.2004 essi avevano comunicato al Comune di Filettino l’avvenuta realizzazione - in difformità dalla precedente d.i.a. prot. n. 3112 del 1°.9.2004 - di un ampliamento di due vani finestra tale da realizzare due porte-finestra per l’adeguamento degli ambienti ai requisiti igienico-sanitari;
e di aver chiesto contestualmente all’Ente Parco naturale regionale dei Monti Simbruini il parere ambientale.

L’Ente Parco esprimeva parere contrario con nota prot. n. 112 del 12.1.2005, sul presupposto che le opere realizzate presentavano risvolti di carattere più urbanistico che ambientale.

Conseguentemente il Comune di Filettino emetteva l’ordinanza n. 11 del 24.2.2005.

Di essa i ricorrenti chiedevano al Comune l’annullamento in autotutela, ma la richiesta era disattesa.

Per questo i ricorrenti impugnano la citata ordinanza n. 11 del 24.2.2005 e il pregresso parere di cui alla nota prot. n. 112 del 12.1.2005 prospettando i motivi seguenti.

1) Violazione di legge: artt. 146, comma 1, e 149, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 42/2004.

L’art. 146, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 dispone: “I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”.

Inoltre l’art. 149, comma 1, lettera b) [recte: lettera a);
n.d.r.] dello stesso decreto legislativo esclude l'autorizzazione per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.

L’intervento realizzato rientra fra quelli classificati dall’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 come “manutenzione straordinaria” .

Il territorio ove è ubicato l’immobile è sottoposto a vincolo ambientale. Tuttavia, contrariamente a quanto ritenuto dal Comune, la modesta tipologia dell’intervento non richiede il previo rilascio del parere ambientale.

Tra l’altro, la Cassazione penale (Sez. III, 9 febbraio 1998, n. 3849) ha inequivocabilmente escluso dal concetto di prospetto le aperture senza sporgenze, come sono quelle in esame.

Lo stesso Ente Parco, nel parere recepito dal Comune, ha detto sostanzialmente che le opere realizzate non necessitavano del parere ambientale perché rilevanti solo quanto al profilo urbanistico.

2) Violazione di legge: art. 37, D.P.R. n. 380/2001.

Ai sensi della disposizione in rubrica, per la realizzazione senza titolo di opere soggette a d.i.a.:

- non è previsto il ripristino ma la semplice sanzione pecuniaria;

- è consentita la sanatoria mediante pagamento di una somma di denaro commisurata all’aumento di valore dell’immobile;

- la denuncia di inizio attività spontaneamente effettuata quando l’intervento è in corso di esecuzione comporta il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516 euro.

Dunque l’impugnato ripristino ha violato tutte le norme testé indicate.

3) Violazione di legge: art. 3, legge n. 241/1990 – Motivazione erronea, insufficiente e contraddittoria.

4) Eccesso di potere: travisamento ed erronea valutazione dei fatti – Contraddittorietà fra più atti.

Il Comune di Filettino ha erroneamente interpretato il parere dell’Ente Parco prot. n. 112 del 12.1.2005.

Col ricorso sono stati depositati documenti.

Le Amministrazioni intimate non si sono costituite.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 28 aprile 2009.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. – I ricorrenti hanno trasformato, in zona vincolata (Comune di Filettino, all’interno del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini: v. legge della Regione Lazio 29 gennaio 1983, n.8), due vani finestra in altrettante porte-finestra.

Questi lavori comportavano una modifica del prospetto dell’edificio.

Il prospetto (o alzata) di un edificio, infatti, è lo sviluppo in verticale di esso, così come la pianta è lo sviluppo in orizzontale;
e in quanto tale il prospetto è certamente modificato dalla trasformazione di due vani finestra in altrettante porte-finestra.

I ricorrenti richiamano in proposito una sentenza della Cassazione penale (Sez. III, 9 febbraio 1998, n. 3849), la quale avrebbe inequivocabilmente escluso dal concetto di prospetto le aperture senza sporgenze. Ma il richiamo non appare esatto, perché le sporgenze attengono alla sagoma (vale a dire al profilo, o linea esterna, o contorno, di un edificio) non già al prospetto.

Le opere in argomento dunque, in quanto modifiche di prospetto, concretavano ristrutturazione edilizia;
e in quanto tali necessitavano di un preventivo assenso paesaggistico dell’Ente preposto [artt. 146 e 142, lettera f) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42] e di un preventivo assenso edilizio [permesso di costruire o d.i.a. “pesante”: artt. 10, lettera c), e 22, lettera a), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380].

Le opere, invece, sono state realizzate senza quei preventivi assensi.

Correttamente dunque l’impugnata ordinanza n. 11 del 24.2.2005 – data la natura dei lavori e la violazione dell’obbligo di astenersi dall'avviarli fino a quando non se ne fosse ottenuta l'autorizzazione (art. 146, comma 2, d.lgs. n. 42/2004) ha imposto il ripristino ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, il quale prevede, appunto, che “il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità … (omissis: n.d.r.) … nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi”.

E correttamente altresì – trattandosi di opere ormai realizzate – l’Ente Parco naturale regionale dei Monti Simbruini ha negato il proprio assenso postumo richiamando il citato art. 146, d.lgs. n. 42/2004, il quale in effetti, al quarto comma, prevede espressamente che l'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, e non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

2. - I rilievi formulati in proposito nel ricorso non possono essere accolti.

Al capo 1, cui si rinvia, già si è avuto modo di disattendere l’assunto secondo cui le opere sanzionate non avrebbero concretato modifica di prospetto.

Ne consegue che le opere – diversamente da quanto asserito in ricorso – non possono essere qualificate semplici lavori di “manutenzione straordinaria”. Esse vanno invece qualificate come interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi del citato art. 10, lettera c), del D.P.R. n. 380/2001. Anche anche su questo punto si rinvia a quanto rilevato al capo 1.

Inoltre – pure in questo caso diversamente da quanto asserito in ricorso – deve escludersi che il parere dell’Ente Parco prot. n. 112 del 12.1.2005 abbia affermato che le opere realizzate non necessitavano del parere ambientale perché rilevanti solo quanto al profilo urbanistico.

L’atto prot. n. 112 del 12.1.2005, infatti, resta un parere – reso ai sensi di legge – espressamente “non favorevole”, e non un atto che declina la competenza a formulare il parere paesaggistico.

Tenendo conto di ciò l’inciso del parere “l’opera eseguita ha risvolti di carattere più urbanistico che ambientale” va inteso non già come assoluzione dell’abuso, ma solo come sottolineatura del suo carattere, appunto, ”più urbanistico che ambientale”: nel parere negativo la valenza ambientale dell’abuso rimane, seppure di peso inferiore a quello urbanistico;
così come rimane stigmatizzata la violazione della normativa vincolistica – sopra indicata al capo 1 - che imponeva la richiesta d’assenso dell’Ente preposto prima, e non dopo l’inizio dei lavori.

Anche relativamente all’asserita violazione dell’art.. 37, D.P.R. n. 380/2001 può farsi rinvio al precedente capo 1.

Le opere realizzate, infatti, sono interventi di ristrutturazione con modifiche dei prospetti ed in zona vincolata;
e dunque erano soggette, oltre che al preventivo parere favorevole dell’Ente preposto alla tutela del vincolo, anche a permesso di costruire [art. 10, comma 1, lettera c), D.P.R. n. 380/2001] o, in alternativa, alla d.i.a. “pesante” ex art. 22, comma 3, D.P.R. n. 380/2001. Sicché all’abuso in esame risultava applicabile (e correttamente applicato dall’Amministrazione) l’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, non già le disposizioni sulla d.i.a “leggera” invocate in ricorso (artt. 21, commi 1 e 2;
e 37, D.P.R. n. 380/2001).

Parimenti infondato è il motivo che lamenta carenze motivazionali: il testo dell’atto impugnato, cui si rinvia, espone adeguatamente gli addebiti riscontrati nell’attività edilizia, e dà sufficientemente conto della sanzione ripristinatoria irrogata.

3. – Il ricorso va dunque respinto.

Nulla per le spese, non essendovi costituzione di controparti.

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