TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2018-12-28, n. 201801067

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2018-12-28, n. 201801067
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 201801067
Data del deposito : 28 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2018

N. 01067/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00361/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SNTENZA

sul ricorso numero di registro generale 361 del 2017, proposto da
Comune di Ossi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P P, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio dell’avv. S P, via Garibaldi n. 18;

contro

la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati R M e M C, con domicilio eletto presso l’ufficio legale della Regione Sarda in Cagliari, viale Trento n. 69;

la Direzione Generale del Servizio Attività Estrattive e Recupero Ambientale - Assessorato dell'Industria - Regione Sardegna, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

nei confronti

Industriale Monte Rosé S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati S S e D P, con domicilio eletto in Cagliari presso il loro studio legale, via Sonnino n. 84;

per l'annullamento

- della determinazione prot. n. 6957, Rep. 66 della Regione Autonoma della Sardegna- Assessorato all'Industria D.G. Servizio Attività Estrattive e Recupero Ambientale - del 6.3.2017;

- della determinazione n. 29/13 del 20.05.2016 della Giunta della regione Autonoma della Sardegna quale atto presupposto;

- nonché tutti gli atti ad essi presupposti, connessi e conseguenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Industriale Monte Rosé S.p.A. e della Regione Autonoma della Sardegna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2018 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente Comune di Ossi espone quanto segue.

Nel territorio comunale, in località Rocca Ruja, insiste, su un terreno di proprietà della società ITALCEMENTI S.p.A, la cava di calcare denominata “Su Padru”.

Con la Determinazione n. 541 del 3 settembre 2001 l’Assessorato dell’Industria della Regione Sardegna, Servizio attività estrattive, Settore Disciplina delle attività di cava, autorizzava la Società Italcementi Spa a svolgere attività estrattiva secondo quanto disposto dalla L.R. 7 giugno 1989, n. 30.

Detta autorizzazione, rilasciata per la durata di dodici anni per l’estrazione di materiale da destinare ad usi industriali, poneva a carico della Italcementi l’onere di iniziare i lavori di estrazione entro il termine previsto dalla legge richiamata e quello di proseguire detti lavori “ in modo continuativo secondo il progetto approvato ”.

A seguito dell’entrata in vigore della Legge Regionale 9 agosto 2002, n. 15, che ha stabilito l’assoggettamento alla procedura di VIA delle concessioni minerarie e le autorizzazioni di cava rilasciate dall’Amministrazione regionale successivamente all’entrata in vigore del D.P.C.M. 3 settembre 1999, n.1, la ITALCEMENTI S.p.A., già autorizzata alla coltivazione di cava, provvedeva alla richiesta di procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, che otteneva il “placet” della Giunta Regionale della Regione Sardegna con la deliberazione n. 18/19 del 20.04.2004.

In più occasioni, prima con lettera in data 5.10.2011 e poi con lettera in data 30.10.2013, il Comune di Ossi chiedeva all’Assessore Regionale all’Industria della Regione Sardegna che venisse dichiarata la decadenza della Società Italcementi dall’autorizzazione a suo tempo concessa per violazione dell’art. 28 comma 1 lett. B. della L.R.

7.06.1989 n. 30, non avendo la stessa società proseguito i lavori di estrazione in modo continuativo e rendendosi così inadempiente agli obblighi e alle prescrizioni previste nell’atto concessorio (art. 3 comma A dell’Autorizzazione n. 541 del 3.9.2001).

Inoltre, con la comunicazione dianzi richiamata, il Sindaco del Comune di Ossi manifestava alla Regione Sarda l’intendimento di adibire l’area all’installazione di un impianto fotovoltaico.

Con comunicazione in data 26.11.2013, prot. n. 26384 l’Assessorato della Difesa dell’Ambiente della Regione comunicava al Comune di Ossi che la Società Italcementi S.p.A. aveva chiesto di verificare se la proroga dell’autorizzazione, rilasciata dall’Assessore Regionale all’Industria della regione Sardegna, (Det. N 541/2001), scaduta il 2.09.2013, comportasse la necessità di avviare una nuova procedura di verifica/VIA.

L’assessorato della difesa dell’Ambiente comunicava che a fronte della richiesta di autorizzazione non fosse necessario procedere alla procedura di VIA in quanto non vi sarebbe stata nessuna variazione rispetto al progetto a suo tempo autorizzato e allegato all’istanza di VIA del 2004 e ciò in quanto non era stata estratta tutta la volumetria prevista, residuando 568.000 m/3 rispetto agli 832.000 m/3 previsti dalla richiamata autorizzazione del 2004.

Faceva seguito la comunicazione della Direzione Generale Servizio attività estrattive, prot. N. 24783/AM, del 12.12.2013 con cui la Regione Sardegna, in risposta alla richiesta da parte del comune di Ossi di declaratoria della decadenza della concessione rilasciata alla Italcementi, precisava che l’intervenuta cessazione dell’attività di estrazione dei materiali a causa della cessata attività del cementificio di Scala di Giocca non avrebbe precluso la possibilità di destinare il materiale ad usi diversi da quello industriale atteso che il progetto complementare avrebbe previsto esclusivamente l’approfondimento delle attuali quote di escavazione.

Contestualmente veniva comunicato che la Italcementi S.p.A. aveva presentato un istanza di rinnovo e proroga dell’autorizzazione manifestando così la propria intenzione di riprendere l’attività estrattiva e ciò anche in considerazione del fatto che il giacimento di cava non era stato sfruttato al massimo delle sue potenzialità.

Con la medesima comunicazione l’assessorato regionale all’Ambiente evidenziava che la proposta avanzata dal Comune, di installare nell’area della cava un impianto fotovoltaico al servizio del paese, “… non troverebbe conferma nell’intendimento, manifestato dalla società con la presentazione dell’istanza di proroga e di rinnovo, di proseguire l’attività estrattiva in essere …”.

Con istanza in data 24 aprile 2015 la Società Industriale Monte Rosè S.p.A. inoltrava all’Assessorato Industria – Servizio Attività Estrattive- della Regione Autonoma della Sardegna istanza con la quale richiedeva l’autorizzazione ad eseguire “… la ripresa delle attività estrattive per la produzione e la valorizzazioni di inerti e calcare per usi civili ed industriali, nell’esercizio dei cava denominato Su Padru – insistente in agro del Comune di Ossi …” con indicazione dei mappali interessati all’attività estrattiva specificando che detta attività avrebbe interessato un’estensione di soli 6,40 Ha sui 19 Ha costituenti tutta l’area interessata.

All’istanza veniva allegato il preliminare-, nonché l’Allegato B 2- progetto di coltivazione e di tali elaborati veniva data comunicazione al Comune di Ossi in data 19.05.2015.

Con comunicazione in data 10.07.2015, prot. N. 5996, il Comune di Ossi faceva pervenire all’Assessorato all’Industria, Difesa Ambiente e SAVI della Regione Sardegna l’opposizione dell’Amministrazione comunale alla riapertura della cava corredata dalla copia del verbale e della delibera del Consiglio comunale del 6.07.2015, delle osservazioni del sindaco, nonché le osservazioni dei cittadini che evidenziavano i gravi disagi che avrebbero comportato la riapertura della cava e i lavori di estrazione.

Veniva inoltre trasmessa la delibera n. 105 adottata dal Consiglio Comunale in data 19.12.2013, con la quale il comune si opponeva alla paventata riapertura della cava.

Con deliberazione n. 29/13 del 20.05.2016 la Regione Autonoma della Sardegna deliberava di “ non sottoporre all’ulteriore procedura di VIA l’intervento denominato Progetto per la ripresa dell’esercizio di cava per la produzione e valorizzazione di inerti e calcare per uso civile ed industriale denominata “Su Padru” presentato dalla Società Monte Rosè S.p.A .”, ponendo come condizione il rispetto e il recepimento delle prescrizioni indicate nella premessa della stessa determinazione che stabiliva la validità della medesima in dieci anni a decorrere dalla pubblicazione.

Venivano altresì rilasciati i nulla-osta della Soprintendenza archeologica e dell’Ente Foreste attestanti che nell’area interessata alla nuova attività estrattiva non vi erano vincoli che ne impedissero la ripresa.

Con comunicazione in data 8.6.2016 dell’Assessorato dell’Industria della Regione Autonoma della Sardegna, prot. n. 18718 diretto al Comune di Ossi venivano trasmessi gli atti necessari per procedere alla pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’istanza per l’autorizzazione alla coltivazione e ripristino ambientale della cava denominata “Su Padru”.

Con comunicazione in data 4.7.2016, prot. n. 6297, il Comune di Ossi, nel comunicare l’avvenuta pubblicazione all’albo Pretorio dell’istanza presentata dalla società Monte Rosè, confermava ancora una volta l’opposizione dell’Amministrazione comunale alla riapertura della cava “SU PADRU”.

Ciò nonostante, con determinazione in data 6 marzo 2017, prot. n. 6957, la Direzione Generale dell’Assessorato all’Industria della Regione Autonoma della Sardegna autorizzava la società Industriale Monte Rosè alla coltivazione del giacimento di inerti e calcare per usi civici e industriali in loc. Su Padru, in territorio del Comune di Ossi, notificata al Comune di Ossi in data 07.03.2017.

Con delibera n. 27 dell’11.04.2017 il Consiglio comunale di Ossi confermava la propria opposizione alla ripresa dell’attività estrattiva della cava “Su Padru”, ribadendo le motivazioni già espresse nelle delibere precedenti versati in atti.

Inoltre, con nota del 21 aprile 2017 il medesimo Comune, al fine di sollecitarne l’intervento, informava la competente Soprintendenza in ordine alla possibile esistenza nell’area estrattiva di beni archeologici non censiti.

Al fine di tutelare tali emergenze archeologiche il Comune di Ossi, con nota del 2 maggio 2017, chiedeva all’ufficio regionale il ritiro in autotutela dell’autorizzazione n. 66 del 6.03.2017.

Non avendo ottenuto positivo riscontro proponeva il ricorso in esame affidandolo ai seguenti motivi:

1) Violazione di legge (D.Lgs. 152/2016, come recepito dalla Regione Autonoma della Sardegna e come attuato dalla deliberazione n. 34/33 del 7.08.2012 della Regione Autonoma della Sardegna): per il mancato espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale (la cui finalità è quella di fornire all’organo politico un’adeguata informazione degli effetti dell’attività umana sul mondo esterno e sulla sostenibilità ambientale) richiesta dalla normativa menzionata;

2) Violazione di legge (art. 20, comma L. R. 07.06.1989 n°30, 8, comma 1 della L.R. 09.08.2002 n. 15) - Violazione di Legge ex art. 3, comma, 1 L. 07.08.1990, n°241 e s.m.i, - Eccesso di potere per omessa, insufficiente motivazione, nonché per erronei presupposti di fatto: in quanto malgrado le argomentate osservazioni presentate dall’amministrazione comunale per contrastare il rilascio del titolo autorizzatorio richiesto dalla società controinteressata la Regione Sarda si sarebbe immotivatamente determinata limitandosi ad utilizzare una formula negativa generica e priva di un reale contenuto motivazionale;
inoltre non si sarebbe neppure considerato il rinvenimento nel perimetro dell’area interessata all’estrazione di siti di probabile interesse archeologico (un ipogeo e forse una “domus de janas”).

Concludeva quindi il Comune resistente chiedendo, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento impugnato, con favore delle spese.

Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione regionale che, con difese scritte, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.

Si è altresì costituita in giudizio la società Industriale Monte Rosé Spa che, con memorie difensive, ne ha chiesto il rigetto, con vittoria di spese.

Con ordinanza collegiale n. 272 del 26 marzo 2018 il Tribunale, a seguito del segnalato rinvenimento nell’area interessata dall’attività estrattive di siti di probabile interesse archeologico (circostanza dedotta come rilevante nel secondo motivo di impugnazione), ha disposto approfondimenti istruttori al fine di ottenere precisazioni sia in ordine all’estensione dell’area potenzialmente interessata dalla dichiarazione di particolare interesse culturale sia in ordine alla questione se la stessa assumesse rilievo decisivo ai fini della coltivazione della cava.

In data 22 maggio 2018 la Regione Sardegna ha depositato quanto richiesto.

Sono seguite memorie difensive con le quali le parti hanno argomentato sulle acquisizioni istruttorie confermando le proprie rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2018, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio il Comune di Ossi ha impugnato la determinazione della RAS recante l’autorizzazione alla coltivazione del giacimento sito in località Su Padru rilasciata alla società Monte Rosè e la presupposta delibera con la quale la Giunta Regionale aveva disposto di non sottoporre l’intervento ad ulteriore procedimento di VIA, deducendo due censure:

- l’autorizzazione impugnata non poteva essere rilasciata senza espletare la procedura di VIA;

- la RAS, nell’assentire l’autorizzazione, non aveva tenuto conto delle osservazioni formulate dal Comune di Ossi e da alcuni cittadini che segnalavano anche la possibile presenza, nell’area di estrazione, di siti di probabile interesse archeologico.

L’impugnazione è tuttavia infondata sotto entrambi i profili.

Quanto al primo aspetto il Comune ricorrente sostiene che nel caso di specie saremmo in presenza di una nuova richiesta di autorizzazione all’attività estrattiva, di grande invadenza e trasformazione degli assetti territoriali ambientali, culturali, paesaggistici e sociali del territorio, mentre il procedimento di VIA già espletato atteneva ad un’attività cessata da tempo e comunque concerneva una realtà territoriale differente.

L’argomento è privo di pregio.

Già con l’ordinanza cautelare di rigetto n. 136 del 14 giugno 2017 il Tribunale aveva rilevato che in relazione all’intervento estrattivo per cui è causa non occorreva il rilascio di una nuova VIA.

Tale adempimento, infatti, era già stato soddisfatto nell’anno 2004 (deliberazione n. 18/19 del 20.04.2004, adottata a seguito dell’entrata in vigore della L.R. 09.08.2002, n. 15).

Invero, come correttamente ritenuto dall’amministrazione regionale, poiché nella cava denominata “Su Padru” era possibile procedere ad ulteriore attività di estrazione non essendo essa stata sfruttata nella misura prevista dall’autorizzazione originaria (in particolare, a fronte dei 1.400.000 m/3 (metri cubi) previsti dall’autorizzazione n. 541/2001 rilasciata alla Italcementi, residuavano ancora 568.000 m/3 di materiale estraibile), l’approvazione del progetto di ripresa dell’attività estrattiva privo di modifiche sostanziali rispetto al progetto già sottoposto a VIA ben poteva essere esonerato, anche per ragioni di economia procedimentale, da un nuovo iter procedimentale sostanzialmente sovrapponibile al precedente.

Con riguardo al secondo profilo di censura il Tribunale ha disposto accertamenti istruttori al fine di accertare l’incidenza che i procedimenti avviati dalla Soprintendenza per la dichiarazione di particolare interesse culturale del complesso culturale di Retturas insistente nell’area distinta in catasto al foglio 9, mappale 54 (parte) e del complesso culturale di Scala di Malvas, insistente nell’area distinta in catasto al foglio 7, mappale 14 (parte) potessero avere rispetto allo svolgimento dell’attività estrattiva per cui è causa.

Orbene, dalla documentazione depositata dall’Amministrazione in ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 272/2018 si può agevolmente constatare che l’area del ritrovamento (fg 7 mapp. 14) e del tutto esterna al perimetro dell’area di delimitazione della cava, che ricade integralmente sul foglio 9.

Inoltre si ricava che l’area su cui insiste il ritrovamento di particolare interesse culturale denominato Scala di Malvas, dista ben 478 mt. dal perimetro esterno dell’area di cava, e quindi ancor più dall’area di effettiva coltivazione.

Esso quindi non può determinare alcuna inibitoria rispetto alla concessione di cui al presente giudizio.

In relazione al secondo ritrovamento, ubicato sul fg. 9 mapp. 54 parte e denominato “Retturas”, si ricava dalla documentazione acquisita in via istruttoria che anch’esso esso ricade all’esterno perimetro di delimitazione dell’area di cava, da cui dista 104 mt.

Inoltre occorre tener conto che la distanza è ancora superiore rispetto all’area di effettiva coltivazione, che non coincide con detto perimetro, da cui dista almeno 20 metri.

Dunque nessuna interferenza sussiste tra l’esercizio dell’attività estrattiva e la presenza di detti beni per i quali, peraltro, non è stato riconosciuto l’interesse culturale, visto che ad oggi non si è concretamente addivenuti, all’esito dell’avvio dei predetti procedimenti, all’apposizione di alcun vincolo.

Deve quindi concludersi, essendosi rivelati privi di pregio entrambi i profili di impugnazione, per la reiezione del ricorso.

In ragione della natura della controversia sussistono nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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