TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2014-09-18, n. 201404973

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2014-09-18, n. 201404973
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201404973
Data del deposito : 18 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01881/2013 REG.RIC.

N. 04973/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01881/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1881 del 2013, proposto da:
D O, rappresentato e difeso dall'avv. D O, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Assunta Ileana Longobardi, in Napoli, via S. Teresa A Chiaia, N.14;

contro

Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;

per l'ottemperanza

del decreto decisorio reso dalla Corte di Appello di Napoli n. 4307 (Ruolo n. 1413) del 29.12.2011.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente premette:

- che la Corte di Appello di Napoli il decreto decisorio di cui al n. 4307 (Ruolo n.1413) del 29.12.2011, concernente l’equa riparazione, che ha condannato il Ministero della Giustizia a pagare in suo favore, quale procuratore antistatario, le spese, i diritti e gli onorari di giudizio, come nel medesimo decreto decisorio quantificate, con aggiunta di spese generali, IVA e CPA;

- che il suddetto decreto è divenuto definitivo per non essere stata proposta impugnazione;

- che a tutt’oggi l’Amministrazione non ha effettuato il pagamento del dovuto.

A fronte di tale situazione parte ricorrente ha proposto il presente giudizio di ottemperanza, notificandolo al Ministero della Giustizia, quale destinatario della pronuncia di condanna, e al Ministero delle Finanze, quale responsabile in forma centralizzata dei pagamenti di cui alla cosiddetta legge Pinto, ex art. 1 comma 1225 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, chiedendo al presente T.A.R. di disporre l’esecuzione del decreto in epigrafe, nominando a tal fine un commissario ad acta che provveda al pagamento, a cura e spese dell’Amministrazione;

Parte ricorrente ha chiesto, altresì, la condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro da determinarsi in via equitativa per ogni ulteriore giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Finanze e il Ministero della Giustizia a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.

DIRITTO

1) Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni e nei termini che seguono.

2) Il Collegio rileva come nel caso di specie ricorrano tutti i presupposti necessari per l’accoglimento, essendo il decreto in questione divenuto definitivo in seguito alla mancata proposizione di impugnazione in Cassazione, come da certificato della competente cancelleria e stante in ogni caso la mancata contestazione sul punto dei costituiti ministeri.

Il comma 6, dell’art.3, della legge 24/03/2001 n. 89, prevede che il decreto che decide in ordine alla concessione dell’indennizzo sia immediatamente esecutivo ed impugnabile per cassazione e, sotto tale profilo, dalla mancata proposizione della suddetta forma di impugnazione deriva la definitività del decreto.

In tal senso l’art. 112, comma 2, c.p.a., ha codificato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (Cons. Stato, Sez. IV, 16.3.2012, n. 1484;
Cons. Stato, Sez. IV, 16.3.2012, n. 1484).

Per quanto riguarda le spese successive al decreto azionato, e come tali non liquidate nello stesso, il Collegio specifica che, in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l'obbligo di corresponsione alla parte ricorrente oltre che degli interessi sulle somme liquidate in giudicato, anche delle spese accessorie (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III Sent., 28/10/2009, n. 1798;
T.A.R. Sardegna, 29/09/2003, n. 1094).

Infatti, nel giudizio di ottemperanza le ulteriori somme richieste in relazione a spese diritti ed onorari successivi al decreto sono dovute solo in relazione alle alla pubblicazione, all'esame ed alla notifica del medesimo, alle spese relative ad atti accessori, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale;
non sono dovute, invece, le eventuali non spese funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza quali quelle di precetto, che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 ss., c.p.c., né quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché, come indicato, l'uso di strumenti di esecuzione diversi dall'ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 11 maggio 2010 , n. 699;
T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 22 dicembre 2009 , n. 1348;
Tar Campania – Napoli n. 9145/05 ;
T.A.R. Campania – Napoli n. 12998/03;
C.d.S. sez. IV n. 2490/01;
C.d.S. sez. IV n. 175/87).

Ciò in considerazione del fatto che il creditore della P.A. può scegliere liberamente di agire, o in sede di esecuzione civile, ovvero in sede di giudizio di ottemperanza, una volta scelta questa seconda via non può chiedere la corresponsione delle spese derivanti dalla eventuale notifica al debitore di uno o più atti di precetto (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 14.07.2009, n. 1268).

Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi al decreto azionato sono quindi dovute solo per le voci suindicate ed, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidate, in modo omnicomprensivo, nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio come quantificate in dispositivo, fatte salve le eventuali spese di registrazione del titolo azionato il cui importo, qualora dovuto e versato, non può considerarsi ricompreso nella liquidazione omnicomprensiva delle suindicate spese di lite.

3) Quanto alla domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro da determinarsi in via equitativa per ogni ulteriore giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato - ovverosia di applicazione della cd. astreinte, ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. e) - va ricordato che questa Sezione e una parte della giurisprudenza hanno costantemente ritenuto che la stessa non possa essere accolta qualora l’esecuzione del giudicato riguardi il pagamento di una somma di denaro, consistendo l’astreinte in un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di facere infungibili.

In questi casi, pertanto, non sembra equo condannare l’Amministrazione al pagamento di ulteriori somme di denaro, quando l’obbligo di cui si chiede l’adempimento consiste, esso stesso, nell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria, essendo in tal caso, per il ritardo nell’adempimento, già previsti dalla legge gli interessi legali, ai quali, pertanto, la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ad aggiungersi, con effetti iniqui di indebito arricchimento per il creditore (ex plurimis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV 9 novembre 2012, n. 4553;
id., sez. IV, 15 aprile 2011 n. 2162;
T.A.R. Lazio, Roma sez. I-bis, 12 novembre 2013 n. 9606;
id., sez. II bis 21 gennaio 2013, n. 640;
id., sez. II quater, 31 gennaio 2012, n. 1080;
id., sez. I, 29 dicembre 2011, n. 10305).

Tuttavia, risolvendo il contrasto tra la giurisprudenza sopra citata e l’orientamento favorevole all’applicazione generalizzata dell’astreinte, l’Adunanza Plenaria, con la decisione del 25 giugno 2014 n. 15, ha ritenuto che, nel giudizio di ottemperanza, la comminatoria delle penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo è ammissibile per tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi per oggetto prestazioni di natura pecuniaria.

A questa pronuncia, la Sezione ha ritenuto di doversi adeguare, riconsiderando il proprio orientamento e riconoscendo l’applicazione della penalità di mora anche in caso di condanna della p.a. al pagamento di una somma di denaro.

Tuttavia, il principio sopra enunciato non può trascurare che è lo stesso art. 114 comma 4, lett. e), a escludere l’applicazione dell’astreinte ove sia dimostrata l’esistenza di ulteriori ragioni ostative ovvero la manifesta iniquità alla sua applicazione.

La stessa decisione plenaria sopra citata (par. 6.5.1.), nel sancire la sostanziale equivalenza tra sentenze aventi ad oggetto un dare pecuniario e le altre pronunce di condanna, ha comunque evidenziato che “la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo”, e ciò sottolineando il valore del tutto autonomo del dato letterale della sussistenza di “ altre ragioni ostative” rispetto al limite negativo della manifesta iniquità, quest’ultimo, a differenza del primo, presente anche nel codice di procedura civile, laddove il primo è caratteristico solo del codice del processo amministrativo e, come tale, va considerato.

In sostanza, è proprio la lett. e) dell’art. 114 cod. proc. amm. a consentire la valorizzazione di specifiche motivazioni che possono essere, in concreto, poste dal giudice amministrativo alla base della decisione di non comminare la sanzione pecuniaria, attraverso l’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui dispone.

Tali specifiche circostanze devono essere addotte dalla parte debitrice, in capo alla quale, pertanto, è posto l’onere probatorio.

Nel caso del debitore pubblico, l’Adunanza Plenaria ravvisa la specialità del contesto “con specifico riferimento alle difficoltà nell’adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici”.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, questa Sezione ritiene che, nel caso di giudizi aventi ad oggetto il pagamento, a carico dello Stato, di somme di denaro a titolo di equa riparazione per eccessiva durata del processo, l’esigenza di contenimento della spesa pubblica in ragione della condizione di crisi finanziaria della finanza pubblica e dell’ammontare del debito pubblico, giustifichi in concreto la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’astreinte.

Le suddette ragioni ostative, pur non essendo state dedotte in giudizio (non va dimenticato che i processi sono stati instaurati prima della decisione dell’Adunanza Plenaria 15/2014), rientrano pacificamente nei fatti notori ex art. 115 c.p.c., e come tali devono considerarsi provati, trattandosi di fatti acquisiti alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili (ex multis, Cass. civ., sez. trib.  20 giugno 2014 n. 14063;
sez. I  19 marzo 2014 n. 6299;
sez. II  05 luglio 2013 n. 16881).

4) Deve, pertanto, essere dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione di dare esecuzione al decreto in epigrafe, mediante il pagamento in favore di parte ricorrente dell’importo liquidato nel medesimo decreto, oltre interessi legali sino al soddisfo.

5) L’Amministrazione darà quindi esecuzione al predetto decreto entro giorni sessanta dalla notificazione a istanza di parte o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora Commissario ad acta il Dirigente della Corte dei Conti preposto al Servizio Amministrativo Unico Regionale per la Campania –

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