TAR Brescia, sez. II, sentenza 2013-07-08, n. 201300649
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N. 00649/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01001/2011 REG.RIC.
N. 01002/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1001 del 2011, proposto da:
A Z, rappresentato e difeso dagli avv. P C, M B e F M, con domicilio eletto presso quest’ultima in Brescia, via Solferino 53;
contro
QUESTURA DI MANTOVA, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;
sul ricorso numero di registro generale 1002 del 2011, proposto da:
A Z, rappresentato e difeso dagli avv. P C, M B e F M, con domicilio eletto presso quest’ultima in Brescia, via Solferino 53;
contro
PREFETTURA DI MANTOVA, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1001 del 2011:
- del decreto del Questore di Mantova CAT.6.F/11 del 19 aprile 2011, con il quale è stata revocata la licenza di porto di fucile per uso caccia;
quanto al ricorso n. 1002 del 2011:
- del decreto del Prefetto di Mantova prot. n. 6064/11/Area-1/PA del 14 aprile 2011, con il quale è stato vietato al ricorrente di detenere armi e munizioni ed è stata ingiunta la cessione delle armi e delle munizioni possedute;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Mantova e della Prefettura di Mantova;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2013 il dott. M P;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La Prefettura di Mantova con decreto del 14 aprile 2011 ha vietato al ricorrente Antonio Zuini di detenere armi e munizioni e ha ingiunto la cessione delle armi e delle munizioni possedute. A sua volta la Questura di Mantova con decreto del 19 aprile 2011 ha revocato al ricorrente la licenza di porto di fucile per uso caccia. I provvedimenti sono stati adottati sulla base degli art. 11, 39 e 43 del RD 18 giugno 1931 n. 773 (Tulps).
2. Il fatto alla base delle decisioni delle autorità di pubblica sicurezza è descritto in una nota dei carabinieri della Stazione di Bagnolo S. Vito del 1 aprile 2011. In sintesi, il ricorrente si è presentato alla predetta Stazione in data 28 marzo 2011 dichiarando di aver smarrito la propria pistola semiautomatica Erma calibro 22 (matricola 50187), regolarmente denunciata. Più precisamente, l’arma era stata consegnata dal ricorrente ancora nell’ottobre 2010 a un suo conoscente, pensionato, che aveva svolto attività lavorativa presso diverse fabbriche di armi situate a Gardone Valtrompia. Della consegna dell’arma non è stata rilasciata alcuna ricevuta. Il ricorrente aveva consegnato la pistola affinché il suo conoscente, peraltro non dotato delle necessarie autorizzazioni di polizia, effettuasse un intervento di manutenzione. Non avendo più ricevuto notizie della sua arma, il ricorrente nel marzo 2011 ha provato a telefonare al suo conoscente, ma alla chiamata ha risposto la moglie, la quale lo ha informato che l’uomo era deceduto il 4 dicembre 2010 e che immediatamente dopo decesso tutte le armi del defunto erano state consegnate alla Questura di Brescia. Tra queste non figurava però alcuna pistola. La moglie del conoscente ha poi effettuato un’accurata ricerca dell’arma nei locali della propria abitazione, ma non è stata in grado di ritrovarla. Appena informato dell’esito negativo delle ricerche, il ricorrente ha provveduto a denunciare lo smarrimento.
3. Contro le decisioni delle autorità di pubblica sicurezza il ricorrente ha presentato impugnazione con separati atti, entrambi notificati il 23 giugno 2011 e depositati il 21 luglio 2011 (ricorso n. 1002/2011 relativo al decreto della Prefettura, ricorso n. 1001/2011 relativo al decreto della Questura). Le censure sono sovrapponibili e possono essere così riassunte: (i) difetto di motivazione, in quanto il ricorrente non avrebbe abusato dell’arma, essendosi limitato a consegnare in perfetta buona fede la pistola, per un intervento di manutenzione, a un soggetto molto conosciuto nell’ambiente dei cacciatori e dei collezionisti di armi;(ii) ulteriore profilo di difetto di motivazione, in quanto al ricorrente è stata applicata una misura inibitoria che presupporrebbe l’accertamento del reato di omessa custodia di armi ai sensi dell’art. 20- bis della legge 18 aprile 1975 n. 110 (in realtà non vi è stata alcuna condanna in questo senso).
4. La Prefettura e la Questura si sono costituite in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
5. L’evidente connessione dei due provvedimenti impugnati impone la riunione e la trattazione congiunta dei ricorsi.
6. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) l’art. 11 comma 1 del Tulps prevede l’inibizione automatica (ossia il diniego o il ritiro immediato delle autorizzazioni di polizia) solo per reati puniti con sanzioni particolarmente gravi (reclusione superiore a tre anni per delitto non colposo) o nel caso in cui sia accertata un’attitudine delinquenziale (ammonizione o misura di sicurezza personale;dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza). Con specifico riferimento alle licenze relative alle armi l’art. 43 comma 1 del Tulps amplia la tipologia dei reati ostativi (condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;condanna alla reclusione per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;condanna per diserzione in tempo di guerra, o per porto abusivo di armi);
(b) quando non si verifichi un’ipotesi di inibizione automatica le condanne possono diventare ostative se il fatto è connotato da violenza (art. 11 comma 2 del Tulps) o se comunque è interpretabile come sintomo della mancanza di affidamento nell’uso delle armi (art. 43 comma 2 del Tulps);
(c) per inibire il possesso e l’uso delle armi non è tuttavia necessario che vi sia stata una sentenza di condanna, in quanto l’art. 11 comma 2 e l’art. 43 comma 2 del Tulps considerano rilevanti a tale fine sia la mancanza del requisito della buona condotta sia il pericolo di abuso delle armi, condizioni che possono essere dimostrate anche sulla base delle circostanze descritte in una denuncia-querela o in un rapporto di polizia. Le informazioni contenute in tali atti valgono sul piano amministrativo per il loro contenuto intrinseco, ossia per la coerenza della narrazione, la credibilità delle circostanze esposte e l’indicazione di riscontri oggettivi;
(d) nello specifico, pur non essendo intervenuta una condanna per omessa custodia di armi, l’episodio dello smarrimento è stato accertato nei suoi elementi essenziali, ed è stato interpretato dalle autorità di pubblica sicurezza come dimostrazione dell’inaffidabilità nell’uso delle armi. La valutazione appare complessivamente corretta;
(e) il primo punto a sfavore del ricorrente è il fatto che la pistola sia stata affidata a un soggetto che non disponeva dell’autorizzazione di polizia per ricevere armi in consegna ed effettuare interventi di manutenzione. La buona fede del ricorrente, basata sulla reputazione che tale soggetto aveva assunto nell’ambiente dei cacciatori e dei collezionisti, non rende scusabile la negligenza nella custodia della pistola. Il legittimo possessore di un’arma deve evitare in ogni modo di perderne il controllo. Quando la consegna dell’arma a terzi sia necessaria, come in effetti avviene nel caso di riparazioni, il legittimo possessore ha comunque un doppio obbligo: accertarsi della qualificazione del consegnatario e comunicare immediatamente alle autorità di pubblica sicurezza la nuova collocazione dell’arma, in modo da garantire la tracciabilità dei vari passaggi nella detenzione (v. art. 11- bis della legge 110/1975);
(f) nessuno di questi due obblighi poteva essere considerato, nella situazione specifica, eccessivamente impegnativo o sostanzialmente inutile. In particolare, l’abilitazione del soggetto incaricato della manutenzione dell’arma non poteva essere data per certa sulla base del solo passaparola tra cacciatori e collezionisti, ma doveva essere verificata in modo obiettivo chiedendo l’esibizione delle credenziali o rivolgendosi alle autorità di pubblica sicurezza. L’omissione di queste cautele è molto più di una semplice leggerezza, perché espone la collettività al rischio, non tollerabile, che si interrompa la catena di controllo sulla circolazione delle armi;
(g) in effetti, la conseguenza dell’incauta consegna della pistola si è rivelata particolarmente grave, in quanto si è persa traccia dell’arma. Con tutta probabilità questo era un esito non immaginato dal ricorrente, tuttavia la diligenza richiesta ai legittimi possessori di un’arma copre una serie causale più ampia di quella di cui risponde la generalità dei cittadini. Il titolare della licenza di porto d’armi è tenuto a prestare una speciale garanzia nei confronti dell’incolumità pubblica, e dunque deve attivarsi perché l’arma si trovi sempre sotto il suo controllo e sotto il controllo delle autorità di pubblica sicurezza;
(h) l’arma si considera sotto il controllo del legittimo possessore anche quando è affidata, per motivi leciti, a terzi che siano abilitati a prenderla in consegna e offrano le necessarie garanzie di esperienza e professionalità. Il controllo delle autorità di pubblica sicurezza è invece reso possibile dalla comunicazione del trasferimento dell’arma. Quanto al primo profilo, come si è visto sopra, il ricorrente ha omesso di verificare nei modi corretti se il consegnatario fosse abilitato. Relativamente al secondo, è del tutto mancata la comunicazione. Gli errori di giudizio sulle caratteristiche della persona a cui l’arma viene consegnata diventano inevitabilmente sintomi di inaffidabilità del legittimo possessore, e possono costituire il presupposto per la revoca delle autorizzazioni di polizia. Lo stesso vale per il mancato coinvolgimento delle autorità di pubblica sicurezza, che incrementa i rischi di perdita della tracciabilità delle armi.
7. Entrambi i ricorsi devono quindi essere respinti. La particolarità della vicenda consente di disporre la compensazione delle spese di giudizio.