TAR Genova, sez. II, sentenza 2013-11-14, n. 201301337

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2013-11-14, n. 201301337
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201301337
Data del deposito : 14 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00083/2013 REG.RIC.

N. 01337/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00083/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 83 del 2013, proposto da:
L Y, rappresentato e difeso dall’avv. P T, con domicilio eletto presso l’avv. P T nel suo studio in Genova, via Luccoli, 30/8;

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

per l'annullamento

del decreto 444 A12/imm-.2^Sez.-Sogg. 1/2012, di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato e relativa intimazione a lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni, emesso in data 5/11/2012 e notificato a mani in data 8/1/2013, nonché di ogni altro atto e provvedimento ad esso preordinato, collegato e connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott. R G e udito il difensore dell’Amministrazione resistente, come specificato nel verbale;
nessuno è comparso per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con istanza del 12 settembre 2012, l’odierno ricorrente, cittadino marocchino, aveva chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, rilasciato dalla Questura di Genova il 31 dicembre 2010 e avente scadenza in data 27 ottobre 2012.

La richiesta è stata respinta con provvedimento del 5 novembre 2012, notificato all’interessato in data 8 gennaio 2013;
con lo stesso atto, è stato intimato allo straniero di abbandonare il territorio nazionale.

Nella motivazione del provvedimento, si afferma che il richiedente, non avendo svolto attività lavorative nel precedente periodo di validità del permesso di soggiorno, non avrebbe percepito il reddito minimo, pari almeno all’importo dell’assegno sociale, occorrente per il proprio sostentamento.

Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato il 17 gennaio 2013 e depositato il successivo 23 gennaio, l’interessato ha impugnato il menzionato diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, instando per il suo annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.

Parte ricorrente, pur non articolando specifici motivi di ricorso, evidenzia che l’avversato provvedimento negativo sarebbe illegittimo in quanto, a seguito del reperimento di una regolare attività lavorativa nel mese di giugno del 2012, l’interessato sarebbe stato in possesso di tutti i requisiti, compreso quello reddituale, richiesti ai fini del rinnovo del titolo di soggiorno.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, in rappresentanza dell’intimata Amministrazione dell’interno.

La difesa erariale si è opposta all’accoglimento del ricorso con comparsa di stile e ha depositato una relazione della Questura di Genova, nella quale si ribadisce la pretesa imprescindibilità del requisito inerente alla percezione di un determinato reddito minimo annuo (indicato nell’importo di € 5.557).

Con ordinanza n. 61 del 7 febbraio 2013, è stata accolta l’istanza cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente, ai fini del riesame della decisione contestata sulla base dei nuovi elementi dedotti con il ricorso.

L’Amministrazione non ha ottemperato e non ha svolto ulteriore attività difensiva nel giudizio.

Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 17 ottobre 2013 e ritenuto in decisione.

DIRITTO

Come accennato in premessa, la Questura di Genova ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata dall’odierno ricorrente in quanto il richiedente, che non aveva svolto regolari attività lavorative nel precedente periodo di validità del permesso, non avrebbe potuto reperire con mezzi leciti quanto necessario al proprio sostentamento.

L’Amministrazione procedente precisa che, per poter conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, lo straniero è tenuto a dimostrare di aver percepito un reddito pari almeno all’importo dell’assegno sociale.

Parte ricorrente contrasta tale impostazione e, in buona sostanza, afferma che la titolarità attuale di una regolare attività lavorativa, retribuita in misura sufficiente per il sostentamento del lavoratore, vale ad integrare le condizioni richieste ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.

In punto di fatto, è opportuno chiarire quale fosse la situazione lavorativa e reddituale del ricorrente al momento del rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno.

Nel provvedimento impugnato, si afferma che, come accertato presso l’INPS, lo stesso aveva percepito redditi da lavoro dipendente pari a soli € 298,98 nel 2010 e nessun reddito nel 2011.

L’interessato, però, comprova di aver reperito una stabile attività lavorativa nel giugno del 2012, come lavorante parrucchiere a tempo parziale, e di aver percepito, da tale data, una retribuzione mensile di poco inferiore ai 600 euro.

Come si evince dalla relazione versata in atti il 5 febbraio 2013, tali elementi erano stati rappresentati all’Amministrazione nel corso del procedimento, ma non se ne è fatta menzione nel provvedimento impugnato.

Ciò premesso, va innanzitutto esaminata la rilevanza del mero requisito reddituale.

Come già precisato dalla Sezione in precedente casi analoghi, la possibilità di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato non è ancorata al raggiungimento di rigide soglie di reddito (cfr., fra le ultime, T.A.R. Liguria, sez. II, 22 maggio 2013, n. 995).

Infatti, la disposizione regolamentare richiamata dal provvedimento impugnato (art. 13, comma 2, del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394) richiede che lo straniero dimostri, ai fini del rinnovo, “la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico”, ma non fissa alcun livello reddituale minimo.

Anche le disposizioni del testo unico in materia di immigrazione e condizione dello straniero (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) presentano, sotto questo specifico profilo, un analogo grado di indeterminatezza.

L’art. 4, comma 3, da leggersi in correlazione con il successivo art. 5, comma 5, prevede che lo straniero sia tenuto a dimostrare la disponibilità di “mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno”, senza quantificare detta soglia di sufficienza.

Neppure l’art. 6, comma 5, dello stesso t.u., laddove attribuisce all’autorità di pubblica sicurezza il potere di richiedere agli stranieri “informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato”, specifica quale debba essere il reddito minimo.

Le disposizioni del t.u. che individuano il reddito minimo occorrente ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno riguardano differenti tipologie di permesso e non possono trovare applicazione nel caso di specie.

L’art. 26, comma 3, che richiede la dimostrazione “di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria”, è riferito, infatti, al caso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.

Inconferenti alla fattispecie sono, infine, l’art. 29, comma 3, lett. b), che definisce i requisiti reddituali ai fini del ricongiungimento familiare, e l’art. 22, comma 1, che riguarda lo specifico caso in cui venga richiesto un nuovo permesso di soggiorno per lavoro subordinato al termine del periodo di “attesa occupazione”.

Ciò non significa che, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, debba ritenersi irrilevante la pregressa disponibilità di sufficienti mezzi leciti di sostentamento né che, per parametrare l’entità di tali mezzi, l’amministrazione non possa impiegare un termine di raffronto ragionevole quale l’importo dell’assegno sociale.

Il diniego di rinnovo, però, non può legittimamente fondarsi sull’unico elemento inerente all’insufficienza del reddito percepito dallo straniero nel pregresso periodo di validità del permesso di soggiorno, soprattutto qualora l’interessato abbia dimostrato la titolarità attuale di un’attività lavorativa che, nella logica del legislatore, comporta una disponibilità reddituale sufficiente a garantire il suo sostentamento, quindi ad evitare che egli gravi sull’erario o che ricorra a condotte illecite per procurarsi i mezzi di sussistenza.

La contraria impostazione, d’altronde, finirebbe per valorizzare in modo esclusivo elementi riferiti al passato, laddove la mancanza di contestazioni in merito ad eventuali condotte illecite dello straniero durante il pregresso periodo di permanenza in Italia esclude l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla mancata percezione di redditi.

La pretesa al rinnovo del permesso di soggiorno da parte dell’odierno ricorrente si fonda legittimamente, in definitiva, sulla circostanza sopravvenuta concernente il reperimento di una regolare e stabile occupazione, in forza di contratto di lavoro a tempo indeterminato parziale stipulato prima della scadenza del periodo di validità del permesso di soggiorno.

Per tali ragioni, il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono equamente liquidate in dispositivo.

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