TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-12-28, n. 202208085

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-12-28, n. 202208085
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202208085
Data del deposito : 28 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2022

N. 08085/2022 REG.PROV.COLL.

N. 03174/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3174 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento

del Decreto del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, -OMISSIS-, recante “ -OMISSIS- ”,

e di tutti gli atti del procedimento disciplinare nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso, collegato e/o conseguenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2022 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso all’esame, notificato il 3 luglio e depositato il 27 luglio 2017, il ricorrente, appuntato dell’Arma dei Carabinieri, impugna il provvedimento con il quale il Direttore generale per il personale militare ha applicato nei suoi confronti all’esito di procedimento disciplinare di stato la sanzione della “ --OMISSIS-- ”.

La vicenda può essere sintetizzata nei termini seguenti.

Il ricorrente, all’epoca dei fatti appuntato dell’Arma dei Carabinieri, era arrestato il 11 ottobre 2016 e sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per i reati di “ --OMISSIS-- ”, “ -OMISSIS- ” e “ -OMISSIS- ”;
in pratica all’esito di indagini era risultato che il ricorrente – unitamente a altri soggetti (tra cui la moglie, la cognata e il fratello) – era coinvolto in una cd. “ -OMISSIS- ” e in particolare partecipava a vario titolo alla gestione di numerose società coinvolte nel-OMISSIS-

Egli era quindi cautelarmente sospeso dal servizio con provvedimento del 24 ottobre 2016 (e con decorrenza dal 11 ottobre 2016, data del suo arresto).

Il 25 ottobre 2016 era quindi ordinata un’inchiesta formale in relazione all’addebito così formulato: “ appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri, quale gestore di fatto della -OMISSIS- si sarebbe associato ad altre persone allo scopo di commettere i delitti di -OMISSIS-per operazioni inesistenti al fine di realizzare una --OMISSIS--, consistente nell’acquistare prodotti di elettronica da fonti intracomunitarie e di rivenderli sul mercato nazionale a prezzi concorrenziali, in quanto epurati dall’I.V.A., cagionando un danno patrimoniale di rilevante entità. Tale condotta che ha: - disatteso le disposizioni di cui alla circolare del ministero della difesa D.G.P.M. M-D-GMIL_04 0396572 del 31 luglio 2008 e le norme di cui all’articolo 896 d.lg. 66/2010, “codice dell’ordinamento militare” per aver svolto senza darne partecipazione alcuna all’amministrazione attività extraprofessionale retribuita, non autorizzata;
- comportato da parte dell’A.G. l’adozione di misure cautelari nonché il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle somme di denaro, di beni mobili e immobili e partecipazioni societarie e del profitto dei reati tributari, è da ritenersi particolarmente biasimevole sul piano disciplinare, antitetica alla finalità dell’arma e assolutamente contraria ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire del militare, ai doveri attinenti al grado e al giuramento prestato e ha gravemente leso la sua immagine e quella dell’istituzione
”.

L’ufficiale inquirente contestava l’addebito al ricorrente il 31 ottobre 2016 e all’esito della sua inchiesta riteneva fondato l’addebito.

Il ricorrente era quindi deferito al giudizio della commissione di disciplina in data 4 gennaio 2017.

Il 21 marzo 2017 si svolgeva quindi la seduta della commissione di disciplina che giudicava all’unanimità il ricorrente “ non meritevole di conservare il grado ”.

Seguiva il provvedimento con il quale il Direttore generale per il personale militare disponeva la --OMISSIS-- nei confronti del ricorrente.

Il ricorrente sostiene che il provvedimento – e i relativi atti presupposti – sono illegittimi: 1) per violazione degli articoli 896 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66, 53 del d.lg. 30 marzo 2001, n. 165 e 60, 61, 62 e 63 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e della circolare M-D-GMIL_04 0396572 del 31 luglio 2008;
2) per violazione degli articoli 1376 e 1377 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66;
3) per violazione dell’articolo 1393 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66;
4) per violazione dell’articolo 1355 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 e difetto di motivazione;
5) per violazione dell’articolo 1375 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 e mancanza di motivazione;
6) per violazione dell’articolo 1389 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66.

L’amministrazione resiste al ricorso.

Con ordinanza istruttoria n. -OMISSIS-del 17 giugno 2022 la sezione ha disposto un’istruttoria e ordinato all’amministrazione il deposito degli atti del procedimento.

In data 28 luglio 2022 l’amministrazione ha trasmesso la documentazione richiesta.

Il ricorso è infondato e va respinto.

I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi.

Entrambi i motivi si fondano sul presupposto che l’addebito formulato, pur facendo riferimento alla vicenda penale, consisterebbe nell’avere svolto senza autorizzazione un’attività extraprofessionale retribuita (quella di gestore della società -OMISSIS-);
di qui il rilievo che: 1) l’addebito è infondato in fatto, non essendo vero e comunque non essendo stato provato che egli avesse svolto attività professionale così violando la circolare indicata che disciplina lo svolgimento da parte di militari di altre attività e prescrive (per quelle ammissibili) la preventiva informativa dell’amministrazione e l’autorizzazione di quest’ultima (primo motivo);
2) egli è stato sanzionato per un fatto diverso da quello contestato dato che il provvedimento disciplinare reca un mero riferimento – quasi a carattere incidentale - alla violazione relativa allo svolgimento di attività extraprofessionale retribuita ed è invece imperniato sulla sua partecipazione alla “ -OMISSIS- ”, cioè alla vicenda penale (ancora non conclusa dato che pende appello avverso la sentenza di primo grado che ha ritenuto il ricorrente colpevole dei reati ascrittigli).

I motivi sono infondati.

È anzitutto infondato il presupposto su cui si fondano i due motivi e cioè che l’addebito formulato nei confronti del ricorrente consistesse semplicemente nell’esercizio di attività professionale senza autorizzazione;
l’addebito infatti è più complesso e consiste: a) dal punto di vista storico-fattuale nell’aver costituito l’associazione per delinquere finalizzata alla “-OMISSIS-” e quindi all’emissione di fatture per operazioni inesistenti e all’evasione dell’I.V.A. e delle imposte sui redditi assumendo il ruolo di gestore e amministratore di fatto di una delle società coinvolte;
b) dal punto di vista giuridico, nella violazione della circolare relativa allo svolgimento di attività extraprofessionali e nella violazione dei doveri di moralità e rettitudine che gravano sui militari.

Ciò premesso, va osservato che il sindacato del giudice amministrativo sulle sanzioni disciplinari è un sindacato di legittimità, nel senso che in sede di giudizio amministrativo non è possibile svolgere un sindacato di merito sugli apprezzamenti dell’amministrazione (ciò che equivarrebbe a una rinnovazione del procedimento disciplinare), potendo (e dovendo) il giudice amministrativo soltanto verificare se la istruttoria sia stata completa e se gli apprezzamenti compiuti dall’autorità siano coerenti con le risultanze dell’istruttoria e ragionevoli.

Se si parte da queste premesse, entrambi i motivi risultano infondati.

Per quanto concerne il primo motivo, infatti, il convincimento dell’ufficiale inquirente e della commissione di disciplina secondo cui il ricorrente fosse il gestore e amministratore di fatto della -OMISSIS- appare immune da vizi logici fondandosi in sostanza sulle risultanze dell’inchiesta penale descritte nell’ordinanza che ha applicato al ricorrente la misura della custodia cautelare (ed è appena il caso di rilevare che ben può l’amministrazione in sede di procedimento disciplinare utilizzare gli atti dell’inchiesta penale);
nell’ordinanza cautelare vi è un apposito capitolo (il quinto intitolato “ attribuibilità soggettiva dei delitti di cui al capitolo precedente ”) che esamina la posizione del ricorrente elencando gli svariati elementi che giustificano la sua individuazione come amministratore di fatto della -OMISSIS- e ulteriori circostanze (tra cui anche la titolarità di quote di maggioranza in società utilizzate per “ il costante drenaggio di liquidità riferibile al profitto illecito derivante dall’attività della -OMISSIS-” ) che dimostrano la sua attiva partecipazione alla -OMISSIS-;
queste risultanze dell’inchiesta penale non lasciano dubbio in ordine al ruolo svolto dal ricorrente nella vicenda per cui le sue allegazioni in ordine alla insussistenza in fatto dello svolgimento di attività extraprofessionale retribuita senza avvisare l’amministrazione e acquisirne l’autorizzazione si rivelano prive di fondamento, come chiaramente prive di fondamento sono le giustificazioni presentate con la memoria partecipativa (in cui egli ha in pratica ammesso un occasionale coinvolgimento nell’attività della -OMISSIS- sostenendo però che esso avveniva in adempimento di doveri di solidarietà familiare, cioè che egli si sarebbe limitato a offrire un aiuto alla moglie, amministratrice della società).

Parimenti infondato è quindi anche il secondo motivo;
il ricorrente infatti è stato sanzionato per l’addebito che gli è stato contestato, cioè l’aver partecipato in concorso con altri soggetti e svolgendo un’attività extraprofessionale retribuita senza darne avviso all’amministrazione a una frode fiscale così venendo meno ai doveri di moralità e rettitudine gravanti sui militari.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1393 d.lg. n. 66 citato, in pratica denunciando che illegittimamente l’amministrazione, data la complessità della fattispecie, ha dato corso al procedimento disciplinare senza attendere la definizione del processo penale.

In pratica il ricorrente denuncia la violazione della previsione secondo cui, in deroga al principio della normale autonomia del procedimento disciplinare rispetto al processo penale “ per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all'articolo 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all'articolo 1357, l'autorità competente, solo nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al militare ovvero qualora, all'esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale ”.

Il motivo è infondato;
la valutazione in ordine alla complessità dell’accertamento e alla disponibilità degli elementi conoscitivi è il frutto di una valutazione discrezionale da compiersi caso per caso;
in quello all’esame, l’amministrazione ha correttamente ritenuto di poter procedere in sede disciplinare dato che la complessità riguarda il meccanismo in sé della -OMISSIS-. ma i fatti in sé, per come accertati nel contesto del procedimento penale, non risultano complessi né insufficienti risultano gli elementi che in sede penale erano stati raccolti in ordine al personale coinvolgimento nel meccanismo della frode fiscale dei vari soggetti – tra cui il ricorrente - che in diversi ruoli vi hanno partecipato.

Sono infine infondati anche gli ulteriori motivi;
il provvedimento disciplinare è infatti motivato per relationem e gli atti del procedimento ai quali esso in sostanza rinvia dimostrano in modo affidabile la sussistenza della responsabilità del ricorrente;
quanto alla sanzione applicata, la scelta della sanzione è il frutto di una valutazione dell’amministrazione che nella fattispecie appare tutt’altro che irragionevole data la particolare gravità dei fatti (si tratta di una frode che ha determinato un’evasione fiscale di notevole impatto economico) e la loro conseguente attitudine a determinare una definitiva e irrimediabile compromissione del rapporto fiduciario con l’amministrazione (a parte gli evidenti riflessi negativi sull’immagine dell’istituzione). Insomma per quanto eccellenti potessero essere i precedenti di carriera del ricorrente i fatti addebitatagli risultano di una gravità e rilevanza tale da giustificare ampiamente la destituzione.

Il ricorrente denuncia infine la violazione della disposizione dell’articolo 1389 d.lg. n. 66 secondo cui l’autorità decidente: “ a) può discostarsi, per ragioni umanitarie, dal giudizio della commissione di disciplina a favore del militare;
b) se ritiene, per gravi ragioni di opportunità, che deve essere inflitta la sanzione della --OMISSIS-- ovvero la cessazione dalla ferma o dalla rafferma, ordina, per una sola volta, la convocazione di una diversa commissione di disciplina, ai sensi dell'articolo 1387;
in tale caso il procedimento disciplinare deve concludersi nel termine perentorio di 90 giorni
”.

Anche questa censura è infondata.

E infatti non ricorre l’ipotesi della lettera a), dato che l’autorità decidente non ha ritenuto di discostarsi dal giudizio della commissione di disciplina né è previsto che si debba motivare in ordine alle ragioni per cui si ritenga di non esercitare la facoltà ivi prevista;
la motivazione è infatti richiesta allorchè il decidente ritenga di esercitarla (cfr. T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, 19/03/2021, n. 430).

Nè ricorre l’ipotesi della lettera b), dato che questa ipotesi presuppone che la commissione di disciplina abbia ritenuto di applicare una sanzione che non determina la cessazione del rapporto di impiego e che sia il decidente che “ per gravi ragioni di opportunità ” ritenga di non accogliere tale giudizio e che debba applicarsi una sanzione implicante la cessazione del rapporto di impiego;
in tal caso il decidente non può sic et sempliciter applicare la più grave sanzione ma è tenuto a convocare una diversa commissione di disciplina.

Nel caso in esame invece vi è stata coincidenza tra il giudizio della commissione di disciplina e la determinazione del decidente e quest’ultimo non ha ritenuto di discostarsi dal giudizio della commissione utilizzando la facoltà della lettera a) dell’articolo 1389, che quindi non risulta violato.

Il ricorso va dunque respinto. Le spese di giudizio possono essere interamente compensate dato che l’amministrazione si è costituita con memoria di stile e si è limitata a un deposito documentale in ottemperanza all’ordinanza istruttoria della sezione.

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