TAR Bari, sez. II, sentenza 2010-03-10, n. 201000889

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2010-03-10, n. 201000889
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201000889
Data del deposito : 10 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01630/1999 REG.RIC.

N. 00889/2010 REG.SEN.

N. 01630/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1630 del 1999, proposto da:
D S O, rappresentato e difeso dagli avv. T D G, M D, con domicilio eletto presso T D G in Bari, via Nicolai, 29;

contro

Comune di Bari, rappresentato e difeso dall'avv. R V, con domicilio eletto presso R V in Bari, c/o Avv.Ra Comunale via P.Amedeo 26;
Direttore della XXV Ripartizione Edilizia Privata;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del provvedimento n. 13717 del 19 marzo 1999, del Direttore della XXV Ripartizione Edilizia Privata del Comune di Bari, notificato il 14 aprile 1999, con cui è stata negata la richiesta di concessione edilizia in sanatoria di un’opera consistente in un’unità immobiliare residenziale a piano rialzato, ricadente in zona destinata dal P.R.G. ad attività primaria di tipo B;

- del previo parere della Commissione edilizia reso in data 15.07.1998;

- nonchè di ogni altro atto, presupposto, connesso e conseguenziale, ancorchè non conosciuto..

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2010 il dott. Vito Mangialardi e uditi per le parti i difensori avv. T.Di Gioia e avv. A.Farnelli, in delega dell'avv. R.Verna;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con atto notificato e depositato rispettivamente in data 11 giugno e 30 giugno 1999, il ricorrente ha impugnato il diniego di condono n. 23717 del 19.3.1999 di un manufatto abusivo consistente in una unità residenziale a piano rialzato, in Bari-Ceglie del campo- ricadente in zona destinata dal PYG ad attività primaria di tipo B. contermine ad una lama.

Ha dedotto tre motivi di gravame: 1) Violazione art. 51 lettera h) della legge regionale n. 56/80 e dell’art. 33 della legge 20.2.1965 n. 47;
incompetenza relativa, violazione artt. 32 ere 35 della legge n. 47/85. L’art. 33 della legge n. 47/1985 va interpretato in stretta aderenza col precedente art. 29 stessa legge che pone a carico delle regioni l’onere di formazione ed adozione di varianti agli strumenti urbanistico generali per il recupero di insediamenti abusivi esistenti al 1^ ottobre del 1983, poi prorogato al 31.12.1993. Va pure aggiunto che l’art. 3 della l.r. n. 26 /1985 pone l’obbligo a carico dei comuni di di provvedere alla perimetrazione degli insediamenti che gli enti interessati ritengano di sottoporre alle varianti. Il Comune di Bari a riguardo è rimasto inadempiente. Sul diniego di nulla osta v’è stato il parere della Commissione edilizia comunale parzialmente incompetente dovendo essere acquisito e preventivamente il nulla osta regionale. L’art. 51 lettera h) della l.r. n. 56/80 dispone per una fascia di rispetto (in edificabilità) per le gravine e non già per le lame. Il diniego è stato emesso dal Comune di Bari a notevole distanza di tempo dalla presentazione della relativa istanza e quindi è d intendersi inutiliter dato perché l’art. 35 comma 15 della legge n,. 47 prevede che decorso il termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della istanza, questa deve intendersi accolta ove l’interessato abbia provveduto al pagamento della oblazione e degli oneri di concessione.

2) Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione., disparità di trattamento e difetto di istruttoria. E’ mancata la richiesta all’Ufficio urbanistico regionale per il parere paesaggistico. Nella stessa zona sono state rilasciate due concessioni edilizie in sanatoria.

3) eccesso di potere per travisamento ed erroneità dei presupposti. Per negare la sanatoria si fa riferimento all’art. 31 e successivamente all’art. 32 ed infine all’art. 33 della legge n. 47/1985. ritenendo che il parere della Commissione edilizia possa sostituire il parere obbligatorio della Regione.

Si è costituito in giudizio il Comune che puntualmente contra deducendo ha concluso per il rigetto dell’avverso ricorso.

DIRITTO

Il ricorso non è fondato.

In riferimento al primo motivo, va subito disattesa la distinzione posta da parte ricorrente tra gravine e lame per il vincolo di in edificabilità di duecento metri, che secondo parte istante riguarderebbe solo le gravine e non anche le lame. A riguardo si è già pronunciata la giurisprudenza di questo Tar denegando la riferita distinzione e motivando che il termine lama e quello gravina costituiscono specie nell’ambito del genus torrenti;
entrambe invero sono configurazioni geologiche caratteristiche del territorio pugliese ed entrambe risultano tutelate col vincolo di in edificabilità dell’art. 51 lettera h della l.r. n. 56/80 tutela successivamente ribadita con la l.r. n. 30/90. L’opera dell’attuale ricorrente è stata realizzata in detta fascia di rispetto e ciò ha comportato il diniego di sanatoria ai sensi dell’art. 51 lettera h della l.r. n. 56/80 e dell’art. 33 della legge n. 47/85 che riguarda le opere non suscettibili di sanatoria tra le quali vengono annoverate le opere che siano in contrasto con i vincoli posti da legge statali o regionali. Trattasi di vincolo di in edificabilità assoluta di cui all’art. 33 della legge n. 47/85 (con la conseguenza che non è applicabile l’art. 32 della citata legge (recante norme di sanatoria di abusi edilizi);
va aggiunto che non è possibile formare varianti per le opere non sanabili così come già affermato dalla giurisprudenza del CdS (dec. Sez. V n. 342/2001). La inedificabilità assoluta che viene a connotare il sito in questione esclude che possano avere ingresso eccezioni di eccesso di potere per disparità di trattamento anche perchè, come è noto, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento non sussiste allorchè l’eventuale trattamento favorevole sia stato illegittimamente concesso ad alcuni e legittimamente negato ad altri (giurisprudenza pacifica;
ex multis CdS Sez. VI , 18 dic. 1987 n. 975;
V Sez. 7 marzo 1987 n. 171).

Sul decorso, poi, del tempo tra produzione dell’istanza e provvedimento di diniego, decorso del tempo che avrebbe comportato il silenzio assenso secondo la tesi di parte ricorrente, osserva il Collegio che l’art. 35 comma 15 della legge n. 47 secondo cui la domanda di condono deve ritenersi accolta per silentium una volta che sia decorso il termine di 24 mesi dalla sua presentazione, persegue la finalità di snellimento della procedura ma non modifica le connotazioni essenziali per conseguire la sanatoria;
ne deriva che se l’opera non è effettivamente sanabile, diventa irrilevante il decorso del menzionato periodo di 24 mesi e conseguentemente legittimo il provvedimento di diniego (cfr. Tar Latina n. 992 del 18 ott. 2004). Non si ravvisa poi il difetto di motivazione , parendo invece che il provvedimento di diniego comunque indichi i presupposti e ragioni giuridiche che lo hanno determinato;
inoltre la riscontrata qualificazione di in edificabilità assoluta all’interno della fascia di rispetto dei duecento metri, svuota di rilevanza la mancata richiesta del nulla osta regionale da affiancarsi al parere negativo della CEC nonché i vizi di eccesso di potere sollevati nel terzo motivo di gravame sub specie di travisamento ed erroneità di presupposti.

In conclusione il ricorso va respinto. Spese di giudizio come da dispositivo.

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