TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2018-08-13, n. 201801536
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Pubblicato il 13/08/2018
N. 01536/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00828/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 828 del 2016, proposto dalla Vibo Sviluppo S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. D C, con domicilio eletto presso l’avv. V S C, con studio in Catanzaro, via Bausan, 20;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, domiciliata ex lege in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;
Equitalia Sud S.p.A. non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
-della cartella esattoriale n. 13920160001983266000, notificata in data 12/5/2016, di intimazione pagamento somma di euro 1.680.541,24;
-di ogni altro atto connesso, collegato, precedente, presupposto e consequenziale ed, in particolare, ove occorra, dei seguenti atti: 1) nota ministeriale n. 29326 del 1/4/2016 di riattivazione ruolo a seguito sentenza tar Catanzaro n. 86/2016;2) nota ministeriale n. 47656 del 20.05.2016 con cui è stata ribadita la richiesta di restituzione della somma di € 1.680.541,24;3) del provvedimento, di estremi ignoti, con cui è stata disposta l’iscrizione a ruolo della somma di € 1.680.541,24;4) del ruolo n. 2016/000753 portante l’indicazione della riscossione coatta della somma sopra indicata;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Vista l’ordinanza di rigetto della domanda di adozione di misura cautelare n. 00321 del 20.07.2016;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2018 la dott.ssa Roberta Mazzulla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso tempestivamente notificato e depositato, la Vibo Sviluppo S.p.A. ha impugnato la cartella esattoriale n. 13920160001983266000, notificata in data 12/5/2016, con cui il Ministero dello Sviluppo Economico ha provveduto alla riscossione coattiva della somma di € 1.680.541,24 in precedenza erogata in favore della stessa, quale quota parte del maggior contributo riconosciutole nell’ambito della rimodulazione del patto generalista di cui essa è responsabile, ai sensi del DM n. 320/2000.
1.1 A sostegno del gravame la società istante ha premesso, in fatto, di avere richiesto, in data 20.11.2007, al Ministero dello Sviluppo Economico, quale organismo pubblico responsabile del patto territoriale di Vibo Valentia, una rimodulazione del patto generalista allo scopo di riutilizzare, per la realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali da parte di Enti locali, le risorse originariamente impegnate, ma non impiegate a seguito di rinunce/revoche.
Dopo quattro anni di istruttoria il Ministero, in accoglimento della istanza, con decreto n. 9803 del 28 settembre 2011, impegnava in favore della ricorrente la somma di € 8.157.938,64 funzionale alla suddetta rimodulazione così suddivisa: euro 6.526.350,91 per la realizzazione dell'opera infrastrutturale ed euro 1.631.587,73 per il mantenimento del soggetto responsabile del patto territoriale ai sensi dell'art. 3 della delibera CIPE del 17.3.2000.
Con decreto n. 9992 del 5 dicembre 2011 le somme in questione venivano liquidate in favore della società.
Successivamente, con decreto n. 4407 del 27.10.2014, dopo aver comunicato l’avvio del procedimento, il Ministero disponeva la parziale revoca dell’importo impegnato, riducendolo della somma di € 1.631.587,73, ritenuta non dovuta in quanto corrispondente al contributo per lo svolgimento dell’attività della Vibo Sviluppo spa, già ricompreso in quello globale di € 6.526.350,91 all’uopo maggiorato del 25% rispetto all’importo originariamente stanziato, così come previsto dall’art. 8 bis del d.l. n. 81/2007.
Con il decreto in questione il Ministero, oltre a revocare parzialmente il precedente decreto n. 9803 del 28.09.2011, disponeva il recupero della somma erroneamente corrisposta pari, per l’appunto ad € 1.631.587,73, che avrebbe dovuto essere restituita dalla società ricorrente.
La suddetta revoca parziale veniva impugnata dalla società ricorrente innanzi a questo TAR che, con sentenza n. 86 del 13.01.2016, rigettava il ricorso assunto al n. 1891/2014 R.R., così statuendo la legittimità del decreto n. 9803 del 28 settembre 2011 anche nella parte in cui disponeva il recupero della somma di € 1.631.587,73, sia pure in assenza del preventivo annullamento in autotutela del successivo decreto di liquidazione n. 9992 del 5 dicembre 2011.
1.2 Considerato l’esito favorevole del giudizio, il Ministero, in data 12 maggio 2016, ha, dunque, provveduto al recupero coattivo della somma sopra indicata, facendo pervenire alla ricorrente, tramite Equitalia Sud s.p.a., la cartella esattoriale oggetto del presente gravame, affidato ai motivi di diritto appresso sintetizzati.
2. “ I) VIOLAZIONE DEL GIUDICATO. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL'ART. 21NONIES DELLA L. N. 241/1990 NEL TESTO INSERITO DALL'ART. 6 DELLA L. N. 124/2015”
Ad avviso del ricorrente il TAR, con la sentenza n. 86 del 13.01.2016, sia pur accertando la legittimità del provvedimento di revoca parziale del finanziamento che non sarebbe stato “ in sé inficiato dalla mancata emanazione, allo stato, del provvedimento di annullamento della determina di liquidazione ” avrebbe, comunque, statuito il “ necessario annullamento in autotutela anche del decreto di liquidazione per il concreto recupero della somma ”.
Tale recupero, contrariamente al dictum giudiziale, sarebbe, invece, stato disposto in assenza del preventivo annullamento del suddetto decreto di liquidazione (n. 9992 del 5.12.2011), con conseguenziale nullità, per violazione del giudicato formatosi sul punto, della cartella esattoriale oggetto di causa.
Tant’è che il Ministero, per come rappresentato nel corso del giudizio (memoria del 22.05.2018) ha successivamente provveduto, con nota n. 4506 del 26.07.2016 (oggetto di un successivo ricorso innanzi a questo Tribunale -n. 1190/2016 RR- che, con ordinanza n. 488/2016, ne ha sospeso l’efficacia), alla revoca parziale del suddetto decreto di liquidazione, con ciò riconoscendo, secondo la prospettazione dell’istante, la fondatezza della censura in questione.
“ II) VIOLAZIONE DEL GIUDICATO. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL'ART. 21NONIES DELLA L. N. 241/1990 NEL TESTO INSERITO DALL'ART. 6 DELLA L. N. 124/2015. TRAVISAMENTO DEI FATTI. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL'AFFIDAMENTO E DELLA BUONA FEDE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO ”
La società Vibo Sviluppo S.P.A. non sarebbe, comunque, tenuta a restituire l'intera somma di euro 1.631.587,73, avendo titolo a trattenere quanto speso in buona fede per il mantenimento dei propri apparati negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015.
Ciò in quanto, fino alla data in cui è stata emessa la sentenza di questo TAR n. 86 del 13 gennaio 2016, la ricorrente avrebbe avuto la giusta e legittima convinzione che gli importi in questione dovessero essere impiegati per il mantenimento del proprio apparato organizzativo e per lo svolgimento delle relative attività.
L’iscrizione a ruolo e la cartella esattoriale avrebbero, dunque, dovuto essere preceduti da una fase di confronto in contraddittorio con la società Vibo Sviluppo s.p.a. per stabilire con esattezza quanto quest'ultima avesse speso negli anni in cui ha avuto la legittima disponibilità del finanziamento.
Inoltre, il decreto n. 4407/2014, con cui è stato parzialmente rimosso in autotutela il decreto di impegno delle somme erogate alla Vibo Sviluppo, dovrebbe ritenersi efficace soltanto dalla data di eventuale adozione anche l'ulteriore decreto di parziale rimozione in autotutela del decreto di liquidazione delle medesime somme.
3. Si è costituito il Ministero dello Sviluppo Economico contestando la fondatezza del gravame mediante la formulazione di articolate deduzioni difensive.
4. Il ricorso è infondato per le ragioni appresso illustrate.
4.1 Priva di pregio risulta la prima censura tendente ad affermare la nullità della cartella esattoriale per violazione del giudicato, asseritamente formatosi sul capo 5 della sentenza di questo Tribunale n. 86/2016 laddove “ per il concreto recupero della somma” sarebbe stato statuito “ il necessario annullamento in autotutela anche del decreto di liquidazione”.
Ed invero, la sentenza di questo Tribunale n. 86/2016 è stata impugnata (giudizio assunto al n. 1006/2016 RR) innanzi al Consiglio di Stato proprio dalla stessa Vibo Sviluppo spa la quale ne ha contestato tutti i capi, ivi incluso il quinto, riproponendo tutti i vizi di legittimità illustrati in primo grado, allo scopo di consentire al giudice di appello di “ verificarne la relativa fondatezza ”.
Ebbene la Sezione Sesta del Supremo Consesso, a definizione del gravame, dopo aver rigettato (dal capo 7 al capo 13 della sentenza n. 468 n del 3.02.2017 ) il motivo di appello teso, nelle sue diverse articolazioni, a contestare nel merito i presupposti della disposta revoca parziale -così sostanzialmente accertandone la legittimità- ha comunque esaminato, benché inammissibili in quanto non convertite in motivi di impugnazione, tutte quelle censure che erano state articolate in primo grado e scrutinate dal TAR proprio nei capi 4 e seguenti della decisione appellata, giungendo a concludere che “ il recupero da parte della pubblica amministrazione di una somma erogata e non dovuta costituisce una attività doverosa ” (cfr. capo al 14 al 14.1 sentenza Cds n. 468 del 3.02.2017).
Ne consegue la piena validità della cartella esattoriale oggetto di gravame, in quanto mero atto esecutivo di un provvedimento amministrativo, ossia il decreto del MISE n. 4407 del 27.10.2014, della cui legittimità, per ciò che concerne sia la revoca parziale del finanziamento che il recupero coattivo della somma di € 1.631.587,73, non è più dato dubitare.
4.2 Il carattere dovuto e vincolato del recupero disposto con la cartella esattoriale oggetto di gravame rende del tutto irrilevanti la buona fede e l’affidamento eventualmente nutriti dalla Vibo Sviluppo spa circa la spettanza delle somme in questione, potendo al più legittimare quest’ultima, sussistendone i presupposti, alla proposizione di eventuali future richieste risarcitorie. Ne consegue l’infondatezza anche della seconda censura.
5. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
6. Le spese di lite, avuto riguardo alla complessità della vicenda procedimentale sottesa, possono essere integralmente compensate tra le parti.