TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-08-30, n. 202302582

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-08-30, n. 202302582
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202302582
Data del deposito : 30 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/08/2023

N. 02582/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02266/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2266 del 2011, proposto da
Raffineria di Milazzo S.C.P.A., rappresentata e difesa dall'avvocato C B, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. di Catania, e dall'avvocato E R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Ognina 149;

per l'annullamento

della nota n. DVA - 2011 - 0010744 in data 6 maggio 2011 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale Valutazioni Ambientali, avente ad oggetto: Risarcimento del danno ambientale causato dall’eccesso di NOx negli anni 2006 2007. Messa in mora ex art. 2943 c.c. per il credito dovuto .

Visti tutti gli atti della causa e le difese delle parti, come in atti o da verbale;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2023 il dott. D B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato la nota n. DVA - 2011 - 0010744 in data 6 maggio 2011 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale Valutazioni Ambientali, avente ad oggetto: Risarcimento del danno ambientale causato dall’eccesso di NOx negli anni 2006 2007. Messa in mora ex art. 2943 c.c. per il credito dovuto .

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) in data 25 gennaio 2007 la ricorrente ha presentato istanza al Ministero dell’Ambiente per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio della propria attività;
b) con decreto in data 14 febbraio 2011 il Ministero ha rilasciato l’autorizzazione alle condizioni di cui all’allegato parere istruttorio definitivo reso in data 2 aprile 2010 dalla competente commissione istruttoria;
c) nell’autorizzazione sono stati indicati dei limiti dei flussi massici determinati sulla scorta di quelli stabiliti con decreto del Ministero n. 4906 in data 24 maggio 2000, impugnato con ricorso n. 1479/2011 e anche con ricorso n. 4812/2000;
d) con nota in data 7 luglio 2010 il Ministero ha comunicato l’avvio del procedimento relativo all’accertamento di violazioni a carico della ricorrente ai sensi dell’art. 29, terzo comma, del decreto legislativo n. 152/2006, in quanto la società avrebbe violato, negli anni 2006 e 2007, la prescrizione n. 7 del decreto di compatibilità ambientale n. 4906 del 24 maggio 2000 in materia di limiti alle emissioni per il parametro NOx;
e) la società ha interloquito con memoria del 26 agosto 2010, ma l’Amministrazione ha, tuttavia adottato il provvedimento in questa sede impugnato;
f) in data 8 giugno 2011 la ricorrente ha presentato istanza di annullamento in autotutela o di revoca dell’atto, mai riscontrata dall’Amministrazione

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione non ha tenuto conto del decreto regionale n. 883 in data 5 agosto 2003, che, all’epoca, costituiva per la società il riferimento autorizzatorio in materia di emissioni e i cui valori limite sono stati sempre doverosamente rispettati;
b) tale decreto è stato adottato a seguito di una richiesta della ricorrente relativa alla modifica dell’impianto FCC conseguente alla realizzazione di un nuovo impianto di desolforazione benzine e il quadro delle immissioni è stato presentato al Ministero nell’ambito della richiesta di esenzione dalla valutazione di impatto ambientale per tale progetto (richiesta che è stata esitata con provvedimento di esclusione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale in data 4 maggio 2004);
c) tale provvedimento ministeriale di esclusione prevedeva un nuovo livello di emissioni equivalente a quello autorizzato con il decreto n. 883 in data 5 agosto 2003;
d) il quadro delle emissioni di cui si è detto è stato utilizzato anche per la definizione della configurazione emissiva alla massima capacità produttiva inclusa nell’istanza per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale presentata nell’anno 2007;
e) ne consegue che la prescrizione n. 7 del decreto di compatibilità ambientale n. 4906 del 24 maggio 2000 in materia di limiti alle emissioni per il parametro NOx è stata emendata e risulta superata;
f) d’altronde, il piano di contenimento prescritto nell’anno 2000 era espressamente condizionato all’effettivo avvio dell’impianto di desolforazione gasoli e al completamento degli impianti di revamping , entrambi oggetto del procedimento di valutazione di impatto ambientale;
g) mutato tale quadro, non si comprende il fondamento logico e giuridico della reviviscenza delle prescrizioni di cui al provvedimento impugnato;
h) è anche mutato il quadro normativo di riferimento, posto che il provvedimento di esclusione dalla valutazione di impatto ambientale dell’anno 2003 fa riferimento alle direttive n. 98/70/CE e CEE/CEEA/CE n. 17 in data 3 marzo 2003, nonché al D.P.C.M. n. 434 in data 23 novembre 2000 e alla legge n. 306/2003;
i) in ogni caso la responsabilità deve fondarsi su dolo o colpa, come si evince dall’art. 311, secondo comma, del decreto legislativo n. 152/2006;
l) appare opportuno aggiungere che è stato recentemente adottato il decreto ministeriale n. DVA DEC - 2001 - 0000042 in data 14 febbraio 2011 e i limiti prescritti alla ricorrente sono stati determinati sulla scorta di quelli stabiliti dal decreto n. 4906 del 24 maggio 2000;
m) tale decreto è stato impugnato in parte qua con ricorso n. 1479/2011;
n) anche il provvedimento di compatibilità ambientale di autorizzazione integrata ambientale del 16 maggio 2011, relativo al progetto per la realizzazione di una unità di impianto HMU3 per la produzione di idrogeno dal gas naturale attraverso il processo di steam reforming , sarà impugnato nei termini di legge;
o) deve, comunque, contestarsi in radice che le asserite emissioni in eccesso avrebbero cagionato un danno ambientale propriamente inteso;
p) non risulta, invero, alcun atto istruttorio del Ministero da cui possa evincersi che, in rapporto alla situazione ambientale dell’anno 2005, nell’area di interesse si sia verificato un qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, della qualità dell’aria;
q) il Ministero, invero, non ha fatto applicazione dell’art. 312, terzo comma, del decreto legislativo n. 152/2006 e quanto affermato dall’Amministrazione appare in contrasto con i dati presentati in relazione al progetto per la realizzazione di una unità di impianto HMU3;
r) in ogni caso, la raffineria non ha violato i limiti alle emissioni di NOx imposti per gli anni 2006 e 2007 e nel triennio 2008-2010 risultano minori emissioni che dovrebbero essere considerate a titolo di compensazione con riferimento alla pretesa in questa sede contestata;
s) l’atto impugnato è, altresì, illegittimo in via derivata con riferimento alle censure sollevate nel ricorso n. 4812/2000 avverso il decreto n. 4906 in data 24 maggio 2000;
t) nel caso in cui il provvedimento impugnato debba intendersi adottato ai sensi dell’art. 313 del decreto legislativo n. 152/2006, esso risulta illegittimo anche per intervenuta decadenza, essendo decorso il termine di due anni dalla notizia del fatto, nonché per la genericità dell’addebito e perché l’atto non è stato preceduto da alcuna istruttoria in contraddittorio.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con memoria in data 3 gennaio 2023 la ricorrente, nel ribadire succintamente le proprie difese, ha rappresentato, in particolare, quanto segue: a) i ricorsi n. 1479/2011 e n. 4812/2000 sono stati rigettati con sentenza di questo Tribunale n. 549/2013 in data 18 febbraio 2013, appellata davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, il quale, con sentenza n. 274/2019 del 27 marzo 2019, ha dichiarato l’impugnazione improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse sulla scorta della sopravvenuta autorizzazione integrata ambientale rilasciata con decreto n. 172 in data 11 maggio 2018;
b) la menzionata autorizzazione integrata ambientale ha previsto per il parametro NOx limiti puntuali più restrittivi dei precedenti;
c) nessun atto interruttivo della prescrizione è stato posto in essere dall’Amministrazione.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio osserva quanto segue.

Nel provvedimento impugnato si afferma, in particolare, quanto segue: a) in data 25 gennaio 2007 la Raffineria ha presentato istanza di autorizzazione integrata ambientale dichiarando, per le emissioni di NOx (ossidi di azoto) relative agli anni 2006 e 2007, un flusso di massa annuo superiore ai limiti stabiliti dal decreto di compatibilità ambientale rilasciato alla società nell’anno 2000 (DEC-VIA-4906 del 24 maggio 2000), pari a 2.447 tonnellate annue;
b) la società ha, invero, dichiarato che l’impianto aveva emesso un quantitativo di ossidi di azoto pari a 2.693 tonnellate nell’anno 2006 e a 2.671 tonnellate nell’anno 2007;
c) rispetto ai limiti indicati nel decreto in data 24 maggio 2000 risulta un eccesso di emissioni pari a 470 tonnellate complessive (246 tonnellate nell’anno 2006 e 224 tonnellate nell’anno 2007).

Il decreto dell’Amministrazione Regionale n. 883 in data 5 agosto 2003 ha inciso, per quanto in questa sede interessa, sul livello di concentrazione degli ossidi di azoto in occasione delle emissioni, cioè sulla percentuale di milligrammi di sostanza inquinante per metro cubo, ma non sui limiti stabiliti nel decreto in data 24 maggio 2000 (relativi alle tonnellate annue di emissioni inquinanti).

In ogni caso, nel decreto ministeriale in data 4 marzo 2004, con cui si è disposta l’esclusione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale per il progetto di adeguamento dell’impianto, si afferma, quanto alle emissioni di NOx, che esse avrebbero subito un incremento rispetto allo stato di fatto precedente nella misura dell’1,05%, rimanendo, quindi, contenute entro i limiti già autorizzati, che non sono stati modificati con il provvedimento ministeriale.

Non può, quindi, condividersi la tesi di parte ricorrente secondo cui la prescrizione n. 7 del decreto di compatibilità ambientale n. 4906 del 24 maggio 2000 in materia di limiti alle emissioni per il parametro NOx sarebbe stata emendata e risulterebbe superata.

Occorre, poi, aggiungere che, come anche rappresentato dalla ricorrente, i ricorsi n. 4812/2000 e n. 1479/2011, con cui erano stati impugnati i decreti n. DEC/VIA/4906 in data 24 maggio 2000 del Ministro dell’Ambiente, di concerto con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, nonché il n. DVA DEC - 2011 - 0000042 in data 14 febbraio 2011 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sono stati rigettati con sentenza n. 549/2013, alle cui motivazioni, per quanto in questa sede interessa, si rinvia per esigenze di brevità.

Non è prevista, inoltre, alcuna compensazione fra emissioni in eccesso e successive emissioni al di sotto della soglia massima consentita, sicché non appare condivisibile il rilievo di parte ricorrente secondo cui occorrerebbe considerare le minori emissioni relative al triennio 2008-2010.

Deve, invece, osservarsi che il provvedimento impugnato costituisce “atto di diffida” per il risarcimento, “ai sensi della Parte VI del decreto legislativo n. 152/2006”, dei “danni provocati all’ambiente” e in esso si precisa che il risarcimento consisterà “in interventi e/o soluzioni in grado di assicurare in un periodo futuro una riduzione di emissioni di ossidi di azoto tale da compensare l’eccesso di emissioni” occorso “negli anni 2006 e 2007”.

Nell’atto si precisa, altresì, quanto segue: a) “i citati interventi e/o soluzioni consisteranno in periodi di interruzione dell’esercizio dell’impianto di raffineria per il tempo necessario ad evitare l’immissione di 470 tonnellate di ossidi di azoto in atmosfera o, in alternativa, nella realizzazione di un impianto di abbattimento degli NOx che resterà in esercizio per il tempo necessario ad abbattere le 470 tonnellate in eccesso” già “emesse”;
c) “qualora si rilevi l’impossibilità dell’attuazione degli interventi” indicati, “l’equivalente patrimoniale… è determinabile rispettivamente con riferimento al valore monetario prodotto dalla Raffineria nel tempo di funzionamento necessario all’emissione della quantità di NOx in eccesso, …ovvero sulla base della quantificazione dei costi di progettazione, realizzazione ed esercizio del predetto impianto”;
d) “saranno aggiunti nel contempo gli ulteriori costi sostenuti dalla Pubblica Amministrazione a causa del danno ambientale provocato”;
e) l’atto adottato produce gli effetti contemplati dall’art. 2943, ultimo comma, c.c.

L’art. 313, primo comma, del decreto legislativo n. 152/2006, tuttavia, con riferimento all’ipotesi di risarcimento del danno in forma specifica, stabilisce che l’ordinanza ministeriale, immediatamente esecutiva, ingiunge il ripristino ambientale “entro un termine fissato”.

Il secondo comma della norma dispone che, qualora il ripristino non intervenga, l’Amministrazione determina i costi delle attività all’uopo necessarie e ingiunge con ordinanza il pagamento entro il termine di sessanta giorni.

Ai sensi del successivo quarto comma, l’ordinanza che dispone il ripristino ambientale a cura dei responsabili a titolo di risarcimento in forma specifica deve essere adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione dell'avvio dell'istruttoria e, comunque, entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore.

Il quinto comma della norma stabilisce, poi, che nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'art. 2943 del codice civile, l’Amministrazione può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.

L’art. 312, primo comma dispone che l'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge n. 241/1990.

L’art. 314 (primo, secondo e terzo comma) prescrive quanto segue: a) l'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori (primo comma);
b) essa fissa termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11 della legge n. 241/1990, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell'entità dei lavori necessari;
c) la quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino.

Nel provvedimento impugnato l’Amministrazione, in primo luogo, non ha fissato il termine contemplato dal primo comma del citato art. 313 e dal successivo art. 314, secondo comma,

Inoltre, non si è dato corso al prescritto confronto procedimentale (artt. 312, primo comma, e 314, secondo comma).

Le opere di ripristino non appaiono individuate in modo sufficientemente specifico, non essendo stati indicati i periodi di interruzione dell’esercizio dell’impianto e le caratteristiche dell’impianto di abbattimento e anche in quanto non è stato determinato esattamente “l’equivalente patrimoniale”, tenuto conto, in particolare del generico riferimento, agli “ulteriori costi sostenuti dalla Pubblica Amministrazione e causa del danno ambientale provocato”.

Sulla scorta di tali indici e avuto riguardo ai noti canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362-1371 deve, quindi, ritenersi che l’Amministrazione abbia, con l’atto impugnato, avviato il contraddittorio procedimentale ai fini della definitiva adozione dell’ordinanza di cui all’art. 313 del decreto legislativo n. 152/2006.

La norma contempla, però, un termine di decadenza, sicché la “diffida” dell’Amministrazione che è stata impugnata in questa sede non vale a interrompere il decorso del termine per la tempestiva adozione dell’ordinanza.

Poiché tale ordinanza non è stata emanata, il ricorso appare inammissibile per carenza di interesse, essendo l’Amministrazione decaduta dal relativo potere.

In ogni caso, il ricorso appare inammissibile anche in ragione della natura endoprocedimentale dell’atto in contestazione, il quale, come è stato indicato, deve considerarsi, a giudizio del Collegio, quale avvio del procedimento ai fini dell’adozione dell’ordinanza contemplata dal citato art. 313.

Né può affermarsi, secondo la Sezione, che l’atto produca comunque effetti ai fini del risarcimento per equivalente monetario, in quanto: a) il quarto comma dell’art. 313 contempla un termine di decadenza senza distinguere fra risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente monetario;
b) il quinto comma della disposizione, nel disporre che nei termini (prescrizionali) previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, l’Amministrazione possa adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati, si riferisce, appunto, a trasgressori che non siano ancora stati individuati, sicché la previsione risulta inapplicabile al caso di specie.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile, mentre, tenuto conto della particolare articolazione della controversia, le spese di lite possono essere compensate.

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