TAR Latina, sez. I, sentenza 2015-01-21, n. 201500062

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2015-01-21, n. 201500062
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 201500062
Data del deposito : 21 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00301/2013 REG.RIC.

N. 00062/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00301/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 301 del 2013, proposto da A P, C P S e J C, rappresentati e difesi dall’avvocato G G, con domicilio eletto presso Giuseppe Avv. Garofalo in Latina, alla via G. Parini, n. 26;

contro

comune di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato G M, con domicilio eletto presso Giacomo Avv. Mignano in Latina, alla via G.B. Vico, n. 35;
regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato E C, con domicilio eletto presso T.a.r. Lazio Sezione di Latina, ex lege in Latina, via A. Doria, n. 4;

per l’annullamento, previa sospensione

1) della determinazione conclusiva della Conferenza dei Servizi del 21 gennaio 2013 con cui il Comune di Latina e la Regione Lazio hanno espresso parere di inammissibilità - diniego sulla istanza di permesso a costruire, prodotta in data 12 giugno 2012 ai sensi dell’articolo 3 ter - comma 3 - della Legge R. n. 21/2009 (C.d. “Piano Casa”);

2) della comunicazione prot. n. 11134 del 25 gennaio 2013, ad oggetto: “Trasmissione verbale della Conferenza di Servizi del 21.01.2013 tenutasi presso la Regione Lazio - Direzione Regionale Territorio e Urbanistica. Ditta Polizzi Angelo + 2”: comunicazione, questa, di sostanziale recepimento, oltre che di trasmissione della stessa decisione;

3) di ogni altro atto e/o provvedimento comunque presupposto, connesso e/o consequenziale ancorché non conosciuto, ivi compresa la relazione istruttoria, resa dal Comune di Latina alla Regione Lazio, menzionata nella regionale prot. n. 356506/2012 del 21.12.2012.


Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Latina e della regione Lazio.

Viste le memorie difensive.

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il dott. Santino Scudeller e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 Con l’atto in epigrafe indicato i ricorrenti, richiamata la presentazione, il 12 giugno 2012, di una istanza tesa al conseguimento, ex articolo 3 - ter, comma 3, della LR 21/2009, di un permesso a costruire un fabbricato ad uso residenziale e commerciale, nonché alloggi a canone calmierato, impugnano la determina conclusiva della conferenza dei servizi del 21 gennaio 2013 con la quale il comune di Latina e la regione hanno espresso parere di inammissibilità - diniego sulla detta istanza, la comunicazione prot. n. 11134 del 25 gennaio 2013 di trasmissione di detto verbale e di recepimento della decisione finale, quindi la relazione istruttoria del comune di Latina. Dopo aver illustrato l’ammissibilità del ricorso teso all’annullamento di un atto conclusivo del procedimento e, pertanto, lesivo, hanno dedotto la violazione di legge (articoli 3 - ter, comma 3 e 2, comma 2, lettera f) della LR 21/2009) e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione quindi argomentato che: a - con riguardo anche alle indicazioni rese dal tecnico di parte in sede di conferenza il diniego sarebbe illegittimo perché la norma citata riguarderebbe gli “edifici” non come nel caso un’area libera;
non sussisterebbe poi, anche in base al punto 4.6 della circolare esplicativa di cui alla delibera di GR 8 maggio 2012, n. 184, alcun vincolo ostativo essendo quello di servizio pubblico contemplato da ppe ormai scaduto ed in ogni caso, la destinazione E1 a servizi generali sarebbe compatibile con la progettata iniziativa perché ricognitiva della possibilità di interventi suscettivi di esecuzione da parte di privati;
b - la tesi prospettata dall’amministrazione sarebbe illegittima perché le destinazioni di servizio interesserebbero solo una parte del compendio, la strumentazione urbanistica (generale ed esecutiva) non osterebbe all’applicazione della norma invocata e la destinazione a standards quindi l’addotta pubblicità dell’area in ppe sarebbe esclusa dagli atti.

2 Con atto depositato il 6 maggio 2013 si è costituito il comune di Latina per il quale il ricorso sarebbe: (a) inammissibile perché volto all’annullamento della nota di trasmissione e del verbale della conferenza dei servizi, di atti quindi privi di connotazione provvedimentale dovendo detto modulo concludersi con un provvedimento espresso del competente dirigente aspetto questo di cui si rinverrebbe testuale indicazione nel relativo verbale;
(b) infondato attesa la legittimità del diniego basato su un assunto corretto, sì come specificato in via interpretativa anche dalla regione, assunto per il quale l’articolo 2, comma 2, lettera f) della LR 21/2009 interesserebbe non solo gli “edifici” ma anche le “aree” deputate a soddisfare interessi pubblici fissati nella vicenda da una destinazione pubblica variata nel 1994, attuale anche dopo la scadenza del ppe, la quale sì come previsto dal prg [articolo 7 nn.tt.aa.] non ammetterebbe il chiesto intervento.

3 Con ordinanza n. 160 del 9 maggio 2013, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.

4 Con atto depositato il 15 febbraio 2014, si è costituita la regione che ha sottolineato la rilevanza dell’articolo 2, comma 2, lettera f) con riguardo all’inesistenza della condizione di applicabilità dell’articolo 3 - ter comma 3, perché il piano attuativo escluderebbe il riconoscimento di una destinazione suscettiva di conversione in edificazione residenziale - commerciale e pertanto non conferirebbe diritti edificatori il tutto in base ad una previsione poi che integrerebbe un vincolo espropriativo, non solo conformativo, la cui decadenza implicherebbe al limite una destinazione a zona bianca [ex articolo 9 dPR 380/2001] non spendibile ed utile.

5 Le parti hanno presentato documentazione, memorie e repliche.

6 Nel corso dell’udienza pubblica del 4 dicembre 2014, il ricorso è stato chiamato quindi introdotto per la decisione.

7 Il ricorso deve ritenersi ammissibile per le ragioni, qui integralmente richiamate, già espresse dalla Sezione (nn. 810 del 28 ottobre 2013 e 544 dell’8 luglio 2014) ma, diversamente da quanto anticipato in sede cautelare, va respinto alla luce delle indicazioni che si traggono dalla seconda delle richiamate decisioni.

8 Le norme implicate nella vicenda contemplano che: - “Le disposizioni del presente capo non si applicano agli interventi di cui al comma 1 da effettuarsi su edifici realizzati abusivamente nonché: f) su edifici situati nelle aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali nonché agli standard di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 del Ministro per i lavori pubblici;” (articolo 2, comma 2);
- “È consentita, nelle aree edificabili libere con destinazione non residenziale nell’ambito dei piani e programmi attuativi di iniziativa pubblica o privata nonché di ogni atto deliberativo comunale avente efficacia di atto attuativo del PRG, ancorché decaduti, con esclusione dei piani degli insediamenti produttivi e dei piani industriali particolareggiati, la realizzazione di immobili ad uso residenziale entro il limite di 10 mila metri quadrati di superficie utile lorda e comunque non oltre la superficie non residenziale prevista dal piano, incrementata del 10 per cento dell’intera volumetria prevista dal piano stesso, proporzionalmente distribuita in relazione alle volumetrie ammesse per ogni area libera destinata a non residenziale. La realizzazione di tali interventi rimane subordinata alla riserva di una quota di superficie, stabilita nella misura minima del 30 per cento, destinata alla locazione con canone calmierato per l’edilizia sociale secondo quanto definito dalla Giunta regionale con il regolamento di attuazione di cui al comma 1 - bis. La realizzazione degli interventi previsti nel presente comma è subordinata all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero al loro adeguamento o realizzazione in relazione al maggior carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie utile degli edifici esistenti nonché alla realizzazione di parcheggi di cui all’articolo 41 - sexies della L. 1150/1942 e successive modifiche.” (articolo 3 ter comma 3).

8.1 Nella fattispecie il presupposto fondante l’esito negativo è costituito dalla mancanza di “aree edificabili libere con destinazione non residenziale” stante quella a servizi, il che ne impedirebbe la convertibilità in volumetria residenziale e commerciale richiedente l’attribuzione, in sede di pianificazione, di diritti edificatori inesistenti in corrispondenza di destinazioni a servizio. Dette indicazioni emergono dagli atti depositati in giudizio anche dai ricorrenti che, hanno accettato il contraddittorio su quanto opposto dalla regione all’atto della costituzione e contraddetto con memoria depositata il 17 febbraio 2014.

9 Tutto ciò premesso, il Collegio ritiene di dover aderire alla recente pronuncia (n. 544 dell’8 luglio 2014) con la quale la Sezione, nel rimeditare la questione, ha sostanzialmente aderito alla tesi delle amministrazioni resistenti. Ed, infatti: “13) Spiega l’Amministrazione regionale che “la norma precisa che deve trattarsi di “aree edificate libere”. La previsione, tuttavia, non si applica a qualsiasi lotto libero con destinazione non residenziale ma solo a quelle aree libere con destinazione non residenziale, che siano soggette a strumenti attuativi, comunque denominati, ancorché decaduti. Ciò in quanto la norma - ben lungi dal volere avallare un’indiscriminata utilizzazione ad usi residenziali di ogni lotto libero con destinazione non residenziale - ammette tale riconversione solo per le aree libere che, in quanto oggetto di atti o provvedimenti pianificatori, sono già dotate di specifica disciplina di dettaglio che consente di rimodulare esattamente le esigenze indotte dall’erigendo edificio residenziale, sia in termini di urbanizzazione che di standard, armonizzandolo col contesto territoriale in cui detto edificio verrà ad insediarsi. Ovviamente, la locuzione “piani e programmi attuativi di iniziativa pubblica e privata ancorché decaduti” è amplissima, ricomprendendo tutti gli atti formalmente o sostanzialmente pianificatori assunti dal competente organo deliberativo comunale che abbiano l’effetto di dare attuazione a previsioni urbanistiche di livello generale;
né, in proposito, assume rilievo - nel valutare l’applicabilità o meno dell’art. 3 ter comma 3 - la natura ordinaria, speciale o derogatoria dell’iter di formazione di un dato piano attuativo o programma di interventi, ben rientrando nel novero dei piani e programmi attuativi indicati dalla norma in commento anche atti il cui perfezionamento consegue, ad esempio, ad un accordo di programma. Infine, per “area edificabile”, dovrà intendersi la superficie territoriale destinata ad ospitare l’intervento, valutata in termini di estensione continua, non interrotta da aree con altra destinazione urbanistica o da viabilità pubblica. 14) In conclusione, quindi, … l’art. 3 ter comma 3 L.R. cit. deve essere interpretato in termini affatto restrittivi, …, per cui la possibilità di realizzare edifici residenziali è limitata ai soli lotti beneficiari di diritti edificatori finalizzati alla realizzazione di cubature private a destinazione non residenziale, oggetto di programmazione di dettaglio tale da consentire un impatto armonico con il contesto territoriale in cui l’edificio è destinato ad insediarsi. Al contrario, le aree, come quella della ricorrente, destinate a standard di cui al D.M. 1444/68 non attribuiscono al proprietario dell’area alcun diritto edificatorio e quindi - come ribadito dalla difesa della Regione Lazio - su di esse non sono ammessi gli interventi in questione, non ricorrendone in radice i presupposti.”.

10 Le riprodotte e condivise affermazioni, alle quali la Sezione è pervenuta dopo un ulteriore approfondimento implicante anche la modifica dell’orientamento già espresso con il precedente citato dai ricorrenti (n. 810 del 28 ottobre 2013), giustificano la reiezione della proposta domanda ma anche la compensazione delle spese di giudizio.

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