TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-02-06, n. 201502211
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N. 02211/2015 REG.PROV.COLL.
N. 10092/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10092 del 2014, proposto da:
A M A P, rappresentato e difeso dall'avv. Mariacristina Tabano, con domicilio eletto presso Mariacristina Tabano in Roma, Via Caio Mario, 8;
contro
Ministero degli Affari Esteri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
G D D B;
per l'annullamento
della nota prot. MAE01324052014-06-13 del 13 giugno 2014 del DGRI — Ufficio X —
Ministero degli Affari Esteri sottoscritta dal Capo Ufficio dott.ssa Assunta Conte —comunicata a mezzo pec istituzionale- nella limitata parte in cui non ha accolto l'istanza di accesso presentata dalla sig.ra P A M A e ha rifiutato la presa in visione e copia della documentazione reddituale dell'ex marito sig. G D D B relativa al cedolino stipendio metropolitano del maggio 2014 e al CUD dal 2011 al 2014 nonché la richiesta della ricorrente relativa alle modalità di corresponsione del Trattamento di fine rapporto e alla corresponsione o meno dello stesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero degli Affari Esteri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 la dott.ssa M G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La sig.ra P A M A, in data 14 maggio 2014, presentava istanza di accesso ai sensi della Legge 241/90 al Ministero degli Affari Esteri DGRI — Ufficio X chiedendo di prendere visione ed estrarre copia della documentazione relativa all’ ex coniuge, sig. G D D B e in particolare: a) gli Statini dell'Indennità di servizio all'estero (I.S.E.) ex art. 170 e ss. del DPR 18/1967 a far data dal 22/04/2009 al mese di maggio 2014;b) la documentazione relativa allo stipendio corrisposto alla data odierna del maggio 2014 e il relativo CUD 2011/2012/2013 e 2014 del sig. G D D B;c) le modalità di corresponsione del TFR se corrisposto.
A tal fine premetteva:
a) di essere stata coniugata in data 28-9-1978 con il sig. G D D B, nato ad Otranto il 15 marzo 1955 e residente in Roma, Via Monti della Valchetta n.113, in servizio presso il Ministero degli Affari Esteri ;
b) di essersi prima separata e poi divorziata dall'ex coniuge alle condizioni stabilite nella sentenza 19266/2007 del Tribunale di Roma e, in particolare, detta sentenza ha determinato in euro 400,00 mensili il contributo posto a carico del D B per il mantenimento del figlio Riccardo, con rivalutazione annuale secondo i criteri indicati dall'Istat , oltre il 50% delle spese straordinarie , chiarendo in motivazione che, nella specie, non vi era ragione di discostarsi dalla regola generale, prevedente il pagamento diretto in favore del figlio;inoltre determinando in euro 600,00 mensili e oltre il 30% dell'indennità di servizio percepita dal sig. D B in missione all'estero, l'assegno divorzile in favore della sig.ra P A M A , condannando il D B al relativo pagamento, con decorrenza dalla decisione, oltre rivalutazione annuale secondo i criteri indicati dall'Istat.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il sig. G D D B chiedendo la riforma della decisione n. 19266/2007, resa dal Tribunale di Roma. La Corte di Appello di Roma con sentenza n.3090/2013 decideva , in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma e per quanto qui interessa, che l'assegno divorzile sia dovuto alla P, a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza non definitiva che ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio (pubblicata il 24-11-2005), nella misura del 30 % dell'indennità di servizio all'estero, non essendo invece dovuto quando quest’ultimo percepisce esclusivamente lo stipendio metropolitano in Italia.
La ricorrente ha impugnato la Sentenza della Corte di Appello dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione con ricorso iscritto al n. 8401 del 2014, chiedendone la riforma, considerato che è stata omessa la verifica della inadeguatezza dei mezzi della ricorrente raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto in considerazione altresì della situazione reddituale del controinteressato.
A tal fine ha chiesto all'Amministrazione di avere accesso alla documentazione reddituale del sig. G D D B. L'Amministrazione ha accolto in parte la richiesta per quanto concerne la visione e la copia degli Statini giuridico-economici dell'Indennità Servizio Estero (ISE) del Signor G D D B mentre, ha rigettato la richiesta di accesso al CUD dell'ex marito per gli anni dal 2011 al 2014 e al cedolino dello stipendio metropolitano del maggio 2014.
Deduce la ricorrente violazione degli articoli 22 e 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché violazione dell'art. 24 e 97 della Cost.;illegittimità del rifiuto dell'Amministrazione sulla
richiesta di accesso ai CUD dell'ex marito dall'anno 2011 all'anno 2014 e al cedolino dello stipendio metropolitano del maggio 2014;assenza assoluta di motivazione ;violazione dei principi di trasparenza, ragionevolezza, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa.
Il ricorso è in parte fondato e merita accoglimento. Infatti, la ricorrente ha un interesse giuridicamente rilevante all’ostensione dei documenti reddituali dell’ex coniuge, essendo i medesimi necessari per la tutela dei propri diritti al mantenimento ove la consistenza patrimoniale dell'ex marito ha rilevanza. Infatti, da un lato pende ancora un giudizio innanzi alla Corte di Cassazione sulla esatta determinazione del mantenimento, dall’altro i provvedimenti divorzili sono rebus sic stanti bus secondo quanto stabilisce l’art. 9 legge n. 898 del 1970 per cui “1. Qualora sopravvengono giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6”.
La Cass. civ. Sez. I, 25-08-2005, n. 17320 ha affermato che “Ai sensi dell'art. 9 legge n. 898 del 1970 (così come modificato dall'art. 2 legge n. 436 del 1978 e dall'art. 13 legge n. 74 del 1987), le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata "rebus sic stantibus", rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Pertanto, nel caso di mancata attribuzione dell'assegno divorzile, in sede di giudizio di divorzio, per rigetto o per mancanza della relativa domanda, la determinazione dello stesso può avvenire solo in caso di sopravvenienza di giustificati motivi, concernenti la indisponibilità di mezzi adeguati e la impossibilità oggettiva di procurarseli, ovvero le condizioni o il reddito dei coniugi.”.
Del resto, il diritto di accesso non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita così che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l'accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l'anzidetta situazione, ma anche dall'eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre. Inoltre, “il diritto alla trasparenza dell'azione amministrativa costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione indipendentemente dalla pendenza e dall'oggetto di una controversia giurisdizionale e non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti” (cfr Consiglio di Stato, sezione IV, 28 settembre 2010, n. 7183). Non può non evidenziarsi, poi, che qualora l'istante abbia un interesse qualificato alla richiesta, il diritto di accesso debba prevalere sull'esigenza di riservatezza di terzi - ove sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta - di conseguenza, nel caso in esame, in capo al coniuge separato sussiste, nei confronti del Ministero da cui l’ex coniuge dipende, il diritto di accesso ai documenti reddituali senza che detta Amministrazione possa opporre valutazioni circa la fondatezza o meno della pretesa sostanziale.
Il ricorso è invece infondato per quanto riguarda la richiesta di accesso alle informazioni inerenti le modalità di corresponsione del T.F.R.. Infatti, la corresponsione del TFR non è di competenza del Ministero, ma dell’INPS e, quindi, la ricorrente deve avanzare detta domanda ad altro ente.
Conseguentemente, in parziale accoglimento del ricorso:
- si annulla la nota prot. MAE01324052014-06-13 del 13 giugno 2014 del DGRI — Ufficio X —
Ministero degli Affari Esteri sottoscritta dal Capo Ufficio;
si ordina al Ministero degli Affari Esteri l’ostensione della documentazione relativa allo stipendio corrisposto al maggio 2014 e il relativo CUD 2011/2012/2013 e 2014 del sig. G D D B, entro 30 giorni dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza;
si nomina fin d’ora il Prefetto di Roma o un suo delegato quale commissario ad acta per l’esecuzione del predetto adempimento, che si insedierà nel termine di 5 giorni dall’inadempimento dell’Amministrazione, su istanza di parte;
si liquida sin d’ora il compenso per detto commissario ad acta in € 1.000,00 da porsi a carico della parte soccombente.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate in € 1.000,00 oltre ad altri eventuali € 1.000,00 in caso di intervento del commissario ad acta, sono poste a carico del Ministero Affari Esteri.