TAR Milano, sez. II, sentenza 2016-07-11, n. 201601388
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Testo completo
N. 01388/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02137/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2137 del 2015, proposto da:
- Enel Energia S.p.A. ed Enel S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dagli Avv.ti G G, M M, G C e L G ed elettivamente domiciliate presso lo studio dei primi due in Milano, Piazzale Lavater n. 5;
contro
- l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata presso la sede della stessa in Milano, Via Freguglia n. 1;
nei confronti di
- E.On Italia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
- A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Fabio Francario e Dario De Blasi ed elettivamente domiciliata in Milano, Corso Matteotti n. 1/A, presso la sede di Utopia Lab;
- Energia Concorrente, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Claudia Sarrocco e Fabio Todarello ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi in Milano, Piazza Velasca n. 4;
- Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dall’Avv. Anna Rita Trombetta ed elettivamente domiciliate in Milano, Via Tamagno n. 7, presso lo studio dell’Avv. Paolo Marco Caporale;
per l’annullamento
- in parte qua, della deliberazione dell’A.E.E.G.S.I. del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com recante “Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori dell’energia elettrica e del gas” pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 23 giugno 2015 e del relativo Allegato A recante il “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas ed il Sistema Idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas (TIUF)”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico;
Visti gli interventi ad opponendum di A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, di Energia Concorrente, della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e della Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 14 aprile 2016, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 21 settembre 2015 e depositato il 28 settembre successivo, le ricorrenti hanno impugnato, in parte qua, la deliberazione dell’A.E.E.G.S.I. del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com recante “Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori dell’energia elettrica e del gas” pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 23 giugno 2015 e il relativo Allegato A recante il “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas ed il Sistema Idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas (TIUF)”.
La ricorrente Enel Energia S.p.A. è un fornitore di energia elettrica nel mercato libero ed è verticalmente integrata nel gruppo Enel S.p.A., che pure ha assunto la veste di ricorrente nella presente sede. Con la delibera del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico ha imposto, tra l’altro, l’obbligo di separazione del marchio e delle politiche di comunicazione, attraverso la dismissione dei segni distintivi dell’impresa da parte della società di distribuzione di energia elettrica, ovvero delle società esercenti la vendita, laddove esse facciano parte del medesimo gruppo o siano comunque verticalmente integrate (artt. 17.1, 17.2, 17.3 e 17.7 Allegato A alla deliberazione). In particolare è stato previsto che le politiche di comunicazione, la denominazione sociale, il marchio, la ditta, l’insegna e ogni altro elemento distintivo dell’impresa di distribuzione di energia elettrica debbano essere in uso esclusivo alla stessa e non debbano contenere alcun elemento di tipo testuale o grafico che possa essere in alcun modo ricollegato alle attività di vendita di energia elettrica svolte dall’impresa verticalmente integrata o dalle altre imprese del gruppo societario di appartenenza di questa, tali da ingenerare confusione per il pubblico (art. 17.2 e, con riferimento alle imprese che svolgono attività di vendita nei mercati al dettaglio, 17.7, allegato A alla deliberazione). Nel caso specifico le ricorrenti devono procedere anche alla separazione dei rispettivi canali informativi, degli spazi fisici e del personale (artt. 17.6 e 17.9), con un rilevante impatto sotto il profilo strutturale, organizzativo, economico e di immagine di tutta l’operazione.
Assumendo l’illegittimità della deliberazione e la sua lesività, nelle parti in precedenza illustrate, le ricorrenti hanno proposto ricorso, eccependo in primo luogo il difetto di attribuzione e/o carenza di potere, la violazione dell’art. 26, comma 3, della Direttiva 2009/72/CE e la violazione per falsa applicazione degli artt. 39, 41, 43 e 45 del D. Lgs. n. 93 del 2011;la disciplina contenuta nella delibera impugnata, con riguardo agli obblighi di separazione del marchio e delle politiche di comunicazione per le imprese verticalmente integrate, sarebbe priva di fondamento normativo, come ribadito anche dal legislatore nazionale in sede di recepimento della normativa comunitaria, laddove avrebbe affidato all’Autorità soltanto poteri di vigilanza e non già di regolazione.
Con una successiva censura su assume la violazione dell’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la violazione degli artt. 23, 41, 42 e 97 Cost. e dell’art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;l’assenza di un qualsivoglia potere regolatorio in capo all’Autorità in subiecta materia non potrebbe essere fronteggiata con il ricorso ai poteri impliciti, soprattutto laddove vengano compressi o fortemente limitati diritti protetti da fonti di rango costituzionale, comunitario e convenzionale, quali quelli riguardanti l’esercizio della libertà di impresa e la titolarità di beni immateriali (marchio o altri segni distintivi).
Con la terza doglianza si deduce la violazione della direttiva 2009/72/CE (artt. 2 e 26), del D. Lgs. n. 79 del 1999 (art. 25 septies), del D. Lgs. n. 93 del 2011 (artt. 34, 38 e 41), dell’art. 41 Cost. e dell’art. 2497 bis del cod. civ., la contraddittorietà intrinseca della deliberazione, lo sviamento di potere e la violazione del principio di proporzionalità;la disciplina della c.d. separazione funzionale (unbundling) sarebbe finalizzata a consentire alle imprese verticalmente integrate di proseguire la propria attività con pienezza dei propri diritti e in modo del tutto trasparente, sia pure garantendo l’indipendenza del gestore del sistema di distribuzione dalle attività non connesse alla distribuzione medesima;in senso contrario, la disciplina di cui all’art. 17 dell’allegato A alla deliberazione 296/2015, si prefiggerebbe sostanzialmente l’obiettivo di vietare in maniera assoluta l’impresa verticalmente integrata nel settore elettrico.
Con la quarta doglianza si deduce la violazione dell’art. 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011 e della Direttiva europea 2009/72/CE;l’art. 41 citato si limiterebbe a vietare la confusione nelle politiche di comunicazione e di marchio delle aziende verticalmente integrate che svolgano attività nei mercati al dettaglio, non prevedendo alcun divieto di utilizzo del proprio marchio storico, mentre le disposizioni censurate nella presente sede impongono la dismissione del marchio e la separazione fisica degli spazi, del personale e dei canali informativi delle imprese che, verticalmente integrate, svolgano attività di vendita e distribuzione.
Con la quinta doglianza si deducono l’eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, irragionevolezza illogicità e discriminazione e lo sviamento di potere;le misure adottate dall’Autorità sarebbero manifestamente sproporzionate ed irragionevoli, non essendo necessarie e apparendo inutilmente gravose per le imprese del settore;inoltre sarebbe palesemente discriminatorio aver imposto misure più stringenti per le imprese di vendita che operano attraverso società separate, rispetto a quelle imposte alle imprese singole che svolgano attività di vendita in due mercati al dettaglio (cfr. art. 17.8 dell’Allegato A alla deliberazione impugnata).
Infine si eccepisce la violazione delle norme Europee in tema di libera circolazione, artt. 49 e 56 TFUE;con l’adozione di misure che non trovano alcun referente nelle disposizioni in tema di unbundling prescritte dal legislatore europeo, l’Autorità avrebbe dato origine nel solo territorio italiano ad un regime concorrenziale difforme (e più restrittivo) di quello vigente nel resto del mercato europeo, in evidente conflitto con gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2009/72/CE.
In via subordinata vengono dedotti la violazione sotto altri profili degli artt. 26 della Direttiva 2009/72/CE e 39 e 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011, la violazione della normativa nazionale ed europea in tema di marchi e segni distintivi (art. 7 del D. Lgs. n. 30 del 2005, art. 4, par. 1, del Reg. CE 207/2009, artt. 2563 e ss. c.c.), l’eccesso di potere per contraddittorietà e la violazione della normativa in materia di gruppi societari (art. 2497 bis c.c.);la determinazione impugnata avrebbe illegittimamente parificato al marchio gli altri segni distintivi, quali la ditta, l’insegna e la denominazione sociale, dotati di proprie autonome caratteristiche e finalità, estranee a quelle del marchio e, dunque, in contrasto con quanto la Direttiva avrebbe inteso prendere in considerazione.
Si è costituita in giudizio l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Sono intervenuti ad opponendum A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, Energia Concorrente, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e la Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A., che hanno chiesto il rigetto del ricorso.
In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 14 aprile 2016, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO