TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-04-26, n. 202201174

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-04-26, n. 202201174
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202201174
Data del deposito : 26 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2022

N. 01174/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01139/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1139 del 2006, proposto da
-OMISSIS- e Giuseppa Amore, rappresentati e difesi dall’avv. D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali -OMISSIS-, Assessorato Regionale BB. CC. AA. e Pubblica Istruzione, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

del provvedimento di sospensione dell’iter di rilascio della concessione edilizia prot. n. 2913 del 23/02/2006, emanato dal Comune di -OMISSIS-, conosciuto in data 25/02/2006 dai ricorrenti, relativo alla costruzione di un fabbricato da destinare ad uffici nel territorio del Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-), contrada “-OMISSIS-(rif. Pratica edilizia n. 72/2005);

del provvedimento prot. n. 1622 del 21/02/2006, conosciuto il 25/02/2006, con il quale la Soprintendenza ai Beni Culturali di -OMISSIS- intimava al Comune di -OMISSIS- di sospendere la procedura per il rilascio della predetta concessione edilizia;

del provvedimento prot. n. 6708 del 25/11/2005, emanato sempre dalla Soprintendenza, recante la richiesta di documenti integrativi per il rilascio del nulla-osta a costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, conosciuto il 25/02/2006;

nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali -OMISSIS- e dell’Assessorato Regionale BB. CC. AA. e Pubblica Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 14 marzo 2022, tenutasi ai sensi dell’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., il dott. P M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. I ricorrenti, in data 19/07/2005, hanno trasmesso alla Soprintendenza di -OMISSIS- una richiesta, corredata dalla necessaria documentazione, volta a ottenere il nulla-osta ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, per la realizzazione di una costruzione da destinare a uffici insistente su un terreno di cui erano comproprietari, sito in -OMISSIS- (-OMISSIS-), contrada “-OMISSIS-”.

Tale nulla-osta si rendeva necessario, stante la sottoposizione in parte dell’area in questione a vincolo ambientale-paesistico.

Successivamente, in data 21/11/2005, essendo maturato il silenzio sulla predetta istanza, i ricorrenti presentavano al Comune di -OMISSIS- una domanda di concessione edilizia, con allegato progetto, sul rilascio della quale il 26/01/2006 la Commissione Urbanistico-Edilizia esprimeva parere favorevole.

In data 25/02/2006, tuttavia, il Comune comunicava ai ricorrenti che la Soprintendenza di -OMISSIS- aveva sollecitato l’Amministrazione comunale, con fonogramma prot. n. 1622 del 21/02/2006, a sospendere il procedimento di rilascio della concessione, atteso il mancato riscontro da parte degli stessi di una precedente richiesta di integrazione documentale, emessa con nota prot. n. 6708 del 25/11/2005, necessaria ai fini del nulla-osta paesaggistico.

Conformandosi alla volontà della Soprintendenza, il Comune di -OMISSIS- sospendeva la pratica edilizia.

Con ricorso notificato in data 12/04/2006 e depositato in data 20/04/2006, i ricorrenti hanno impugnato siffatti provvedimenti, affidandosi alle seguenti censure:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 46 l. r. n. 17/2004.

La norma in questione prevede un termine di 120 giorni entro il quale la Soprintendenza è tenuta a esprimersi sulla richiesta di nulla-osta per l’autorizzazione a costruire edifici in zone soggette a vincolo, pronunciando parere positivo o negativo in ordine al relativo rilascio. La norma contempla, peraltro, la possibilità per la Soprintendenza di interrompere tale termine una sola volta e al fine di domandare chiarimenti o integrazioni documentali.

Decorso il predetto termine di 120 giorni senza che la Soprintendenza si sia pronunciata (o abbia quantomeno formulato un’istanza integrativa), l’art. 46, comma 2, ultimo capoverso, della legge regionale citata introduce un meccanismo di silenzio-assenso per cui il nulla-osta deve intendersi rilasciato.

In applicazione di tale norma al caso concreto, i ricorrenti invocano dunque la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta di nulla-osta, deducendo la tardività con cui la Soprintendeva aveva chiesto all’Amministrazione comunale di interrompere il procedimento di concessione edilizia ed evidenziando, in ogni caso, come alla data in cui la detta Amministrazione manifestava l’esigenza di un’integrazione documentale fossero già spirati i 120 giorni normativamente prescritti.

2) Violazione delle norme sul procedimento (art. 2 legge n. 241/90;
art. 20 d.P.R. n. 380/2001) – Violazione del giusto procedimento – Violazione dei termini – Violazione del principio di concludere il provvedimento amministrativo – Violazione dell’obbligo di concludere in modo esplicito.

Assume parte ricorrente che il Comune non avrebbe potuto sospendere l’iter della pratica edilizia e avrebbe dovuto invece rilasciare il provvedimento di concessione, essendo stati integrati gli elementi costitutivi della fattispecie di silenzio-assenso di cui all’art. 46 l. r. n. 17/2004 sulla richiesta di nulla-osta alla Soprintendenza.

A fronte di regolare notificazione del ricorso, si è costituita in giudizio la sola Soprintendenza, chiedendo il rigetto delle censure sollevate da parte ricorrente.

All’esito dell’udienza camerale tenutasi in data 25/05/2006, il Tribunale accoglieva la domanda cautelare con ordinanza n. 882/2006 depositata in data 27/05/2006 e mai impugnata, ritenendo che il provvedimento della Soprintendenza fosse stato adottato in violazione dell’art. 46 l. r. n. 17/2004, ossia una volta decorso il termine perentorio di 120 giorni previsto dalla norma per la formazione del silenzio-assenso.

Il Comune di -OMISSIS-, preso atto di tale ordinanza, attivava nuovamente l’iter amministrativo per il rilascio della concessione edilizia anelata dai ricorrenti, la quale veniva poi rilasciata in data 12/06/2006, come si evince dalla documentazione versata in atti contestualmente alla costituzione in giudizio del nuovo difensore di parte ricorrente avvenuta con deposito del 31/01/2022.

Con memoria depositata in data 11/02/2022, i ricorrenti insistono per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese e compensi di lite.

All’Udienza pubblica di smaltimento, tenutasi ai sensi dell’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., il fascicolo è stato trattenuto in decisione.

II. Il ricorso è fondato.

L’intervenuta concessione edilizia, invero, presuppone l’esame della legittimità o meno del presupposto parere soprintendizio, sul quale è stata fondata dal Comune la sospensione impugnata

Come chiarito da questa Sezione (cfr. T.A.R. Catania, I, 27.10.2021, n. 3196), con sentenza n. 155 del 2021 (la quale richiama anche due precedenti pronunce di questa Sezione), la Corte costituzionale è giunta a dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse in relazione all’art. 46 della l.r. sic. n. 17 del 2004 in ragione dell’intervenuta tacita abrogazione della stessa – e conseguente irrilevanza delle medesime questioni – sulla base dell’iter argomentativo di seguito richiamato che muove dal rapporto tra l’art. 46 l.r. sic. n. 17 del 2004 e l’art. 20, comma 4, della l. n. 241 del 1990.

9.2.- «Il testo originario di tale norma rinviava ad un regolamento successivo l’individuazione dei procedimenti soggetti al silenzio-assenso. Sulla base di quanto previsto all’art. 29 della stessa legge n. 241 del 1990, la Regione Siciliana ha adeguato ad essa il proprio ordinamento tramite la legge 30 aprile 1991, n. 10 (Disposizioni per i procedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore funzionalità dell’attività amministrativa), il cui art. 23, nel testo originario, prevedeva il silenzio-assenso, facendo salva la disciplina regolamentare prevista dall’art. 20 della legge n. 241 del 1990.

Il regolamento in questione, emanato con d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300 (Regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241), non comprendeva i procedimenti di autorizzazione paesaggistica tra quelli soggetti al silenzio-assenso. Ciò nondimeno la disposizione censurata, introdotta con la legge reg. Sicilia n. 17 del 2004, prevedeva il silenzio-assenso nei procedimenti di autorizzazione paesaggistica (art. 46, comma 2, ultimo periodo).

Dopo pochi mesi dall’approvazione della appena citata legge regionale, l’art. 20 della legge n. 241 del 1990 veniva sostituito dall’art. 3, comma 6-ter, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80. Nel nuovo testo il comma 4 dell’art. 20 stabilisce che “[l]e disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente […]”. Al momento di entrata in vigore di tale disposizione, l’art. 29 della legge n. 241 del 1990 prevedeva la non diretta applicabilità della stessa legge ai procedimenti di competenza regionale e il dovere delle regioni di regolare i procedimenti in questione “nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge”.

Nel 2011 l’art. 23 della sopra ricordata legge reg. Sicilia n. 10 del 1991, di recepimento della legge n. 241 del 1990, è stato modificato dall’art. 7, comma 1, della legge della Regione Siciliana 5 aprile 2011, n. 5 (Disposizioni per la trasparenza, la semplificazione, l’efficienza, l’informatizzazione della pubblica amministrazione e l’agevolazione delle iniziative economiche. Disposizioni per il contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Disposizioni per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale), nei seguenti termini: “1. Trovano applicazione nella Regione le disposizioni di cui all’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni”. Il nuovo testo del citato art. 23 ha reso dunque applicabile nella Regione Siciliana l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 (introdotto nel 2005), che – come visto – esclude il silenzio-assenso nei “procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico”.

Dalla constatazione che si tratta di una norma di esclusione direttamente applicabile, che riguarda specificamente i procedimenti di tutela paesaggistica, si deve concludere che la sua applicazione è incompatibile con la permanente applicazione dell’art. 46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004 (che prevede il silenzio-assenso). Di conseguenza, la disposizione regionale in questione deve considerarsi abrogata a partire dal 26 aprile 2011, cioè dal momento di entrata in vigore della legge reg. Sicilia n. 5 del 2011».

Deve affermarsi, allora, la piena applicabilità ratione temporis della norma regionale più volte citata (art. 46 l r. n. 17/2004), con la conseguenza che, essendo stata la richiesta di integrazione documentale n. 6708 del 25/11/2005 emessa oltre 120 giorni dalla data di presentazione dell’istanza di nulla-osta (avvenuta in data 19/07/2005), il provvedimento soprintenditizio doveva intendersi ormai reso per silentium in termini pienamente favorevoli.

Consegue, come premesso, l’accoglimento del ricorso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, da imputare alla sola Soprintendenza, e vanno liquidate come da dispositivo.

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