TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202309528
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Pubblicato il 06/06/2023
N. 09528/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06051/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6051 del 2021, proposto da
Presidenza Regione Siciliana in persona Presidente
pro tempore
, Assessorato Regionale dell'Economia, in persona dell'Assessore
pro tempore
, Dipartimento Regionale Bilancio e Tesoro - Ragioneria Generale della Regione in persona Dirigente Generale
pro tempore
e Dipartimento Regionale Finanze e Credito in persona Dirigente Generale
pro tempore
, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati G A, Giuseppa M, con domicilio digitale in atti;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti Ministro
pro tempore
, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l'annullamento
- della nota della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, del 12 aprile 2021 n. 68300, con cui si dà mandato alla Agenzia delle Entrate di recuperare dalla Regione Siciliana, per l’anno 2020, “ il restante importo di euro 142.500.000,00 a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali ”;
- della nota della Ragioneria generale dello Stato del 20 maggio 2021, n. 133289, con la quale non è stato accolto l’invito a sospendere il prelievo disposto con la suddetta nota 12 aprile 2021, tramite l’Agenzia delle Entrate, dell’importo di euro 142.500.000;
nonché di ogni altro atto, anche non conosciuto, presupposto, connesso, consequenziale e/o esecutivo di quelli impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, la Regione Siciliana impugna la nota con cui la Ragioneria generale dello Stato ha chiesto all’Agenzia delle Entrate di voler recuperare nei confronti della Regione Siciliana - alla quale la comunicazione è stata trasmessa per conoscenza - il residuo importo, pari ad euro 142.500.000,00, da quest’ultima ancora asseritamente dovuto per l’anno 2020 a titolo di versamento di cui all’art. 1, comma 516, della l. n. 232/2016 nonché quella successiva con cui la stessa Ragioneria non ha accolto l’invito a sospendere il relativo prelievo.
Tale disposizione prevede, infatti, la restituzione al bilancio dello Stato dell’importo forfettario ivi previsto, in ragione del meccanismo derogatorio dell’I.V.A., c.d. split payment (in virtù del quale per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di alcune pubbliche amministrazioni, l'imposta non è versata dai fornitori, bensì direttamente dalle stesse amministrazioni, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze), in esecuzione di un relativo accordo in materia di finanza pubblica stipulato tra le amministrazioni.
Il Consiglio europeo, con la Decisione di esecuzione (UE) 2017/784, ha autorizzato l’Italia ad applicare detto meccanismo dello split payment fino al 30 giugno 2020.
Pertanto, la Regione Siciliana, in ottemperanza all’accordo stipulato con lo Stato italiano del 20 giugno 2016, ha restituito al bilancio dello Stato, la quota annua di 285 milioni di euro, per gli interi anni 2018 e 2019 e la quota dimezzata di 142,5 milioni di euro per l'anno 2020, nella considerazione che l'autorizzazione ad applicare il meccanismo dello split payment , a legislazione vigente, valeva, come detto, fino a solo il 30 giugno 2020.
Con la successiva decisione di esecuzione (UE) del 24 luglio 2020 n. 2020/1105, l'Italia è stata autorizzata dal Consiglio Europeo a continuare ad applicare il regime derogatorio, retroattivamente, dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2023.
Ciò posto, parte ricorrente, sull’asserito presupposto che il Ministero dell'Economia e delle Finanze (nel prosieguo “Ministero” o “MEF”) abbia preso una determinazione unilaterale circa la persistenza dell’obbligo contributivo della Regione nella misura prevista dal citato comma 516 dell’art. 1 della l. n. 232/2016, senza il rispetto dei vincoli di metodo e procedimentali previsti dall’intesa con la Regione, lamenta la violazione del principio di leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche ed in particolare la violazione delle norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria.
Il MEF si costituiva in giudizio preliminarmente eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore della Corte dei conti, competente a giudicare in materia di contabilità pubblica, nonché diffusamente argomentando sull’infondatezza del gravame proposto, attesa l’avvio del contestato procedimento di recupero in stretto ossequio al dato normativo e non già per mere determinazioni discrezionali dell’amministrazione.
La Sezione con ordinanza n. 3935/2021 respingeva l’istanza cautelare “ Ritenuto che - impregiudicata ogni diversa valutazione sull’ammissibilità e sulla fondatezza del gravame da effettuarsi in sede di merito - il presente ricorso non risulti prima facie assistito dal requisito del periculum in mora, non risultando che l’Agenzia delle Entrate abbia intrapreso alcuna iniziativa di concreto recupero della somma richiesta ”.
Seguiva il deposito di memorie in cui entrambe le parti ribadivano le proprie opposte tesi difensive.
All’udienza pubblica del 26 aprile 2023 la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.
Deve essere innanzitutto essere affermata la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo sulla presente controversia avente ad oggetto la richiesta restitutoria avanzata in relazione all’esercizio 2020 dallo Stato Italiano nei confronti della Regione Siciliana, in ossequio alle previsioni di cui al citato art. 1, comma 516, della l. n. 232/2016.
Sostiene il MEF la giurisdizione della Corte dei conti, che sarebbe competente a giudicare nella materia de qua .
Invero, l’art. 103, comma 2, della Costituzione assegna alla Corte dei conti la giurisdizione nelle “ materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge ” ossia in materia di responsabilità amministrativa e contabile.
La Corte, dunque - oltre ad avere giurisdizione in materia di pensioni - giudica sulla responsabilità amministrativa che è la responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d'ufficio nonché sulla responsabilità contabile di cui all’art. 52 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214.
In particolare, l’art. 1 del decreto legislativo n. 174/2016 precisa, poi, che tra le materie di “ contabilità pubblica ” demandate alla giurisdizione della Corte dei conti rientrano anche gli “ altri giudizi in materia di contabilità pubblica ” sui conti di tutte le gestioni dei pubblici enti ed apparati (Corte dei conti, Sez. riun., 12 ottobre 1987 n. 553) che lo stesso decreto elenca al successivo art. 11, comma 6 (e disciplina agli artt. 123 e segg.).
Ebbene, giova al riguardo richiamare la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha affermato che “ il progressivo ampliamento del sindacato di legittimità-regolarità attribuito alla Corte dei Conti ... non consente tuttavia di attrarre alla giurisdizione contabile anche l'ambito della tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, nelle materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi ".
Questa tutela è, infatti, attribuita dall’art. 103, comma 1, della Costituzione al giudice amministrativo, al quale, come precisato all'art. 7, comma 1, del cod. proc. amm., sono ricondotte le controversie “ concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere ” (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 20 novembre 2020, n. 26499).
Ebbene, il Collegio è dell’avviso che il giudizio rientri nell’alveo della giurisdizione di questo Tribunale, trattandosi di questione, che seppur riguardante i rapporti finanziari tra Stato e Regione sostanziatisi nel trasferimento di risorse, non si riferisce ad un rapporto di servizio e non rientra nello schema dell’azione di responsabilità contabile, ma riguarda l’esercizio di un potere amministrativo attribuito al MEF dal legislatore, sul quale è chiamato a giudicare questo giudice amministrativo.
Ciò posto, il ricorso è infondato, ritenendo il Collegio che legittimamente il Ministero abbia avviato nei confronti dell’amministrazione regionale ricorrente la contestata iniziativa di recupero forzoso di euro 285 milioni annui (più precisamente 142,5 milioni di euro per il secondo semestre 2020) in ragione dell’intervenuta proroga da parte dell’Unione europea, con efficacia retroattiva, del meccanismo dello split payment relativo all’I.V.A. ed in presenza di tutti i presupposti per l’applicazione dell’art. 1, comma 516, della l. n. 232/2016 anche al secondo semestre 2020, senza violare, sotto i profili contestati, i principi di leale collaborazione, imparzialità, correttezza e trasparenza, di cui al combinato disposto degli artt. 97 e 120 della Costituzione, né alcuna norma statutaria.
Oggetto della presente controversia è la pretesa statale di attuare, per il secondo semestre dell’anno 2020, il comma 516 dell’art. 1 della l. n. 232/2016, il quale, in esecuzione dell’accordo tra lo Stato italiano e la Regione Siciliana sottoscritto in data 20 giugno 2016, dispone che “ A decorrere dall'anno 2018, nel caso in cui il regime di cui all'articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotto dall'articolo 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, venga prorogato, la Regione siciliana versa, entro il 30 ottobre di ciascun anno e fino alla scadenza della proroga, al capo X, capitolo n. 3465, articolo 1, dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, l'importo di 285 milioni di euro annui. In mancanza del predetto versamento nei termini previsti dai commi da 509 a 534 del presente articolo, il Ministero dell'economia e delle finanze, anche per il tramite dell'Agenzia delle entrate - Ufficio struttura di gestione, è autorizzato a trattenere il corrispettivo importo a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla Regione ”.
Ebbene, la ricorrente – nella considerazione che, in ragione di un successivo secondo accordo tra Stato e Regione del 12 luglio 2017, il nuovo art. 2, lett. a bis ) del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 ( Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria ) prevede che “ Ai sensi del primo comma dell'articolo 36 dello Statuto della Regione Siciliana, spettano alla Regione, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente de-liberate: ... a-bis) i 3,64 decimi a decorrere dall'anno 2017 del gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) afferente l'ambito regionale, determinata applicando annualmente al gettito nazionale IVA complessivo affluito al bilancio dello Stato, esclusa l'IVA all'importazione, al netto dei rimborsi, delle compensazioni e della quota riservata all'Unione europea a titolo di risorse proprie IVA, l'incidenza della spesa per consumi finali delle famiglie in Sicilia rispetto a quella nazionale, così come risultante dai dati rilevati dall'ISTAT nell'ultimo anno disponi-bile ” - sostiene che sarebbero da considerarsi superati, e perciò inapplicabili, l’accordo precedente e la relativa norma statale di attuazione (il comma 516), in ragione del passaggio del computo della spettanza regionale dell’I.V.A. dal metodo del riscosso a quello del maturato.
In estrema sintesi, la Regione lamenta, quindi, la violazione da parte della Ragioneria del principio di leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche - avendo asseritamente la stessa Ragioneria preso una determinazione unilaterale circa la persistenza dell’obbligo contributivo della Regione nella misura prevista dal citato comma 516, senza il rispetto dei vincoli di metodo e procedimentali previsti dall’intesa con la Regione - ed in particolare la violazione delle norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria.
Il punto nodale della controversia concerne, dunque, la valutazione circa il mutamento del metodo di computo dell’assegnazione dell’I.V.A. alla Regione, dal riscosso al maturato, e se esso produca effetti sulla disposizione di salvaguardia di cui al citato comma 516.
Afferma, dunque, la ricorrente che l’obbligo di restituzione dell’importo forfetario annuale di 285 milioni di euro sarebbe imputabile alla modalità di attribuzione del gettito I.V.A. previgente all’introduzione del metodo del maturato, ovvero al criterio del gettito riscosso nel territorio regionale. Da tale criterio scaturirebbe il presupposto fondamentale “ dell'obbligazione finanziaria restitutoria assunta nonché della correlata compressione, negozialmente accettata, dell'autonomia finanziaria ”. In particolare, ritiene l’amministrazione regionale che con il criterio del riscosso il bilancio regionale acquisiva il gettito I.V.A. riscosso sul territorio, incluso quello a titolo di I.V.A. derivante da split payment , mentre con il criterio del maturato la devoluzione sarebbe determinata sul gettito consuntivo del capitolo 1203 del bilancio dello Stato dell’esercizio immediatamente precedente, nel quale è incluso pure quello di cui all’art.12 ( split payment ).
La tesi regionale non è condivisibile, osservando il Collegio come la Regione trascuri di considerare come nel nuovo accordo stipulato il 12 luglio 2017 tra lo Stato e la Regione in materia di finanza pubblica - al quale la stessa ricorrente fa riferimento per sostenere la sua tesi - si sia ben tenuto presente proprio il meccanismo dello split payment , nella considerazione che l’incremento della compartecipazione all’I.R.P.E.F. in favore della Regione, previsto dalla nuova lettera a) dell’art. 2 del d.P.R. n.1074/1965 (introdotta contestualmente al nuovo metodo di computo dell’I.V.A.), determina un maggior gettito I.R.P.E.F. alla Regione, che è stato stimato nella relativa relazione tecnica al provvedimento di legge, proprio in misura pari a 285 milioni di euro, che, a regime, corrisponde alla quota di gettito I.V.A. di cui la Regione ha beneficiato con l’introduzione del regime dello split payment .
Siffatta previsione è stata, dunque, concordata tra Stato e Regione nell’intento di garantire l’acquisizione al bilancio regionale del gettito derivante dalla split payment ed evitare che, al momento della cessazione del meccanismo stesso di riscossione dell’I.V.A., intrinsecamente transitorio per il regime unionale, si realizzasse una correlata perdita di gettito I.V.A. per la Regione, proprio perché all’epoca dell’accordo il criterio di compartecipazione regionale al tributo indiretto era quello del riscosso.
Del resto, la Regione non mette neanche adeguatamente in rilievo che – come, invece, chiaramente evidenziato dalla difesa erariale e non contestato dalla ricorrente - anche i 3,64 decimi di compartecipazione al gettito I.V.A., spettanti alla Regione in applicazione del criterio del maturato, sono stati determinati in modo tale da garantire l’invarianza del gettito regionale I.V.A., vale dire l’intero ammontare del gettito I.V.A. riscosso nel territorio regionale, incluso il surplus correlato allo split payment .
Ne discende come non possa lamentarsi alcun difetto d’intesa circa la persistenza, prevista ed accettata in base ad entrambi gli accordi dalla Regione Siciliana, dell’obbligo restitutorio previsto dal comma 516.
Ben si comprende, infatti, come la restituzione da parte della Regione Siciliana dell’importo di 285 milioni di euro, anche per il secondo semestre del 2020, ha lo scopo di neutralizzare, in vigenza del regime dello split payment , la duplicazione dei benefici finanziari di cui la Regione stessa verrebbe a godere in ragione del fatto che il maggior gettito I.V.A. dovuto allo split payment è stato garantito con un incremento della compartecipazione all’I.R.P.E.F.. Invero, in costanza di regime di split payment, senza il recupero statale di cui si discute, la Regione acquisisce le entrate relative allo split payment due volte, a regime vigente così come scaturisce dall’attuazione del duplice accordo: sia a titolo di I.V.A. che a titolo di I.R.P.E.F..
Peraltro, siffatto beneficio permane anche con il passaggio dal criterio del riscosso al criterio del maturato nella determinazione dell’I.V.A., la cui compartecipazione, come pacificamente ammesso dalla Regione, include anche l'ammontare dello split payment . Il passaggio da un criterio all’altro è, infatti, irrilevante rispetto all’applicazione del comma 516, atteso che l’obbligo di restituzione posto a carico del bilancio regionale non discende dall’applicazione del criterio del gettito riscosso, come affermato dalla Regione, ma dalla duplicazione degli effetti finanziari di cui beneficia la Regione medesima in regime di split payment .
A ciò si aggiunga che, come evidenziato dalla Difesa erariale, il gettito I.V.A. spettante alla Regione a titolo di saldo è determinato sulla base dei dati del gettito consuntivato del capitolo 1203, incluso quello di cui all’art. 12, del bilancio dello Stato dell’anno di riferimento e non, diversamente da quanto affermato dalla Regione, sui dati consuntivati dell’esercizio immediatamente precedente.
In conclusione, per quanto sin qui detto, il ricorso deve, dunque, essere respinto.
Sussistono giusti motivi, attesa la natura pubblica di entrambe le parti, per compensare integralmente tra di loro le spese di lite.