TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2012-03-16, n. 201200279

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2012-03-16, n. 201200279
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201200279
Data del deposito : 16 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02987/2000 REG.RIC.

N. 00279/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02987/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2987 del 2000, proposto da P F, elettivamente domiciliato in Catanzaro, via Purificato n. 18, presso lo studio dell’avv. F P, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. G S;

contro

il Comune di Soveria Simeri, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. E D, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;

per l’annullamento

delle deliberazioni della Giunta Municipale di Soveria Simeri n. 50 del 4 maggio 2000 di approvazione del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo dei lavori relativi alla rete idrica e fognaria, tratto D, e della deliberazione n. 68 del 26 maggio 2000, di autorizzazione all’occupazione d’urgenza;

e per la condanna

del Comune di Soveria Simeri al risarcimento dei danni o, in subordine, per il riconoscimento dell’indennità di esproprio e di occupazione;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Soveria Simeri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella pubblica udienza del 27 gennaio 2012il Cons. Giovanni Iannini ed uditi i difensori delle parti, come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Francesco Pelaia è proprietario di un terreno sito nel Comune di Soveria Simeri, censito in catasto alla partita 1899, foglio 6, part. 539.

Egli espone che sul terreno in questione, raggiungibile mediante strada comunale, sono state costruite, negli anni precedenti, una vasca di depurazione di acque fognarie e una condotta fognaria che conduce alla vasca.

Aggiunge che, con lettera del 24 gennaio 2000, indirizzata al Comune di Soveria Simeri, ha lamentato che, in occasione della realizzazione di un impianto di sollevamento degli scarichi fognari, è stata operata la rimozione di un pozzetto per la raccolta di acque meteoriche. La rimozione del pozzetto avrebbe determinato il deflusso di acque nel terreno sopra indicato.

Il Pelaia sottolinea che, con lettera 26 febbraio 2000, ha dichiarato al Comune la propria disponibilità ad accettare un accordo bonario per la realizzazione della condotta fognaria, subordinandola tuttavia all’esecuzione delle opportune opere di regimentazione delle acque che defluiscono nel fondo di cui si tratta. Tale disponibilità, precisa il Pelaia, è stata però revocata con lettera del 20 marzo 2000, a causa della mancata effettuazione degli interventi resi necessari dall’evento riferito del copioso deflusso di acque, provocato da lavori eseguiti a cura del Comune.

Il Pelaia assume, quindi, che il Comune ha provveduto abusivamente alla pavimentazione della pista di accesso alla vasca di raccolta esistente sul proprio terreno, alla realizzazione di uno scarico che convoglia sul terreno in questione le acque provenienti dalla strada, alla realizzazione di una linea fognaria che percorre il terreno stesso per tutta la sua lunghezza, alla apposizione di pali per il collegamento di cavi elettrici.

2. Detto ciò, il Pelaia aggiunge che con delibera n. 50 del 4 maggio 2000 la Giunta Municipale di Soveria Simeri ha:

a) approvato il progetto preliminare - definitivo - esecutivo dei lavori della rete idrica e fognaria, tratto D;

b) approvato il piano particellare di esproprio;

c) dichiarato il lavori di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili;

d) stabilito che espropriazioni e lavori avrebbero dovuto essere iniziati nel termine di due anni dalla data della deliberazione ed ultimati entro cinque anni dalla stessa data.

Precisa, inoltre, che in data 11 luglio 2000 gli sono state notificate sia la comunicazione di avvio del procedimento di occupazione di urgenza sia la delibera n. 68 del 26 maggio 2000 di autorizzazione all’occupazione d’urgenza, entro tre mesi dalla data di esecutività della stessa delibera, ai fini della realizzazione dei lavori. La stessa delibera ha previsto un’indennità pari a £. 3.425.000.

Il Pelaia ha impugnato le due delibere menzionate, deducendone l’illegittimità sulla base dell’assunto secondo cui le opere in questione sono state realizzate prima dell’approvazione delle delibere stesse. Le opere sarebbero esistenti e funzionanti. Nonostante l’avvenuta esecuzione delle opere, afferma il Pelaia, la delibera n. 50/2000 prevede l’indizione di una gara finalizzata alla scelta della ditta esecutrice.

Il Pelaia ha richiesto, inoltre, la condanna del Comune al risarcimento dei danni per l’illegittima occupazione e l’irreversibile trasformazione del terreno.

In via subordinata, il ricorrente chiede che sia rideterminata l’indennità fissata nella delibera che ha autorizzato l’occupazione di urgenza, che sarebbe del tutto inadeguata.

3. Si è costituito il Comune e di Soveria Simeri che eccepito la tardività del ricorso, rilevando che la delibera n. 50 è stata approvata il 4 maggio 2000, mentre il gravame è stato notificato solo il 25 ottobre 2000.

La delibera n. 68 del 2000, concernente l’autorizzazione all’occupazione in via d’urgenza, notificata l’11 luglio 2000, sarebbe un atto meramente conseguente alla precedente delibera, che sarebbe ormai inoppugnabile.

D’altra parte, sarebbe ormai scaduto il termine fissato per l’occupazione d’urgenza, non operata a causa della lungaggine delle operazioni relative all’espletamento della gara.

Nel merito il Comune contesta la ricostruzione dei fatti operata dal ricorrente, rilevando, tra l’altro, che le opere in questione sono state eseguite sulla strada comunale.

4. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità del ricorso, in quanto esso risulta comunque infondato nel merito.

Il ricorrente assume che il Comune ha provveduto:

- all’abusiva pavimentazione della pista di accesso alla vasca di raccolta delle acque, esistente da epoca remota;

- alla realizzazione di uno scarico atto a convogliare l’acqua proveniente dalla strada direttamente nel terreno in questione;

- alla realizzazione di una lunga linea fognaria, intervallata da tombini di ispezione, che attraversa il terreno in tutta la sua lunghezza;

- alla apposizione di pali per il collegamento di cavi elettrici.

Il Comune sostiene:

- nel mese di dicembre 1999 è stata realizzata la pavimentazione della strada su cui, da lungo tempo, esiste una servitù di passaggio;

- il 7 e 8 marzo 2000 è stato posizionato un palo per il sostegno di cavi elettrici sulla vasca di proprietà comunale e non sul terreno di proprietà del Palaia e sono state eseguite, sulla sede stradale comunale, immissioni di collegamento alla rete di alcuni fabbricati;

- il copioso deflusso di acque lamentato dal ricorrente sarebbe stato dovuto all’involontaria rimozione di un cordolo posizionato sulla proprietà comunale, oltre che alle abbondanti piogge;

- nessuna opera sarebbe stata realizzata prima dell’adozione dei dovuti atti amministrativi.

Osserva il Collegio che, dall’esame del progetto depositato dal Comune resistente, sembra potersi desumere che l’intervento progettato riguarda il potenziamento dell’accesso alla vasca e la costruzione di un canale di displuvio.

Tali opere, per la realizzazione delle quali è prevista l’espropriazione di una striscia di terreno, non sembrano avere nulla a che fare con gli interventi cui si riferisce il ricorrente.

Il ricorrente, da parte sua, nulla ha rilevato rispetto alle deduzioni del Comune.

L’unico motivo di gravame dedotto dal ricorrente avverso le delibere di Giunta oggetto di impugnazione non appare, pertanto, fondato.

5. Deve esaminarsi, a questo punto, la domanda di risarcimento dei danni proposta dal ricorrente, che sarebbero stati provocati dall’illecita occupazione del fondo del ricorrente.

Occorre partire dall’osservazione che le norme che hanno attribuito al giudice amministrativo il compito di pronunciarsi in ordine alle domande di risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente nei confronti dell’amministrazione pubblica (art. 35 d.lgs. n. 80/1998, art. 7 l. 1034/1971 e, oggi. art. 30 c.p.a.) prescrivono che la cognizione di tali domande concerne quelle fattispecie rientranti nell’ambito della giurisdizione dello stesso giudice, si tratti della giurisdizione generale di legittimità ovvero della giurisdizione esclusiva.

È noto, in proposito, che l’art. 34, primo comma, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia.

La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 luglio 2004, n. 281 ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del comma in questione, nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno. Ciò, com’è noto, per eccesso di delega.

Il testo dell’art. 34, però, è stato sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205, di talché le questioni inerenti la determinazione del giudice munito di giurisdizione, in conseguenza della menzionata sentenza del giudice delle leggi, si porrebbe solo per le fattispecie anteriori all’entrata in vigore della legge n. 205/2000.

Si può evitare, però, di affrontare le delicate questioni di diritto intertemporale che la menzionata sentenza della Corte costituzionale porrebbe rispetto al caso in questione, la cui fattispecie si è realizzata immediatamente prima dell’entrata in vigore della legge n. 205/2000. Va, infatti, tenuto presente che con sentenza 5 - 6 luglio 2004 n. 204 la Corte costituzionale ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7, lettera b, della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto “gli atti, i provvedimenti e i comportamenti” anziché “gli atti e i provvedimenti” delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia.

Nella parte motiva della sentenza si precisa che illegittimamente la norma in questione “ ...si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in cui, comprendendo nella giurisdizione esclusiva - oltre gli “atti e i provvedimenti” attraverso i quali le pubbliche amministrazioni (direttamente ovvero attraverso “soggetti alle stesse equiparati”) svolgono le loro funzioni pubblicistiche in materia urbanistica ed edilizia - anche “i comportamenti”, la estende a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere ”.

Sebbene la norma non sia comunque applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in base al principio di cui all’art. 5 c.p.c., giacché il ricorso è stato introdotto prima dell’entrata in vigore della norma, è bene aggiungere che la Corte costituzionale (sentenza 11 maggio 2006 n. 191) si è pronunciata anche in ordine alla norma di cui all’art. 53 T.U. delle Espropriazioni, nel testo vigente prima della novella operata dal codice del processo amministrativo, escludendo che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo possa riguardare anche i meri comportamenti.

La Corte, come si legge nel dispositivo della sentenza, ha dichiarato “ ...l’illegittimità costituzionale dell'art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità - Testo B), trasfuso nell'art. 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità - Testo A), nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati», non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere ”.

Venendo al caso di specie, va rilevato che parte ricorrente assume che il Comune di Soveria Simeri ha effettuato abusivamente i lavori di cui si tratta, non essendo essi stati autorizzati dai necessari atti di natura provvedimentale.

La materia sulla quale il giudice è chiamato a pronunciarsi, o, se si vuole, la causa petendi , è delimitata dalle argomentazioni giuridiche e di fatto poste dalla parte alla base della domanda.

Nel caso di specie il giudice amministrativo è chiamato ad emettere una pronuncia di condanna al risarcimento sulla base dell’assunto che i lavori di cui si tratta sono stati eseguiti in via di mero fatto.

In questa sede si parla, quindi, di meri comportamenti, quelli sottratti alla giurisdizione del giudice amministrativo dalla sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale.

Il giudice amministrativo viene chiamato ad occuparsi di attività che, alla stregua delle argomentazioni del ricorrente, si risolvono in meri comportamenti ed in provvedimenti che, se fossero fondate le argomentazioni di parte, sarebbero nulli.

In considerazione di ciò, il Collegio ritiene che la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal ricorrente esuli dalla giurisdizione del giudice amministrativo, spettando la cognizione di essa al giudice ordinario.

Quanto alla domanda subordinata, concernente la determinazione dell’indennità di occupazione, basti osservare che secondo il disposto dell’art. 34 del d.lgs. n. 80/1998, nonché dell’art. 53 del DPR n. 327/2001, resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.

6. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso risulta infondato nella parte relativa alla domanda di annullamento della delibera impugnata. Quanto alle domande di condanna al risarcimento dei danni ed alla domanda subordinata di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine ad esse, la cui cognizione spetta al giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio dovrà essere riproposto con le modalità e nei termini di cui all’art. 11 c.p.a.

La particolarità delle questioni trattate giustifica la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

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