TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-04-15, n. 202407327

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-04-15, n. 202407327
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202407327
Data del deposito : 15 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/04/2024

N. 07327/2024 REG.PROV.COLL.

N. 11574/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11574 del 2019, proposto da Vodafone Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G L P, F C e P G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;

contro

AGCOM –Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

Tiziana Bove e Fabrizio La Malfa, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento,

nei limiti di cui in motivazione, della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 192/19/CONS del 22 maggio 2019, notificata in data 6 giugno 2019, recante “Ordinanza ingiunzione nei confronti della società Vodafone Italia S.p.A. per la violazione dell'art. 70 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, in combinato disposto con l'art. 6, dell'Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS (Contestazione n. 19/18/DTC), di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, ivi incluso, per quanto occorrer possa, l'atto di contestazione n. 19/18/DTC adottato dalla Direzione tutela dei consumatori AGCOM recante “Contestazione alla società della società Vodafone Italia S.p.A. per la violazione dell'art. 70 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, in combinato disposto con l'art. 6, dell'Allegato A, alla delibera n. 519/15/CONS”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AGCOM –Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 marzo 2024 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la delibera recante gli estremi indicati in epigrafe, l’Autorità resistente ha irrogato a Vodafone Italia S.p.A. la sanzione pecuniaria complessiva di €580.000,00 in conseguenza dell’accertamento di una pluralità di condotte illecite, poste in essere in violazione della normativa di settore, tra le quali quella consistente nell’aver continuato ad addebitare ai propri ex clienti, receduti dal contratto di erogazione del servizio di telefonia a seguito dell’esercizio del ius variandi da parte dell’operatore, importi a titolo di pagamento rateale a compensazione dei “costi di attivazione” del servizio stesso.

2. La disposizione invocata è quella dell’art. 70, d.lgs. n. 259/03 (nella formulazione ratione temporis applicabile), in forza della quale “gli utenti finali hanno il diritto di recedere dal contratto ovvero di cambiare operatore, senza incorrere in alcuna penale né costi di disattivazione”. Ad avviso dell’Autorità, “ in caso di recesso per modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, le ulteriori rate dei costi di attivazione non possano continuare a vincolare l’utente ”;
Diversamente, infatti, verrebbe eluso il disposto dell’art. 70, comma 4 del Codice, il quale consente la modifica unilaterale del contratto da parte degli operatori a condizione che non vengano però addebitati agli utenti che recedono penali e nemmeno i costi di disattivazione (invece consentiti nel caso di recesso ad nutum) ”;
L’utente, infatti, dopo il recesso causato dalla modifica unilaterale subita, qualora dovesse continuare a pagare le rate per l’attivazione del contratto oramai risolto, si troverebbe nella situazione di dover pagare i costi attivazione due volte, al nuovo operatore così come al vecchio operatore. In altri termini, il riconoscimento dello jus variandi unilaterale, che costituisce una evidente eccezione alla disciplina dei contratti, deve trovare il proprio bilanciamento in un diritto di recesso pieno cui l’operatore non può precostituire – anche indirettamente-ostacoli, come in questo caso ha fatto Vodafone, rateizzando i costi di attivazione;
deve essere cioè escluso dal recesso il recupero di voci di costo che a esso sono causalmente e temporalmente estranee
”.

3. Prestando acquiescenza alle ulteriori violazioni contestate, concernenti l’inadempimento di obblighi informativi nei confronti dei clienti, la ricorrente ha impugnato il provvedimento sanzionatorio in parte qua , articolando quattro motivi tesi a dimostrare che la condotta contestata non sarebbe sussumibile entro la fattispecie descritta dal predetto art. 70.

4. Si è costituita in giudizio, a mezzo della difesa erariale, l’Agcom, concludendo per il rigetto del gravame.

5. All'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del 22 marzo 2024, celebrata in modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.

6.1. Salvo ritenere (ma il punto non è in discussione) che i “costi di attivazione” addebitati dalla ricorrente al cliente uscente siano del tutto avulsi da prestazioni effettivamente rese al momento della sottoscrizione del contratto, non può condividersi l’assunto dell’Autorità secondo cui l’operatore avrebbe “ precostituito ” un ostacolo al futuro, eventuale, esercizio del diritto di recesso da parte del cliente, il quale, del resto, è libero di scegliere se corrispondere tale importo in un’unica soluzione ovvero secondo un piano di rateizzazione. Esclusivamente nel caso in cui tali costi siano privi di qualsivoglia legame funzionale con l’esecuzione del contratto può trovare applicazione l’art. 70, che non vieta affatto, diversamente da quanto ritenuto dall’Autorità, il recupero di voci di costo “ causalmente e temporalmente estranee al recesso ”. Invero, dall’art. 70 è desumibile l’opposto principio in forza del quale il cliente che eserciti il recesso non può sopportare costi e oneri connessi funzionalmente all’esercizio di tale diritto, tanto che non possono essere addebitati penali o costi di disattivazione, ricollegabili, come tali, alla cessazione del contratto e non già all’adempimento delle obbligazioni convenzionalmente assunte. Non a caso, l’Autorità, nella motivazione del provvedimento, non fa applicazione diretta dell’art. 70, bensì analogica, rilevandone l’elusione da parte della ricorrente. Tuttavia – in disparte la questione della portata del principio di tassatività nella materia dell’illecito amministrativo – di elusione non può parlarsi allorché la richiesta di corresponsione delle rate residue costituisca null’altro che la pretesa all’adempimento di un’obbligazione sorta al momento della sottoscrizione del contratto, secondo modalità esecutive scelte liberalmente dal cliente, ad esso causalmente ricollegabile ed avente ad oggetto una prestazione effettivamente resa in sede di attivazione del servizio. Sotto questo profilo, il dato temporale, parimenti valorizzato dall’Autorità, assume valore giuridicamente neutro, poiché le uniche condotte idonee a comprimere illegittimamente il diritto di recesso sono quelle innanzi (e per le ragioni) descritte. Diversamente opinando, da un lato, i costi di attivazione del servizio verrebbero posti (totalmente o parzialmente) a carico dell’operatore per una prestazione resa in favore del cliente, dall’altro, e correlativamente, si rischierebbero effetti distorsivi della concorrenza, giacché è noto che gli operatori di telefonia competono sul mercato anche attraverso politiche di sconti e agevolazioni legate proprio ai costi di attivazione del servizio.

6.2. Ad avviso del Collegio, non appaiono idonee a smentire la ricostruzione proposta i precedenti giurisprudenziali richiamati dalla difesa erariale. In particolare, diverso è il caso esaminato da T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, n. 17816/23, ove è stato affermato che “ il recesso dal contratto con l’operatore telefonico determina il venir meno della ragione del contratto di acquisto del modem ”, per l’assorbente ragione che sussiste un’incolmabile differenza tra un costo iniziale per l’attivazione del servizio di telefonia, del quale il cliente ha fruito, e un prezzo pagato per l’acquisto (o, comunque, la disponibilità) di un dispositivo che diviene non più necessario al momento della cessazione del contratto. Del pari, Cons. St., sez. III, 16 ottobre 2015, n. 4773 fa applicazione della diversa disposizione di cui all’art. 1, co. 3, d.l. n. 7/07 (c.d. “decreto Bersani”), a mente della quale il recesso deve avvenire senza spese “ non giustificate da costi dell'operatore ”, sicché il precedente è estraneo alla fattispecie all’esame del Collegio, in cui non si controverte di costi sopportati dall’operatore in conseguenza del recesso del cliente. Peraltro, nella stessa pronuncia si riconosce espressamente che “ La ritenuta (…) illegittimità dell’imposizione di costi di recesso non pertinenti e quindi non giustificati, non implica affatto che i costi sostenuti per l’accesso al servizio (…) non possano essere posti diversamente a carico dell’utente attraverso legittimi sistemi di recupero ” e che “ l’operatore può, quindi, legittimamente recuperare tutte le spese, sia quelle sostenute nella fase iniziale (ma facendole rientrare nel prezzo per l’attivazione dell’abbonamento o nel canone mensile), sia quelle direttamente affrontate per il recesso (facendole rientrare nel “costo del recesso”) ;
Resta a quel punto a carico dell’operatore solo l’alea per il mancato guadagno conseguente ad un possibile recesso anticipato ”, in coerenza con quanto ritenuto in questa sede dal Collegio.

7. Per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere accolto e il provvedimento gravato parzialmente annullato, nella parte in cui qualifica come ex se illecita la condotta della ricorrente consistente nel recupero dei costi di attivazione del servizio anche a seguito del diritto di recesso da parte del cliente, con conseguente obbligo dell’Autorità di rideterminarsi in ordine all’ an e al quantum della sanzione.

8. Tenuto conto dell’elevato grado di complessità della controversia, le spese di lite possono essere compensate tra le parti.

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