TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-02-20, n. 202400194

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-02-20, n. 202400194
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202400194
Data del deposito : 20 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2024

N. 00194/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01519/2019 REG.RIC.

N. 00603/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1519 del 2019, proposto da
Comune di Castelnuovo Berardenga, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Muraca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;

nei confronti

Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Barbara Mancino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, piazza dell’Unità 1;
Provincia di Siena, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
A A, M S B, S B, G C, A C, Giovanni Cavadini, Alda Del Cipolla, Marcello Di Credico, Giuliana Dragoni, Roberto Fabbri, Paola Filippini, Federico Girardi, Theodora Hadjistilianou, Maria Laura Maggiarra, Giuseppe Manganelli, Luigi Manganelli, Cosimo Massafra, Cristina Milano, Gabriele Milano, Ruggero Natili, Anastasia Nocentini, Rossano Peruzzi, Vincenzo Piccinini, Loriano Pizzichi, Antonio Rizzo, Maria Rossi, Rosa Sanetti, Loredana Sardini, Paola Tognaccini, Simone Torsellini, Condominio di Santa Maria a Dofana, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Iaria e Lia Belli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio degli stessi in Firenze, via de' Rondinelli 2;



sul ricorso numero di registro generale 603 del 2020, proposto da
Comune di Castelnuovo Berardenga, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giacomo Muraca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Provincia di Siena, non costituita in giudizio;

nei confronti

Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Barbara Mancino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Firenze, piazza dell’Unità 1;
A A, M S B, S B, G C, A C, Giovanni Cavadini, Alda Del Cipolla, Marcello Di Credico, Giuliana Dragoni, Roberto Fabbri, Paola Filippini, Federico Girardi, Theodora Hadjistilianou, Giuseppe Manganelli, Luigi Manganelli, Cosimo Massafra, Cristina Milano, Gabriele Milano, Ruggero Natili, Anastasia Nocentini, Rossano Peruzzi, Vincenzo Piccinini, Loriano Pizzichi, Antonio Rizzo, Maria Rossi, Rosa Sanetti, Loredana Sardini, Paola Tognaccini, Simone Torsellini, Condominio Santa Maria A Dofana, Maria Laura Maggiarra, Grazia Menchetti, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Iaria e Lia Belli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio degli stessi in Firenze, via de' Rondinelli 2;

per l'annullamento,

quanto al ricorso n. 1519 del 2019:

- del provvedimento della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo, 11 settembre 2019 prot. 21979, successivamente pervenuto, ad oggetto “Comune di Castelnuovo Berardenga (SI): “Zona comprendente i siti di Montaperti, di Sant’Ansano a Dofana e di Santa Maria a Dofana nel Comune di Castelnuovo Berardenga. Comunicazione avvio di procedimento Amministrativo ai sensi dell’art. 7 della L. n. 241/1990 e s.m.i. per la dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136, comma 1, lettere a), c) e d), Decreto legislativo n. 42 del 22.01.20014”, della documentazione allo stesso allegata, ivi compresa la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico a firma del Direttore Generale ABAP, nonché degli atti al medesimo presupposti, consequenziali o, comunque, connessi, ancorché allo stato incogniti, ivi compreso, per quanto occorrer possa:

- l’atto di indirizzo della DG Archeologia, belle arti e paesaggio 25.01.2019 prot. 2407, ad oggi incognita;

- la nota della DG Archeologia, Belle arti e paesaggio 14.03.2019 prot. N. 7761, ad oggi incognita;

- la nota della DG Archeologia, Belle arti e paesaggio, Servizio V del 25.06.2019 prot. 139130, ad oggi incognita;

- la nota della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo 9 luglio 2019 prot. 17305, ad oggi incognita.

E, quanto al ricorso n. 603 del 2020, per l’annullamento:

- del decreto del Direttore generale della Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio presso il

MIBACT

17.03.2020 n. 426 ad oggetto “Dichiarazione di notevole interesse pubblico per la zona comprendente i siti di Monteaperti, di Sant'Ansano, di Santa Maria a Dofana nel Comune di Castelnuovo Berardenga (SI) ai sensi degli artt. 136, comma 1, lett. C e D, 138 comma 3 e 141 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio»” pubblicato in Gazzetta Ufficiale 02.04.2020, n. 88 e degli elaborati al medesimo allegati;

nonché di ogni atto a questi presupposto, consequenziale o, comunque connesso, ancorché allo stato incognito, ivi compreso, per quanto occorrer possa:

- la nota della D.G. Archeologia, belle arti e paesaggio 18.03.2020 prot. 1047 con la quale è stato trasmesso all'Amministrazione comunale copia del suddetto Decreto;

- la nota del Segretario regionale MIBACT per la Toscana 10.02.2020 prot. 1222 (richiamata nel suddetto decreto di vincolo), ad oggi incognita;

- la nota della D.G. Archeologia, belle arti e paesaggio 11.03.2020 prot. 9335 (richiamata nel suddetto decreto di vincolo), ad oggi incognita;

- la proposta di notevole interesse pubblico formulata dalla D.G. Archeologia, belle arti e paesaggio 18.02.2020, prot. 6358 (richiamata nel suddetto decreto di vincolo) ad oggi incognita;

- il parere del Comitato tecnico scientifico presso la Direzione Generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio 13 marzo 2020 prot. 9781 (richiamato nel suddetto decreto di vincolo), ad oggi incognito;

nonché, per quanto occorrer possa:

- il provvedimento della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo, 11 settembre 2019 prot. 21979, successivamente pervenuto, ad oggetto “Comune di Castelnuovo Berardenga (SI): “Zona comprendente i siti di Montaperti, di Sant'Ansano a Dofana e di Santa Maria a Dofana nel Comune di Castelnuovo Berardenga. Comunicazione avvio di procedimento Amministrativo ai sensi dell'art. 7 della L. n. 241/1990 e s.m.i. per la dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettere a), c) e d), Decreto legislativo n. 42 del 22.01.20014”, della documentazione allo stesso allegata, ivi compresa la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico a firma del Direttore Generale ABAP;

- l'atto di indirizzo della DG Archeologia, belle arti e paesaggio 25.01.2019 prot. 2407, ad oggi incognita;

- la nota della DG Archeologia, Belle Arti e Paesaggio 14.03.2019 prot. N. 7761, ad oggi incognita;

- la nota della DG Archeologia, Belle Arti e Paesaggio 25.06.2019 prot. 17568, ad oggi incognita;

- la nota della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo 9 luglio 2019 prot. 17305, ad oggi incognita.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo, della Regione Toscana e dei signori A A, M S B, S B, G C, A C, Giovanni Cavadini, Alda Del Cipolla, Marcello Di Credico, Giuliana Dragoni, Roberto Fabbri, Paola Filippini, Federico Girardi, Theodora Hadjistilianou, Giuseppe Manganelli, Luigi Manganelli, Cosimo Massafra, Cristina Milano, Gabriele Milano, Ruggero Natili, Anastasia Nocentini, Rossano Peruzzi, Vincenzo Piccinini, Loriano Pizzichi, Antonio Rizzo, Maria Rossi, Rosa Sanetti, Loredana Sardini, Paola Tognaccini, Simone Torsellini, Maria Laura Maggiarr, Grazia Menchetti e del Condominio Santa Maria a Dofana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2023 il dott. P G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con un primo ricorso, iscritto al n. 1519/2019 R.G., il Comune di Castelnuovo Berardenga impugna la nota dell’11 settembre 2019, con cui la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo ha comunicato l’avvio del procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art. 136 co. 1 lett. a), c) e d) del d.lgs. n. 42/2004, della zona comprendente i siti di Monteaperti, Sant’Ansano e Santa Maria a Dofana.

Il Comune ricorrente lamenta che, a fronte di una motivazione generica, il vincolo riguarderebbe un’area eccessivamente ampia del proprio territorio, sottoposta oltretutto a una disciplina di abnorme rigore, i cui tratti salienti consisterebbero nel generale divieto di nuova edificazione e sostituzione edilizia, nonché nei divieti di modificare la destinazione degli annessi agricoli, di realizzare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, di apportare incrementi volumetrici o modifiche della configurazione degli edifici rurali successivi al 1945.

L’interesse a contrastare l’iniziativa, unilateralmente assunta dalla Soprintendenza, sarebbe reso più evidente dal fatto che la disciplina vincolistica verrebbe a precludere la possibilità di eseguire un modestissimo, quanto improcrastinabile, ampliamento del cimitero nella località di Santa Maria a Dofana.

1.1. Per resistere al gravame, si è costituita in giudizio la Soprintendenza procedente insieme al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, mentre sono intervenuti ad opponendum il signor A A e gli altri litisconsorti elencati in epigrafe, tutti proprietari di immobili ricompresi nel Condominio dell’antico borgo di Santa Maria a Dofana, situato nelle vicinanze del cimitero che, nelle intenzioni del Comune di Castelnuovo Berardenga, necessiterebbe di essere ampliato.

Costoro espongono di avere chiesto, sin dal luglio del 2011, l’avvio del procedimento per la sottoposizione a vincolo paesaggistico dell’intero contesto storico nel quale il cimitero è inserito. L’attivazione della procedura di verifica dell’interesse culturale del sito non sarebbe stata, tuttavia, mai attivata nè dal Comune, né dalla Regione Toscana, parimenti investita della domanda;
e, alle sollecitazioni formulate a distanza di tempo dagli odierni intervenienti, nel 2017 il Comune avrebbe replicato rappresentando nuovamente l’esigenza di ampliare il cimitero.

È seguita, da parte del Condominio di Santa Maria a Dofana, la presentazione di un’istanza di accesso agli atti per avere contezza di quanto proposto da un comitato di persone favorevoli all’ampliamento del cimitero, frattanto costituitosi. Presa visione del progetto, che avrebbe comportato uno stravolgimento dello stato dei luoghi, il Condominio ha reiterato le proprie sollecitazioni alle autorità competenti all’apposizione del vincolo, fino a ottenere dalla locale Soprintendenza, nel maggio 2018, l’avvio delle verifiche d’ufficio della sussistenza dell’interesse storico del cimitero di Dofana e la successiva adozione del relativo decreto di vincolo culturale ex art. 10 d.lgs. n. 42/2004.

Quanto al vincolo paesaggistico, nell’inerzia degli uffici della Regione Toscana e della Soprintendenza, nel gennaio del 2019 il Condominio si è rivolto alla Direzione Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la quale ha imposto alla Soprintendenza di attivarsi. È in questo contesto procedimentale che dovrebbero collocarsi l’avvio del procedimento vincolistico e l’adozione dell’atto impugnato dal Comune di Castelnuovo Berardenga.

Nel giudizio si è costituita anche la Regione Toscana, portatrice di una posizione adesiva a quella del Comune ricorrente.

2. Con un secondo ricorso, iscritto al n. 603/2020 R.G. e da valere anche quale atto di motivi aggiunti al ricorso già pendente, il Comune di Castelnuovo Berardenga impugna quindi il decreto del 17 marzo 2020, n. 426, con il quale il Direttore generale della Direzione Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MIBAC, esercitando i poteri di cui all’art. 138 co. 3 del d.lgs. n. 42/2004, ha concluso il procedimento avviato con la comunicazione del settembre 2019 e sottoposto a vincolo paesaggistico la zona che comprende i siti di Monteaperti, Sant’Ansano e Santa Maria a Dofana.

2.1. All’impugnazione resistono il Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Soprintendenza senese ed il signor Acquaviva, intimato in giudizio con i suoi litisconsorti.

Aderisce alla posizione del Comune ricorrente, ancora una volta, la Regione Toscana.

3. I due ricorsi sono stati discussi congiuntamente e trattenuti per la decisione nella pubblica udienza del 7 dicembre 2023, preceduta dallo scambio fra le parti di documenti, memorie difensive e repliche.

4. Come riferito in narrativa, il Comune di Castelnuovo Berardenga ha dapprima impugnato, con il ricorso n. 1519/2019 R.G., la comunicazione di avvio del procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona comprendente i siti di Monteaperti, Sant’Ansano a Dofana e Santa Maria a Dofana;
quindi, con il ricorso n. 603/2020 R.G., il decreto con cui, a conclusione del procedimento, il Direttore generale della Direzione Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha effettivamente dichiarato il notevole interesse pubblico della zona in questione, sottoponendola alle corrispondenti disposizioni di tutela e alla disciplina d’uso di cui all’Allegato A del provvedimento, integrativa del Piano paesaggistico regionale a norma dell’art. 140 co. 2 del d.lgs. n. 42/2004.

Il petitum e la causa petendi del contenzioso più recente assorbono, di fatto, quelli del più risalente, giacché la sequenza delle censure contro la dichiarazione di pubblico interesse ripercorre, arricchendoli, i motivi di impugnazione originariamente indirizzati nei confronti della sola comunicazione di avvio del procedimento (per inciso, l’interesse autonomo a impugnare quest’ultima deriva dagli effetti preclusivi che la comunicazione produce ai sensi del combinato disposto degli artt. 139 co. 4 e 146 co. 1 del d.lgs. n. 42/2004).

Il rapporto di continenza che ne risulta impone, pertanto, di procedere alla riunione dei giudizi. La trattazione seguirà l’ordine scandito dal ricorso n. 603/2020 R.G., con la segnalazione, di volta in volta, dei motivi di impugnazione comuni ai due ricorsi.

4.1. Con il primo motivo, comune al ricorso n. 1519/2019, è denunciata l’irragionevole estensione territoriale del vincolo impugnato, che copre un’area di oltre 910 ettari, con consistenti prescrizioni e limitazioni d’uso pur in assenza di concreta e diretta attinenza con specifiche emergenze paesaggistiche di rilievo. La presenza di taluni siti monumentali non giustificherebbe, infatti, un vincolo così ampio, mancando profili di valenza paesaggistica idonei a connotare l’intero ambito. La perimetrazione operata con il provvedimento ministeriale sarebbe smentita dai rilievi articolati nella perizia di parte prodotta dal Comune, la quale ne evidenzierebbe l’illogicità anche alla luce dell’inadeguata motivazione del vincolo.

Il secondo motivo, anch’esso comune ai due ricorsi, investe la disciplina d’uso dei beni ricadenti nell’area vincolata, la quale imporrebbe stringenti quanto diffusi e generalizzati divieti, anziché adottare prescrizioni puntuali, volte a imporre le sole limitazioni funzionali alla tutela dei valori paesaggistici in rilievo ed a contenere entro limiti ragionevoli le limitazioni imposte alle possibilità di intervento edilizio, tenuto anche conto della sottoposizione di ogni attività trasformativa del suolo alla previa acquisizione delle necessarie autorizzazioni di settore. Ad avviso del Comune, ad esempio, il generale divieto di mutamento di destinazione d’uso posto dalla disciplina di vincolo non avrebbe alcuna attinenza con eventuali finalità di tutela paesaggistica, e analoghi vizi inficerebbero le prescrizioni intese a limitare gli interventi edilizi ammessi sull’edificato esistente o a circoscrivere a puntuali indici edificatori le possibilità di ampliamento di manufatti rurali e la realizzazione di annessi agricoli. Illogiche e prive di addentellati con la tutela paesaggistica sarebbero altresì le prescrizioni inerenti il divieto di realizzare impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, così come l’obbligo di acquisire il nulla osta archeologico per qualsiasi movimentazione di terra di profondità superiore a un metro e i limiti all’esercizio delle attività turistiche e, soprattutto, agli interventi edilizi ammissibili sulla chiesa e sul cimitero di Santa Maria a Dofana, non comprendendosi perché, tra i tanti immobili di valore storico-architettonico individuati dallo stesso decreto impugnato, la tutela paesaggistica riguardi unicamente quei due beni storici e non anche gli altri.

Con il terzo motivo, comune ai due ricorsi, è fatta valere la confusione tra profili di tutela paesaggistica, storico-architettonica, culturale, archeologica, e tra le correlate misure di tutela diretta e indiretta, che si registrerebbe nel provvedimento impugnato. Il vincolo introdotto dall’organo ministeriale parrebbe volto, infatti, a una tutela indiretta dei vincoli culturali e monumentali già presenti nell’area, il che confliggerebbe con la natura paesaggistica e con i contenuti del vincolo stesso, oltre a violare le previsioni dell’art. 45 d.lgs. n. 42/2004 circa il procedimento istitutivo della tutela indiretta. E l’incongruità dei diffusi richiami operati dal decreto impugnato ai beni storico-monumentali individui presenti nell’area e alla rilevanza storico-documentale di tale ambito risulterebbe ancora più evidente alla luce della circostanza che, in sede di approvazione, il Ministero avrebbe espressamente limitato il vincolo apposto alla disciplina delle sole lettere c) e d) del comma 1 dell’art. 136 d.lgs. n. 42/2004, espungendo i riferimenti originariamente presenti in sede di avvio alla diversa lettera a) del medesimo art. 136. In ogni caso, anche volendo assumere la natura paesaggistica del vincolo introdotto con riferimento all’ambito territoriale in esame, il Comune ricorrente afferma che il richiamo del decreto di vincolo a generiche “valenze paesaggistiche” di non meglio precisati elementi oggetto di tutela non sarebbe idoneo a fondare una disciplina prescrittiva così estesa e pregnante, mentre una più attenta disamina avrebbe imposto di valorizzare i concreti elementi e profili di valore, prescindendo da generalizzate e fallaci previsioni di tutela. Né il vincolo imposto su un’area di tali dimensioni sarebbe legittimata dalla presenza di taluni siti di interesse archeologico, i quali risulterebbero già interessati da autonoma disciplina di tutela e valorizzazione, senza la necessità di ulteriori prescrizioni riferite ad un così ampio ambito territoriale d’intorno.

Con il quarto motivo di cui al ricorso n. 603/2020 R.G., il Comune di Castelnuovo Berardenga deduce l’incongruenza fra la disciplina di vincolo introdotta dal provvedimento impugnato e il Piano regionale di indirizzo territoriale con valore di piano paesaggistico (P.I.T./P.P.R.). In particolare, la scheda-norma di vincolo non rispetterebbe la tecnica redazionale prevista dall’art. 3 dell’Allegato 8B al P.I.T./P.P.R., secondo cui la disciplina dei beni paesaggistici vincolati si articola in “Obiettivi”, “Direttive” e “Prescrizioni”, e tale anomalia renderebbe difficoltosa la gestione e attuazione del decreto di vincolo, pregiudicandone la possibilità di recepimento e declinazione in sede di conformazione allo strumento paesaggistico regionale della pianificazione territoriale e urbanistica comunale.

Il quinto motivo di cui al ricorso n. 603/2020 R.G., che coincide con il quarto motivo di cui al ricorso n. 1519/2019, evidenzia la presunta violazione dei principi di leale cooperazione interistituzionale. Sarebbe irragionevole l’iniziativa del Ministero che, in assenza di qualsivoglia confronto collaborativo con il Comune, si è risolta nella sottoposizione a vincolo di un estesissimo ambito territoriale che, invero, trovava già opportuna tutela: l’introduzione di ulteriori vincoli avrebbe dovuto essere oggetto, quanto meno, di previa concertazione e condivisione con l’ente locale e non avrebbe comunque potuto dare luogo a limitazioni e divieti indiscriminati. Sarebbe incoerente il comportamento del Ministero, che, dopo avere a più riprese rappresentato la necessaria competenza della Commissione regionale, ed aver preso parte alle relative sedute, avrebbe chiesto un rinvio dei lavori, salvo poi dare autonomo avvio al procedimento di apposizione del vincolo;
e parimenti sarebbero illegittime le controdeduzioni offerte dal Ministero a fronte delle osservazioni svolte dagli altri attori istituzionali – Comune e Regione – nel procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico, posto che sarebbero stati del tutto trascurati i molteplici rilievi inerenti l’erronea perimetrazione del vincolo, l’irragionevolezza delle prescrizioni e limitazioni poste dalla tutela di vincolo e la non rispondenza della disciplina adottata rispetto ai canoni dettati dal P.I.T./P.P.R..

Il sesto motivo, infine, è dedicato all’eccesso di poter per sviamento che affliggerebbe il provvedimento impugnato. La disciplina di vincolo, nel tutelare le emergenze storiche e architettoniche costituite dalla chiesa e dal cimitero di Santa Maria a Dofana, sarebbe priva di connotazioni paesaggistiche ed avrebbe il solo effetto di comprimere le facoltà di intervento edilizio su quegli immobili, in conformità con le ragioni sottese alle istanze formulate dai proprietari degli immobili appartenenti al vicino Condominio, interessati unicamente ad avversare l’ampliamento del cimitero.

4.2. La Regione Toscana aderisce alle impugnazioni comunali.

Essa, in estrema sintesi, espone innanzitutto di avere osservato – in sede amministrativa – che per la definizione puntuale dei confini dell’area di vincolo sarebbe stato più opportuno avvalersi della cartografia tecnica aggiornata, e non della vecchia fotografia aerea utilizzata dal Ministero. I criteri e le motivazioni posti a fondamento dell’individuazione del perimetro dell’area, non sempre ancorati a riferimenti territoriali certi, conferirebbero al vincolo una configurazione mossa e frastagliata, di difficile comprensione;
ma le maggiori criticità deriverebbero dalla violazione dei criteri redazionali stabiliti dal P.I.T./P.P.R. e, segnatamente, dalla mancanza dell’intera sezione 4 della scheda di vincolo, circostanza che si risolverebbe non in una mera carenza formale, ma nel venire meno di una componente essenziale della disciplina paesaggistica, indispensabile anche al fine di indirizzare in concreto l’esercizio dei poteri urbanistici e di governo del territorio del Comune.

4.3. Il signor Acquaviva e i suoi litisconsorti – lo si ricorda, intervenuti ad opponendum nel giudizio n. 1519/2019 R.G. e intimati dal Comune ricorrente quali contraddittori nel giudizio n. 603/2020 – in via pregiudiziale eccepiscono l’inammissibilità dei gravami, che pretenderebbero di contrastare insindacabili valutazioni tecniche del Ministero.

Nella sostanza, precisano che l’estensione del vincolo impugnato sarebbe tutt’altro che spropositata e aggiungono che, nella provincia di Siena, il 39% dei beni paesaggistici con lo stesso profilo giuridico si estenderebbero per superfici superiori ai mille ettari. Nello stesso periodo di tempo, sarebbe stato sottoposto a vincolo paesaggistico l’intero territorio del Comune di Radicondoli, di superficie ben superiore ai diecimila ettari.

Per altro verso, la disciplina imposta dal decreto ministeriale sarebbe coerente con le finalità di tutela del territorio rurale che ispirano la legislazione urbanistica toscana, e assicurerebbe la conservazione e valorizzazione di un paesaggio agrario costituente un unicum anche a livello di testimonianza storico identitaria del territorio senese: lo stesso divieto di realizzare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, oltre a interessare una esigua porzione del territorio comunale, risponderebbe all’esigenza di salvaguardare non soltanto la bellezza panoramica d’insieme, ma anche l’aspetto caratteristico del territorio, avente valore estetico e tradizionale.

Del tutto legittimo sarebbe altresì lo specifico vincolo apposto sul cimitero di Santa Maria a Dofana, appartenente al sistema dei cimiteri di campagna della Berardenga, connotato da una notevole identità storico-tipologica e da una conseguente rilevanza testimoniale della vita rurale. Detto sistema, composto di diciannove siti, sarebbe tutt’ora attivo e questo renderebbe logica la scelta di non prevedere l’espansione dei singoli cimiteri che ne fanno parte, pur se saturi, fino all’esaurimento degli spazi disponibili nei cimiteri vicini, collocati a distanza di pochi chilometri. Allo stesso modo, sarebbe legittima la sovrapposizione del vincolo paesaggistico ai vincoli già imposti su singoli immobili, non verificandosi l’indebita commistione di più profili di tutela, ma il concorso della tutela dei beni culturali e di quella paesaggistica della bellezza d’insieme, estesa all’intorno delle singole emergenze monumentali e dei siti archeologici diffusamente presenti nell’area vincolata.

Sul piano formale, il provvedimento di vincolo conterrebbe nella parte III le prescrizioni d’uso, gli obiettivi e le direttive per l’utilizzazione dell’area vincolata, individuate compiutamente per ogni ambito di tutela precedentemente descritto nella seconda parte della relazione. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna difficoltà di recepimento del vincolo in un’apposita scheda-norma del P.I.T./P.P.R., né potrebbe dubitarsi della persistenza del potere ministeriale di imporre vincoli su aree meritevoli di tutela indipendentemente dai protocolli sottoscritti con la Regione Toscana per disciplinare l’attività di co-pianificazione paesaggistica, tanto più che, nella specie, il ministero si sarebbe attivato solo a seguito dell’inerzia serbata dagli enti territoriali, ivi inclusa la Soprintendenza. Sia la Regione che il Comune di Castelnuovo Berardenga, inoltre, avrebbero partecipato al procedimento di apposizione del vincolo con le proprie osservazioni, di modo che nessun vizio sarebbe ravvisabile per questo profilo.

Nessuno sviamento sarebbe poi ravvisabile nelle scelte dell’amministrazione procedente, la quale, lungi dal voler favorire il Condominio di Santa Maria a Dofana, avrebbe compiuto valutazioni ad ampio raggio a tutela della bellezza di un angolo di territorio toscano dalla enorme valenza storico-identitaria e non certo dell’interesse di alcune proprietà private.

4.4. Della memoria difensiva depositata dall’Avvocatura dello Stato il 19 novembre 2023 non può tenersi conto, perché tardiva rispetto al termine stabilito dall’art. 73 c.p.a., come eccepito in udienza dalle difese del Comune e della Regione.

5. Il Comune di Castelnuovo Berardenga eccepisce che le difese delle parti private sarebbero inammissibili per difetto di legittimazione e interesse.

Il Condominio di Santa Maria a Dofana, e i singoli condomini, avrebbero infatti a più riprese ribadito che ogni loro iniziativa aveva il solo scopo di escludere la possibilità di ampliamento del piccolo cimitero posto in prossimità del Condominio stesso. In ragione della natura “adesiva” del loro intervento, le parti private avrebbero al più potuto processualmente supportare le ragioni portate in lite dal Ministero intimato, ma non sostituirsi ad esso e assumere posizione anche in riferimento a profili esulanti dalla loro posizione.

L’eccezione non è dirimente.

È lo stesso Comune ricorrente a riconoscere alle parti private dei giudizi qui riuniti il ruolo di suoi contraddittori, in qualità di titolari di un interesse differenziato alla conservazione dello status quo garantito dal provvedimento impugnato. E se è vero che tale interesse origina dalla vicinanza con il cimitero di Santa Maria a Dofana, la disciplina vincolistica che i ricorsi mirano a far cadere è inscindibile, proprio come inscindibili sarebbero gli effetti dell’eventuale accoglimento dei gravami comunali, che comporterebbe l’integrale caducazione del vincolo;
il che legittima le parti private a svolgere difese nei confronti di tutte le censure svolte dal Comune, senza considerare che, per giurisprudenza granitica, l’intervento ad opponendum è giustificato dalla titolarità di un interesse anche di mero fatto al mantenimento dell’assetto determinato dai provvedimenti impugnati, che consenta di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dalla reiezione del ricorso (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato, sez. V, 1 settembre 2021, n. 6142, id., sez. VI, 13 luglio 2020, n. 4527).

6. Nel merito, i ricorsi sono infondati.

6.1. Nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004, di seguito anche “il Codice”) si intende per “paesaggio” il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e umani, e dalle loro interrelazioni, e la cui tutela attiene a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale o locale, in quanto espressione di valori culturali (art. 131). E sono “beni paesaggistici” gli immobili e le aree che presentino interesse paesaggistico ex lege (art. 142) o che siano dichiarati di notevole interesse pubblico in virtù della loro bellezza, anche panoramica, della singolarità geologica, della memoria storica che racchiudono, ovvero dell’aspetto caratteristico, avente valore estetico e tradizionale (art. 136).

Posto che la tutela del paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime, la dichiarazione di notevole interesse pubblico costituisce il frutto di un giudizio valutativo nel quale convergono una pluralità di competenze tecnico-scientifiche, tutte concorrenti al fine di dare concretezza a una nozione – quella di bene paesaggistico – che rappresenta un vero e proprio concetto giuridico indeterminato. In quanto tale, la dichiarazione di interesse è giocoforza connotata da un apprezzabile margine di opinabilità, la quale riflette il carattere delle differenti cognizioni specialistiche che vi concorrono, tutte ascrivibili al novero delle scienze umane (antropologia, urbanistica, architettura, urbanistica, storia, storia dell’arte, agronomia, a titolo puramente esemplificativo) e non delle scienze esatte;
con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale – sempre ammissibile, trattandosi della valutazione di fatti complessi e non di scelte di stretto merito amministrativo – va condotto sul piano dell’attendibilità del giudizio tecnico espresso dall’amministrazione, essendo il giudice chiamato a stabilire se quel giudizio rientri o meno nella gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto.

Il sindacato, così inteso, è comunque pieno e presuppone che la parte interessata contesti e ponga seriamente in discussione il nucleo delle valutazioni tecniche che fondano la dichiarazione di notevole interesse. Peraltro, laddove nessun profilo di inattendibilità emerga a carico di tali valutazioni, e semplicemente restino sul campo a fronteggiarsi opinioni tecnico-scientifiche divergenti, ma tutte allo stesso modo plausibili, il giudice non può che dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito della competenza ad adottare decisioni collettive, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato (per tutte, cfr. le perspicue Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2022, n.10624;
id., 23 settembre 2022, n. 8167. In materia di beni culturali, da ultimo cfr. Cons. Stato., A.P., 13 febbraio 2023, n. 5).

Tanto premesso, il provvedimento impugnato sottopone a vincolo paesaggistico una vasta porzione del territorio di Castelnuovo Berardenga, della superficie di 910 ettari, al cui interno ricadono i tre siti di Monteaperti, Sant’Ansano a Dofana e Santa Maria a Dofana con il suo cimitero. La dichiarazione di notevole interesse è stata pronunciata a norma dell’art. 136 co. 1 lett. c) e d) del d.lgs. n. 42/2004, in ragione del ritenuto valore estetico e tradizionale, nonché del notevole valore percettivo, dell’ambito in questione (rispetto alla comunicazione di avvio del procedimento, dalla dichiarazione è stata invece espunta la lettera a) dell’art. 136 cit., la quale valorizza l’interesse paesaggistico delle cose immobili munite di cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica).

Come si legge nel provvedimento, nella zona sottoposta a vincolo sono presenti tre beni relativamente ai quali è stato avviato il procedimento per la dichiarazione di interesse culturale ai sensi dell’art. 10 del citato d.lgs. n. 42/2004: la cappella di Sant’Ansano a Dofana, la collina con il cippo della battaglia di Monteaperti e la chiesa di Sant’Ansano a Dofana. La necessità di tutelare il più ampio contesto cui detti beni appartengono è fatta derivare dal trattarsi di un territorio “ caratterizzato dalla presenza diffusa e dall’interrelazione di emergenze di notevole valore archeologico, architettonico, storico, demoetnoantropologico e identitario, nonché di architetture rurali afferenti alla tradizione costruttiva tradizionale ”, la cui “ nota essenziale e significante è la

spontanea concordanza e fusione fra espressioni della natura e quelle legate alla presenza dell’uomo già dall’età preistorica ”.

Gli elementi che caratterizzano l’area vincolata sono identificati nella struttura idromorfologica, costituita dalla distesa ininterrotta di colline e nell’ampia valle aperta fra i torrenti Arbia e Malena, che a loro volta danno vita alla struttura fluviale principale, cui si affiancano il reticolo idrografico minore e gli impluvi delle colline.

Dal provvedimento è data altresì evidenza alle componenti naturalistiche (la parte meridionale dell’area comprende i siti Natura 2000 – Z.S.C. e Z.S.P. Crete di Camposodo e Crete di Leonina) e alla struttura insediativa, caratterizzata dalla presenza di insediamenti storici da un lato, e, dall’altro, dal passaggio della via Francigena, lungo la quale “ sono sorti complessi religiosi, spedali, stazioni di posta e i borghi di origine medievale ”. L’insediamento rurale è caratterizzato da un assetto poderale rarefatto, secondo il tipico ordine del “latifondo mezzadrile”, con insediamenti collinari strutturati lungo filamenti viari di crinale e sorti in prossimità di ville-fattorie e poderi localizzati con accuratezza sul colmo dei poggi per motivi di stabilità, in connessione con una rada maglia di case sparse e con il sistema insediativo di fondovalle con fortificazioni. Nella vallata del Malena sgorgano le sorgenti termali di Acqua Borra molto rinomate per la presenza di acque medicamentose, con annessa struttura ricettiva. L’intera area è ricca di reperti e siti archeologici, a testimonianza della presenza dell’uomo fin da tempi antichissimi.

Ancora, il provvedimento individua fra gli elementi unificanti dell’area la viabilità storica, dall’elevato valore panoramico per le visuali offerte verso il paesaggio rurale circostante e verso le crete, e il paesaggio agrario, di grande valore percettivo, testimoniale, ambientale e qualificato da una relazione stretta e strutturante tra sistema insediativo storico e tessuto dei coltivi, “ leggibile a più scale: da quella del grande nodo urbano che ha proiettato le proprie risorse economiche e culturali nel contado, a quella delle numerosissime ville-fattoria presenti in questa parte del comune di Castelnuovo Berardenga – veri e propri fulcri organizzatori del paesaggio agrario, a quella delle case coloniche collocate ognuna sul proprio podere. Densa e riccamente infrastrutturata si presenta la maglia agraria, articolata in un mosaico di appezzamenti di piccola e media dimensione occupati da seminativi, oliveti, piccoli vigneti ”.

Quanto agli elementi della percezione, il contesto risulta caratterizzato da un’ampia visibilità “ che oltre a rincorrere il susseguirsi delle colline argillose si estende nelle vallate fluviali;
l’area è ricca di aperture panoramiche lungo i percorsi e dai poggi dominanti. I sistemi di strade locali collegano tra di loro i principali nuclei urbani attraversando paesaggi di pregio e intercettando le maggiori emergenze storico-culturali. Queste strade rappresentano la rete fruitiva privilegiata dei beni paesaggistici e storico culturali presenti nell’area
”.

Il decreto impugnato prosegue con la dettagliata analisi e descrizione delle valenze principali dell’area, della quale ricostruisce in chiave unitaria il quadro archeologico, il patrimonio architettonico e storico-artistico (i castelli, le chiese), i borghi e i nuclei storici, i poderi e le architetture rurali, le sorgenti termali, i valori storico-identitari e simbolici (il campo della battaglia di Monteaperti).

La sintesi è affidata alla parte III del decreto, dedicata a “Tutela e valorizzazione”: il vincolo, e la corrispondente disciplina d’uso, sono dichiaratamente finalizzati ad assicurare la tutela del paesaggio agrario e del patrimonio archeologico, architettonico, storico-artistico e identitario “ onde mantenere la qualità distintiva dell’ambito territoriale fin qui descritto ”.

Il Comune di Castelnuovo Berardenga, sulla scorta di una perizia giurata di parte, oppone che la definizione di un areale vincolato così ampio sarebbe priva di concreti nessi relazionali, ubicazionali e pertinenziali con le stesse emergenze paesaggistiche, architettoniche, archeologiche e insediative che si intenderebbe tutelare e valorizzare. Non sussisterebbe alcuna univoca interrelazione fra elementi di pregio ed emergenze paesaggistiche, tale da legittimare la sottoposizione a vincolo di un ambito territoriale tanto esteso: il vincolo non riguarderebbe, infatti, un ambito paesaggistico isolato ed eccezionale, ma una porzione di territorio le cui caratteristiche sarebbero simili a quelle di ambiti vicini incomprensibilmente lasciati fuori dal perimetro della tutela.

Le affermazioni del Comune ricorrente sono, allo stesso tempo, apodittiche e generiche nella misura in cui si risolvono nella negazione, astratta, dell’unitarietà paesaggistica del contesto vincolato, non sostenuta dalla puntuale confutazione in concreto degli argomenti posti a fondamento dell’atto impugnato. Questi, come si è visto, fanno leva sulla presenza di una serie di elementi unificanti che operano a più livelli e rivestono una rilevanza certa sul piano paesaggistico, e che trovano riscontro nella ricordata analisi del quadro archeologico, del patrimonio architettonico e storico-artistico, dell’assetto rurale, dei valori identitari e simbolici (parte II del provvedimento impugnato): un’analisi che ricostruisce con dovizia di citazioni bibliografiche le vicende dei luoghi posti alla confluenza dei fiumi Arbia e Malena, abitati sin dalla preistoria dall’uomo, i cui insediamenti si sono progressivamente estesi risalendo i due corsi d’acqua fino a dare vita, nel corso dei secoli, a un territorio dai connotati culturali e ideologici che, a partire dall’epoca etrusca, vede la fondazione di siti sacri destinati a divenire i tratti più caratteristici anche del paesaggio attuale, insieme alla presenza dei tumuli, su tutti quello di Monteaperti. Nella lettura che ne dà il provvedimento di vincolo, le numerose emergenze architettoniche e storico-artistiche rinvenibili nell’area non rappresentano dunque nuclei isolati, bensì una delle tracce – insieme agli insediamenti storici, a quelli rurali, alla viabilità di collegamento e agli altri fattori considerati – della forte connotazione identitaria dell’area, ad elevata concentrazione di preesistenze archeologiche e unica testimonianza di paesaggio centuriato della Provincia di Siena.

Tale ricostruzione, integrata dalle controdeduzioni alle osservazioni presentate da soggetti pubblici e privati (Allegato D al decreto impugnato, su cui si tornerà più avanti), rende perfettamente comprensibili quali siano i caratteri identitari valorizzati ai fini dell’apposizione del vincolo, al contrario di quanto sostenuto dal Comune di Castelnuovo Berardenga, le cui difese non mettono in discussione l’analisi del Ministero per farne emergere la sostanziale inattendibilità sotto il profilo del metodo scientifico, ma si limitano a opporre una diversa conclusione circa il rilievo paesaggistico dei fattori esaminati nel provvedimento impugnato, assumendo che questo avrebbe operato un’indebita commistione fra profili di tutela paesaggistica e profili di tutela storico-culturale. Se, tuttavia, oggetto della tutela paesaggistica è la capacità di un territorio di esprimere un’identità che sia la risultante di fattori naturali, umani e delle loro interrelazioni (art. 131 d.lgs. n. 42/2004), e non il semplice aspetto percettivo di un territorio, il Comune avrebbe dovuto contestare nello specifico il valore identitario e unificante riconosciuto ai molteplici fattori posti alla base delle valutazioni del Ministero, nella cui economia le emergenze storiche e architettoniche (castelli, chiese) rappresentano soltanto uno degli elementi che concorrono a comporre il contesto unitario da tutelare o, per meglio dire, uno degli elementi che, saldandosi con gli altri, dimostrano l’esistenza stessa di un contesto da sottoporre a tutela, indipendentemente dal valore culturale dei singoli siti di rilevanza storica.

Non vi è, di conseguenza, alcuna confusione tra profili di tutela paesaggistica e culturale, le quali per inciso ben possono concorrere, né il vincolo paesaggistico può dirsi impropriamente utilizzato in luogo di più idonei vincoli indiretti (art. 45 del d.lgs. n. 42/2004), giacché l’ampiezza del vincolo in questione è giustificata, stando alla chiara motivazione del provvedimento, non soltanto dalla presenza nell’area di alcune emergenze monumentali di pregio, ma da un complesso di fattori interdipendenti che qualificano l’intero ambito territoriale sottoposto a vincolo, e non le sole aree che costituiscono l’intorno degli immobili riconosciuti quali beni culturali.

Del resto, la tutela paesaggistica non è pregiudizialmente incompatibile con la cospicua estensione del territorio interessato, e il vincolo per cui è causa non costituisce un unicum per ampiezza, ove si consideri che – come documentato dalle parti private e non contestato (si veda la relazione tecnica depositata il 27 ottobre 2023) – in Toscana oltre un quarto dei vincoli paesaggistici hanno un’estensione compresa fra i 1.000 e i 10.000 ettari, e che nella sola Provincia di Siena il 39% dei vincoli si estende per oltre 1.000 ettari.

In definitiva, le conclusioni cui il Ministero resistente è pervenuto circa il notevole interesse della zona che include i siti di Monteaperti, Sant’Ansano e Santa Maria di Dofana appaiono del tutto coerenti con le premesse e perfettamente plausibili sul piano della valutazione tecnico-scientifica. Alle opposte conclusioni del Comune di Castelnuovo Berardenga può attribuirsi (al netto della rilevata genericità) tutt’al più il ruolo di opinione divergente che, in quanto priva di maggiore attendibilità, non è idonea a supportare l’accoglimento del gravame.

6.2. Quanto alla disciplina d’uso dei beni vincolati, contenuta nel provvedimento impugnato, le doglienze del Comune si appuntano specificamente sul divieto di mutamento della destinazione d’uso dei fabbricati sancito dagli artt.

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