TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-06-19, n. 202303694

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-06-19, n. 202303694
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202303694
Data del deposito : 19 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/06/2023

N. 03694/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02100/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale-OMISSIS-, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G C e V G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico legale in Napoli, alla via A. Diaz n. 11;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- del d-OMISSIS-;

- di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguenziale comunque lesivo degli interessi del ricorrente, comprese le indagini istruttorie se e in quanto compiute;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2023 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

1. Giova premettere, in punto di fatto, che:

- in esecuzione dell’ordinanza n. -OMISSIS-, l’odierno ricorrente era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, in quanto indagato per i reati di cui agli articoli 319, 110, 346- bis del codice penale e 73 del D.P.R. n. 309 del 1990;

- con decreto n.-OMISSIS-/-OMISSIS-/DS 10 del 1° aprile 2020, veniva quindi “ sospeso obbligatoriamente dal servizio ai sensi dell’art. 7, comma 1, del D. Lgs. 449/92, dal primo aprile 2020, data dell’avvenuto arresto ”;

- in data 28 maggio 2020, il medesimo Tribunale di Napoli Nord ha emesso decreto di giudizio immediato;

- con ordinanza del 4 febbraio 2021 del Tribunale di Napoli Nord, veniva applicata, in sostituzione dell’originaria misura degli arresti domiciliari, la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, a sua volta revocata con successivo provvedimento del 28 dicembre 2021 n.-OMISSIS-.

2. Con l’impugnato decreto n. -OMISSIS-/-OMISSIS-/DS01 del 14 marzo 2022, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha disposto che il ricorrente debba continuare a essere sospeso dal servizio “ in via cautelare facoltativa ai sensi dell’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 ”, con la seguente motivazione: “ pur non risultando applicate misure cautelari nei [suoi] confronti … nel caso di specie ricorrono gli estremi della particolare gravità come richiesto dall’art. 7 comma 2 del d. Lgs n. 30 ottobre 1992 n. 449 … i fatti per i quali … risulta imputato hanno inevitabilmente intaccato il rapporto di stima e di fiducia necessario in un contesto lavorativo così peculiare come è un istituto penitenziario … mettono in evidenza mancanza del senso dell’onore e del senso morale, concretizzando una condotta in netto contrasto con i codici deontologici che regolano l’appartenenza ad un Corpo dello Stato nei cui confronti egli ha reso solenne giuramento;
… rappresentano una palese violazione dei doveri istituzionali di un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che è dotato sia della qualifica di polizia giudiziaria che di quella di pubblica sicurezza e, pertanto, non può ragionevolmente ipotizzarsi che simili compiti, essenziali per la salvaguardia della pubblica sicurezza, siano in concreto espletati da soggetti i quali contribuiscono alla commissione di reati che si tratta invece di prevenire ed impedire
”.

3. Avverso tale provvedimento, il ricorrente muove le seguenti censure: violazione dell’articolo 10 della legge n. 241 del 1990;
violazione del decreto legislativo n. 449 del 1992;
difetto assoluto di motivazione.

4. Con ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

5. Il ricorso è infondato.

5.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 10 della legge n. 241 del 1990, nella parte in cui prevede l’obbligo dell’Amministrazione di valutare le osservazioni presentate dall’interessato nell’ambito del procedimento.

La censura non può essere accolta. Con l’istanza di riammissione in servizio, il ricorrente ha rappresentato che, allo stato, risultavano “ completamente estinte le esigenze cautelari in riferimento ai fatti per i quali … è in giudizio ”, che vige “ la presunzione di innocenza ”, che la sospensione dal servizio produce “ gravi ed irreparabili ripercussioni sulla sua vita personale e familiare ”, soprattutto sotto il profilo economico.

Al riguardo, il Collegio rileva che le predette osservazioni sono state formulate con riferimento al precedente provvedimento di sospensione obbligatoria, il quale risponde a una ratio e a presupposti affatto diversi da quelli che caratterizzano la sospensione facoltativa (della quale si discute in questa sede) e che, infatti, è ormai venuto meno.

In ogni caso, non è condivisibile l’affermazione secondo cui l’Amministrazione non avrebbe, nel provvedimento impugnato, tenuto conto dei rilievi dell’interessato. In particolare, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha chiarito l’irrilevanza del venir meno delle esigenze cautelari riscontrata nella diversa sede del giudizio penale, atteso che l’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 449 del 1992 consente all’Amministrazione di disporre la sospensione dal servizio del dipendente sottoposto a procedimento penale “ quando la natura del reato sia particolarmente grave ” e determini il venir meno del “ rapporto di stima e di fiducia necessario in un contesto lavorativo così peculiare come è un istituto penitenziario ”, a prescindere dalla sussistenza o meno del pericolo di reiterazione della condotta criminosa (che invece connota le misure cautelari in ambito penalistico).

Quanto alle ripercussioni del provvedimento sulle condizioni di vita sue e della sua famiglia, questa stessa Sezione, con l’ordinanza cautelare n. -OMISSIS-, ha chiarito – pronunciandosi sul periculum in mora – che l’interesse economico del ricorrente risulta recessivo rispetto all’interesse pubblico perseguito con la misura adottata.

5.2. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione del decreto legislativo n. 449 del 1992, per essere la sospensione un provvedimento “ a carattere provvisorio e cautelativo ”, laddove “ nel caso di specie il ricorrente risulta sospeso dal servizio dal primo aprile 2020 ”, vale a dire da un tempo così lungo da rendere illegittima la misura.

La censura non può essere accolta: la sospensione del ricorrente disposta a far data dal 1° aprile 2020 aveva carattere obbligatorio, derivava dall’emanazione dell’ordinanza n. -OMISSIS- (che lo sottoponeva agli arresti domiciliari) ed è corrispondentemente cessata con il venir meno delle misure cautelari penali.

La (diversa) “ sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale ” – della cui legittimità si discute in questa sede – trova disciplina nell’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 449 del 1992, a mente del quale, fuori dei casi di sospensione obbligatoria, “ l’appartenente ai ruoli del Corpo di polizia penitenziaria sottoposto a procedimento penale, quando la natura del reato sia particolarmente grave, può essere sospeso dal servizio con provvedimento del capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, su proposta del Direttore generale del personale e delle risorse ”. Rispetto a tale fattispecie, la sospensione ha avuto origine il 14 marzo 2022.

In ogni caso, in base alla disciplina richiamata, il provvedimento impugnato è soggetto – per la sua stessa natura – a termine finale, atteso che la sospensione può essere mantenuta sino alla definizione del procedimento penale con sentenza la quale dichiari che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, ovvero sino alla definizione del procedimento disciplinare (ove avviato nei termini di legge) qualora il procedimento penale si concluda con sentenza di proscioglimento o di assoluzione per motivi diversi (cfr. articolo 7, commi 5 e 7, del decreto legislativo n. 449 del 1992).

Quanto sopra deriva dalla ratio dell’istituto della sospensione facoltativa, la quale “ non ha carattere sanzionatorio bensì è una misura cautelare che mira ad allontanare l’impiegato dal servizio allo scopo di evitargli di continuare, in attesa del procedimento penale o disciplinare, a prestare la propria attività con pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio dell’Amministrazione ”, sicché “ la sproporzionalità e l’irragionevolezza della durata della misura in argomento può essere valutata positivamente unicamente in presenza dell’intervento di fatti nuovi tali da determinare il venir meno del suddetto pregiudizio ” (T.A.R. Lazio, sezione I- quater , sentenza n. 6483 del 2004).

5.3. Infine, il ricorrente si duole del “ difetto assoluto di motivazione ” del provvedimento impugnato, in ordine alle “ ragioni per le quali i fatti contestati devono considerarsi particolarmente gravi, non essendo sufficiente il richiamo all’oggettiva gravità dei fatti ascritti ”.

Anche quest’ultima censura non può essere accolta. Questa Sezione ha già in altre occasioni (oltre che nell’ordinanza con la quale ha respinto l’istanza cautelare) mostrato di aderire alla consolidata giurisprudenza, che in questa materia ha enucleato i seguenti principi:

- “ la sospensione cautelare obbligatoria e quella facoltativa dall’impiego, pur essendo accomunate sul piano degli effetti, si differenziano quanto alla natura del potere esercitato e alle esigenze di pubblico interesse che mirano a soddisfare ”: “ la prima è un atto dovuto da parte dell’amministrazione, in conseguenza di una misura cautelare restrittiva della libertà personale che impedisce la prestazione dell’attività lavorativa e dunque interrompe il sinallagma contrattuale (Cons. Stato sez. IV, 3 dicembre 2013, n. 5745) ”, mentre “ la sospensione facoltativa ha natura discrezionale e costituisce un rimedio provvisorio a tutela dell’interesse pubblico di cui l’amministrazione è titolare e il cui perseguimento è compromesso dalla permanenza in servizio del dipendente, al quale vengono contestati fatti di rilievo penale ”;

- per tale ragione, la sospensione facoltativa “ prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità del dipendente e non implica alcuna valutazione, neppure approssimativa e provvisoria, circa la colpevolezza dell’interessato, … non richiede la certezza della esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione, poiché la ratio della sospensione cautelare è ravvisabile nell’interesse pubblico volto ad evitare il pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio dell’Amministrazione che deriverebbe dalla permanenza in servizio del dipendente (Cons. Stato, sez. II, 8 ottobre 2020 n. 5974) ”;

- da tutto ciò, deriva che, “ sotto il profilo dell’onere motivazionale, è sufficiente il rinvio al titolo del reato contestato, ove questo si riferisca a fatti specificamente attinenti alla sfera dell’Amministrazione che traggono origine proprio dalle funzioni esercitate in seno ad essa, mentre la valutazione in termini di gradualità e la corrispondenza alla significatività e gravità degli elementi emersi nel corso delle indagini (apprezzati, ovviamente, non per la loro rilevanza penale, ma funzionale, e cioè in correlazione con i riflessi sul servizio e sul prestigio dell’Istituzione di appartenenza), ben può trovare emersione mediante il rinvio per relationem agli atti giudiziari, o addirittura perché ritenuta implicita nella gravità dei fatti ”;

- in particolare, “ il potere dell’Amministrazione di disporre la sospensione facoltativa dall’impiego del militare, ove lo stesso sia imputato per un reato da cui possa derivare la perdita del grado , è connotato da ambiti ampiamente discrezionali, in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell’incolpato. La valutazione dell’Amministrazione, infatti, costituisce una tipica manifestazione del suo potere discrezionale e non comporta la necessità di esporre le ragioni per le quali i fatti contestati al dipendente devono considerarsi particolarmente gravi, potendo tale giudizio essere implicito nella gravità del reato a lui imputato, nella posizione d’impiego rivestita dal dipendente, nella commissione del reato in occasione o a causa del servizio, con la conseguente impossibilità di consentirne la prosecuzione (cfr. Cons. Stato Sez. II 8 ottobre 2020, n. 5974, 24 maggio 2022 n. 4120;
11 aprile 2022, n. 2665;
Sez. IV, 6 novembre 2017, n. 5115)
” (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza n. 8704 del 2022).

Nella sostanza, deve ritenersi che il mero rinvio al titolo del reato sia sufficiente ogni qualvolta questo si riferisce a fatti specificamente attinenti alla sfera dell’Amministrazione e che traggono origine proprio dalle funzioni esercitate in seno ad essa. In questa casistica rientra, a tutti gli effetti, la fattispecie qui esaminata (diversamente, in caso di vicenda del tutto privata ed estranea all’ambito lavorativo, sarebbe necessario motivare in ordine all’incidenza funzionale dei fatti contestati sul servizio prestato e sul prestigio dell’Amministrazione).

6. Alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, il ricorso dev’essere respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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