TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-06-16, n. 202300620

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-06-16, n. 202300620
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202300620
Data del deposito : 16 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2023

N. 00620/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00468/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 468 del 2018, proposto da
A D, M C, B A, P A, D A, V A, L A, M C A A, F B, F B, P B, C B, Adriana Calo', G C, D C, M C, M T C, M G N C, G C, I C, A C, C D L, A D B, C D M, G F, M G, F G, C I, C I, C L, L M, G M, C M, F M, G M, T M M, W M, P M, D M, R M, R M Nettis, Roberto Neri, Angelo Orlando, Marco Pettinau, Pasquale Piro, Valter Ponteprino, Giosue' Quarta, Massimo Renzilli, Paolo Ricca, Gianpiero Rigoni, Paolo Romero, Massimo Sacchi, Claudio Scozzafava, Alessandro Seri, Franco Sgalambro, Cosimo Simonetta, Laura Maria Siracusa, Antonio Luigi Sorace, Cesare Strafile, Marco Tadiotto, Luigi Tarallo, Sandra Tedeschi, Diana Teodori, Giuseppe Tota, Fabrizio Urraci, Rocco Zalmieri, Roberto Franco Zanata, Antonio Zumbo rappresentati e difesi dagli avvocati Adelaide Piterà, Elena Savant, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Adelaide Piterà in Torino, via Assarotti, 11;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via Arsenale, 21;

nei confronti

Gaviano Pietro, Cosimo Buccoliero, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del Decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza in data 28 dicembre 2017 n. 333/-C/2/Sez. 1^/9017-B6, notificato ai ricorrenti dal 19 febbraio 2018, che ha disposto la promozione per merito comparativo dei ricorrenti a ispettore superiore della Polizia di Stato a decorrere dal 1° gennaio 2017, nella parte in cui non riconosce loro l'anzianità di servizio maturata nella qualifica di ispettore capo quantomeno nella parte eccedente quella minima necessaria per la promozione;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 maggio 2023 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

I ricorrenti, aventi qualifica di ispettore capo di polizia e varie anzianità di servizio nella qualifica comunque superiori ai 9 anni, hanno impugnato il Decreto del Capo della Polizia del 28 dicembre 2017 nella parte in cui, pur avendone riconosciuto la promozione ad ispettori superiori, non ha riconosciuto loro l’intera anzianità di servizio maturata nella qualifica di provenienza o quantomeno quella eccedente il minimo necessario per la progressione.

Più nel dettaglio, lamentano i ricorrenti che, per effetto della recente modifica apportata al d.p.r. 24 aprile 1982 n. 335 recante “ Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta attività di polizia ” con il d.lgs. 95/2017 sarebbero state frustrate loro legittime aspettative di carriera.

Lamentano in particolare la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 d.p.r. 24 aprile 1982 n. 335, così come modificato dal d.lgs. 95/2017, in relazione agli artt. 3, 24, 97, 113, 117 Cost e 6 del Trattato sull’Unione europea, atteso che la novella che ha ridisegnato le carriere delle forze di polizia avrebbe dato luogo ad irragionevoli disparità di trattamento del personale già in servizio.

Più precisamente i ricorrenti sostengono che la normativa applicata dovrebbe qualificarsi legge provvedimento e sarebbe sospettabile di illegittimità costituzionale per contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità e con il principio di uguaglianza.

I ricorrenti chiedono pertanto sollevarsi questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 31 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982 n. 335 come modificato dall'art. l, comma 1, lettera t) e dell'art. 2, comma 1, lettera i) d.lgs. n. 95/2017 per contrasto con gli artt. 3, 76, 97, 117 della Costituzione e art. 6 del Trattato sull’Unione Europea in relazione alla Carte dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Si censura, inoltre, il provvedimento impugnato per contrasto con l’art. 3 L. 241/1990, in quanto difetterebbe una motivazione.

Si è costituito il Ministero dell’Interno, instando per il rigetto del ricorso avversario.

L’amministrazione convenuta in via preliminare ha eccepito l’inammissibilità del ricorso collettivo, in quanto le posizioni azionate non risulterebbero omogenee sino al limite del conflitto di interessi.

Nel merito ha contestato in fatto e in diritto quanto dedotto in ricorso.

All’udienza del 6/06/2018 i ricorrenti hanno rinunciato all’istanza cautelare.

All'udienza di smaltimento del 24 maggio 2023 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Con il presente giudizio i ricorrenti, tutti ispettori capo di polizia se pur con diverse anzianità e transitati nella qualifica di ispettore superiore in forza del provvedimento impugnato, nella sostanza, tendono a provocare un incidente di costituzionalità in relazione ad alcune disposizioni del d.lgs. n. 95/2017, e più in specifico al regime transitorio con tale decreto dettato;
la disciplina contestata, in attuazione della delega disposta con il d.gls. n. 124/2015, ha riordinato ruoli e carriere della polizia di Stato consentendo, tra l’altro, al personale in servizio un transito a ruolo aperto nella qualifica superiore senza, lamentano i ricorrenti, conservarne integralmente l’anzianità.

Ritiene il Collegio di prescindere dal vaglio della preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo per l’assorbente infondatezza dello stesso.

La tematica introdotta con il ricorso si inserisce nell’ambito della disciplina emanata al fine del riordino dei ruoli della Polizia di Stato, previsto dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (“ Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell'art. 8, comma l, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche ”);
la riforma ha trovato applicazione ai ricorrenti per quanto concerne il regime transitorio disciplinato dall'art. 2, comma 1 lettera i) che prevede: “ gli ispettori capo che al 10 gennaio 2017 hanno maturato una anzianità nella qualifica pari o superiore a nove anni, sono promossi, con decorrenza 1 gennaio 2017, previo scrutinio, a ruolo aperto, per merito comparativo, alla qualifica di ispettore superiore ”.

In sostanza, la disciplina transitoria approvata, per agevolare il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, ha consentito agli ispettori capo in servizio e con anzianità di qualifica pari o superiore a nove anni di transitare a ruolo aperto nella qualifica di ispettore superiore con decorrenza dal 10.1.2017.

Appare utile esaminare l’evoluzione normativa che ha caratterizzato l’assetto ordinamentale delle carriere in questione.

L’art. 8 comma 1 lett a) della legge n. 124/2015 “ deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche ” ha, tra l’altro, demandato al Governo di creare un nuovo assetto funzionale ed organizzativo della Polizia di Stato con revisione della disciplina del reclutamento, stato giuridico e progressione di carriera “ tenendo conto del merito e delle professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ferme restando le facoltà assunzionali previste alla medesima data, nonché assicurando il mantenimento della sostanziale equiordinazione del personale delle Forze di polizia e dei connessi trattamenti economici, anche in relazione alle occorrenti disposizioni transitorie, fermi restando le peculiarità ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di polizia, nonché i contenuti e i princìpi di cui all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, e tenuto conto dei criteri di delega della presente legge, in quanto compatibili.”

La procedura applicata ai ricorrenti ha dato corso alla disciplina transitoria della revisione delle carriere destinata ai soggetti già appartenenti al ruolo degli ispettori ai quali è stata consentita una progressione per merito comparativo, ma a ruolo aperto, e dunque senza limitazione di posti oltre che a prescindere dal titolo di studio oggi richiesto per l’accesso alla qualifica superiore.

In particolare, nell'assetto normativo previgente, in base al disposto dell’art. 25 D.P.R. 335/1982, la carriera degli ispettori di polizia era articolata in 4 qualifiche: vice ispettore;
ispettore;
ispettore capo;
ispettore superiore – sostituto ufficiale di pubblica sicurezza.

Il passaggio ad ispettore avveniva dopo 2 anni di effettivo servizio nella pregressa qualifica, quello a ispettore capo dopo sette anni nella qualifica precedente e quello a ispettore superiore dopo otto anni;
questi ultimi, inoltre, qualora in possesso di un’anzianità di quindici anni, erano ammessi a partecipare a una selezione per “sostituto commissario”.

Inoltre l’avanzamento di carriera dalla qualifica di ispettore capo a quella di ispettore superiore-sostituto ufficiale di pubblica sicurezza qui di specifico interesse avveniva a ruolo chiuso.

In particolare gli ispettori capo accedevano alla qualifica superiore: “ a) nel limite del 50 per cento dei posti disponibili, al 31 dicembre di ogni anno, mediante scrutinio per merito comparativo al quale è ammesso il personale avente una anzianità di 8 anni di effettivo servizio nella qualifica di ispettore capo;

b) per il restante 50 per cento dei posti mediante concorso annuale per titoli di servizio ed esami, riservato al personale che alla data del 31 dicembre di ciascun anno, riveste la qualifica di ispettore capo ed è in possesso del titolo di studio previsto dall'art. 52 della legge 1° aprile 1981, n. 121., nel limite del 50% dei posti disponibili, allo scrutinio per titoli di merito comparativo

Il transito avveniva, pertanto, a ruolo chiuso, e dunque senza alcuna garanzia di conseguimento della superiore qualifica da parte di tutti i soggetti in possesso della necessaria anzianità minima di 8 anni di ispettore capo. Il sistema ammetteva inoltre, dando accesso per la aliquota di valutazione per concorso a soggetti che vantassero un superiore titolo di studio ed in possesso della qualifica, ma senza necessariamente una anzianità di 8 anni, di essere più rapidamente promossi ispettori superiori, così potenzialmente scavalcando colleghi con pur maggiore anzianità di servizio nella qualifica.

A partire dal d.lgs. n. 95/2017, l’articolazione di carriera risulta suddivisa in cinque qualifiche (vice ispettore, ispettore, ispettore capo, ispettore superiore, sostituto commissario;
ferma la qualifica, dopo un determinato tempo, i sostituti commissari possono assumere la denominazione di “coordinatore”) al posto di quattro.

Per il transito dalla qualifica di ispettore capo a quella di ispettore superiore, occorrevano, a regime e nella versione ratione temporis rilevante, nove anni di effettivo servizio quale ispettore capo (a decorrere dal 2019 l’anzianità richiesta è stata nuovamente ridotta a 8 anni);
il transito avviene a ruolo aperto con scrutinio per merito ma, sin dalla prima entrata in vigore della riforma, è richiesto a regime per accedere allo scrutinio “ il possesso di una delle lauree triennali o delle lauree magistrali o specialistiche di cui all'articolo 5-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 ”.

In sostanza, nel nuovo assetto, si realizza una apertura del ruolo ma si richiede, coerentemente alle indicazioni della delega di valorizzazione di merito e professionalità, anche per la progressione a ruolo aperto un più elevato titolo di studio, circostanza che i ricorrenti, nella loro esposizione, obliterano completamente.

Proprio per stemperare gli immediati effetti dell’entrata in vigore del nuovo sistema con la fisiologica precedente presenza in ruolo di ispettori capo con significativa anzianità, non transitati nelle qualifiche superiori per mancato superamento dei passaggi a ruolo chiuso, ed eventualmente anche privi dei titoli di studio ormai ordinariamente richiesti per la progressione, il regime transitorio disegnato dall’art. 2, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 95/2017, ha consentito agli ispettori capo in ruolo con nove anni di anzianità nella qualifica (termine allineato con quello originariamente previsto per il transito secondo il regime ordinario) di accedere allo scrutinio a ruolo aperto per merito comparativo ma prescindendo dal possesso di superiori titoli di studio.

Con tale meccanismo gli odierni ricorrenti, già ispettori capo con un’anzianità pari o superiore ai nove anni, sono stati promossi, a partire dal 10 gennaio 2017, alla qualifica di ispettore superiore.

In buona sostanza, il legislatore ha considerato l’anzianità maturata per dare accesso a ruolo aperto al superiore ruolo, consentendo in via transitoria la progressione a prescindere dal possesso del titolo di studio che, a regime, si è invece reso necessario e così valorizzando le professionalità già in servizio maturate in un diverso assetto ordinamentale.

Dall’esame complessivo della riforma risulta che i ricorrenti, grazie al regime transitorio, hanno usufruito di una progressione a ruolo aperto in una qualifica a cui in precedenza si accedeva a ruolo chiuso ed attualmente si accede solo se in possesso di un superiore titolo di studio;
il fatto che ricorrenti vantino anzianità di servizio nella qualifica di ispettore capo con decorrenze variabili tra il 2000 e il 2004, ossia per un tempo che, anche nel pregresso sistema, era ben superiore al minimo necessario per accedere al ruolo di ispettore superiore, dimostra solamente che la progressione, con il sistema del ruolo chiuso, non era scontata, tant’è che non era stata conseguita da nessuno dei ricorrenti, che pur vantavano più dell’anzianità minima prescritta.

Il sistema non può che essere valutato complessivamente e, lungi dal comportare un danno, ha comportato un immediato beneficio di transito a ruolo aperto in qualifica superiore, fino a quel momento non conseguito e in teoria neppure conseguibile nel nuovo ordinamento in mancanza di specifico titolo di studio.

Ancora i ricorrenti pretenderebbero un sostanziale “trascinamento” dell’anzianità dalla qualifica di provenienza a quella conseguita e quantomeno per la parte eccedente l’anzianità minima necessaria, meccanismo che in verità non è mai stato previsto nei passaggi di qualifica, né in precedenza né all’attualità, posto che l’anzianità nella qualifica pregressa conta unicamente per dare titolo di accesso a quella superiore ma non si trascina in quella successiva.

Fuorvianti sono dunque tutti i raffronti proposti dai ricorrenti basati sulla semplice sommatoria delle anzianità minime astrattamente necessarie per i passaggi di qualifica e ciò perché, essendovi dei passaggi a ruolo chiuso, non vi è alcuna predeterminazione fissa della durata complessiva della carriera, che dal ruolo chiuso può subire rallentamenti.

Ancora, posto che non è in alcun modo previsto il trascinamento della pregressa anzianità di qualifica nella qualifica superiore, non ha logica contestare una presunta disparità di trattamento per il fatto che il regime transitorio ha attribuito, nella nuova qualifica, la stessa anzianità a tutti i transitati, sia che avessero nove anni di qualifica (minimo necessario) sia che, come i ricorrenti, ne avessero ben di più;
quand’anche, infatti, i ricorrenti fossero transitati secondo il vecchio sistema, conseguendo la promozione in una delle progressioni a ruolo chiuso, non avrebbero trascinato alcuna anzianità pregressa, sicché, da questo punto di vista, la riforma ha solo portato benefici ai ricorrenti (transitati a ruolo aperto) senza nulla togliere loro.

Tanto meno è sostenibile che la riforma non abbia valorizzato la professionalità acquisita essendo per contro stato concesso il transito anche in mancanza dell’ormai prescritto titolo di studio, di fatto così transitoriamente equiparando la professionalità acquisita al titolo di studio, il che costituisce esattamente una valorizzazione di siffatta professionalità.

Ne discende la manifesta infondatezza di tutte le prospettate problematiche di incostituzionalità, in quanto i ricorrenti ricostruiscono la normativa secondo una prospettiva parziale, dandone per acquisiti i vantaggi, ed evidenziando solo gli aspetti che, secondo loro, li danneggerebbero.

La riforma ha invece comportato un complessivo riordino di carriere, ha aumentato le qualifiche e valorizzato i titoli di studio;
essa va evidentemente vista nel suo complesso e resta, prevedendo un congruo regime transitorio che ha in parte salvaguardato lo status quo , del tutto coerente con i principi della legge delega e non tacciabile di irrazionalità nei suoi effetti complessivi.

Né si tratta di legge provvedimento, essendo stata adottata una riforma ordinamentale di tipo organico che ha interessato l’intero ruolo del corpo di polizia il che, inevitabilmente, comporta una applicazione concreta ad ogni singola posizione, ma non per ciò rappresenta una disciplina individuale.

Da ultimo si attagliano alla presente fattispecie le considerazioni già espresse dalla Corte Costituzionale con riferimento alla precedente riforma ordinamentale delle forze di polizia.

La Corte, con la sentenza 17 marzo 1998, n. 63, ha infatti affermato che l'art. 97 della Costituzione resta estraneo alla tutela di posizioni acquisite alla luce dell’assetto introdotto a partire dalla legge 1 aprile 1981, n. 121, considerato che le variazioni all'assetto organizzatorio della Pubblica amministrazione non sono di per sé indice di un peggioramento dell'andamento dell'Amministrazione e rientrano, invece, nelle scelte di merito del legislatore nell'ambito di un dichiarato disegno di politica normativa non tacciabile di arbitrio o irragionevolezza tendente alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di situazioni strutturali, quale quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate. Ancora, sempre con riferimento alla medesima riforma, la Corte, nella sentenza del 30 aprile 1999, n.151, ha precisato ulteriormente: “ questa Corte ha ripetutamente sottolineato l'esistenza di un'ampia discrezionalità del legislatore in tema di inquadramento del personale e di articolazione delle qualifiche, specie nel passaggio da un ordinamento all'altro (v., da ultimo, sent. n. 217 del 1997;
sent. n. 4 del 1994;
sent. n. 448 del 1993 e sent. n. 324 del 1993);
e ancora che non sussiste un principio alla stregua del quale, in caso di inquadramento in un ruolo superiore o sovraordinato, debba essere garantita la conservazione della anzianità (…);
che non si può ravvisare lesione dell'art. 97 della Costituzione per il fatto che siano intervenute variazioni nell'assetto organizzatorio della Pubblica Amministrazione, che non sono di per sé indice di peggioramento anche se accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di singoli o di gruppi di dipendenti, che pur sempre hanno ottenuto vantaggi e miglioramenti tutt'altro che insignificanti, anche se in misura inferiore a quanto desiderato dagli stessi;
ciò quando le variazioni si inseriscono in un disegno dichiarato di politica normativa e in scelte (non palesemente arbitrarie né manifestamente irragionevoli) discrezionali, tendenti alla razionalizzazione e alla omogeneizzazione di situazioni ordinamentali e trattamenti quali quelle delle forze di Polizia e delle Forze Armate, evitando alterazioni settoriali e rincorse di rivendicazioni (sent. n. 63 del 1998);
(….) non esiste affatto un principio cogente sul piano costituzionale secondo il quale, quando, per effetto di norma di legge di carattere transitorio di passaggio tra due sistemi, vi sia un inquadramento in una qualifica o in ruolo superiori, vi debba essere una facoltà di opzione accordata ai singoli soggetti interessati, una volta che il legislatore abbia valutato le esigenze di un riordino di ruoli, qualifiche e funzioni;
che non esiste un principio che imponga la intangibilità degli sviluppi di carriera o delle aspettative di promozione o la conservazione delle pregresse anzianità in altra qualifica (con responsabilità e funzioni non coincidenti) del dipendente di Pubblica Amministrazione, essendo rimesso alla discrezionalità del legislatore stabilire il passaggio tra posizioni e sistemi ordinamentali modificati, con il limite della non manifesta irragionevolezza e nel rispetto del principio di buona amministrazione (v. sent. n. 217 del 1997)
”.

La più recente riforma oltra ad effetti di razionalizzazione ha evidentemente preso atto dell’evoluzione del contesto sociale e ha ad esempio e come visto valorizzato i titoli di studio sempre più indispensabile per lo svolgimento di funzioni delicate, il tutto senza trascurare affatto le professionalità da tempo acquisite sul campo.

Ne consegue la manifesta infondatezza dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale.

Da ultimo è infondata la censura relativa alla carenza di motivazione, considerato che il provvedimento è puramente ricognitivo e attuativo delle disposizioni di legge, che dettano il regime transitorio applicabile al caso di specie, sicché l’amministrazione si è limitata a dare corso a tale regime in modo meccanico.

Il ricorso deve essere respinto;
stante la novità della questione le spese di lite sono compensate.

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