TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2021-06-18, n. 202100339

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2021-06-18, n. 202100339
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 202100339
Data del deposito : 18 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/06/2021

N. 00339/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00169/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO I

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 169 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Progetto Casa S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato T M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pineto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

-del provvedimento di diniego definitivo del Comune di Pineto del 14.2.2019, Prot. n. 3414, di rigetto della richiesta di permesso di costruire presentata dalla Società Progetto Casa in data 27.9.2018, classificata al Prot. n. 19083/2018 (n. 2018/054 di reg. U.T.), per l'autorizzazione alla realizzazione, nel territorio comunale di Pineto (TE), di un muro di contenimento e recinzione di un fabbricato su fossato.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti:

-dell'atto adottato dal Responsabile dell'Area Urbanistica – Assetto del Territorio – Attività Produttive del Comune di Pineto in data 26.11.2020, Prot. n. 0021422, comunicato in pari data, recante conferma del diniego opposto alla richiesta di permesso di costruire presentata dalla Società Progetto Casa in data 27.9.2018, classificata al Prot. n. 19083/2018 (n. 2018/054 di reg. U.T.), per l'autorizzazione alla realizzazione, nel territorio comunale di Pineto (TE), di un muro di contenimento e recinzione di un fabbricato su fossato nonché di tutti gli altri atti e provvedimenti prodromici, consequenziali e, comunque, connessi.

Con riserva di richiedere il risarcimento del danno ingiusto, anche in corso di causa, ai sensi dell’art. 30 del Codice del processo amministrativo.

Per quanto riguarda gli ulteriori motivi aggiunti:

- del provvedimento di diniego definitivo adottato dal Responsabile dell'Area Urbanistica – Assetto del Territorio – Attività Produttive Comune di Pineto in data 22.3.2021, Prot. n. 0005810, comunicato in pari data, di rigetto della richiesta di permesso di costruire presentata dalla Società Progetto Casa in data 27.9.2018, classificata al Prot. n. 19083/2018 (n. 2018/054 di reg. U.T.), per l'autorizzazione alla realizzazione, nel territorio comunale di Pineto (TE), di un muro di contenimento e recinzione di un fabbricato su fossato, nonché di tutti gli altri atti e provvedimenti prodromici, consequenziali e, comunque, connessi, ancorché non conosciuti.

Con riserva di richiedere il risarcimento del danno ingiusto, anche in corso di causa, ai sensi dell’art. 30 del Codice del processo amministrativo.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pineto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2021, tenutasi in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, comma 1 del D.L. 28/10/2020, n. 137, come da ultimo modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e) del D.L. 01/04/2021, n. 44, il dott. G G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.§- Con ricorso ritualmente notificato la società PROGETTO CASA S.r.l. impugnava, previa sospensiva, il provvedimento Prot. n. 3414 in data 14.2.2019 con cui il Comune di Pineto aveva rigettato la richiesta di permesso di costruire dalla medesima presentata tesa alla realizzazione di un muro di contenimento e recinzione di un fabbricato su fossato, riservandosi di richiedere il risarcimento del danno ingiusto, anche in corso di causa, ai sensi dell’art. 30 del Codice del processo amministrativo.

In punto di fatto la ricorrente, proprietaria nel territorio di Pineto di un fondo edificabile contraddistinto nel N.C.T. al foglio n. 19, particelle nn. 568 e 570, premette di aver presentato in data 27.9.2018 un’istanza per la realizzazione di un muro di contenimento e di una recinzione del fabbricato limitrofo al fossato confinante con altra proprietà privata. Precisa al riguardo che il predetto fossato non risulta classificato quale corpo idrico e che nel Piano Idraulico comunale la zona interessata non ha classificazione di rischio, trattandosi di una depressione dei terreni agricoli limitrofi.

Con il gravato provvedimento, preceduto dalla comunicazione di preavviso di rigetto a cui erano seguite le osservazioni formulate dalla ricorrente, l’amministrazione resistente rigettava la predetta richiesta sul presupposto che l’intervento contrastasse con le previsioni di cui all’art.80, commi 5 e 6 della L. R. 12.04.1983, n. 18.

Si costituiva in giudizio il Comune di Pineto istando per il rigetto del ricorso in quanto inammissibile per difetto di giurisdizione per essere la controversia devoluta ai sensi dell’art.140 ss del R.D. n.1775/1933 alla cognizione del Tribunale delle acque pubbliche e, comunque, privo di merito di fondatezza.

Con ordinanza cautelare in data 9.5.2019, n. 80/2019, questo Tribunale respingeva la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento ritenendo peraltro “ che la costruzione del muro di contenimento in questione altererebbe definitivamente lo stato dei luoghi ma potrebbe comportare l’accelerazione dello scorrimento delle acque che sversano nel fossato in danno dei lotti posti a valle dello stesso ”.

La predetta ordinanza veniva impugnata dalla ricorrente innanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza in data 23.9.2019 n. 4771, la riformava e, in accoglimento della istanza cautelare proposta in primo grado, disponeva che l’Amministrazione di Pineto riesaminasse la domanda tenuto conto che <
dal diniego impugnato e dal relativo preavviso - non è dato ictu oculi comprendere il riferimento agli ‘argini dei corsi d’acqua’ e la conseguente applicazione dell’art. 80 della L.R. Abruzzo n. 18 del 1983, vale a dire che non è prima facie comprensibile, essendo stato l’argomentato affrontato nelle sole memorie difensive, l’equiparazione tra il sito in discorso e il presupposto (argine del corso d’acqua) di cui alla richiamata legge regionale >.

In attuazione di quanto ordinato dal Consiglio di Stato ed all’esito del riesame, il Comune di Pineto, con atto in data 26.11.2020, Prot. n. 0021422, comunicava il preavviso di rigetto dell’istanza edilizia, ribadendo le stesse motivazioni già comunicate con le precedenti note del 10.1.2019, Prot. n. 765 e del 14.2.2019, Prot. n. 3414, e formulando ulteriori rilievi.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugnava il predetto atto del 26.11.2020, Prot. n. 0021422.

Con determinazione in data 22.3.2021, prot. n. 0005810, il Comune rigettava in via definitiva la richiesta di permesso di costruire presentata dalla Società ricorrente in data 27.9.2018 sulla base delle stesse le motivazioni ostative addotte con nota prot. 21422 del 26/11/2020 di comunicazione di preavviso di rigetto.

Anche la predetta conclusiva determinazione veniva impugnata dalla ricorrente con ulteriore ricorso per motivi aggiunti.

All’udienza del 9 giugno 2021, tenutasi in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, comma 1 del D.L. 28/10/2020, n. 137, come da ultimo modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e) del D.L. 01/04/2021, n. 44, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

2.§- Come esposto in narrativa, con il gravame principale viene impugnato il provvedimento di diniego alla realizzazione di un muro di contenimento e recinzione di un fabbricato su un fossato limitrofo alla proprietà della ricorrente finalizzato a consentire la creazione di una rampa di discesa e di un scivolo per consentire l’utilizzo come garage del vano del fabbricato posto a confine con il predetto fossato.

Con UN primo ricorso per motivi aggiunti viene impugnata la nota prot. 21422 del 26.11.2020 di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell’istanza edilizia e con un secondo gravame per motivi aggiunti è impugnata la determinazione in data 22.3.2021 di diniego definitivo della richiesta di permesso di costruire.

2.1.§-In via preliminare va dichiarata l’improcedibilità del ricorso principale atteso che il provvedimento con esso impugnato è stato superato dal successivo diniego adottato in data 22.3.2021 a conclusione del procedimento di riesame avviato in esecuzione dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 4771/2019 ed all’esito di una rinnovata attività istruttoria, assorbendone il contenuto e regolando, in via esclusiva, i rapporti tra le parti.

2.2.§-Sempre in via preliminare deve essere dichiarato inammissibile il primo ricorso per motivi aggiunti in quanto lo stesso si appunta su un atto non provvedimentale di natura interlocutoria. Ed infatti, dal tenore letterale e sostanziale dell’atto nota prot. 21422 del 26.11.2020, emerge con meridiana evidenza che trattasi di mera comunicazione di motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza ai sensi dell'art. 10 bis L. n. 241/90 in ordine alla quale va esclusa, per giurisprudenza costante, l’impugnabilità attesa la sua valenza endoprocedimentale. Ed infatti, il ricorso amministrativo avente ad oggetto l'impugnazione del preavviso di rigetto di cui all'art. 10 bis, della Legge n. 241/1990 è inammissibile atteso che lo stesso è un atto endoprocedimentale, prodromico al provvedimento finale che verrà adottato dall'amministrazione pubblica e, dunque, non produttivo di effetti immediatamente lesivi nella sfera giuridica del ricorrente (in tali termini, T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 03/01/2020, n. 20).

3.§- Tutto ciò chiarito preliminarmente, deve procedersi all’esame del secondo ricorso per motivi aggiunti che viene affidato alla denuncia delle seguenti doglianze.

Con il primo ordine di censure si espongono vizi di violazione e falsa applicazione dell’art. 80 della legge regionale abruzzese 12.4.1983, n. 18, nonché di ogni altra norma e principio in materia di distanze delle costruzioni dagli argini dei corsi d’acqua. Eccesso di potere per errore sui presupposti, travisamento dei fatti e contraddittorietà.

Secondo le deduzioni di parte ricorrente la disciplina restrittiva di cui alla legge regionale n. 18/1983 presuppone che il sito adiacente il quale si intende realizzare l’opera debba qualificarsi come “ corso d’acqua ”.

Peraltro, anche il “ Piano Stralcio Difesa dalle Alluvioni ” (P.S.D.A.), approvato con la deliberazione del Consiglio Regionale d’Abruzzo del 29.1.2008, n. 94/5 (e, segnatamente, l’art. 23 delle relative Norme di attuazione il cui comma 1, lett. b) che definisce a rilevante pericolosità idraulica, tra gli altri, i tratti di corsi d’acqua e le aree idrografiche rappresentati dalle confluenze tra il reticolo idrografico secondario e il reticolo idrografico principale oggetto del P.S.D.A.) ricollega l’applicazione del regime della “ rilevante pericolosità idraulica ” alla previa individuazione di “ corsi d’acqua ”.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 80 della L. R. Abruzzo 12.4.1983, n. 18, dell’art. 2 della direttiva comunitaria 23.10.2000, n. 2000/60/CE, dell’art. 54 del decreto legislativo del 3.4.2006, n. 152, dell’art. 1 e dell’Allegato 1 del D.M. 16.6.2008, n. 131.

Con la terza doglianza si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Legge 7.8.1990, n. 241 nonché il difetto di motivazione.

3.1.§- In via preliminare va delibata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla resistente secondo cui il ricorso, avendo ad oggetto in via principale la questione inerente all'accertamento della natura demaniale del cd "fossato", ed in particolare se esso possa o meno inquadrarsi nell'ambito del demanio idrico, appartiene alla giurisdizione del Tribunale delle Acque Pubbliche ai sensi dell'art. 140 RD n. 1775/1933.

L’eccezione è priva di pregio giuridico.

Invero, contrariamente a quanto dedotto dalla parte resistente, il gravame verte sull’annullamento del diniego del permesso di costruire un’opera edilizia e sottende, pertanto, una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo connessa all’esercizio del potere pubblicistico, mentre la questione inerente alla qualificazione del fossato in termini di “corso d’acqua”, da cui discenderebbe la sua riconducibilità nel demanio idrico, riveste carattere meramente pregiudiziale e, come tale, può essere conosciuta incidentalmente da questo Tribunale ai sensi dell’art. 8 c.p.a..

Ed infatti è stato affermato in giurisprudenza che la giurisdizione di legittimità in unico grado, attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche dall'art. 143, comma 1, lett. a), del R.D. n. 1775 del 1933, con riferimento ai ricorsi per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in materia di acque pubbliche, sussiste solo quando sia impugnato uno di questi provvedimenti amministrativi e allorché gli stessi siano caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, nel senso che concorrano in concreto a disciplinare la gestione, l'esercizio delle opere idrauliche, i rapporti con i concessionari, oppure a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse, o a stabilire o modificare la localizzazione di esse o a influire sulla loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti;
mentre restano fuori da tale competenza giurisdizionale tutte le controversie che abbiano a oggetto atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati a incidere sul regime delle acque pubbliche e che solo in via di riflesso, o indirettamente, abbiano una siffatta incidenza (Cons. St, sez. IV, 21 maggio 2007 n. 2564, e Cass. civ., sez. un., 24 aprile 2007, n. 9844;
T.A.R. Piemonte, sez. I, 18 aprile 2007 n. 1732;
T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 07/01/2008, n. 4).

Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, deve rilevarsi che l'impugnazione del diniego oggetto dell’odierno giudizio rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo e non in quella del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, non trattandosi di provvedimento destinato ad avere riflessi diretti ed immediati sul regime delle acque.

4.§- Tutto ciò preliminarmente chiarito in punto di rito, il ricorso non è meritevole di apprezzamento ai sensi e nei termini in appresso specificati.

Sul piano argomentativo e motivazionale, i motivi di gravame possono essere esaminati congiuntamente per ragioni logiche e di connessione, riposando tutti sul medesimo ordine di problematiche di massima.

La ricorrente muove dall’assunto secondo cui ai fini della applicabilità della fascia di rispetto posta dall’art. 80, comma 6 della richiamata L.R. n. 18/1983 e dalle Norme di attuazione al P.S.D.A. sia sempre necessario riscontrare la presenza di un “ corso d’acqua ”.

Tale approccio ermeneutico non può essere condiviso.

L’art. 80, comma 6 della L.R. n. 18/1983 prevede che all'interno del perimetro del centro urbano l'edificazione è interdetta entro una fascia di 10 metri <
dagli argini dei corsi d'acqua o da ciascuna sponda nei tratti non arginati >. Per i corsi d'acqua aventi le caratteristiche di cui al comma 3-bis (che sono quelli nei quali il vigente Piano Stralcio di Bacino per la Difesa Alluvioni, redatto ai sensi della L. 18 maggio 1989, n. 183, individua e perimetra le fasce di pericolosità idraulica), le fasce di salvaguardia si individuano con le modalità stabilite dal medesimo comma 3-bis.

Se l’esame della disciplina in materia fosse limitato unicamente al dato letterale della disposizione normativa di cui innanzi, in effetti la fascia di salvaguardia opererebbe solo al ricorrere di un “ corso d’acqua ” che presenti “ argini ” (da intendersi come terrapieno che serve a contenere le acque di piena di un corso d’acqua) o “ sponde ” (da intendersi come tratto di terreno che delimita un corso d’acqua).

Tuttavia la materia inerente al controllo del pericolo e del rischio idraulico e di salvaguardia dalle alluvioni delle persone trova la sua fonte di disciplina non soltanto nella richiamata L.R. n. 18/1983 ma anche nel PSDA e nelle relative norme di attuazione che contengono prescrizioni “ per l’uso del territorio e la regolamentazione delle attività consentite nelle aree di pericolosità idraulica ” e sono dotate di forza vincolante prevalendo sulle previsioni degli strumenti urbanistici generali ed attuativi e dei regolamenti edilizi comunali, ai sensi degli articoli 5, comma 1, lettera b), e 24 della legge della Regione Abruzzo n. 81/1998 e dell’articolo 6, commi 4 e 7, della legge della Regione Abruzzo n. 18/1983 e s.m.i (in tali termini, art. 4 delle NTA del PSDA).

Segnatamente, l’art. 23 delle NTA del PSDA individua gli interventi consentiti <
nelle aree idrografiche >
e <
nei tratti di corsi d'acqua >
caratterizzati da pericolosità idraulica rilevante e non perimetrati dal PSDA.

Ai sensi del comma 1 sono definiti a rilevante pericolosità idraulica i seguenti tratti di <
corsi d'acqua >
e le seguenti <
aree idrografiche >:

a) i fossi recapitanti direttamente a mare;

b) le confluenze tra il reticolo idrografico secondario e il reticolo idrografico principale oggetto del PSDA ;

c) i tratti di corsi d'acqua incassati, in cui le portate indipendentemente dagli incrementi restano confinate entro i rispettivi profili naturali;

d) i letti dei corsi.

Il successivo comma 2 precisa poi che “ Ai tratti di corsi d'acqua ed alle altre aree idrografiche indicate nel precedente comma si applicano in quanto compatibili le prescrizioni stabilite al Capo II per le aree di pericolosità idraulica molto elevata ”.

Per quanto di interesse, l’art. 9 delle NTA del PSDA (contenuto nel Capo II) al comma 2 prevede, in stringente aderenza a quanto previsto dall’art. 80, comma 6 della L.R. n. 18/1983, che “ All’interno dei perimetri dei centri urbani resta sempre vietata l’edificazione entro una fascia di dieci metri dal piede esterno degli argini dei corsi d’acqua;
in assenza di corsi d’acqua arginati si applica quanto disposto dal precedente comma 1, lettera b
) (…)”.

Ebbene, attraverso il rinvio operato dal comma 2 dell’art. 23 delle NTA del PSDA alle previsioni di cui al Capo II delle medesime NTA, e nello specifico all’art. 9, il Consiglio regionale ha inteso innalzare il livello di tutela e di sicurezza del territorio contro i rischi derivanti dall’assetto idrogeologico dello stesso, prevedendo una fascia di rispetto non soltanto in presenza di “ corsi d’acqua ”, in conformità a quanto già stabilito a livello legislativo dall’art. 80, comma 6 della L.R. n. 18/1983, ma anche di “ altre aree idrografiche ” come espressamente elencate nel comma 1 dell’art. 23 delle NTA.

4.1.§- Da quanto sopra esposto consegue l’infondatezza del primo motivo di gravame, atteso che il provvedimento di diniego è stato adottato nel pieno rispetto della disciplina (di rango legislativo ed amministrativo) vigente in materia richiamando in motivazione non solo il contrasto dell’intervento edilizio con l’art. 80 della L.R. n. 18/1983, ma anche con la richiamata normativa del P.S.D.A.

Ed infatti, sebbene il fossato presente in loco non possa tecnicamente qualificarsi come “ corso d’acqua ” ai fini dell’applicazione dell’art. 80, comma 6 della L.R. n. 18/1983 poiché non possiede le caratteristiche fisico-naturalistiche proprie di quest’ultimo per l’assenza di un alveo in cui è rilevabile un greto e perché in mancanza di puntuale riscontro nell'elenco delle acque pubbliche, un impluvio naturale non può essere assimilato ad un corso d'acqua (T.A.R. Liguria Genova Sez. I, Sent., n. 914 del 13 giugno 2014;
17 novembre 2016, n. 1131), non può comunque revocarsi in dubbio che lo stesso possa annoverarsi tra “ le altre aree idrografiche ” come qualificate dall’art. 23 delle NTA del PSDA e, segnatamente, tra “ le confluenze tra il reticolo idrografico secondario e il reticolo idrografico principale oggetto del PSDA ”. Ciò in quanto il fossato in questione rappresenta certamente un elemento di raccolta di acque che attraversano un agglomerato urbano e, dunque, è un elemento costitutivo del reticolato idrografico comunale.

Quanto detto trova conferma nella circostanza fattuale per cui il fossato in parola costituisce una depressione dove convogliano le acque superficiali di terreni che, peraltro, sono posti in declivio(come emerge dalle foto in atti). Si tratta di suoli che una volta erano solo agricoli (e quindi con una maggior capacità d’ assorbenza idrica) e che negli ultimi decenni, a causa delle recenti edificazioni, è stato oggetto dalla conseguente progressiva impermeabilizzazione (perché l’acqua non può più penetrare nel suolo). Si tratta di una situazione che, in concomitanza di eventi piovosi di una certa consistenza e persistenza (come quello verificatosi nelle giornate del 5 e 6 settembre del 2012), ha già dato origine a notevoli fenomeni di abbondante ruscellamento delle acque di origine pluviale all’interno dello stesso.

Pertanto, non essendo assimilabile il predetto fossato ad un corso d’acqua, deve essere respinta anche la seconda doglianza considerato che è inconferente al caso di specie il richiamo alla disciplina di rango eurounitario di cui alla Direttiva 2000/60/CE.

4.2.§- Da ultimo, non ha pregio giuridico nemmeno il terzo motivo di ricorso inerente all’asserito difetto di motivazione, avendo l’amministrazione adeguatamente motivato il provvedimento in relazione alla adeguata e puntuale istruttoria svolta all’esito della quale ha ritenuto di non poter condividere le osservazioni formulate dalla ricorrente sulla base delle motivazioni ostative già rappresentate con nota prot. 21422 del 26/11/2020, come ulteriormente precisate in ordine all’esigenza di soddisfare la sicurezza idrogeologica del territorio secondo le previsioni di cui all’art. 80 della L.R. n. 18/1983 ed all’art. 23 NTA del PSDA e tenuto conto anche delle situazioni di fatto rilevate in occasione di pregressi eventi piovosi che un domani potrebbero danneggiare gravemente le proprietà dei futuri acquirenti della Società ricorrente.

5.§- In definitiva, sulla base delle superiori complessive considerazioni, il ricorso principale è dunque improcedibile, il primo ricorso per motivi aggiunti è inammissibile, il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato.

Il Collegio ravvisa, comunque, i giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti anche in ragione della tecnicità e complessità delle quaestiones iuris dedotte nel presente giudizio.

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