TAR Ancona, sez. I, sentenza 2009-12-22, n. 200901461

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2009-12-22, n. 200901461
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 200901461
Data del deposito : 22 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00816/2007 REG.RIC.

N. 01461/2009 REG.SEN.

N. 00816/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 816 del 2007, proposto da:
F A, rappresentato e difeso dall'avv. P S, con domicilio eletto presso P S in Ancona, via Calatafimi, 2;

contro

U.T.G. - Prefettura di Ancona, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr. dello Stato, domiciliata per legge in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l'annullamento

del provvedimento 2.8.2007 di rigetto dell'istanza di revoca del decreto del Prefetto di Ancona, in data 1.12.2003, con cui veniva fatto divieto di detenere armi e munizioni o altro materiale esplodente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Ancona;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2009 il dott. G M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con decreto del Prefetto di Ancona, in data 1.12.2003, al ricorrente veniva fatto divieto di detenere armi e munizioni o altro materiale esplodente in quanto ritenuto responsabile di introduzione di armi e munizioni ed esercizio di attività venatoria in area protetta, nonché di omessa custodia di armi e munizioni.

Per gli stessi fatti il Questore di Ancona, con decreto in data 30.12.2003, disponeva poi la revoca della licenza di fucile per uso caccia.

Con nota in data 27.2.2007 il ricorrente inoltrava alla Prefettura istanza di revoca del decreto 1.12.2003, in considerazione “che il suo comportamento era in buona fede, che non era a conoscenza delle norme contestategli, che è incensurato e non ha mai riportato condanne di nessun genere e pertanto ritiene di essere meritevole di poter nuovamente detenere armi”.

La Prefettura inoltrava comunicazione di preavviso di diniego in data 27.6.2007 cui seguiva una memoria difensiva dell’interessato in data 11.7.2007.

Il procedimento si concludeva con provvedimento 2.8.2007 di rigetto l'istanza di revoca adottato sulla scorta di una articolata motivazione che faceva riferimento non solo ai fatti per i quali venne adottato l'originaria decreto dell’1.12.2003, ma anche alla circostanza che il richiedente risultava essere stato segnalato e denunciato per fatti riguardanti sostanze stupefacenti. L'Amministrazione escludeva, pertanto, che sussistessero le condizioni di affidabilità per disporre la revoca del divieto.

Avverso il predetto diniego viene proposto l’odierno ricorso affidato ad un'unica ed articolata censura di violazione di legge e di eccesso di potere. In particolare il ricorrente evidenzia l’erroneità della decisione amministrativa che non ha tenuto adeguatamente in considerazione i seguenti aspetti idonei a sostenere un giudizio prognostico di affidabilità:

- i fatti che diedero origine al decreto dell’1.12.2003 sono stati penalmente definiti con decreto di condanna n. 295/2005, cui è seguito il regolare pagamento della sanzione pecuniaria e la conseguente estinzione del reato ai sensi dell’art. 460 comma 5 Cpp;

- la qualità di imputato nel reato di cui all’art. 73 del DPR n. 309/1990 risale a fatti accaduti negli anni 2002-2003, ossia in epoca antecedente al decreto dell’1.12.2003. Il procedimento è ancora pendente ma il ricorrente ha formalizzato istanza di patteggiamento con concessione della sospensione condizionale della pena e previo riconoscimento dell'ipotesi di cui al comma 5 (fatti di lieve entità);

- la segnalazione per possesso di sostanze stupefacenti del 27.10.2003 riguarda una irrisoria quantità di 0,025 grammi di sostanza probabilmente di tipo hashish;

- da allora il ricorrente non ha più commesso illeciti, ha acquisito la titolarità di una impresa individuale e si è formato una famiglia da cui è nato un figlio nell’anno 2005.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che contesta, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.

All’udienza del 4.11.2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

Va premesso che, ai sensi degli artt. 39 e 43 del RD 18.6.1931 n. 773, il Prefetto ed il Questore (a seconda della tipologia delle armi di che trattasi) sono titolari di un potere discrezionale assai esteso in materia di rilascio e ritiro di licenze abilitanti il possesso di armi e munizioni. Tale lata discrezionalità, pur sempre di natura tecnica, attinge la sua massima estensione nella previsione contenuta nel citato art. 43, ove si prevede che la licenza può essere ricusata, oltre che in confronto dei soggetti che hanno riportato condanne penali, anche nei riguardi di chi non dà affidamento di non abusare delle armi. Qui il potere si connota davvero di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza in virtù delle quali lo stesso è dalla legge attribuito all'autorità decidente. Il fine è, infatti, la tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con finalità di prevenzione rispetto alla commissione di illeciti. Ne consegue che il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi, così come il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto d'armi, non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell'uso delle armi, essendo sufficiente che, secondo una valutazione non inattendibile, il soggetto non dia affidamento di non abusarne.

La valutazione di inaffidabilità del soggetto è attribuita all'Autorità amministrativa, la quale è chiamata ad un accertamento che resta incensurabile in questa sede di legittimità nel momento in cui risulta essere congruamente motivato avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche;
in relazione a tale accertamento non può risultare peraltro indifferente, nel giudizio di valutazione complessiva, la sproporzione significativa, per ordini di grandezza, tra l'interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini rispetto all'interesso privato di portare armi o comunque di detenerle o di usarne anche soltanto per finalità ludiche (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 8.7.2009 n. 4375).

Sul punto la giurisprudenza è costante nel ritenere che, in base al quadro normativo di riferimento, il titolare della licenza a portare e detenere armi, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve offrire garanzia della propria sicura e personale affidabilità circa il buon uso che farà dell’arma (cfr.: Cons. Stato Sez. IV, 30.4.1999 n. 748 e 19.12.1997 n. 1440;
Sez. VI 6.10.2005 n. 5424;
T.A.R. Sicilia Catania, Sez. IV, 23.3.2009 n. 534;
Tar Napoli, Sez. V, n. 244/2008;
T.A.R. Lazio Roma, Sez. I 1.2.2006 n. 749;
T.A.R. Umbria 12.5.2005 n. 276).

Nel caso in esame il Collegio ritiene condivisibili le argomentazioni opposte dal Prefetto per negare la revoca del divieto di detenere armi e munizioni o altro materiale esplodente.

Certamente in favore del ricorrente depongono le recenti vicende della propria vita personale e familiare, come lo stesso ha ritenuto opportuno precisare.

Tali circostanze non possono, tuttavia, risultare sufficienti di fronte ad un passato, non certo remoto, in cui lo stesso ricorrente è stato protagonista di episodi che depongono in senso decisamente opposto.

Sono incontestati i fatti che lo vedevano introdurre nel Parco del Conero un fucile da caccia e due cartucce dissimulati dietro lo schienale dell’autovettura. Da tali fatti è scaturito un decreto penale di condanna per esercizio venatorio in area protetta che denota, indubbiamente, un abuso nell'uso delle armi.

Lo stesso ricorrente veniva poi denunciato per omessa custodia delle armi in quanto lasciava incustoditi, nella propria autovettura aperta e in luogo pubblico, un fucile da caccia carico e circa 130 cartucce. Anche tale fatto, che non risulta essere stato contestato nell'articolata linea difensiva del ricorrente, costituisce certamente un abuso nell'uso delle armi, tra l'altro sanzionato ai sensi degli artt. 20 e 20-bis della Legge 18.4.1975 n. 110.

Va inoltre osservato che il ricorrente è stato coinvolto in episodi riguardanti sostanze stupefacenti e anche tale circostanza è ritenuta, dalla giurisprudenza, indicatore sufficiente per affermare l'inaffidabilità nell'uso delle armi (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9.2.2006 n. 506;
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 29.5.2009 n. 3875).

Come già rimarcato in precedenza, nel giudizio di bilanciamento degli opposti interessi, che l'Amministrazione è tenuta ad effettuare con rigore, sussiste un margine di elevata discrezionalità nel ritenere prevalenti indizi che depongono in sfavore dell'interessato rispetto ad altri indizi che depongono in senso contrario.

La decisione del Prefetto, basata su episodi non lontani nel tempo e decisamente negativi, è quindi esente da vizi di illogicità, contraddittorietà, carenza di attività istruttoria e di motivazione.

Il ricorso va quindi respinto.

La particolarità e per certi versi la complessità della vicenda costituiscono giustificato motivo per disporre la compensazione delle spese tra le parti.

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