TAR Genova, sez. II, ordinanza collegiale 2016-10-17, n. 201601020
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Pubblicato il 17/10/2016
N. 01020/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00349/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 349 del 2016, proposto da:
M S e M S, rappresentati e difesi dagli avvocati D L e F B, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via San Lorenzo, 23/13;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'esecuzione
del decreto 991/2012 V.G. della Corte d'appello di Genova.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2016 il dott. A V e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Con decreto decisorio 15.1.2013, cron. 72, emesso nell’ambito del procedimento rubricato sub R.G.V.G. n. 991/2012, la Corte d’Appello di Genova ha riconosciuto ai signori Stefani Marco e Stefani Mariella il diritto a ricevere l’equo indennizzo per la durata eccessiva di un processo di cui i medesimi sono stati parte, ai sensi della Legge 24/03/2001, n. 89 (c.d. Legge Pinto), contestualmente liquidando la relativa somma, oltre alle spese legali.
Come risulta dalla certificazione depositata, detto decreto è passato in giudicato.
Notificato il titolo esecutivo in data 4.5.2015, risulta altresì decorso inutilmente il termine dilatorio di 120 giorni, previsto dall’art. 14 del D. L. 31/12/1996, n. 669 (convertito con modificazioni nella L. 31/12/1996, n. 305) quale condizione di procedibilità delle azioni di esecuzione forzata nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni.
Con ricorso ex art. 112, comma 2, lett. c) del D. Lgs. 2/7/2010, n. 104 (giudizio di ottemperanza), notificato in data 22.4.2016 e depositato il successivo 6.5.2016, i signori Stefani Marco e Stefani Mariella hanno quindi adito l’intestato Tribunale Amministrativo Regionale per conseguire l’attuazione del decreto della Corte d’Appello di Genova.
I ricorrenti hanno altresì formulato domanda di nomina di un commissario ad acta, cui affidare il compito di provvedere in sostituzione dell’Amministrazione intimata, in caso di persistenza dell’inadempimento.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, eccependo l’improcedibilità del ricorso.
In particolare, l’Amministrazione resistente ha evidenziato che il nuovo art. 5-sexies della L. n. 89/2001 (inserito dall’art. 1, comma 777, della Legge 28/12/2015, n. 208, c.d. Legge di stabilità per il 2016), con decorrenza dal 1° gennaio 2016 ha introdotto a favore dell’Amministrazione debitrice un termine dilatorio di sei mesi per effettuare il pagamento delle somme liquidate, termine che non decorre prima che il creditore abbia provveduto ad una serie di adempimenti indicati dal comma 1 del medesimo art. 5-sexies.
Inoltre, la difesa erariale ha osservato che il comma 7 dell’art. 5-sexies preclude al creditore di proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento liquidatorio, prima che sia decorso il termine semestrale di cui al sopra citato comma 5.
Alla camera di consiglio del 29.9.2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il collegio dubita della costituzionalità dell’art. 5-sexies della L. n. 89/2001 (come introdotto dall’art. 1, comma 777, della Legge n. 208/2015), per contrasto con gli artt. 3, 24, commi primo e secondo, 111 commi primo e secondo, 113 comma secondo e 117 primo comma della Costituzione.
1. Le disposizioni normative della cui incostituzionalità si tratta.
Le disposizioni normative sospettate di incostituzionalità sono i commi 1, 4, 5, 7 e 11 dell’art. 5-sexies.
Il comma 1 è così formulato: “Al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore rilascia all'amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo, nonché' a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3”.
Il comma 4 prevede che “Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l'ordine di pagamento non può essere emesso”.
Ai sensi del comma 5, “L'amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione di cui ai commi precedenti”.
Il comma 7 dispone che “Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori non possono procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto, né proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento”.
Il comma 11 recita: “Nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non può essere disposto il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta”.
Con la Legge di stabilità per il 2016, il Legislatore ha dunque novellato la disciplina di cui alla L. n. 89/2001, introducendo ex novo un procedimento necessario per ottenere il pagamento delle somme dovute dall’Amministrazione a titolo di indennizzo per l’irragionevole durata di un processo.
Il nuovo art. 5-sexies, nella parte sopra citata, impone al creditore di rilasciare una dichiarazione di autocertificazione e sostitutiva di notorietà, attestante la non avvenuta riscossione di quanto dovuto (comma 1).
Tale dichiarazione rappresenta una condizione necessaria per ottenere il pagamento da parte dell’Amministrazione debitrice, giacché il comma 4 della disposizione in discussione stabilisce che la mancanza, l’incompletezza ovvero l’irregolarità della documentazione richiesta precluda all’Amministrazione l’emissione dell’ordine di pagamento.
Per altro verso, viene introdotto un termine dilatorio semestrale, decorrente dalla data in cui sono assolti gli obblighi comunicativi di cui al primo comma, entro il quale l’Amministrazione debitrice può effettuare il pagamento (comma 5) e prima del quale il creditore non può procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto o alla proposizione di un ricorso per l’ottemperanza del provvedimento liquidatorio (comma 7).
Detto termine di 180 giorni va ad aggiungersi al termine di 120 giorni già previsto in via generale dall’art. 14 del D. L. n. 669/1996, per tutti i crediti vantati nei confronti di un’Amministrazione dello Stato.
La cumulabilità e non alternatività dei due termini si evince chiaramente dalla lettera dell’art.