TAR Palermo, sez. I, sentenza 2010-04-13, n. 201004939

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2010-04-13, n. 201004939
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201004939
Data del deposito : 13 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01801/2003 REG.RIC.

N. 04939/2010 REG.SEN.

N. 01801/2003 REG.RIC.

N. 01900/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1801 del 2003, proposto dalla ICEL (Impresa Campo Elettricità) s.r.l. con sede in Levanzo (Favignana), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.to V E, elettivamente domiciliato in Palermo, via E.Amari n.8, presso lo studio dell’Avv.to S G;

contro

la Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Trapani, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, e l’Assessorato regionale Territorio e Ambiente, in persona dell’Assessore pro-tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria in Palermo, via A. De Gasperi 81;



Sul ricorso numero di registro generale 1900 del 2008, proposto da:
ICEL (Impresa Campo Elettricità) s.r.l. con sede in Levanzo (Favignana) in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.to V E, elettivamente domiciliato in Palermo, via E.Amari n.8, presso lo studio dell’Avv.to S.Grimaudo;

contro

- la Soprintendenza ai BB.CC.AA. e P.I. di Trapani in persona del legale rappresentante pro-tempore,
- l’Assessorato ai BB.CC.AA. e P.I. della regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria in Palermo, via A. De Gasperi 81;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 1801 del 2003:

-del provvedimento emesso dalla Capitaneria intimata il 3/3/2003 prot. n.05078 Sez. Dem. Cont. 2324 con il quale si dispone la demolizione di alcune opere edili meglio in esso descritte e specificate;

quanto al ricorso n. 1900 del 2008:

- del provvedimento della Soprintendenza BB.CC. AA. e P.I. del 12 maggio 2008 prot. n.4775 posizione PP.UU. IX – 2879 con cui a seguito di richiesta di Nulla Osta, è stata dichiarata “la non compatibilità paesaggistica” delle opere realizzate senza la preventiva autorizzazione prescritta dall’art.146 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.


Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Capitaneria di Porto di Trapani, della Sovrintendenza Bb.Cc. e Aa. di Trapani e dell’Assessorato Reg.Le Per i Bb.Cc.Aa. e P.I.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il Decreto presidenziale n.562 del 1/4/2003 di accoglimento della istanza di misure interinali ex art.3 L.205/00 articolata nel ricorso R.G.1801/2003;

Vista l’ordinanza n. 727/2003 resa nel ricorso R.G.1801/2003, con la quale è stata accolta l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato;

Vista l’ordinanza n.118/2004 resa nel ricorso R.G.1801/2003, con la quale è stata disposta, ex art. 32 del D.L. 30/9/2003 n.269 e norme richiamate, la sospensione del giudizio;

Vista l’ordinanza n. 1495/2004 resa nel ricorso R.G.1801/2003, con la quale è stata respinta l’istanza di revoca della disposta sospensione del giudizio;

Vista l’ordinanza n. 1665/2007 resa nel ricorso R.G.1801/2003, con la quale si è provveduto alla revoca della precedente ordinanza n.118 del 19 marzo 2004 cit.;

Vista l’ordinanza n. 147/2008 resa nel ricorso R.G.1801/2003, con la quale è stata disposta l’acquisizione di documentati chiarimenti in ordine allo stato attuale della procedura di regolarizzazione delle opere, attesa l’eventuale incidenza del suo esito finale sul presente giudizio;

Vista l’ulteriore ordinanza istruttoria n.28 del 20/02/2009 resa nel ricorso R.G.1801/2003, eseguita il 26/03/2009;

Visto il Decreto presidenziale n.1005 del 08/09/2008 sulla istanza di misure cautelari interinali ex art.3 L.205/00 in relazione al ricorso R.G.1900/2008;

Vista l’ordinanza 1086 del 26/09/2008 di accoglimento della domanda cautelare proposta nel ricorso R.G.1900/2008;

Viste le memorie conclusive delle parti;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2009 il dott. R V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso R.G.1801/2003, notificato il 27/03/2003 e depositato il 31/3/2003, il legale rappresentante della ICEL s.r.l. (Impresa Campo Elettricità), ha impugnato il provvedimento della Capitaneria di Porto di Trapani del 3/3/2003 con la quale è stata intimata la demolizione di alcune opere in atti meglio descritte, realizzate in assenza di idoneo titolo abilitativo e in zona demaniale.

Premette parte ricorrente di esercitate attività di produzione e distribuzione di energia elettrica nell’Isola di Levanzo, regolarmente licenziata dalla autorità competenti.

Per l’esercizio di detta attività, la società ICEL precisa di aver ottenuto in concessione non un’area demaniale, bensì un immobile demaniale –dietro pagamento di un canone- allo scopo di utilizzarlo per ivi ubicare la centrale elettrica con gruppi elettrogeni per l’asservimento dell’abitato di Levanzo.

La relativa concessione prevedeva che, alla relativa scadenza, le opere realizzate senza autorizzazione e non facilmente amovibili sarebbero state acquisite dallo Stato senza alcun compenso o rimborso, fatta salva la facoltà rispettivamente del concessionario di demolire dette opere ovvero dell’autorità Marittima di ordinarne la demolizione.

Ciò posto, evidenzia parte ricorrente che a causa della forte mareggiata verificatasi nel 1987 e dei danni arrecati, la predetta società, in forza anche della clausola concessoria sopra riportata, ritenne di ergere barriere in conci di tufo per la messa in sicurezza dell’immobile demaniale.

Scaduta in data 31/12/89 la concessione n.198/89 nella cui vigenza dette opere e le altre in atti meglio descritte erano state realizzate, evidenzia parte ricorrente come l’Amministrazione non abbia ingiunto alcuna demolizione, provvedendo invero al rinnovo della stessa concessione e della clausola cit.. In seguito, e ad ogni scadenza, si sono quindi registrati gli ulteriori rinnovi della concessione di che trattasi, fino a giungere alla n..30/1999 (assistita dal parere favorevole del Locamare di Favignana) con scadenza al 31/12/2002.

In ultimo, malgrado l’incameramento dei canoni e delle cauzioni per il nuovo rinnovo, l’Amministrazione ha ingiunto la demolizione in parola in questa sede impugnata.

Il ricorso è affidato alle seguenti doglianze:

1)-Violazione e/o falsa applicazione degli artt.36, 54 e 1161 cod. nav..

L’ingiunzione è illegittima in quanto non tiene conto dell’originario stato dei luoghi e dei poteri attribuiti sull’area dalle concessioni demaniali oggetto di continua rinnovazione. Non può in specie parlarsi quindi di abusiva occupazione del demanio, in quanto i titoli concessori prevedevano la possibilità di realizzare opere pertinenziali all’utilizzo dell’immobile che sarebbero stati acquisiti dallo Stato alla scadenza del periodo concessorio, salva la possibilità di riduzione in pristino. Potere quest’ultimo mai esercitato dalla P.A. in sede dei precedenti rinnovi.

2)-Illogicità manifesta, difetto assoluto di motivazione, violazione e falsa applicazione art.36 cod. Nav..

Come già evidenziato, risulta errato l’assunto della abusività delle opere realizzate, considerati i rinnovi della concessione demaniale sotto la cui vigenza è stato realizzato quanto in contestazione. Né l’amministrazione ha motivato il perché in precedenza non ha mai ingiunto alcuna demolizione.

3)-Difetto di legittimazione passiva alla demolizione, accessione delle opere a favore del Demanio Marittimo sin dal 31/12/1989, irrinunciabilità delle opere da parte dell’Amministrazione.

Le opere in contestazione sono comunque da considerarsi acquisite al D.M. in forza di accessione di mobile ad immobile a far data dal 31/12/1989 di scadenza naturale della concessione 198/89 sotto la cui vigenza sono state realizzate. Ne consegue che difetta in capo alla ricorrente la legittimazione passiva all’ordine impartito, siccome le opere sono divenute di proprietà irrinunciabile della P.A. a causa della loro valenza demaniale.

4)-Violazione dell’art.7 e ss. L.R.10/1991 e L.241/90.

Il procedimento è stato instaurato a seguito di sopralluogo da parte dell’Ufficio Locamare di Favignana nel 2003, senza tuttavia che sia stato mai dato avviso al ricorrente.

Ha chiesto parte ricorrente l’annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensione degli effetti ed emanazione di idonea misura cautelare provvisoria ex art.3 L.205/00, con ulteriore richiesta di risarcimento del danno.

Con decreto presidenziale n.562/2003 del 1/4/2003 è stata accolta la domanda ex art.3 L.205/2000.

Resiste l’Avvocatura Distrettuale dello Stato per l’intimata Capitaneria di Porto di Trapani e per l’Ass.tp Reg.lr Territorio ed Ambiente.

Con ordinanza 727 del 20/4/03 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dei provvedimento impugnato.

Con ordinanza n.118 del 19/3/04 è stata disposta, ex art.32 D.L.2692003, la sospensione del giudizio onerando altresì l’Amministrazione a fornire documentati chiarimenti sulla eventuale presentazione dell’istanza di sanatoria e sullo stato del relativo procedimento.

Con ordinanza n.1495 del 24 giugno 2004 è stata rigettala la domanda presentata dall’Amministrazione volta alle revoca dell’ord.118 del 19/3/04 con la quale ultima era stato sospeso il giudizio introdotto con il ricorso in epigrafe.

Contro tale ordinanza l’Amministrazione resistente ha proposto appello che è stato dichiarato inammissibile dal C.G.A., giusta decisione n.77 del 02/03/2007.

Con ordinanza n.1665 del 9/10/2007 è stata disposta la revoca dell’ordinanze n.118 del 19/3/04 per la trattazione, in udienza pubblica, del merito del ricorso e delle questioni inerenti alla pendenza delle istanze di regolarizzazione delle opere in contestazione.

In prossimità della pubblica udienza del 4/4/2008 parte ricorrente ha depositato memoria in termini controdeducendo alle tesi della resistente Amministrazione, e prospettando altresì questione di legittimità costituzionale delle norma contenute nei commi 14 e 27 lett.g art.32 D.L.269/2003 per violazione dell’art.32 dello Statuto Siciliano.

In seguito, con ordinanza n.147/2008 è stata disposta l’acquisizione di documentati chiarimenti in ordine allo stato della procedura di regolarizzazione delle opere eseguite, atteso che il relativo procedimento, per quanto attiene l’aspetto edilizio, risultava ancora pendente presso il Comune di Favignana. Con la stessa ordinanza sono stati chiesti chiarimenti in ordine alla presentazione, da parte dell’impresa ricorrente, di una istanza ex art.5 L.R.4/2003 per l’occupazione del demanio marittimo. Tale ordinanza è stata riscontrata con nota Ass.le n.53057 del 4/07/2008. La Capitaneria di Porto di Trapani ha invece risposto con nota del 09/06/2008 prot.0024996.

In esito alla ordinanza n.28/09 del 20/02/2009, con la quale per altro è stata disposta al contempo nuovamente la sospensione del giudizio, con nota n.22940 del 25/3/09, pervenuta il 26/3/09, l’Ass.to Territorio ed Ambiente – Serv.9 Demanio Marittimo, ha evidenziato che la Conferenza di servizi avviata dal Comune di Favignana si è celebrata in data 13/5/08 senza la presenze dello stesso Assessorato, siccome non convocato. Tuttavia anche la rinnovazione della medesima Conferenza di Servizi, prevista per il giorno 18/12/08, è avvenuta senza la presenza dello stesso Assessorato, considerato che la nota di convocazione è pervenuta al medesimo in data successiva alla stessa seduta, ovvero solo il 12.1.09.

In prossimità della pubblica udienza di discussione l’Avvocatura ha prodotto memoria chiedendo il rigetto del ricorso, siccome infondato.

Con memoria del 29/9/2009 parte ricorrente ha insistito nelle proprie domande. Indi ha reiterato nuovamente domanda di sospensione del giudizio sino all’esito del procedimento per l’ottenimento della concessione demaniale e della sanatoria della pregressa occupazione.

Con separato ricorso R.G.1900/2008 la medesima impresa ICEL s.r.l. ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti ed emanazione di misure cautelari interinali ex art.3 L.205/00, il provvedimento con il quale la Soprintendenza ai BB.CC.AA. e P.I. ha dichiarato la non compatibilità paesaggistica delle opere realizzate dalla stessa ICEL in assenza di preventiva autorizzazione, siccome le stesse risultano in contrasto sia con le previsioni del PTP delle Isole Egadi, sia perché realizzate in zona sottoposta a vincolo di in edificabilità ex art.15 L.R.78/76.

Nel ricorso, in cui è formulata altresì domanda risarcitoria, si articolano le seguenti censure:

1)-Error in procedendo, illegittimità per violazione delle disposizioni programmatiche e precettive di cui agli artt.143 D.lgs.42/04 con riferimento all’art.156 stesso D.Lgs.cit.,e art.10 lett.

d) sub 2 e 41 del Nuovo PTP delle Isole Egadi.

Ai sensi dell’art.156 D.Lgs.42/04 i piani paesistici devono essere sottoposti a verifica ed adeguamento rispetto alle nuove previsioni normative introdotte dall’art.143 del medesimo D.Lgs. cit.. In specie, l’Amministrazione ha errato nel denegare la compatibilità delle opere realizzate atteso che non era ancora conclusa la conferenza di servizi prevista dai commi 2 e 3 art.143 cit. nel cui contesto si sarebbe potuto apprezzare l’interesse pubblico correlato alle opere di cui si è ingiunta la demolizione. L’Amministrazione in ogni caso doveva attivarsi per l’individuazione di un’area in cui allocare la centrale elettrica.

2)-Illogicità manifesta, contraddittorietà, violazione art.146 D.Lgs.42/2004 con riferimento al combinato disposto di cui agli artt.143 e 156 D.lgs. cit. e degli artt. 10 lett.d) sub.2 e 41 del nuovo P.T.P. delle Isole Egadi.

La centrale ricada infatti in area già fortemente degradata e compromessa, al confine con area di tutela integrale. La stessa amministrazione, in sede di redazione del P.T.P. aveva per altro ritenuto di mantenere la medesima sede per la centrale elettrica, in modo da non compromettere altre parti dell’isola di Levanzo. Gli interventi volti al recupero e alla riqualificazione non richiederebbero quindi l’autorizzazione ex art.146 D.Lgs.42/04, necessaria solo dopo l’approvazione del P.T.P. da compiersi non oltre il 31/12/2009.

3)-Violazione dell’art.7 con riferimento agli artt.8, 14 e 15 l.r.10/1991, pretesa falsa applicazione art.10 lett.d n.2 con riferimento all’art.41 de nuvo P.T.P..

Il provvedimento è stato emanato dopo la presentazione di istanza di condono edilizio e demaniale e nelle more che si espletasse la conferenza di servizi indetta dal Comune di Favignana.

4)-Inammissibilità del dissenso espresso mediante il provvedimento impugnato, violazione dell’art.14-quater L.241/90.

L’amministrazione ha espresso il proprio parere contrario fuori dalla naturale sede costituita della conferenza di servizi.

5)-Difetto di legittimazione passiva alla demolizione, accessione a favore del D.M., irrinunciabilità delle opere da parte della P.A..

Le opere realizzate devono considerarsi ormai acquisite al demanio marittimo, per cui difetta in capo alla ricorrente alcuna legittimazione passiva in ordine alla loro demolizione.

Con decreto presidenziale n.1005del 08/09/2008 è stata accolta l’istanza di misure interinali ex art.3 L.205/00, confermata in sede collegiale con ordinanza n.1086 del 26/9/2008.

Resiste l’Avvocatura Distrettuale dello Stato depositando documenti.

In prossimità della pubblica udienza di discussione, l’Avvocatura ha prodotto memoria in termini chiedendo il rigetto del ricorso, siccome infondato, vinte le spese.

Con memoria conclusiva del 29/9/2009 parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento.

Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2009, presenti le parti, come da verbale, entrambi i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione, sulla quale il Collegio si è riservato. La relativa riserva è stata sciolta alla camera di consiglio del 10 novembre 2009.

DIRITTO

In primo luogo occorre procedere alla riunione dei ricorsi, stante l’evidente connessione oggettiva, per la loro contestuale disamina al fine decidere con unica pronuncia nel merito.

Ritiene il Collegio di dover prendere le mosse da una preventiva analisi del provvedimento impugnato con il primo ricorso qui riunito, R.G.1801/2003, inerente l’ordinanza-ingiunzione di riduzione in pristino della Capitaneria di Porto di Trapani, da valutare in stretto rapporto con quanto oggetto di concessione demaniale.

Ritiene il Collegio di dover disattendere la richiesta di sospensione del presente giudizio avanzata dalla parte ricorrente, in ultimo con la memoria conclusiva del 29/9/2009, per asserite ragioni di opportunità stante la pendenza del procedimento di “regolarizzazione” ex art.5 L.R.4/2003, previsione normativa intervenuta dopo l’emanazione dell’ordine di sgombero e riduzione in pristino: invero la mancata conclusione di quel procedimento non revoca in dubbio, come evidenziato dall’Avvocatura erariale, la natura assolutamente abusiva della occupazione contestata, senza che per altro possa qui configurarsi alcuna ipotesi di sospensione “facoltativa” ovvero una sospensione ex art.44 L.44/85, quest’ultima costituendo una norma <processuale>
di stretta applicazione insuscettibile di applicazione oltre i procedimenti di condono edilizio (mentre in specie trattasi di provvedimento sanzionatorio per abusiva occupazione di demanio marittimo).

Altrettanto condivisibile è altresì l’assunto dell’Avvocatura erariale in ordine alla irrilevanza in specie (con riferimento al provvedimento sanzionatorio oggetto di impugnazione) della pendenza di un procedimento di condono edilizio, a cui è estranea la Capitaneria di Porto di Trapani.

Ciò posto si osserva quanto segue.

Come evidenziato dalla stessa parte ricorrente, la ICEL s.r.l. ha avuto infatti in concessione (non un’area, ma) un bene demaniale specifico della superficie ben definita di m.q.113,68 (cfr. concessione n.198/89 e ss), ubicato nell’Isola di Levanzo (Com. di Favignana) dell’arcipelago delle Isole Egadi, al fine utilizzarlo per ivi insistere una centrale elettrica -a mezzo di gruppi elettrogeni- per l’approvvigionamento di energia per gli abitanti della medesima isola.

A seguito dei danni provocati dalla mareggiata del 1987, l’impresa ha realizzato opere <pertinenzali>
necessarie a suo avviso alla messa in sicurezza dei luoghi.

Il provvedimento impugnato, dopo aver richiamato l’oggetto della concessione (ripetesi: immobile demaniale della estensione di mq.113,68) contesta alla parte ricorrente di aver abusivamente inglobato una maggiore area demaniale per ulteriori mq.143,07 attraverso la realizzazione delle seguenti opere:

a)-manufatto in conci di tufo adiacente a quello in concessione, lato mare, di mq.47,46 (mt.5,65 x mt.8,40) adibito a magazzino;

b)-manufatto in conci di tufo adiacente a quello in concessione, lato porto, di mq.26,26 (mt.4,15 x 6,33) adibito ad officina;

c)-muretti di contenimento, adiacenti al manufatto in concessione, lato strada, con all’interno taniche di gasolio occupanti una superficie demaniale di mt.28,35;

d)-area libera di mq.41 (mt.8,40 x mt.9,78) recintata con paletti in ferro e ree metallica, posta lato mare nella congiungente tra il manufatto adibito ad officina e quello adibito a magazzino.

Orbene, dalla documentazione versata si evince che –come puntualmente dedotto dall’Avvocatura erariale- l’ordine di demolizione ed ingiunzione di riduzione in pristino riguarda le ingenti opere realizzate dalla ICEL s.r.l. su altra e diversa porzione demaniale contigua a quella oggetto di concessione. Diversamente, le censure di parte ricorrente sono essenzialmente incentrate sulle opere, ancorché non autorizzate, eseguite tuttavia nell’ambito del bene oggetto di concessione.

Ne discende che l’assunto di parte ricorrente, circa l’autorizzazione implicita di dette opere mercé le intervenute rinnovazioni delle concessioni demaniali, risulta privo di fondamento. Invero l’oggetto della concessione, anche in ragione dei ripetuti rinnovi, non è stato affatto modificato od ampliato nel tempo, risultando sempre e comunque limitato al bene demaniale di superficie pari a mq.113,68: le relative concessioni prevedevano espressamente il divieto per il concessionario di eccedere i limiti assegnatigli, né di variali, non essendo altresì consentito erigere opere non autorizzate né variare quelle ammesse, né indurre alcuna servitù nelle aree attigue.

Le prime due doglianze, qui contestualmente esaminate data la loro omogeneità, risultano quindi prive di pregio.

A diverse conclusioni non può indurre la clausola contenuta nell’atto concessorio circa l’acquisizione allo Stato, al termine della concessione, delle opere non facilmente amovibili realizzate dal concessionario in assenza di autorizzazione, ove non ne fosse stata intimata la demolizione. Invero ritiene il Collegio, per le considerazioni già espresse quanto ai limiti oggettivi della concessione e sulla effettiva consistenza degli abusi ut supra, di non poter condividere l’assunto di parte ricorrente secondo cui le opere di che trattasi dovrebbero considerarsi implicitamente autorizzate e/o acquisite al demani marittimo a causa dei rinnovi della concessione.

Né dette opere, siccome ricadenti su porzioni di demanio non oggetto di concessione, possono ricondursi ad attività di manutenzione ordinaria e/o straordinaria del bene del bene concesso.

Invero dette opere devono ritenersi ab origine abusive per mancanza di titolo legittimante, siccome estranee all’oggetto della primigenia concessione, insuscettibili quindi di poter essere anche implicitamente autorizzate mercé i rinnovi concessori succedutisi nel tempo (che non hanno comportato un ampliamento dell’oggetto), né tanto meno acquisiti al demanio marittimo.

Ne consegue che anche la terza censura è da disattendere in quanto infondata.

Trascura infatti parte ricorrente di considerare il differente regime giuridico previsto dalle disposizioni rispettivamente contenute nell’art.54 del Cod. Navigazione, cui ha fatto riferimento l’Amministrazione nel provvedimento impugnato, e il precedente art.49 Cod. Nav..

Ed invero, l’istituto della acquisizione al demanio marittimo, al termine della concessione, delle opere non facilmente amovibili eseguite dal concessionario (salva facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione), trova riscontro normativo nella previsione dell’art.49 Cod. Nav. per le opere eseguite nell’ambito del bene o dell’area oggetto di concessione.

Diversa è la previsione dell’art.54 Cod. Nav., in specie applicato, che diversamente si riferisce infatti “alle innovazioni originariamente prive di titolo e non anche a quelle innovazioni, inizialmente consentite dall'Autorità, che restino sine titulo per effetto della scadenza del termine” (cfr. TAR. Palermo n.3562/2003).

Con tale sentenza in ultimo richiamata e qui condivisa (TAR Palermo n.3562/2003 cit.), si è infatti chiarito che “In presenza di occupazioni sine titulo su demanio marittimo la discrezionalità del potere repressivo dell’autorità marittima, di cui agli art. 54 e 49 c.nav., non riguarda l’an del provvedimento demolitorio, bensì l’onere di motivazione ad esso associato. Onere assente nell’art. 54 (opere geneticamente abusive) e, di contro, necessario nelle ipotesi dell’art. 49 (opere regolate ab origine da titolo successivamente scaduto e non più rinnovato ovvero in corso di rinnovo) per le quali può ritenersi normale la conservazione acquisitiva delle opere stesse (cfr. T.A.R. Calabria, sez. Catanzaro, 19 aprile 1991, n. 237)”.

Ebbene, nel caso di specie –attesa la natura degli abusi eseguiti al di fuori di quanto oggetto di concessione con conseguente occupazione abusiva di altra porzione di demanio marittimo- l’Amministrazione ha correttamente fatto ricorso alla disciplina di cui all’art. 54 c. nav. che, come chiarito, fornisce alla P.A. un potere repressivo ad onere motivazionale attenuato, a soddisfacimento del quale è sufficiente il rinvio ai presupposti di fatto e alle norme applicate nel caso concreto, così come risulta nel provvedimento impugnato, rispetto al quale non più non riconoscersi la legittimazione passiva dell’impresa ICEL s.r.l..

Per quanto attiene ai profili del procedimento amministrativo nell’ambito del potere sanzionatorio, anche la quarta doglianza, con la quale viene censurata la mancata comunicazione di avvio del procedimento, risulta infondata. Si è infatti precisato in giurisprudenza che la natura vincolata dell'ingiunzione impugnata esclude che la stessa dovesse essere preceduta dall'avviso dell'inizio del procedimento (in tal senso, Cons. Stato, sez.V, 19 marzo 1996, n. 283;
C.G.A. 14 giugno 1999, n. 263). In particolare, la Sezione ha avuto occasione di affermare - in fattispecie analoga alla presente (v. sentenza n.1732 del 7 novembre 1997) - che l'obbligo di comunicare detto avviso non sussiste nel caso di adozione di provvedimenti repressivi a tutela del demanio, che sono adottati dall'Autorità marittima in via distinta ed autonoma rispetto alla competenza del Sindaco, non dovendosi far luogo ad alcuna comparazione fra l'interesse pubblico al ripristino dei luoghi e quello privato al mantenimento dei manufatti, e non sussistendo alcuna possibilità di apporto partecipativo del privato al procedimento nei sensi perseguiti dalla normativa in questione, che è prevista a difesa di posizioni sostanziali del privato medesimo, tutelate dall'ordinamento. Tale orientamento è stato ribadito anche con sentenza 21/05/2001 n.1133: la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo è necessaria quando l'adozione del provvedimento implichi il compimento di valutazioni di natura discrezionale o l’accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento (Consiglio Stato sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 150);
nella specie, l’ingiunzione di sgombero impugnata è intervenuta a seguito degli accertamenti effettuati in sede di sopralluogo del 16 gennaio 2003 dal competente Ufficio marittimo, alla presenza per altro del legale rappresentante della stessa ICEL s.r.l, da cui è conseguita la redazione della relativa notizia di reato, sicché il provvedimento sanzionatorio assume indubbia natura di atto dovuto a contenuto vincolato, basandosi esclusivamente sui rilievi e misurazioni effettuate in quella sede. Ne consegue che in tali evenienze, per le considerazioni di cui in precedenza, la dedotta omissione dell’avviso non assume valenza invalidante del provvedimento finale assunto dalla P.A. (cfr. T.A.R. Palermo sez. I 13/05/2002 n.1171). Quanto sin qui argomentato induce altresì il Collegio a ritenere del tutto irrilevante ai fini del decidere, oltre che infondata, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte ricorrente al puntoVII della memoria depositata in data 14/3/2008. Si osserva infatti che, con specifico riferimento alla Regione Siciliana, anche a seguito della pronuncia della Corte Cost.196/2004 sul co.14 art.32 D.L.269/2003 (dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede il rispetto della legge regionale di cui al comma 26) occorre sempre fare riferimento alla aree non soggette ai vincoli previsti, in ambito nazionale, dall’art.32 L.47/85: in specie, per quanto riguarda la Regione Sicilia, l’art.32 della normativa nazionale è stato sostituito, in sede di recepimento, dall’art.23 L.R.37/85 che prevede più stringenti limiti alla sanabilità delle opere realizzate da terzi, in assenza di titolo che abiliti al godimento del suolo, su aree appartenenti allo Stato, alla Regione o ad enti pubblici territoriali, considerata la condizione ostativa rappresentata dalla eventuale ricorrenza della previsione normativa di cui alla lett. a dell' art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78. A ben vedere, inoltre, l’ipotesi prevista dall’art.5 L.R.2003 n.4 è relativa alla “regolarizzazione” delle sole occupazioni senza titolo di beni demaniali, non anche quindi alla “sanatoria” di opere abusivamente realizzate sullo stesso demanio detenuto sine titulo.

Viene adesso in esame il secondo ricorso R.G.1900/08 qui riunito con il quale è stato impugnato il provvedimento della Soprintendenza con il quel è stata dichiarata la non compatibilità paesaggistica delle opere realizzate dalla ICEL s.r.l. con conseguente ordine la riduzione in pristino.

Il provvedimento di che trattasi è motivato sia in ragione della sussistenza del vincolo paesaggistico, sia in relazione alle previsioni dell’art.10 lett.d del nuovo P.T.P delle Isole Egadi, nonché in relazione al vincolo di inedificabilità assoluta gravante sui 150 mt. dalla battigia ai sensi dell’art.15 lett.a L.R.78/1976.

Con la prima censura parte ricorrente lamenta l’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la P.A. nell’emanazione del provvedimento impugnato, atteso che nelle more della verifica di compatibilità del P.T.P. alle previsioni dell’art.143 D.Lgs.42/04, come prescritto dall’art.156 dello stesso D.Lgs.42/04 cit., l’Amministrazione non avrebbe potuto intimare la riduzione in pristino prima di addivenire ad un accordo ex art.15 L.241/90 che tenesse conto delle precedenti determinazioni delle P.A. interessate in funzione dell’interesse pubblico sotteso alla mantenimento dell’impianto da un lato e all’assetto del territorio (come normato dallo stesso P.T.P.) dall’altro.

La doglianza è priva di pregio.

In primo luogo si osserva come il nuovo P.T.P. delle Isole Egadi, proprio in quanto emanato dopo l’entrata in vigore del D.Lgs.42/2004 (stante l’annullamento di quello precedentemente adottato) risulta conforme alle previsioni dell’art.143 cit., alla cui stregua risulta essere conformato, per cui non necessita di alcuna verifica di cui alla disciplina transitoria contenuta nel successivo art.156 richiamato da parte ricorrente, chiaramente applicabile alle diverse ipotesi di piani paesaggistici adottati in ragione della pregressa normativa.

Inoltre, percome meglio in seguito illustrato, in nuovo piano paesaggistico ha ritenuto compatibile con le previsioni di tutela anche l’esercizio dell’attività di che trattasi, pur subordinandone il mantenimento a specifiche previsioni.

Si osserva infatti, contestualmente passando al vaglio della seconda doglianza, come in sede di nuova redazione del P.T.P delle Isole Egadi, a seguito dell’annullamento ad opere del D.Pres. Reg. 28/9/2001 n.717 di quello precedentemente adottato (visto il parere del C.G.A.), l’Amministrazione ha in effetti acconsentito al mantenimento l’attuale sede dell’impianto per cui è causa, alla condizione tuttavia che lo stesso non subisse ulteriori espansioni e/o ampliamenti non compatibili con le previsioni urbanistiche (cfr. art.10 co.5 lett.D, sub 2 e sub 4-lett.e del P.T.P. cit.) e/o alla loro conformità urbanistica (e quindi di relato alle previsioni normative implicanti un vincolo di in edificabilità assoluto ex art.15 lett.a L.R.78/1976). Né può diversamente opinarsi in ragione di quanto previsto nell’art.41 del P.T.P. cit., atteso che la previsione circa il <mantenimento ed il miglioramento>
degli impianti tecnologici esistenti non può costituire il viatico per un non assentibile aumento di cubatura rispetto all’esistente.

La relativa doglianza è quindi priva di pregio.

Con la terza censura parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.7 L.241/90 in relazione agli artt.8, 14 e 15 della stessa legge nonché la falsa applicazione delle previsioni del P.T.P.;
con la quarta doglianza la ICEL s.r.l. contesta l’illegittima del dissenso espresso dall’Amministrazione al di fuori della conferenza di servizi ex art.14 quater L.241/90.

Entrambe le censure, qui contestualmente esaminate a causa della loro omogeneità e connessione, risultano infondate e vanno quindi disattese per le considerazioni che seguono.

Invero il provvedimento in questa sede impugnato risulta del tutto estraneo alla conferenza di servizi indetta dal Comune di Favignana per l’esame dell’istanza di sanatoria edilizia ex L.326/2003. Infatti l’impugnato diniego attiene al diverso e separato procedimento avviato su istanza della stessa ICEL S.r.l. ai sensi e per gli effetti dell’art.1 co.37 L.308/2004 nell’ambito del c.d. condono ambientale (operante sul piano penale quale causa di estinzione del reato) per le opere realizzate in assenza del n.o. dell’Autorità preposta a tutela del vincolo. Della relativa istanza, richiamata anche nell’oggetto del provvedimento impugnato, è data prova documentale da parte dell’Avvocatura erariale: coerentemente quindi l’Amministrazione ha proceduto ad evadere autonomamente la relativa richiesta, risultando quindi inconferente il richiamo alla diversa procedura prevista per l’esito delle istanze ex L.326/2003. Nessuna <comunicazione>
di avvio di procedimento era quindi all’uopo necessaria, stante l’avvio su richiesta di parte. Né il carattere vincolato del provvedimento di che trattasi, a causa dell’incontestabile presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta ex art.15 lett.a L.R.78/1976 (rispetto al quale non risulta che l’Ente locale competente abbia mai avanzato richieste di deroga ai sensi dell’art.57 L.R.71/1978 per l’ipotesi qui in rilievo), potrebbe indurre a differenti conclusioni anche ove la censura qui in esame possa intendersi riferita alla mancata comunicazione del preavviso di rigetto: in disparte infatti il chiaro tenore della doglianza cit., può condividersi con l’Avvocatura erariale il puntuale richiamo all’art.21 octies L.241/90.

Quanto alla quinta censura, con la quale parte ricorrente accusa il difetto di legittimazione passiva all’ordine di demolizione attesa la ritenuta accessione delle opere realizzate al demanio marittimo e l’irrinunciabilità alle stesse da parte dell’Amministrazione, valgano le argomentazioni sopra riportate in relazione ad analoga censura scrutinata nel ricorso R.G.1801/2003 qui riunito, cui si rinvia. La relativa doglianza va per le medesime considerazioni disattesa in quanto infondata.

Alla tregua delle considerazioni che precedono, i provvedimenti impugnati con entrambi ricorsi resistono alle censure spiegate nei relativi mezzi, risultando quindi legittimi.

I ricorsi vanno quindi rigettati in quanto infondati.

L’infondatezza nel merito dei ricorsi comporta altresì il rigetto delle domande risarcitorie negli stessi mezzi rispettivamente articolate.

Attesa la natura della controversia, la molteplicità e la sostanziale novità delle questioni esaminate, ritiene il Collegio di poter non fare applicazione della regola della soccombenza, compensando integralmente tra le parti le spese di giudizio.

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