TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2020-06-15, n. 202002389
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Testo completo
Pubblicato il 15/06/2020
N. 02389/2020 REG.PROV.COLL.
N. 04989/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4989 del 2015, proposto da
M F, rappresentato e difeso dall'avvocato B T, con domicilio eletto presso lo studio Claudio Sabbatino in Napoli, via Cesario Console n.3;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale domicilia in Napoli, via Diaz, 11;
per l’esecuzione
del decreto decisorio della Corte di Appello di Napoli n. 2438/12 del 5 maggio 2012 reso a definizione del procedimento RG. n. 1878/11 concernente l’equa riparazione (Legge Pinto);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2020 la dott.ssa Paola Palmarini e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020, convertito dalla legge n. 27/2020 e del Decreto Presidenziale n. 22/2020/Sede;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, il ricorrente agisce per l’esatta esecuzione del giudicato di cui al decreto decisorio in epigrafe meglio specificato, recante condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore della somma di “euro 1.837,33 oltre interessi legali dal 22.11.2011 al saldo” per la violazione del principio di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo - ragionevole durata del processo – a titolo di equa riparazione ex artt. 2 e 3 l. n. 89/2001 (Legge Pinto).
In particolare, lamenta che pur avendo ritualmente notificato il decreto in questione al Ministero della Giustizia questo non avrebbe provveduto al pagamento delle somme liquidate.
Chiede, pertanto, la nomina di un Commissario ad acta, per il caso di ulteriore inadempimento, con la condanna alle spese di lite.
Si è costituito per resistere il Ministero intimato.
Alla camera di consiglio del 10 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato e va accolto nei termini e limiti che seguono.
Il Collegio rileva come nel caso di specie ricorrano tutti i presupposti necessari per l’accoglimento, essendo il decreto in questione divenuto definitivo in seguito alla mancata proposizione di impugnazione, come da certificato in atti della competente cancelleria della Corte di Appello di Napoli, ed essendo trascorso il termine di centoventi giorni dalla data della notifica del decreto decisorio in forma esecutiva, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del decreto legge n. 669 del 1996, convertito nella legge n. 30 del 1997, senza che il Ministero della Giustizia abbia dato esecuzione al dictum del giudice civile.
In tal senso, l’art. 112, comma 2, c.p.a. ha codificato un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1484). Ne discende pertanto l’idoneità del titolo all’esecuzione, attesa la persistente ed ingiustificata inerzia dell’amministrazione, che non ha comprovato l’avvenuto pagamento (Cass. SS.UU. n. 12533/2001).
Quanto all’applicazione della l. n.208/2015 (legge di stabilità dell’anno 2016), si osserva quanto segue.
Come è noto, nelle more della presente decisione è sopravvenuta la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cosiddetta legge di stabilità 2016), che, nel comma 777, in vigore dall’1 gennaio 2016, “al fine di razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi”, ha provveduto a inserire l’art. 5-sexies (Modalità di pagamento) nella legge 24 marzo 2001, n. 89. Tale norma (primi sette commi) stabilisce che:
«1. Al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore rilascia all'amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo, nonché a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 ha validità semestrale e deve essere rinnovata a richiesta della pubblica amministrazione.
3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da emanare entro il 30 ottobre 2016, sono approvati i modelli di dichiarazione di cui al comma 1 ed è individuata la documentazione da trasmettere all'amministrazione debitrice ai sensi del predetto comma 1. Le amministrazioni pubblicano nei propri siti istituzionali la modulistica di cui al periodo precedente.
4. Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l'ordine di pagamento non può essere emesso.
5. L'amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione di cui ai commi precedenti.
6. L'amministrazione esegue, ove possibile, i provvedimenti per intero. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio, fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso, la cui regolarizzazione avviene a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie, di cui all'articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
7. Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori non possono procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto, né proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento».
Considerato che, quanto all’applicabilità dell’obbligo di dichiarazione così introdotto al giudizio di ottemperanza, rileva il comma 11 del medesimo articolo che recita: «nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non può essere disposto il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta»;il comma 12 dell’articolo in argomento prevede l’immediata operatività degli obblighi di comunicazione trattati e indica quali sono i modelli, presenti sui siti dei Ministeri, a cui fare temporaneo riferimento in attesa dei decreti ministeriali di approvazione dei decreti sulla modulistica “finale” (previsti entro il 30.10.2016), ammettendo la validità delle dichiarazioni trasmesse prima dell’entrata della legge in esame e conformi ai requisiti previsti.
Rileva il Collegio che:
- la normativa in esame non precluda la decisione sulla domanda di ottemperanza in quanto non introduce profili di inammissibilità della domanda giudiziaria per carenza dei presupposti - per questi ultimi si deve, infatti, fare riferimento al regime vigente al momento della sua proposizione - né una condizione sopravvenuta di improcedibilità;
- tuttavia, il pagamento possa avvenire solo a seguito della verifica, da parte dell’amministrazione compulsata o del commissario ad acta, dell’intervenuta esecuzione degli obblighi di comunicazione previsti dalla legge;
- pertanto, la domanda di ottemperanza proposta prima dell’entrata in vigore della novella legislativa possa essere accolta;
- tuttavia, l’ordine giudiziale susseguente, volto a disporre le misure necessarie ad assicurare l’esecuzione del giudicato, debba essere emesso nel rispetto degli obblighi di dichiarazione sopra descritti (co. 1 art. 5 sexies, cit.);
Considerato, peraltro, che:
- la disposizione del comma 11 richiama i soli obblighi di comunicazione e non l’intera procedura di liquidazione comprensiva dei termini all’uopo previsti;
- il riferimento della disposizione a una fase giudiziaria prettamente esecutiva - quale quella del giudizio di ottemperanza o di esecuzione forzata nel processo civile – determini il venir meno dell’esigenza di garantire uno spatium deliberandi all’amministrazione per pagare, mentre fa salva quella di evitare duplicazioni di pagamento e, in ogni caso, di avere una chiara situazione debitoria;
- vada salvaguardato il principio che il giudicato trovi pronta esecuzione al fine di garantire la pienezza della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost., nonché l’equità del processo e l’effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU;
Ritenuto, pertanto, che, per le esecuzioni in corso, come quella del caso di specie, il riferimento all’assolvimento degli obblighi di comunicazione sia riferibile solo alla presentazione della dichiarazione e non anche al decorso dei sei mesi (cfr. questa Sezione, n. 1089/2016).
Da tutto quanto precede la domanda attorea va, pertanto, accolta e, per l’effetto, va ordinato all’amministrazione convenuta di eseguire la statuizione giudiziale innanzi riportata e, quindi, di far luogo al pagamento di quanto dovuto nel termine di sessanta giorni decorrente dall’assolvimento da parte ricorrente degli obblighi di comunicazione dinanzi indicati, costituenti inderogabile presupposto per potersi conseguire il ripetuto pagamento.
Per quanto riguarda le spese successive al decreto azionato, e come tali non liquidate nello stesso, il Collegio specifica che in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corresponsione alla parte ricorrente, oltre che degli interessi sulle somme liquidate nelle pronunce passate in giudicato, anche delle spese accessorie (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 28 ottobre 2009, n. 1798;T.A.R. Sardegna, 29 settembre 2003, n. 1094).
Infatti, nel giudizio di ottemperanza, le ulteriori somme richieste in relazione a spese, diritti e onorari successivi al decreto sono dovute solo in relazione alla pubblicazione, all’esame ed alla notifica del medesimo, alle spese relative ad atti accessori, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale;non sono dovute, invece, le eventuali spese non funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, quali quelle di precetto (che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 e ss., c.p.c.), o quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché, come indicato, l’uso di strumenti di esecuzione diversi dall’ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore (T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 11 maggio 2010, n. 699;T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, 22 dicembre 2009, n. 1348;T.A.R. Campania Napoli, n. 9145/2005;T.A.R. Campania Napoli, n. 12998/2003;Cons. Stato, Sez. IV, n. 2490/2001;Cons. Stato, Sez. IV, n. 175/1987).
Ciò in considerazione del fatto che il creditore della P.A. può scegliere liberamente di agire, o in sede di esecuzione civile, ovvero in sede di giudizio di ottemperanza, ma una volta scelta questa seconda via non può chiedere la corresponsione delle spese derivanti dalla eventuale notifica al debitore di uno o più atti di precetto (T.A.R. Sicilia Catania, Sez. III, 14 luglio 2009, n. 1268).
Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi al decreto azionato sono quindi dovuti solo per le voci suindicate e, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidati in modo onnicomprensivo nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio, come quantificate in dispositivo.
In conclusione, richiamate le suesposte considerazioni, deve essere ribadito l’obbligo dell’amministrazione di dare esecuzione al decreto in epigrafe, mediante il pagamento in favore della parte ricorrente delle somme ivi liquidate.
L’amministrazione darà quindi esecuzione al predetto decreto entro sessanta giorni dall’integrale adempimento da parte del ricorrente degli obblighi di comunicazione suindicati.
In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora commissario ad acta un dirigente amministrativo dell’amministrazione giudiziaria da individuarsi a cura del capo dipartimento dell’amministrazione generale del personale e dei servizi presso il Ministero della Giustizia, il quale, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’inottemperanza (a cura di parte ricorrente e sempreché la parte abbia provveduto all’assolvimento degli obblighi di comunicazione), darà corso al pagamento compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’amministrazione inadempiente.
Il compenso del commissario ad acta rientra nell’onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, ai sensi del comma 8 dell’art.