TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-03-29, n. 201203032
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Testo completo
N. 03032/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07283/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 7283 del 2011, proposto da A.V. S.p.A. in liquidazione (già Armando V Trasporti internazionali), in persona del liquidatore p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti M E C e M C, per il presente giudizio elettivamente domiciliata in Roma, alla via Lucullo n. 3, presso lo studio dell'avv. N A;
contro
l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento
- del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 22521, adottato nell’adunanza del 15 giugno 2011 (Bollettino AGCM n. 24/2011) e relativo al procedimento I722 Logistica Internazionale, notificato in data 22 giugno 2011;
- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Autorità intimata;
Visto l’atto di costituzione in giudizio, nella qualità di interventrice ad opponendum, di S Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gian Luca Zampa, Alessandro Greco e Andrea Marega, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma, piazza del Popolo n. 18;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2012 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il provvedimento gravato ha ad oggetto un’intesa – della quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto che l’odierna ricorrente sia stata parte – restrittiva della concorrenza ai sensi dell’art. 101 TFUE, avente per oggetto l’incremento concertato del prezzo delle spedizioni internazionali merci su strada da e per l’Italia.
Il relativo procedimento è stato avviato in seguito alle dichiarazioni ricevute, nell’ambito del programma di clemenza, da Deutsche Bahn AG, per conto della controllata S Italiana S.p.A., Agility Logistics International BV, per conto della controllata Agility Logistic s.r.l., Deutsche Post AG per conto delle controllate DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A. e DHL Express (Italy) s.r.l., S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi s.r.l.
Secondo quanto sostenuto da AGCM, le imprese coinvolte nel procedimento avrebbero concordato una reciproca collaborazione allo scopo di sostituire gli ordinari meccanismi concorrenziali con un meccanismo di concertazione, realizzato mediante periodiche riunioni indette in ambito associativo ed aventi ad oggetto la definizione delle politiche di prezzo future.
Nel sottolineare come la sanzione irrogata nei confronti di V sia stata pari ad € 347.200,00, parte ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) La partecipazione alle riunioni di E B in qualità di Presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri: eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;eccesso di potere per carenza di motivazione e/o per illogicità e irrazionalità manifeste. Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE.
Secondo quanto indicato nel provvedimento gravato, i comportamenti finalizzati al coordinamento delle politiche di prezzo sarebbero stati assunti dalle Società indagate e dall’associazione di categoria – F, nel contesto di riunioni tenutesi presso quest’ultima (in particolare, ad opera della Sezione Spedizionieri Terrestri).
Il ruolo attivo in tale contesto addebitato alla ricorrente viene ricongiunto, in particolar modo, al fatto che il Presidente della suindicata Sezione – il sig. E B – sia stato espresso proprio da V.
Nel sottolineare come la ripetuta Sezione abbia carattere di organismo meramente tecnico e che la partecipazione ai lavori della medesima da parte dei componenti sia strettamente personale, esclude parte ricorrente che i membri agiscano in tale sede in rappresentanza delle aziende di provenienza.
2) Sulla presunta durata dell’intesa, sul requisito della continuità e sulla intervenuta prescrizione ai sensi della legge 689/1981: eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;eccesso di potere per carenza di motivazione, violazione per mancata e/o errata applicazione dell’art. 15 della legge 287/1990 e violazione del Regolamento n. 1/2003 in relazione alla durata dell’intesa.
Quanto alla durata dell’intesa – che l’Autorità ha individuato con riferimento all’arco temporale intercorrente fra il mese di marzo 2002 fino all’autunno del 2007 – parte ricorrente sottolinea che l’ultima riunione alla quale ha preso parte il sig. Bernasconi risalga al 21 settembre 2004;dopo tale circostanza, rappresentando ulteriormente V di aver cessato ogni rapporto con la Sezione Spedizionieri Terrestri e con le altre società parti del procedimento dinanzi ad AGCM.
Da quanto sopra consegue l’estraneità della ricorrente all’intesa da 21 settembre 2004 al 7 novembre 2006.
L’illecito, con riferimento al precedente periodo 11 marzo 2002 – 21 settembre 2004 sarebbe, secondo quanto dalla ricorrente argomentato, prescritto.
3) Sul ruolo di leadership attribuito all’Armando V, sulla violazione del diritto di difesa e sulla decadenza dell’Autorità ai sensi dell’art. 14 della legge 689/1981: eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione di legge per mancata e/o errata applicazione della legge 287/1990 e della legge 689/1981.
Nel rilevare l’inspiegabile coinvolgimento nel procedimento soltanto in data 28 settembre 2010 (laddove l’Autorità già precedentemente sarebbe stata edotta del ruolo svolto da V nel’ambito della presunta intesa), parte ricorrente denuncia la violazione del diritto di difesa, atteso che avrebbe potuto fruire di un periodo significativamente ridotto rispetto a quello consentito alle altre società per esaminare la documentazione acquisita da AGCM nel corso dell’istruttoria.
Secondo la tesi di V, AGCM sarebbe decaduta dal potere di contestare la presunta infrazione, atteso il decorso del termine di 90 giorni ex art. 14 della legge 287/1990.
4) Sull’assenza di profili anticoncorrenziali sulle condotte assunte in ambito associativo: violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE. Travisamento dei fatti, errori nei presupposti ed eccesso di potere.
Nell’assumere la presenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, l’Autorità avrebbe omesso di considerare che il rilevato scambio di informazioni fra gli operatori, in quanto non avente ad oggetto lo scambio di informazioni “sensibili” (ma, piuttosto, finalizzato a rilevare l’andamento generale del mercato in relazione al servizio offerto) non avrebbe avuto carattere di illiceità.
Né l’emanazione di comunicati stampa contenenti l’indicazione sugli aumenti di prezzo concertati costituirebbe idonea dimostrazione della presenza di una sottostante intesa.
Rileva inoltre parte ricorrente che l’esclusa configurazione di un’intesa consegue anche alla particolare struttura del mercato, caratterizzato da un numero elevatissimo di operatori, del quale le imprese asseritamente facenti parte dell’intesa stessa rappresentano un’esigua componente.
5) Sulla presunta gravità dell’intesa e sull’assenza di effetti: eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, violazione dei principi contenuti nella legge 287/1990 e nella legge 689/1981.
Contesta poi parte ricorrente il carattere di “gravità” dell’intesa, atteso che AGCM avrebbe omesso di condurre le necessarie indagini preordinate a verificare l’effettiva incidenza sul mercato dell’asserito concordamento anche con riferimento ad eventuali effetti incrementali sui prezzi.
Né alcun accertamento risulterebbe essere stato effettuato con riferimento all’individuazione delle quote di mercato facenti capo alle imprese parti della presunta intesa.
6) Segue: eccesso di potere e violazione dei fondamentali principi di proporzionalità e ragionevolezza in relazione all’entità della sanzione comminata a V rispetto ai comportamenti contestati. Violazione per mancata e/o errata applicazione dell’art. 15 della legge 287/1990. Violazione dell’art. 11 della legge 689/1981.
Il carattere sproporzionato ed ingiustificato della commisurazione della sanzione applicata nei confronti della ricorrente viene da quest’ultima evidenziato con riferimento alla già accennata riduzione temporale della partecipazione all’intesa.
In presenza di una misura della sanzione pari al 10% del fatturato realizzato nel 2009 (il massimo consentito), evidenzia parte ricorrente che relativamente ad altre tipologie di intese la percentuale del fatturato presa in considerazione dall’Autorità ai fini in discorso è stata significativamente ridotta.
7) Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione in relazione all’individuazione e definizione del mercato rilevante. Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE.
La definizione del mercato rilevante, per come operata dall’Autorità, sarebbe poi illogica e contraddittoria.
Essa avrebbe ad oggetto il mercato nazionale delle spedizioni di merci su strada da e per l’Italia, laddove gli spedizionieri opererebbero su un mercato molto più ampio di quello delle spedizioni, confrontandosi con tutti gli operatori del trasporto merci per conto terzi (ad esempio, gli autotrasportatori, che sarebbero controparti rispetto agli spedizionieri;nonché gli spedizionieri esteri).
Non sarebbe stata, quindi, effettuata una puntuale decifrazione del grado di offensività dell’illecito, da porre in essere attraverso un’attenta e scrupolosa indagine delle dinamiche concorrenziali sul mercato.
Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
L'Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.
Si è inoltre costituita in giudizio, nella qualità di interventrice ad opponendum, S Italiana S.p.A., parimenti sollecitando il rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 3515 del 29 settembre 2011 è stato preso atto della rinuncia, dalla parte formulata, alla domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte stessa proposta in via incidentale.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 22 febbraio 2012.
DIRITTO
Ai fini di una più agevole leggibilità del percorso argomentativo che il Collegio ha ritenuto di intraprendere al fine della rimessa disamina in ordine ai molteplici profili di sostenuta criticabilità della gravata determinazione, si è ritenuto di articolare la scansione delle problematiche affrontate secondo quanto di seguito indicato:
1. LO SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
2. L’OGGETTO DELL’INTESA
3. L’INDIVIDUAZIONE DEL MERCATO RILEVANTE
3.1 Il contenuto della deliberazione impugnata
3.2 L’interpretazione della nozione di mercato rilevante
3.3 Correttezza della valutazione di AGCM ai fini della individuazione del mercato rilevante nella vicenda all’esame
4. LE CONDOTTE DELLE PARTI – LA CONFIGURAZIONE DI UN’INTESA ANTICONCORRENZIALE
4.1 La ricostruzione dell’Autorità. Sviluppo temporale dell’intesa.
4.2 La confutazione delle argomentazioni delle parti
4.3 Le coordinate identificative dell’intesa anticompetitiva
4.3.1 Il quadro normativo
4.3.2 L’interpretazione giurisprudenziale sulla configurabilità dell’intesa
4.3.3 Intesa anticompetitiva e rilevanza degli effetti da essa indotti sul mercato.
4.3.4 Lo sviluppo diacronico della partecipazione all’intesa
4.3.5 La continuità dell’intesa
4.3.6 La rilevanza dello scambio di informazioni ai fini della configurazione del carattere anticoncorrenziale dell’intesa.
4.3.7 L’elemento soggettivo
4.4 Idoneità del quadro probatorio ai fini della dimostrazione dell’esistenza dell’intesa.
4.5 Segue: il quadro probatorio e le dichiarazioni dei leniency applicants
4.6 L’inapplicabilità dell’art. 101, comma 3, TFUE
5. DETERMINAZIONE DELLA SANZIONE
5.1 La valutazione della gravità dell’illecito
5.2. La valutazione della durata dell’illecito
5.3 Gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria in ordine alla gravità dell’infrazione ed alla commisurazione della sanzione con riferimento alla dimensione economica dell’operatore
5.4 La determinazione della base della sanzione con riferimento al fatturato
5.5 L’applicazione di circostanze attenuanti
5.6 Le circostanze aggravanti
5.7 Commisurazione dell’apparato sanzionatorio nei confronti della parte ricorrente
6. CONCLUSIONI
1. LO SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
1.1 In data 18 novembre 2009 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato il procedimento I722 nei confronti delle società Agility Logistics S.r.l., A &Pitigliani S.p.A., B S.p.A., Cargo Nord S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A., Ferrari S.p.A., Francesco Parisi Casa di Spedizioni S.p.A., Gefco Italia S.p.A., Geodis Zust Ambrosetti S.p.A., I-DIKA - S.p.A., Italmondo – Trasporti Internazionali S.p.A., Italsempione – Spedizioni Internazionali S.p.A., ITK Zardini S.r.l., ITX Cargo S.r.l., Rhenus Logistics S.p.A., Saima Avandero S.p.A., S Italiana S.p.A., S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l., Transervice Europa S.r.l. - T.S.E. S.r.l. e Villanova S.p.A. e dell’Associazione F – Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali, al fine di accertare eventuali violazioni dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
L’avvio procedimentale anzidetto veniva veicolato dalla domanda della società Deutsche Bahn AG, alla quale hanno fatto seguito successivamente le domande delle società Agility Logistics International BV, Deutsche Post AG e S.I.T.T.A.M. Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l.
Il 10 febbraio 2010 il procedimento veniva esteso nei confronti di DHL Express S.r.l., Geodis Wilson Italia S.p.A., Alpi Padana S.r.l. e Spedipra S.r.l.;omogenea estensione interveniva, il successivo 15 settembre 2010, nei riguardi di Armando V S.p.A. Trasporti Internazionali in liquidazione e UBV Group S.p.A.
1.2 In data 12 dicembre 2007 Deutsche Bahn AG ha presentato, anche per conto delle proprie controllate, tra le quali la società S Italiana S.p.A., una domanda semplificata in forma orale di trattamento favorevole, ai sensi dell'art. 15 della legge 10 ottobre 1990 n. 287.
A tale richiesta – accolta dall’Autorità nell’adunanza del 18 giugno 2009 – facevano poi seguito omogenee istanze (analogamente accolte) presentate da Agility Logistics International BV (anche per conto delle proprie controllate, tra le quali la società Agility Logistics S.r.l.), da Deutsche Post Ag (anche per conto delle proprie controllate, tra le quali le società Global Forwarding (Italy) S.p.A. e Dhl Express S.r.l.), da S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l.
1.3 L’oggetto del procedimento come sopra avviato concerne, giusta quanto evidenziato nella determinazione in rassegna, “il coordinamento delle strategie commerciali tra i principali operatori del mercato, realizzato attraverso numerosi e regolari incontri, anche con il contributo organizzativo dell’associazione di categoria F, durante i quali le società avrebbero reciprocamente scambiato dati ed informazioni relativi all’incidenza dell’incremento dei costi (soprattutto l’incidenza di voci di costo quali il carburante, i pedaggi stradali ed i costi amministrativi) al fine di concordare la realizzazione di aumenti del prezzo dei servizi resi alla clientela, nonché le relative modalità ed entità”.
L’Associazione di categoria avrebbe, inoltre, “partecipato attivamente a tale coordinamento, anche inviando circolari alle imprese associate e diffondendo comunicati stampa ed annunci su quotidiani a tiratura nazionale al fine
i) di agevolare l’attuazione degli aumenti, ingenerando nei clienti un’aspettativa in tal senso, nonché
ii) di informare tutte le imprese del settore delle decisioni assunte in ambito associativo”.
In esito allo svolgimento di accertamenti ispettivi, emergevano elementi atti a determinare l’estensione soggettiva del procedimento nei confronti di altrri operatori inizialmente non contemplati in esso.
In esito alla presentazione, ad opera di talune delle parti, di impegni ai sensi dell’art. 14-ter della legge n. 287/1990, volti a rimuovere i profili anticoncorrenziali dell’infrazione contestata, l’Autorità – con provvedimenti assunti nelle riunioni del 15 e 30 settembre 2010 – riteneva tali impegni “manifestamente inidonei a far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria”, disponendone conseguentemente il rigetto.
In data 4 marzo 2011, veniva inviata la comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), con la quale si attribuiva alle parti una violazione delle regole di concorrenza consistente nell’aver posto in essere, almeno dal marzo del 2002 all’autunno del 2007, un’intesa restrittiva della concorrenza, nel mercato delle spedizioni internazionali di merci via terra da e per l’Italia, volta a coordinare l’aumento dei prezzi.
2. L’OGGETTO DELL’INTESA
Il provvedimento si diffonde sull’analitica individuazione delle modalità attuative dell’attività degli spedizionieri, consistente “nell’organizzazione della spedizione di merci (c.d. freight forwarding), sia sotto il profilo delle necessarie pratiche amministrative che dello spostamento fisico delle merci”;preliminarmente rilevandosi che “le spedizioni di merci possono avvenire per via aerea, per mare, per terra o con modalità mista” e “possono essere domestiche ovvero internazionali” e “costituite da carichi completi o collettame (cd groupage)”.
Nel rilevare come, ai fini della “realizzazione del proprio servizio lo spedizioniere si avvale prevalentemente di soggetti terzi, fornitori di servizi che, per lo stesso, costituiscono input produttivi”, viene osservato come “nella maggior parte delle situazioni, ovvero in quasi tutti i casi per le Parti della presente procedura, l’attività di trasporto è svolta da vettori terzi e lo spedizioniere di fatto non dispone di flotte di mezzi pesanti per il trasporto”.
Quanto alle “sole spedizioni internazionali di merci via terra, benché lo spedizioniere possa essere incaricato della spedizione sia dall’impresa estera che da quella nazionale e sia per merci in uscita (esportazioni) che per merci in entrata (importazioni), dalla documentazione in atti” è risultato che “la casistica astratta non ricorre tutta con la medesima frequenza. In particolare, nella maggior parte dei casi, per le merci in uscita, una società di spedizioni nazionali è incaricata del servizio da un’impresa esportatrice domestica. Simmetricamente, per le importazioni è più frequente il caso nel quale il committente della spedizione è costituito da un’impresa estera, la quale, generalmente, si rivolge ad uno spedizioniere estero”.
Se “ciascuno spedizioniere svolge il servizio solo nel territorio nazionale di propria appartenenza, o al più fino al centro di smistamento estero del proprio corrispondente”, il resto “del servizio, a prescindere da quale sia lo spedizioniere incaricato, viene svolto dal corrispondente estero dello spedizioniere italiano, il quale (spedizioniere italiano) per questa parte del servizio fattura (ovvero, realizza un fatturato) allo spedizioniere che ha avuto l’incarico”: conseguentemente assumendosi che “gli spedizionieri italiani realizzano la gran parte dei servizi di spedizione internazionale via terra per la parte che si svolge in Italia”: laddove:
- “nel caso di spedizionieri appartenenti a grandi gruppi internazionali (quali, ad esempio, Agility, Dhl, Geodis, Italsempione, Rhenus, Saima, S, ecc.), i corrispondenti esteri, che vengono incaricati dell’esecuzione parziale della spedizione dagli spedizionieri italiani, sono società appartenenti allo stesso gruppo”;
- mentre “per gli spedizionieri italiani minori o comunque non appartenenti ai grandi gruppi multinazionali, i corrispondenti esteri sono rappresentati da società indipendenti, spesso diverse per ciascun paese estero e legate allo spedizioniere italiano solo da rapporti contrattuali, relativi alla realizzazione della parte estera della spedizione”.
Da tale esemplificazione argomenta l’Autorità che “nel caso di spedizioni internazionali da e per l’Italia, le condizioni di concorrenza instauratesi fra gli spedizionieri nazionali producono effetti anche sui prezzi praticati ai clienti finali dagli spedizionieri esteri nei rispettivi Paesi, i quali, nelle proprie politiche commerciali, dovranno considerare i prezzi che ad essi stessi sono praticati dai corrispondenti italiani che compiono parte del servizio”;tali condizioni avverandosi “sia per gli spedizionieri esteri che si avvalgono di corrispondenti italiani appartenenti allo stesso gruppo (nel caso delle multinazionali), che nel caso di spedizionieri esteri che si avvalgono di corrispondenti italiani indipendenti, legati solo da rapporti contrattuali”.
Nell’analisi del mercato, AGCM ha quindi rilevato che “nel complesso, gli spedizionieri risultano molto diversificati fra loro, per dimensione assoluta, per appartenenza o meno a grandi gruppi multinazionali, per capacità o meno di operare su un’ampia gamma di rotte, per specializzazione settoriale (spedizioni aeree, via mare o via terra) e merceologica (spedizione solo di determinate categorie di merci ovvero di qualunque merce), per capacità o meno di offrire anche servizi logistici e per aver integrato o meno anche i servizi di trasporto”.
3. L’INDIVIDUAZIONE DEL MERCATO RILEVANTE
In relazione all’identificazione del mercato rilevante effettuata dall’Autorità, ne sono stati contestati gli elementi di valutazione posti a suo fondamento, in ragione della mancata considerazione, da un lato, della ridotta quota di mercato detenuta dalle parti dell’intesa e, dall’altro, della presenza di ulteriori soggetti, quali gli autotrasportatori e i vettori, che operano, a seguito dell’abolizione delle barriere doganali e della modifica delle dinamiche competitive del mercato, in piena concorrenza con gli spedizionieri.
La censure rivolte avverso la definizione del mercato rilevante esplicano, all’evidenza, effetti sia con riferimento alla delimitazione della portata dell’intesa ed al riscontro del requisito della consistenza della stessa (in disparte la questione della non applicabilità dell’eccezione del de minimis alle intese sui prezzi c.d. ‘hard core’), sia con riferimento alla quantificazione della sanzione in quanto connessa, per il tramite della fissazione dell’importo base in relazione ad una percentuale del valore delle vendite dei beni e servizi ai quali l’infrazione si riferisce, alla delimitazione del mercato rilevante.
3.1 Il contenuto della deliberazione impugnata
Ciò posto, è opportuno premettere l’illustrazione del contenuto della gravata delibera, nella parte in cui offre la definizione del mercato rilevante, riferito all’intesa sanzionata, come adottata a seguito della disamina delle osservazioni formulate dalle parti del procedimento, le quali, successivamente alla Comunicazione delle Risultanze Istruttorie, hanno variamente sollecitato una definizione del mercato rilevante di più ampia portata, ovvero una più ridotta estensione dello stesso.
In tale direzione va precisato che l’Autorità ha ritenuto che il mercato rilevante sia quello rappresentato dal mercato nazionale delle spedizioni internazionali di merci da e per l’Italia sulla base della considerazione che l’intesa restrittiva della concorrenza è stata realizzata in ambito associativo nazionale fra gli spedizionieri internazionali via terra rappresentativi della gran parte del mercato nazionale, valorizzando la circostanza che le riunioni nelle quali si è realizzato il coordinamento degli aumenti di prezzo sono intervenute tra spedizionieri internazionali via terra italiani, riuniti nella Sezione Spedizionieri Terrestri di F, e che l’oggetto della concertazione erano gli incrementi di prezzo delle spedizioni internazionali via terra da parte degli spedizionieri nazionali.
Ricordato il rilievo secondario che nei casi di cartello assume l’individuazione del mercato rilevante, l’Autorità ha evidenziato l’esatta coincidenza tra l’oggetto della concertazione con l’operata individuazione del mercato rilevante, essendo la concertazione avvenuta nell’ambito associativo degli spedizionieri terrestri che corrisponde esattamente al mercato rilevante individuato.
Sotto il profilo delle modalità adottate per giungere alla individuazione del mercato rilevante, l’Autorità ha precisato come nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, tale definizione interviene successivamente all’individuazione dell’intesa ed è esclusivamente funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell’illecito e all’individuazione delle caratteristiche del contesto in cui si colloca il coordinamento tra le imprese concorrenti, essendo proprio l’ambito di tale coordinamento a delimitare il mercato rilevante.
La definizione di mercato rilevante offerta dall’Autorità è anche frutto dell’analisi dell’attività svolta dagli spedizionieri, evidenziando in proposito l’Autorità come ciascuno spedizioniere svolga il servizio solo nel territorio nazionale di propria appartenenza, o al più fino al centro di smistamento estero del proprio corrispondente, mentre il resto del servizio viene svolto dal corrispondente estero dello spedizioniere italiano, il quale ultimo emette fattura, per questa parte del servizio, allo spedizioniere che ha avuto l’incarico, ritenendo su tale base che gli spedizionieri italiani realizzano la gran parte dei servizi di spedizione internazionale via terra per la parte che si svolge in Italia (comprendendo fra tali servizi sia quelli richiesti dalla clientela che quelli richiesti dai corrispondenti esteri i quali, per la parte di spedizione che si svolge in Italia, si affidano ad uno spedizioniere italiano).
In ragione delle predette modalità operative dell’attività degli spedizionieri, l’Autorità ha quindi ritenuto che nel caso di spedizioni internazionali da e per l’Italia, le condizioni di concorrenza instauratesi fra gli spedizionieri nazionali si riflettono indirettamente anche sui prezzi praticati ai clienti finali dagli spedizionieri esteri nei rispettivi Paesi, i quali, nelle proprie politiche commerciali, dovranno considerare i prezzi che ad essi stessi sono praticati dai corrispondenti italiani che compiono parte del servizio, in quanto chiamati a fronteggiare le condizioni di concorrenza tra questi vigenti, esplicandosi tale incidenza sui prezzi praticati dagli spedizionieri esteri sia che questi si avvalgano di corrispondenti italiani appartenenti allo stesso gruppo, che nel caso in cui si avvalgano di corrispondenti italiani indipendenti ai quali sono legati solo da rapporti contrattuali.
Avuto riguardo alle osservazioni delle Parti inerenti la definizione di mercato rilevante, l’Autorità ha ritenuto – per quanto qui interessa – non accoglibili quelle volte ad estenderne la portata attraverso la ricomprensione nel suo ambito anche degli autotrasportatori (come auspicato da parte ricorrente) sulla base della considerazione che emergerebbe dalle acquisizioni documentali che le stesse Parti considerano tale categoria come controparte contrattuale e non come concorrente, altresì rilevando – con affermazione invero piuttosto sbrigativa – come le contestazioni mosse alla definizione del mercato rilevante, in quanto volte da un lato ad allargarne l’ambito e dall’altro a restringerlo, si eliderebbero a vicenda.
3.2) L’interpretazione della nozione di mercato rilevante
Così riferita la definizione di mercato rilevante operata dall'Autorità, che parte ricorrente contesta, occorre precisare che nel caso di una sospetta violazione delle regole sulla concorrenza, il primo elemento da considerare è appunto il mercato rilevante in quanto volto a stabilire la portata delle regole sulla concorrenza rispetto alle pratiche restrittive e all’abuso di posizione dominante, e lo stesso deve essere definito caso per caso sulla base di un’analisi che abbracci sia il profilo del prodotto che quello geografico, al fine di stabilire se ci sono concorrenti effettivi in grado di condizionare il comportamento delle imprese interessate e di valutare il livello di concorrenza effettiva sul mercato.
Alla individuazione del mercato rilevante la Commissione UE ha dedicato una apposita Comunicazione (Comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante ai fini dell'applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza - Gazzetta ufficiale C 372 del 9.12.1997) volta a fornire elementi orientativi alla ricostruzione del mercato rilevante per prodotto e per ambito geografico ai fini dell’applicazione delle norme giuridiche in materia di concorrenza nell’Unione Europea.
Premesso che il mercato rilevante serve ad analizzare il comportamento delle imprese e le condizioni specifiche in cui operano al fine dell’applicazione del diritto antitrust, e che la relativa definizione può portare a risultati diversi a seconda del tipo di problema di concorrenza, occorrendo, pertanto, un’analisi strutturata che sia anche sufficientemente flessibile per tenere conto di singole circostanze, va altresì rilevato che la definizione del mercato costituisce uno strumento per individuare e definire l'ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro, consentendo di stabilire il contesto entro il quale sono state violate le regole della concorrenza.
Il mercato rilevante, che costituisce il presupposto indispensabile per poter valutare l'esistenza di una posizione dominante, nonché gli effetti sulla concorrenza di un'intesa, di una concentrazione, di un aiuto di Stato o dei comportamenti dell'impresa dominante, è quindi la delimitazione del contesto economico nel quale operano le imprese coinvolte nella violazione e va definito sia sotto il profilo merceologico che sotto il profilo geografico per individuare i concorrenti effettivi delle imprese interessate che sono in grado di condizionare il comportamento di queste ultime e di impedire loro di operare in modo indipendente da effettive pressioni concorrenziali.
E’ di tutta evidenza come il concetto di mercato rilevante – del prodotto e geografico - sia diverso dalle altre nozioni di mercato, ed ha un’influenza determinante sulla valutazione del caso.
Il mercato rilevante combina il mercato del prodotto rilevante e il mercato geografico rilevante definiti, l’uno, come il mercato che comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati;e, l’altro, il mercato che comprende l'area in cui le imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee, risultando quindi il mercato rilevante nell'ambito del quale va valutato un determinato problema di concorrenza dalla combinazione del mercato del prodotto e del mercato geografico rilevanti.
Il mercato rilevante può, quindi, essere definito come il più piccolo contesto merceologico e geografico (insieme di prodotti, area geografica) nel cui ambito si sono integrate violazioni alle regole sulla concorrenza, e la relativa definizione implica un accertamento di fatto cui segue l'applicazione, ai fatti accertati, delle norme giuridiche in tema di mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.
Il mercato rilevante può, quindi, definirsi come quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 2000, n. 1348, 12 febbraio 2001 n. 652 e 9 aprile 2009 n. 2201;TAR Lazio, Sez. I, 2 dicembre 2009 n. 12331).
L’individuazione del mercato rilevante è il risultato di un accertamento di fatto connotato, come chiaramente emergente dalle indicate coordinate sulla cui base condurre l’indagine circa la sua delimitazione, dall’esercizio di una discrezionalità basata su regole tecniche, prive del carattere di certezza e quindi opinabili, che attinge a nozioni di tipo economico, operando l’AGCM al confine tra diritto ed economia, sulla base di norme, comunitarie e nazionali, che fanno ampio uso di concetti giuridici indeterminati e di nozioni tecnico-economiche.
La identificazione del presupposto indispensabile per valutare gli effetti sulla concorrenza di un'intesa, costituito dal mercato rilevante, transita quindi attraverso l’applicazione ai fatti accertati di norme giuridiche, come interpretate dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria, recanti concetti indeterminati di carattere tecnico opinabile.
Tale applicazione delle norme ai fatti implica un'operazione di "contestualizzazione" delle fonti normative, frutto di una valutazione giuridica complessa che adatta concetti giuridici indeterminati (quali, appunto, il "mercato rilevante") al caso specifico, operazione che implica inevitabilmente margini di opinabilità, atteso il carattere di concetto giuridico indeterminato delle relative nozioni.
Dalla descritta connotazione dell’accertamento in questione discendono precise ricadute in ordine all’ambito del consentito sindacato di legittimità del giudice amministrativo in ordine alle valutazioni dell’Autorità – che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio – potendo il giudice valutare i fatti al fine di accertare se la ricostruzione di essi operata dall'AGCM sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le disposizioni giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate.
Difatti, stante il carattere complesso e opinabile delle valutazioni sottese all’individuazione del mercato rilevante, deve escludersi che il sindacato giurisdizionale sulla sua configurazione possa spingersi sino a contestarne la definizione sulla base di valutazioni economiche diverse da quelle espresse dall’Autorità, le quali sono sindacabili solo in presenza di vizi logici o di ragionevolezza, o di vizi inerenti il difetto di istruttoria o di motivazione.
In presenza di margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può dunque sostituirsi all'AGCM nella definizione del mercato rilevante se questa sia attendibile secondo la scienza economica, immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (Cons. Stato, Sez. VI, 23 aprile 2002, n. 2199;1 ottobre 2002, n. 5156;2 marzo 2004, n. 926;12 febbraio 2007, n. 550;3 aprile 2009, n. 2089;9 aprile 2009 n. 2205;9 febbraio 2011 n. 896;TAR Lazio, Sez. I, 26 giugno 2008, n. 6215; 2 dicembre 2009 n. 12331;17 novembre 2011 n. 8947).
Ne discende che l’individuazione da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del mercato rilevante – ovvero di quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati fra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza – non è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità se non per vizi logici, di difetto di istruttoria e di motivazione;pertanto, il giudice amministrativo, al quale non è consentito di sostituire le proprie valutazioni a quelle riservate all'autorità, e quindi dare un'autonoma definizione del mercato rilevante, deve limitarsi a verificare se la definizione tratteggiata dall'Autorità sia o meno affetta dai vizi de quibus (Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 2000 n. 1348;T.A.R. Lazio, Sez. I, 2 dicembre 2009 n. 12331).
Essendo l’individuazione dell'estensione merceologico–geografica del mercato rilevante funzionale a valutare la possibilità che il consumatore, potenziale vittima di un illecito anticoncorrenziale, ha di rivolgersi ad altri prodotti che possano servire gli stessi fini (mercato dei prodotti), ovvero l'area all'interno della quale il consumatore possa rivolgersi verso altri fornitori, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che, ai fini della tutela della concorrenza, in sede di individuazione del mercato rilevante sul piano geografico può essere presa in considerazione anche una porzione limitata del territorio, quando sia individuabile un'area nella quale si svolga l'incontro della domanda e dell'offerta di un determinato prodotto, in condizioni di completa autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui (T.A.R. Lazio, Sez. I, 27 febbraio 2007 n. 1743 e 8 febbraio 2000 n. 793), potendosi individuare illeciti anticoncorrenziali relativamente anche ad aree circoscritte del territorio nazionale quando particolari condizioni concorrenziali legittimino la configurazione di un mercato locale ben definito, pur dovendo comunque il mercato di riferimento essere costituito da una parte ‘rilevante’ del mercato nazionale che, di regola, non può coincidere con una qualsiasi operazione economica (Con. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2009, n. 2205).
Condizione per la definizione di mercato rilevante è quindi la sussistenza di un ambito territoriale, riferito ad un determinato prodotto, in cui ha luogo l’incontro tra domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui, e quindi esista una concorrenza suscettibile di essere alterata.
Nella costruzione del mercato rilevante in senso geografico un fattore decisivo può essere rappresentato dalle abitudini dei consumatori, dalle loro preferenze per prodotti regionali o locali, dalle tradizioni, o, ancora, dalla proclività sociale allo spostamento per acquisire beni o servizi di una certa tipologia.
Va peraltro escluso che l'Autorità sia libera di configurare la nozione di rilevanza a suo piacimento, dovendosi, piuttosto, ritenere che la relativa ricostruzione, così come le accessive opzioni ermeneutiche, trovino un insuperabile limite nell'esistenza di un pregiudizio – anche solo potenziale, per quanto dianzi illustrato - per il consumatore del bene o del servizio.
Il mercato rilevante, nella sua dimensione geografica, non deve quindi essere configurato a partire tanto dalle caratteristiche dell'offerta, quanto dalle caratteristiche della domanda.
Occorre anche evidenziare che con riferimento alle intese restrittive della concorrenza l'individuazione del mercato rilevante, benché utile per meglio circoscrivere e focalizzare l'analisi dei comportamenti delle imprese coinvolte, non appare decisiva come invece nei casi di valutazione di comportamenti abusivi (Tribunale di Primo Grado, sent. 21 febbraio 1995, in causa T-29/92, SPO).
Nel caso di intese, infatti, la definizione del mercato rilevante è essenzialmente volta a individuare le caratteristiche del contesto economico e giuridico nel quale si colloca l'accordo o la pratica concordata fra imprese (In tal senso, cfr. sent. 16 dicembre 1975, Suiker Unie/Commissione, cause riunite 40-48, 50, 54-56, 111, 113-114/75;10 marzo 1992, Siv/Commissione, T-68/92.).
Tale definizione è diretta all'individuazione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall'illecito concorrenziale, ed è dunque "funzionale alla decifrazione del suo grado di offensività" (TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. n. 1790/2003;Cons. St., Sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271).
3.3 Correttezza della valutazione di AGCM ai fini della individuazione del mercato rilevante nella vicenda all’esame
Al fine di correttamente inquadrare la portata delle censure mosse alla definizione di mercato rilevante contenuta nella gravata delibera e della conseguente disamina rimessa al Collegio, è indispensabile puntualizzare come, nelle ipotesi di intese restrittive, la definizione del mercato rilevante sia (necessariamente) successiva all'individuazione dell'intesa, in quanto sono l'ampiezza e l'oggetto dell'intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso: vale a dire che la definizione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall'illecito concorrenziale è funzionale alla individuazione del grado di offensività dell'illecito.
Ciò premesso, il Collegio ritiene che l'individuazione del mercato rilevante operata dall'AGCM sia attendibile e immune, quanto all'accertamento dei fatti, da vizi di travisamento o di illogicità, nonché immune, quanto alle disposizioni giuridiche interpretate e applicate, da vizi di legittimità.
Richiamato quanto sopra illustrato in ordine alle considerazioni espresse dall'Autorità sia con riferimento all’ambito merceologico che geografico del settore inciso dall’intesa anticoncorrenziale, giova evidenziare la completa corrispondenza tra il mercato ritenuto rilevante e l’oggetto dell’intesa.
Ciò coerentemente con la regola, dianzi descritta, in base alla quale - essendo l'ampiezza e l'oggetto dell'intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso - la definizione del mercato rilevante segue l'individuazione dell'intesa.
Nell’ambito del consentito sindacato, non sostitutivo del merito delle valutazioni tecniche, le argomentazioni ex adverso esposte non sono idonee a scalfire le conclusioni raggiunte dall’Autorità che ha in modo convincente ricostruito l’ambito del mercato rilevante – individuato nel mercato nazionale delle spedizioni internazionali di merci da e per l’Italia –desumendo tale nozione dal rilievo che l’intesa restrittiva della concorrenza è stata realizzata in ambito associativo nazionale fra gli spedizionieri internazionali via terra rappresentativi della gran parte del mercato nazionale, che le riunioni nelle quali si è realizzato il coordinamento degli aumenti di prezzo sono intervenute tra spedizionieri internazionali via terra italiani, riuniti nella Sezione Spedizionieri Terrestri di F, e che l’oggetto della concertazione erano gli incrementi di prezzo delle spedizioni internazionali via terra da parte degli spedizionieri nazionali.
Il mercato rilevante, come definito dall’Autorità, coincide perfettamente – e correttamente quanto ad estensione geografica e settore merceologico – con l’oggetto della concertazione, avvenuta nell’ambito associativo degli spedizionieri terrestri, risultando, pertanto, nel suo complesso, attendibile sotto il profilo tecnico, congruamente motivata e supportata da una adeguata istruttoria, dando corretto ed adeguato rilievo alla circostanza che nel caso di specie l'intesa contestata aveva proprio ad oggetto l’aumento dei prezzi delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia da parte degli spedizionieri internazionali via terra italiani.
Correttamente, quindi, l'AGCM ha definito il mercato rilevante prendendo le mosse dall'oggetto del comportamento contestato, che ha avuto incidenza nel settore delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia, posto che, come dianzi ricordato, nelle ipotesi di intese restrittive la definizione del mercato rilevante è successiva all'individuazione dell'intesa.
Tali essendo le modalità in base alle quali addivenire alla corretta delimitazione del mercato rilevante, soffre di un errore metodologico l’impianto ricorsuale che ne trascura il decisivo rilievo per spostare l’analisi del mercato rilevante sul fronte della individuazione di ulteriori soggetti, diversi dagli spedizionieri internazionali, qualificati quali concorrenti.
Viene, in tal modo, valorizzato il mercato sotto il profilo dell’offerta, trascurando quello della domanda e, con una sorta di inversione logica, si omette di considerare l’oggetto e l’ampiezza dell’intesa - da cui occorre desumere il corrispondente mercato rilevante di incidenza della stessa – per giungere ad una corrispondenza, non tra oggetto dell’intesa e mercato, ma tra settore dell’offerta e mercato rilevante, laddove l’ambito merceologico e territoriale rilevante ai fini delle intese anticoncorrenziali è quello in cui si manifesta il coordinamento tra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti rilevanti dell’illecito concorrenziale.
Pur essendo l’elemento inerente la concorrenza tra gli operatori del mercato rilevante uno dei requisiti per la sua definizione, la nozione di mercato rilevante proposta da parte ricorrente non risulta rappresentativa dell’effettiva dinamica ed estensione dell’illecito, allargandosi tale nozione fino a ricomprendere soggetti estranei all’intesa.
In disparte il rilievo che il sindacato giurisdizionale sollecitato con riferimento alla ricognizione del mercato rilevante è limitato ai soli profili, sopra illustrati, di legittimità, non potendo estendersi alla scelta di merito, sotto il profilo economico e giuridico, sottesa alle proposte argomentazioni che tendono a suggerire una diversa definizione di mercato rilevante, occorre rilevare come le censure proposte non tendono, in sostanza, a minare la corrispondenza tra oggetto dell’illecito e mercato rilevante proposta dall’Autorità o l’incoerenza tra la definizione del mercato e il comportamento oggetto di valutazione – che potrebbero più propriamente rivestire valenza chiaramente inficiante – non offrendo parte ricorrente alcun valido e convincente elemento da cui desumere l’avvenuta partecipazione alla concertazione di soggetti, diversi dagli spedizionieri internazionali italiani, quali gli autotrasportatori, che solo potrebbe costituire elemento idoneo ad incrinare le valutazioni espresse dall’Autorità sul punto.
Pertanto, alla luce del decisivo rilievo che la concertazione tra imprese ha riguardato l’intero mercato nazionale delle spedizioni internazionali via terra da e per l’Italia da parte degli spedizionieri nazionali, emerge la correttezza e la logicità della decisione assunta dall’Autorità, e ciò nella considerazione che l’individuazione del mercato rilevante avviene a posteriori tenendo conto dell’effettivo ambito spaziale e merceologico dell’oggetto dell’indagine relativa all’illecito anticoncorrenziale.
Inoltre, essendosi l’intesa realizzata in ambito associativo nazionale, all’interno della Sezione Spedizionieri Terrestri dell’Associazione degli spedizionieri, attraverso riunioni tra gli spedizionieri internazionali via terra, appare invero arduo poter ricomprendere nell’ambito del mercato rilevante – che deve coincidere con l’oggetto dell’intesa – soggetti estranei a tale contesto associativo.
Aggiungasi che l’Autorità, nell’esaminare le osservazioni delle Parti del procedimento che hanno proposto analoga estensione della nozione di mercato rilevante, comprensiva degli autotrasportatori, ha espressamente rilevato come tale categoria di soggetti sia considerata dalle Parti come controparte contrattuale e non già come categoria in concorrenza sul medesimo mercato, tanto che in occasione dell’emanazione di un comunicato stampa sull’aumento dei prezzi connesso all’incremento del costo del carburante si interrogano sull’opportunità della sua emissione temendo che ciò potesse indurre gli autotrasportatori a praticare un aumento agli spedizionieri (email di F del 12 marzo 2003).
Inoltre, dalla documentazione acquisita in via istruttoria dall’Autorità e dal contenuto delle riunioni per effetto delle quali si è consumata l’intesa, non emergono riferimenti agli autotrasportatori quali soggetti interessati dalla concertazione in ordine all’aumento delle tariffe, venendo peraltro in rilievo solo le tariffe riferite ai servizi prestati dagli spedizionieri.
Inoltre – pur non potendosi negare che la categoria degli autotrasportatori possa svolgere attività analoghe a quelle svolte dagli spedizionieri, specie se di piccole dimensioni – deve rilevarsi che sulla base dell’esame delle attività svolte dagli spedizionieri alla luce della condotta istruttoria, compiutamente riferito nella gravata delibera ai §§60-66, gli stessi, laddove non abbiano la capacità di offrire anche servizi di trasporto, si avvalgono degli autotrasportatori quali vettori per l’effettuazione del servizio, i quali così nella filiera della produzione del servizio come controparti contrattuali, e non come concorrenti, dovendo in proposito tenersi presente l’ampia diversificazione tra gli spedizionieri per dimensione assoluta, per appartenenza o meno a grandi gruppi multinazionali, per capacità o meno di operare su un’ampia gamma di rotte, per specializzazione settoriale (spedizioni aeree, via mare o via terra) e merceologica (spedizione solo di determinate categorie di merci ovvero di qualunque merce), per capacità o meno di offrire anche servizi logistici e per aver integrato o meno anche i servizi di trasporto.
Quanto al censurato profilo di difetto di istruttoria, asseritamente inficiante la gravata delibera nella parte in cui reca la definizione del mercato rilevante, osserva il Collegio come la valutazione dell’Autorità trovi il proprio presupposto anche nell’attenta analisi delle caratteristiche del settore interessato dalla concertazione e delle dinamiche che lo caratterizzano, procedendo alla descrizione del suo funzionamento attraverso le principali fasi in cui si articola l’attività degli spedizionieri e le modalità di organizzazione di tali attività, ivi compresi i mezzi di trasporto utilizzati, esaminando sia la composizione della domanda che quella dell’offerta, la tipologia della clientela e la gamma dei servizi offerti.
Emerge dalla condotta analisi - come compiutamente riferita nella gravata delibera - quale dato di particolare rilievo ai fini che qui interessano, che l’attività degli spedizionieri consiste nell’organizzazione della spedizione di merci (c.d. freight forwarding), sia sotto il profilo delle necessarie pratiche amministrative che dello spostamento fisico delle merci, e che per la realizzazione del proprio servizio lo spedizioniere si avvale prevalentemente di soggetti terzi, fornitori di servizi che, per lo stesso, quali i vettori, per eseguire il trasporto fisico della merce, gli operatori di logistica per la gestione di un’area di raccolta e smistamento e, nel caso di spedizioni internazionali, di corrispondenti esteri per la realizzazione di parte del servizio, quali la consegna o il ritiro della merce sul territorio estero.
Seppure gli spedizionieri possono realizzare in proprio i predetti servizi, va evidenziato che, con riferimento a quasi tutte le Parti del procedimento l’attività di trasporto è svolta da vettori terzi e lo spedizioniere non dispone di flotte di mezzi pesanti per il trasporto.
Il che costituisce rafforza la considerazione, espressa nel gravato provvedimento, secondo cui gli autotrasportatori non sono concorrenti degli spedizionieri, ma loro controparti contrattuali, emergendo sia dalla ricognizione dell’attività degli spedizionieri, sia dall’esame in fatto delle concrete modalità di svolgimento dell’attività da parte della quasi totalità delle Parti del procedimento, che l’attività del trasporto si configura come una fase del servizio più articolato del freight forwarding offerto dagli spedizionieri, cosicchè gli autotrasportatori vanno tendenzialmente qualificati quali fornitori di un servizio agli spedizionieri.
4. LE CONDOTTE DELLE PARTI – LA CONFIGURAZIONE DI UN’INTESA ANTICONCORRENZIALE
4.1 La ricostruzione dell’Autorità. Sviluppo temporale dell’intesa.
Quanto alle condotte delle parti esaminate nel corso dell’iter procedimentale svoltosi dinanzi ad AGCM, è stato osservato come gli atti acquisiti abbiano documentato “una considerevole attività concertativa, svoltasi quanto meno dal marzo 2002 all’autunno del 2007”.
In particolare, in tale arco temporale si sarebbero tenute almeno 21 riunioni, nell’ambito della Sezione Spedizionieri Terrestri di F, di un’apposita sub-commissione costituita all’interno della Sezione per lo studio del ribaltamento dei pedaggi autostradali e nel Consiglio Direttivo di F “si è svolta un’intensa attività di concertazione in merito agli aumenti del prezzo o di sue componenti”.
In tale arco temporale, inoltre, risultano essere “stati emessi dall’Associazione, in seguito a quanto concordato fra le imprese, almeno 19 fra Circolari agli associati ed alle articolazioni territoriali e Comunicati stampa e/o avvisi a pagamento sul Sole 24 Ore che preannunciavano aumenti dei prezzi o di sue componenti”.
Nel corso delle riunioni, “le imprese presenti hanno affrontato in modo sistematico vari problemi della categoria, fra i quali l’incremento dei costi di produzione e la necessità di aumenti dei prezzi. Spesso, nelle riunioni della Sezione gli aumenti auspicati sono stati quantificati ed è stata concordata la modalità di presentazione ai clienti di tali aumenti. Le imprese presenti alle riunioni, talvolta, hanno proceduto ad effettuare scambi di informazioni volti a quantificare gli “opportuni” aumenti dei prezzi. In tale attività, all’occorrenza, anche l’Associazione ha svolto un ruolo tecnico di ausilio alle imprese associate”.
Ha inoltre osservato l’Autorità che, “ad esito delle riunioni, la F, eventualmente tramite la Sezione Spedizionieri Terrestri, ha:
- informato gli iscritti di quanto concordato in ambito associativo (con l’invio dei verbali delle riunioni);
- informato tutta la categoria dell’opportunità di determinati comportamenti commerciali, con circolari che in taluni casi quantificavano le percentuali degli aumenti dei prezzi;
- e, in molti casi, ha effettuato comunicati stampa ed annunci a pagamento sul quotidiano Sole 24 Ore destinati all’intera categoria, ai clienti ed al mondo politico”.
Se “quasi tutte le società maggiori (Agility, A &Pitigliani, Dhl, Geodis, Italsempione, Rhenus e S) hanno preso parte alle riunioni di tutte le tre fasi della Sezione, … altre due società di rilievo (B e Saima) hanno partecipato dal 24 settembre 2002 in poi”.
Nell’illustrare il contenuto della documentazione formata in occasione dei numerosi incontri tenutisi in sede associativa, particolare attenzione viene riposta dall’Autorità nei confronti dei comunicati stampa diffusi in esito alle riunioni in ambito F, nei quali viene sovente dato conto (ancorché, talora, in assenza di corrispondenti verbalizzazioni) dell’aumento dei prezzi oggetto di asserito concordamento inter partes.
In particolare, nella riunione tenutasi il 23 gennaio 2003, il verbale ufficiale “per la prima volta dà conto esplicitamente della discussione relativa alla problematica del ribaltamento ai clienti dell’incremento dei costi, ovvero degli aumenti di prezzo da praticarsi”;ed il corrispondente comunicato stampa – del quale viene raccomandata la massima diffusione “sulla stampa locale in modo che abbia la maggiore eco possibile” – rende conto dell’oggetto della riunione stessa, consistente essenzialmente nella “discussione sull’entità degli aumenti da praticarsi e sulle modalità di comunicazione all’esterno degli aumenti”.
L’attività di concertazione svoltasi fra il febbraio ed il dicembre 2003, si sarebbe, poi concentrata sull’“attuazione degli aumenti concordati nel gennaio 2003, con la discussione di ulteriori eventuali aumenti” e sul “problema dell’introduzione del pedaggio autostradale per i mezzi pesanti in Germania ed Austria, con la connessa volontà di realizzare specifici aumenti dei prezzi”.
In proposito, la documentazione acquisita avrebbe confermato ed integrato “le dichiarazioni dei leniency applicant, dimostra[ndo] l’attività svolta dalle imprese e dall’Associazione per dare attuazione agli aumenti concordati a gennaio e le difficoltà incontrate nel far accettare gli aumenti alla clientela”.
In tale quadro, “l’aumento dei costi che giustificherebbe l’aumento dei prezzi (ovvero l’aumento del prezzo del gasolio) è stato considerato dagli spedizionieri come una buona ragione per un aumento dei prezzi, a prescindere dal suo effettivo ripercuotersi sui costi sopportati dagli stessi spedizionieri”.
Il verbale formato in occasione della riunione del 14 maggio 2003, dà “atto del fatto che “la pubblicazione del comunicato stampa con cui F ha pubblicizzato all’utenza l’incremento dei costi che gli spedizionieri terrestri hanno dovuto sostenere nell’ultimo anno non ha sortito gli effetti sperati. Tutti i convenuti concordano (…) e ritengono che ciò sia dovuto, almeno in parte, alla particolare situazione del mercato che in questo momento non consente di ribaltare sulla committenza ulteriori costi. Occorrerebbe inoltre una maggiore determinazione da parte di tutta la categoria, cosa che forse in questo momento manca”.
Quanto all’attività di concertazione tra febbraio e dicembre 2003, relativa al ribaltamento dei pedaggi autostradali per i mezzi pesanti in Germania, Austria e Svizzera, unitamente alla diffusione di un comunicato stampa “con cui rendere palese all'utenza che entro breve termine verrà introdotto in Germania un pedaggio autostradale che causerà un incremento di costi per le merci destinate o provenienti da quel Paese e per le merci che debbono solo transitarvi”, viene costituita in ambito F “una commissione ad hoc per lo studio delle modalità per il ribaltamento alla clientela dei pedaggi autostradali”, alla quale fa seguito l’invio di “una circolare alle associazioni territoriali, e per conoscenza ai membri della Sezione, volta ad informare delle decisioni prese, nella quale [si] afferma che “la Sezione ha preso in esame vari studi che le sono stati presentati per recuperare le spese che verranno a gravare sulle merci e sta valutando quale sistema possa adeguarsi meglio alla realtà italiana tenendo comunque in considerazione che sia le modalità di calcolo dei pedaggi autostradali adottate in Germania che quelle che sono state adottate in Austria sono piuttosto complesse”.
Anche nel 2004 l’attività di concertazione si sarebbe concentrata sull’aumento generalizzato dei prezzi, connesso all’incremento dei costi, e sull’aumento dei prezzi specificamente collegato ai pedaggi autostradali.
Rileverebbe, in tal senso, il verbale ufficiale della riunione tenutasi l’11 maggio 2004 (“L'attenzione della Sezione si rivolge ai pedaggi autostradali in Europa;tutti i convenuti si dichiarano soddisfatti per il lavoro svolto nei mesi passati riguardo alla Maut austriaca che ha prodotto ottimi risultati in quanto le indicazioni fornite dalla Sezione sono state seguite dalla base associativa con grande giovamento per tutti”) e quello del successivo incontro del 21 settembre 2004.
Con riferimento all’introduzione dei pedaggi in Germania, il 3 dicembre 2004 “l’Associazione – eseguendo il mandato conferitole nelle riunioni – invia una circolare a tutti gli associati ed alle articolazioni territoriali contenente le nuove tabelle per il ribaltamento ai clienti del pedaggio autostradale tedesco, confermando anche in questo caso una precisa indicazione relativa ad una componente del prezzo finale di vendita”.
Per l’anno 2005 la documentazione acquisita dall’Autorità ha dimostrato “il proseguimento dell’attività concertativa – con le medesima strategia volta al coordinamento degli aumenti di prezzo attuata in precedenza e successivamente – avvenuta (quanto meno) attraverso una consultazione via e-mail tra l’Associazione ed i membri della Sezione Spedizionieri Terrestri, e con la conseguente emissione da parte dell’Associazione di un nuovo comunicato stampa con il quale si preannunciava un ulteriore incremento dei prezzi”.
Anche nel 2006 la concertazione avrebbe seguito “esattamente il modello già sperimentato negli anni precedenti: riunioni della Sezione nelle quali vengono concordati gli aumenti di prezzi, complessivi o di singole sue componenti, e successivi comunicati stampa e/o avvisi a pagamento pubblicati su Il Sole 24 Ore che danno conto di tali indicazioni di prezzo”.
Ad esempio, nella riunione tenutasi il 18 maggio 2006 “i partecipanti concordano nel ritenere che sia oramai giunto il momento di stabilire ulteriori aumenti dei prezzi, procedendo con l’usuale modalità già sperimentata in passato: quantificazione dell’aumento e successivo comunicato, pubblicato a pagamento sul Sole 24 Ore”.
In tal senso, “il verbale ufficiale della riunione riporta che “Il Presidente [rappresentante di S], sulla base della costante e significativa crescita del prezzo del gasolio, pone all'esame della Sezione la possibilità di procedere con l'inizio di giugno alla pubblicazione di una comunicazione che evidenzi l'incremento dei relativi costi sostenuti dalle imprese aderenti. Viene chiesto alla Segreteria di verificare sul piano statistico e temporale l'aumento percentuale del carburante e la sua incidenza sui costi complessivi del trasporto, allo scopo di fornire i necessari riferimenti per definire i contenuti del possibile comunicato. Il Presidente invita i presenti ad attendere la valutazione dei suddetti dati e conferma come la questione sarà definita attraverso il successivo diretto coinvolgimento dei componenti”.
Anche nel secondo semestre del 2006 l’Autorità ha rilevato la presenza di comportamenti volti alla concertazione di nuovi aumenti dei prezzi ed alla contestuale pubblicazione dei relativi comunicati stampa.
In particolare, il 7 novembre 2006 si è tenuta una riunione, questa volta allargata anche ad imprese non appartenenti alla Sezione, convocata da F il 20 ottobre.
La comunicazione dell’Associazione successiva alla riunione, “inviata agli associati ed alle articolazioni territoriali dopo il vaglio antitrust del consulente legale, … dà conto dell’andamento della riunione: “Il Presidente (…) [rappresentante di S], dopo avere esposto un'accurata analisi della difficile situazione di mercato che le aziende del comparto si trovano oggi a fronteggiare ha aperto il dibattito richiedendo un confronto per valutare le proposte di intervento e le soluzioni da promuovere in ambito associativo. In particolare i convenuti hanno condiviso quanto esposto e si sono trovati concordi nell'avviare, come categoria, un'azione chiara e decisa di sensibilizzazione verso la clientela attraverso gli organi di stampa e ad intervenire in maniera forte e compatta per un aumento delle tariffe”.
Quanto sopra avrebbe trovato conferma nel contenuto di un appunto acquisito presso F nel corso degli accertamenti ispettivi, del quale nella determinazione gravata viene riportato il seguente stralcio:
“Il Presidente descrive in maniera sintetica la situazione "insostenibile" in cui versano le aziende del settore (…) [e] a fronte di tutte le criticità descritte auspica che le aziende facciano fronte comune e diano avvio ad un'azione di sensibilizzazione chiara, decisa e condivisa verso la clientela. Questa azione verso la clientela è doverosa e necessaria perché la clientela è stata fino ad adesso diseducata ed ha alzato il livello della richiesta del servizio senza però che questo sia adeguatamente ricompensato. In particolare propone di trovare una linea futura comune e chiede agli intervenuti se intendono, come categoria, educare la clientela a pagare i servizi richiesti. Suggerisce di procedere con una azione di informazione della clientela relativamente a quanto si sta verificando e di intervenire in maniera ordinata attraverso la stampa. Ritiene importante anche fissare delle date per programmare le modalità di intervento”.
F, peraltro, ha ulteriormente fatto presente che “l'Associazione si farà carico di presentare e spiegare i motivi che determinano la scelta dell'aumento dei prezzi, ma che a tutti gli associati è richiesto di sostenere l'azione che si deciderà di intraprendere … L'assemblea richiamata conferma di condividere l'analisi della situazione di mercato descritta e ritiene utile intervenire attraverso gli organi di stampa per fare pressioni sul governo (carenze infrastrutturali) e per informare la clientela;viene richiesto all'Associazione (…) di presentare e dettagliare sulla stampa i problemi che le aziende si trovano a fronteggiare. Viene espresso anche un generale assenso ad intervenire con aumenti sulle tariffe, ma che vada definita la forma (…)”.
Seguono quindi, nell’appunto di F, alcune riflessioni conclusive: “La riunione ha denotato un buon livello di lavoro e di confronto. La partecipazione è stata buona sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo anche se vi sono state sottolineature su aspetti marginali o interventi fuori tema. Da rilevare il rischio di scontri di vedute tra piccole e grandi aziende. Nel complesso però l'assemblea è riuscita ad arrivare a decisioni operative importanti e condivise che saranno di sicura utilità per tutti gli associati”.
Tali indicazioni trovano conferma in appunti acquisiti presso talune delle società partecipanti al suindicato incontro, mentre “nelle e-mail scambiate nei successivi giorni di novembre viene discussa l’entità dell’aumento dei prezzi da praticarsi”.
Il verbale della successiva riunione del 4 dicembre 2006 “dà ampiamente conto della trattazione del tema degli aumenti del prezzo” e della necessità di “agire in fretta con un'azione urgente e chiara di sensibilizzazione della clientela. A tale proposito si richiede di avviare un'azione di comunicazione entro la fine di dicembre pubblicando un comunicato alla clientela e sulla stampa”: pervenendosi, poi, ad un accordo circa la comunicazione degli “incrementi del costo del servizio … con l'inserimento di un'unica voce di spesa separata e individuabile secondo la … dicitura ICG Incremento Costi Gestionali” e l’individuazione del “valore percentuale dell'incremento costi per il groupage … nel 10,2%”.
La pubblicazione del comunicato del 20 dicembre fu, inoltre “discussa ed avallata anche dal Consiglio Direttivo di F nella riunione del 12 dicembre 2006”.
Anche nella riunione tenutasi il 7 giugno 2007 in ambito F è stato nuovamente affrontato il tema dei pedaggi autostradali austriaci, in procinto di aumentare e si è stabilito di modificare le tabelle contenenti i sovrapprezzi da applicarsi alla clientela, di conseguenza prevedendo nuovi aumenti dei prezzi, come illustrato nel verbale della riunione.
A tale decisione viene dato seguito e, il 28 giugno, B ha mandato a F le nuove tabelle con gli incrementi di prezzo da praticarsi, diffuse dall’Associazione, il giorno seguente, a tutti gli associati ed alle sue articolazioni territoriali.
Omogenea tematica è stata trattata nella successiva riunione del 4 luglio 2007, con conseguente invio di nuove tabelle con i sovrapprezzi corrette.
In tale circostanza, dalla corrispondenza intercorsa fra B e F (che chiedeva l’aggiornamento delle tabelle) è emerso che la prima ha sostenuto la criticità degli aumenti concordati (in quanto superiori alla variazione del road pricing austriaco), pur tuttavia manifestando disponibilità “se il direttivo decide di applicare aumenti (…) … per mettere mani alle tabelle, anche se è una cosa abbastanza laboriosa … e, probabilmente, la fatica di cambiare tutte le tariffe è spropositata al risultato economico generale, considerando che poi dobbiamo intervenire anche presso una buona parte dei clienti che … controllano …”.
Con la riunione del 27 settembre 2007 le imprese di spedizioni internazionali, oltre a discutere ancora dell’incremento dei sovrapprezzi collegati ai pedaggi autostradali, sono “tornate a concordare nuovi aumenti generali dei prezzi, secondo il consueto modello già sperimentato in passato, prevedendo una quantificazione degli aumenti ed un successivo comunicato stampa”, non emesso peraltro in conseguenza dell’intervento “della Commissione Europea, che il 10 ottobre 2007 svolge i propri accertamenti ispettivi (tra gli altri) presso la sede di F”.
In tale sede, si è, in particolare convenuto (come indicato dal verbale di riunione) di fissare “il valore percentuale dell'incremento costo [in] circa l'8%”, raccomandandosi di rispettare “la soglia minima del 6%” (soggiungendosi, significativamente, che “l’incremento dovrà essere operato da gennaio 2008, è quindi importante uscire per tempo sulla stampa nazionale e di settore e con opportune comunicazioni informative, comunicato stampa della Federazione, agli associati e alla clientela. Si concorda di uscire sulla stampa a fine novembre/inizio dicembre”.
In conclusione, l’Autorità ha osservato che “l’attività di concertazione è proseguita senza soluzione di continuità almeno dal marzo 2002 all’autunno del 2007” ed ha “sempre riguardato la volontà di realizzare aumenti dei prezzi. Di volta in volta, gli aumenti sono stati collegati alle voci di costo che si ritenevano più idonee a giustificarli: l’aumento generale dei costi amministrativi, l’aumento del costo del carburante, l’introduzione o l’aumento dei pedaggi autostradali esteri. In funzione della diversa giustificazione, l’aumento dei prezzi è stato previsto per tutte le spedizioni (l’aumento generale dei costi amministrativi, l’aumento del costo del carburante), ovvero solo per quelle spedizioni che – a causa della tratta interessata – comportavano il pagamento di un determinato pedaggio”.
Mentre “dal marzo del 2002 al gennaio del 2003 la concertazione ha riguardato aumenti dei prezzi “orizzontali”, ovvero da applicarsi a tutte le spedizioni, producendo due comunicati stampa ed una circolare”, “dall’aprile del 2003 al settembre del 2004, la concertazione, e la conseguente attuazione avvenuta con l’invio di quattro circolari e la pubblicazione di due comunicati stampa, si è rivolta prevalentemente ai pedaggi autostradali”;e, dal settembre 2004, e fino all’autunno del 2007, “l’attività concertativa ha riguardato … prevalentemente una serie di aumenti dei prezzi “orizzontali”, comunicati al settore con l’invio di due circolari e quattro comunicati stampa”.
4.2 La confutazione delle argomentazioni delle parti
A fronte del quadro fattuale come sopra illustrato, AGCM si è data conto di analizzare, preliminarmente alla esplicitazione delle conclusioni, le obiezioni sollevate da alcune Parti, riguardanti:
- l’uso strumentale del programma di clemenza al fine di danneggiare le imprese concorrenti;
- l’inattendibilità delle domande di clemenza, in quanto caratterizzate da vistose imprecisioni e lacune;
- l’inattendibilità della documentazione, perché consistente in verbali non formalmente approvati ovvero in minute di dubbia provenienza.
Nell’osservare come “i programmi di clemenza sono orientati alla cura diretta dell’interesse al buon funzionamento dei mercati, cioè alla cura di un preminente interesse pubblico, l’Autorità ha puntualizzato come, nella vicenda in esame, si sia rivelato “chiaro” il “corredo probatorio”: “circostanza questa sicuramente riscontrabile nel caso di specie, in cui la concertazione “svelata” dai leniency applicant trova un evidente e sistematico riscontro probatorio nella copiosa documentazione fornita ed acquisita in ispezione”.
L’attendibilità delle domande di clemenza è stata da AGCM valutata positivamente in quanto:
- “il supporto probatorio fornito dai leniency applicant trova pieno e puntuale riscontro nella mole di documentazione acquisita nel corso degli accertamenti ispettivi”
- e “le domande di clemenza risultano assolutamente concordi tra loro nella descrizione del modello concertativo utilizzato ed ampiamente descritto nella parte in fatto”.
Quanto alla criticata utilizzabilità dei verbali, l’Autorità ha osservato come buona parte di essi sia stata fornita “anche dalla stessa F in sede di ispezione ed agli atti del fascicolo istruttorio non è rinvenibile alcuna contestazione in merito al contenuto di tali verbali, che trovavano larga diffusione tra i partecipanti”.
Per ciò che concerne, poi, gli aumenti oggetto di asserita concertazione, viene nel provvedimento osservato come essi siano “stati giustificati dalle Parti in ragione degli asseriti incrementi dei costi sopportati dagli spedizionieri internazionali via terra italiani”: a seconda dei casi, adducendosi “a giustificazione degli aumenti di prezzo gli incrementi dei costi generali, oppure l’aumento dei costi del carburante, ovvero l’introduzione o l’incremento di pedaggi autostradali esteri (per lo più tedeschi, austriaci e svizzeri)”.
Nel dare atto della pregnante rilevanza assunta dal concordamento degli aumenti tra gli operatori del settore, AGCM ha osservato come, “almeno in taluni casi, la giustificazione addotta per l’aumento concertato era, a detta degli stessi spedizionieri, pretestuosa”;analogamente rilevandosi l’inconsistenza della giustificazione a fondamento del ritocco tariffario con riferimento ai sovrapprezzi per i pedaggi autostradali.
Sotto il profilo dimensionale, viene osservato dall’Autorità che “la concertazione mirava ad aumenti di prezzo di assoluto rilievo”, in quanto, “anche tenendo conto solo dei comunicati stampa e/o degli avvisi a pagamento pubblicati su Il Sole 24 Ore, e non considerando dunque gli aumenti concertati che non hanno dato luogo alla pubblicazione di un comunicato stampa o di un avviso a pagamento (come, ad esempio, nel caso dell’aumento di prezzo concordato nella riunione del settembre 2007), gli aumenti resi pubblici si proponevano un incremento complessivo del prezzo, fra il marzo 2002 ed il dicembre 2006, pari a quasi il 50%”.
Le modalità di concertazione, poi, “sono risultate sostanzialmente stabili nel tempo”, atteso che “il modello seguito è consistito nell’effettuazione di una o più riunioni preparatorie dell’aumento concertato o nella realizzazione di altri contatti, con i quali le parti hanno discusso l’entità dell’aumento da praticarsi e le modalità e tempi di realizzazione dello stesso”, a cui “ha fatto seguito l’attivazione di strumenti di attuazione della strategia concertata, avvenuta con la pubblicazione di un comunicato stampa o di un avviso a pagamento su Il Sole 24 Ore e nella diffusione, da parte di F, ai componenti della Sezione Spedizionieri Terrestri dei verbali delle riunioni, nonché nella diffusione di circolari a tutti gli associati e a tutte le articolazioni territoriali di F”: osservandosi, in proposito, come “una simile strategia consentiva anche alle imprese che per periodi più o meno lunghi non avevano partecipato alle riunioni indette in ambito associativo, di continuare a comportarsi coerentemente con le modalità di azione originariamente concertate”.
In tale quadro, “la diffusione delle circolari e l’emanazione dei comunicati stampa, contenenti le indicazioni sugli aumenti di prezzo concertati, avevano l’effetto di modificare in modo irreversibile l’interazione competitiva delle imprese del settore”, le quali, “nelle rispettive strategie di prezzo, potevano contare sulla ragionevole sicurezza che i concorrenti non avrebbero intrapreso una guerra di prezzo, ma, al contrario, avrebbero anch’essi adottato aumenti”.
Nell’arco del periodo in esame – oltre alla sostanziale stabilità del modello di concertazione utilizzato – l’Autorità ha rilevato una “piena continuità nella strategia di coordinamento”, dovuta “sia alla persistenza della struttura associativa che, soprattutto, alla sostanziale stabilità delle imprese partecipanti alla concertazione”;ed ha, ulteriormente, osservato che “alcune imprese hanno garantito la continuità dell’attività di concertazione”, maggiormente collaborando “alla realizzazione della concertazione” (V e S hanno espresso fino al 2005 la prima, dal 2006 la seconda il presidente della Sezione Spedizionieri Terrestri, che ha sempre avuto un importante ruolo propulsivo nella realizzazione dell’intesa, proponendo gli argomenti in discussione nelle riunioni, cercando il punto di convergenza degli aumenti proposti dai vari partecipanti e dirigendo la struttura associativa;mentre Dhl ha espresso, dal settembre 2005, il presidente di F).
Se “le decisioni relative agli aumenti concertati, prese nel corso delle riunioni e, talvolta, perfezionate nei contatti con l’associazione e con le altre imprese via mail, sono state seguite da strumenti di attuazione consistenti nella divulgazione di circolari e comunicati stampa”, “come risulta dagli stessi verbali delle riunioni, le parti monitoravano l’esecuzione degli aumenti di prezzo concordati, anche discutendo del successo avuto dalle indicazioni concertate e prevedendo correttivi nei casi in cui i risultati apparivano non del tutto soddisfacenti”;dalla documentazione acquisita nel corso dell’istruttoria evincendosi che “la politica di concertazione degli aumenti veniva anche monitorata nella sua esecuzione” ed “otteneva un sostanziale successo e, comunque, consentiva che per tutte le imprese del settore esistesse una base di partenza uniforme (costituita dalle indicazioni associative) per la negoziazione con la clientela”.
4.3 Le coordinate identificative dell’intesa anticompetitiva
A fronte degli illustrati contenuti del provvedimento e delle argomentazioni di parte, con le quali viene confutata la sussistenza di un’intesa anticompetitiva, merita svolgere un necessario approfondimento in ordine ai referenti normativi suscettibili di trovare applicazione in presenza di intese commerciali illecite, nonché al connesso quadro interpretativo di rango comunitario e nazionale.
4.3.1 Il quadro normativo
Viene in primo luogo in considerazione l’art. 81 del Trattato CE (ratione temporis operante quanto all’intesa in esame;ma ora sostituito dall’art. 101 TFUE, entrato in vigore il 1° dicembre 2009), che, al comma 1, stabilisce l’incompatibilità con il mercato comune – conseguentemente vietandoli – di “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d'imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune”.
La casistica al riguardo enucleata individua le seguenti condotte:
- fissazione diretta o indiretta dei prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
- limitazione o controllo della produzione, degli sbocchi, dello sviluppo tecnico o degli investimenti;
- ripartizione dei mercati o delle fonti di approvvigionamento;
- applicazione, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
- subordinazione della conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
Nel sancire la nullità di pieno diritto degli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, la norma introduce tuttavia (comma 3) un peculiare regime di inapplicabilità delle riportate disposizioni di cui al comma 1 a “qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese”, a “qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni d'imprese” ed a “qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate”, laddove esse:
- da un lato, “contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva”
- e, d’altro canto, evitino di “imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi” e di “dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi”.
L’art. 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, nel riprodurre il contenuto della riportata disposizione comunitaria, precisa che “sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari” (comma 1).
Al comma 2, il legislatore nazionale ha così dettagliato, sulla falsariga della disciplina comunitaria (riprodotta con qualche lieve modifica di carattere lessicale), la casistica relativa alle intese che, in quanto suscettibili di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, rientrano nel generale divieto di legge (ed alle quali il comma 3 ricongiunge carattere di nullità “ad ogni effetto”):
- fissazione diretta o indiretta dei prezzi d'acquisto o di vendita ovvero di altre condizioni contrattuali;
- impedimento o limitazione alla produzione, agli sbocchi, o agli accessi al mercato, agli investimenti, allo sviluppo tecnico o al progresso tecnologico;
- ripartizione dei mercati o delle fonti di approvvigionamento;
- applicazione, nei rapporti commerciali con altri contraenti, di condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
- subordinazione della conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi.
Il successivo art. 4, comma 1, ha assoggettato a regime autorizzatorio (peraltro limitato nel tempo) quelle “intese o categorie di intese” che, pur vietate ai sensi del riportato art. 2, possano tuttavia dar luogo a “miglioramenti nelle condizioni di offerta sul mercato i quali abbiano effetti tali da comportare un sostanziale beneficio per i consumatori e che siano individuati anche tenendo conto della necessità di assicurare alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale e connessi in particolare con l'aumento della produzione, o con il miglioramento qualitativo della produzione stessa o della distribuzione ovvero con il progresso tecnico o tecnologico”: in proposito precisandosi che siffatto regime “derogatorio” “non può comunque consentire restrizioni non strettamente necessarie al raggiungimento delle finalità di cui al presente comma né può consentire che risulti eliminata la concorrenza da una parte sostanziale del mercato”.
Altra proposizione normativa rilevante ai fini di una più completa comprensione della dedotta vicenda contenziosa trova disciplina all’art. 14-ter della stessa legge 287/1990, laddove viene previsto che “entro tre mesi dalla notifica dell'apertura di un'istruttoria per l'accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria”.
L’accoglimento degli impegni come sopra presentati, da parte dell’Autorità, implica che le relative condotte assumano carattere di obbligatorietà per le imprese proponenti e consente, altresì, la chiusura dell’avviato procedimento “senza accertare l'infrazione”.
4.3.2 L’interpretazione giurisprudenziale sulla configurabilità dell’intesa
Su un piano generale, vanno rammentati i principi dalla Sezione più volte affermati in materia di configurabilità ed individuabilità di un’intesa che, in quanto restrittiva della concorrenza, ponga in essere una fattispecie stigmatizzabile ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE (cfr., ex multis, le sentenze: 29 dicembre 2007 n. 14157;14 settembre 2007 n. 4951;27 febbraio 2007 n. 1730;2 dicembre 2009 n. 12313).
In tale quadro interpretativo, va innanzi tutto evidenziato come il fondamentale presupposto affinché l’intesa possa essere considerata anticoncorrenziale (e conseguentemente vietata), è costituito dall’avere per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente l’andamento della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante.
Per la sussistenza dell’illecito, quindi, è sufficiente la presenza dell’oggetto anticoncorrenziale e non anche – necessariamente – del conseguenziale effetto: le pratiche concordate dimostrandosi possibili pur in assenza di effetti anticoncorrenziali, in quanto la pratica presuppone un comportamento dipendente dalla concertazione, ma non implica necessariamente che il comportamento stesso abbia l’effetto di impedire o falsare la concorrenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 marzo 2001 n. 1699 richiamato da T.A.R. Lazio, sez. I, 14 settembre 2007 n. 8951).
Il divieto, da intendersi alla luce della concezione comunitaria in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato, si specifica nel precetto che – pur dovendosi tenere ferma la libertà di scelta da parte delle imprese, incluso il diritto a reagire in maniera intelligente al comportamento, constatato o atteso, dei concorrenti – è sempre vietato ogni contatto, diretto o indiretto, che abbia per oggetto o per effetto di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o di informare tale concorrente sulla condotta che l’impresa stessa ha deciso di porre in atto.
La legge, quindi, inibisce ogni tipo di iniziativa consistente nel “concordamento” delle linee di azione delle singole imprese, anche in funzione dell’eliminazione di incertezze sul reciproco comportamento, posto che tali iniziative finiscono con il sostituire all’alea della interazione competitiva il vantaggio della concertazione, così erodendo i benefici che in favore dei consumatori derivano dal normale uso della leva concorrenziale, ossia dalla fisiologica tensione di ogni impresa concorrente a ritagliarsi segmenti di mercato proponendo condizioni, sotto il profilo economico o sul versante dei caratteri dei prodotti e dei servizi, più appetibili per il fruitore (ex multis: T.A.R. Lazio, sez. I, 15 gennaio 2007 n. 204, 3 ottobre 2006 n. 9878 e 2 dicembre 2005 n. 12835).
Le condotte vietate possono essere costituite da accordi espressi, da pratiche concordate, ovvero da decisioni di associazioni di imprese o organismi similari.
Secondo la consolidata giurisprudenza comunitaria, una serie di comportamenti di più imprese aventi lo stesso oggetto anticoncorrenziale possono essere considerati espressione di un'infrazione unica, riconducibile in parte al concetto di accordo e in parte a quello di pratica concordata, in quanto la nozione di accordo e quella di pratica concordata non sono incompatibili, condividendo la medesima natura e distinguendosi solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (cfr. Corte di Giustizia, 8 luglio 1999, causa C-49/92 P-Anic;in senso conforme, cfr. anche Corte di Giustizia, 7 gennaio 2004, causa C-204/00 P-Aalborg, punto n. 258, secondo cui: “Una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o perfino da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé e presi isolatamente una violazione della detta disposizione (…). Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d'insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all'interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all'infrazione considerata nel suo insieme”).
La fattispecie dell’accordo ricorre qualora le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, mentre la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra le imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza (ex multis: Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 548;Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926;Corte Giustizia CE, 8 luglio 1999, Commissione/Anic).
L’intesa restrittiva della concorrenza mediante pratica concordata richiede comportamenti di più imprese, ripetuti e non episodici, uniformi e paralleli, che appaiano frutto di concertazione e non di iniziative unilaterali, per cui la mancanza, ovvero la problematica rintracciabilità, di un accordo espresso è agevolmente spiegabile laddove si consideri che è verosimile che gli operatori del mercato che intendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale (pur nella consapevolezza della illiceità della relativa condotta) tentino in ogni modo di occultarla, evitando non solo accordi scritti ma anche accordi verbali espressi e ricorrendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto (Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 548).
Ne consegue che la prova della pratica concordata, oltre che documentale, può essere indiziaria, purché gli indizi siano seri, precisi e concordanti;in tal senso dovendosi precisare che gli elementi indiziari, sebbene singolarmente riguardati possano ingenerare perplessità in ordine alla loro significatività, devono tuttavia essere inquadrati nel contesto complessivo del sistema onde poterne apprezzare l’eventuale rilevanza.
L’esistenza dell’elemento soggettivo della concertazione può perciò desumersi in via indiziaria da elementi oggettivi, quali:
- la durata, uniformità e parallelismo dei comportamenti;
- gli incontri tra le imprese;
- gli impegni, ancorché generici e apparentemente non univoci, di strategie e politiche comuni;
- i segnali e le informative reciproche;
- il successo pratico dei comportamenti, che non potrebbe derivare da iniziative unilaterali, ma solo da condotte concertate.
In altri termini, la giurisprudenza, consapevole della rarità dell’acquisizione di una prova piena (c.d. smoking gun: testo dell’intesa;documentazione inequivoca della stessa;confessione dei protagonisti) e della conseguente vanificazione pratica delle finalità perseguite dalla normativa antitrust che scaturirebbe da un atteggiamento troppo rigoroso, ha reputato sufficiente, e necessaria, l’emersione di indizi (purché gravi, precisi e concordanti) circa l’intervento di illecite forme di concertazione e coordinamento (ex multis: T.A.R. Lazio, sez. I, 14 settembre 2007 n. 8951 e 15 gennaio 2007 n. 204;Cons. Stato, sez. VI, 22 marzo 2001 n. 1699).
In assenza di ulteriori elementi di riscontro, quali indizi gravi, precisi e concordanti, invece, il parallelismo può essere considerato di per sé sintomatico di una condotta illecita sul versante soggettivo solo laddove non sia configurabile una spiegazione alternativa capace di inquadrare le condotte parallele come razionali ed autonome scelte imprenditoriali, fisiologicamente condizionate dalla previsione dell’altrui possibile risposta ad un’iniziativa differenziatrice.
In presenza di un parallelismo dei comportamenti, ma non di ulteriori elementi di riscontro, quindi, la dimostrazione della pratica concordata si concreta nella prova logica (il cui onere incombe all’Autorità) rappresentata dall’impossibilità di dare una diversa spiegazione alle condotte poste in essere dagli operatori commerciali capace di collegare sotto un profilo di conseguenzialità logica la situazione di mercato alle normali scelte imprenditoriali.
La giurisprudenza comunitaria ha così individuato, in primo luogo, elementi indiziari “endogeni”, ossia collegati alla stranezza intrinseca della condotta, ovvero alla mancanza di spiegazioni alternative nel senso che, in una logica di confronto concorrenziale, il comportamento delle imprese sarebbe stato sicuramente o almeno plausibilmente diverso da quello in pratica riscontrato (Corte Giustizia CE, 31 marzo 1993 Woodpulp – Pasta di legno).
La seconda tipologia degli elementi indiziari, cc.dd. “esogeni”, concerne invece i riscontri esterni circa l’intervento di un’intesa illecita ed attiene, in particolare, ai contatti tra le imprese e, soprattutto, agli scambi di informazioni (se non addirittura a veri e propri concordamenti) non altrimenti spiegabili in un contesto di sano confronto concorrenziale e, quindi, sintomatici di un’intesa illecita;detti scambi di informazioni assumendo una particolare gravità in caso di mercato oligopolistico, in quanto idonei ad eliminare l’unico fattore che può spingere le imprese soddisfatte della quota di mercato raggiunta ad un ribasso dei prezzi, ossia il timore di una manovra competitiva sui prezzi da parte dei concorrenti e la conseguente necessità di prevenirla o contrastarla efficacemente (Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2006 n. 1397).
In conclusione, un parallelismo consapevole delle condotte tenute da imprese, anche operanti in un mercato oligopolistico, di per sé lecito, può essere considerato come frutto di un’intesa anticoncorrenziale (vale a dire di un vietato coordinamento delle condotte):
- ove sia impossibile spiegare alternativamente la condotta parallela come frutto plausibile delle iniziative imprenditoriali (ed in tal caso, l’onere dell’impossibilità di spiegazioni alternative grava sull’Autorità procedente)
- ovvero, anche per la presenza di elementi indiziari esogeni, quali contatti e scambi di informazioni, rivelatori di una concertazione e di una collaborazione anomala (e, in tal caso, l’onere probatorio di spiegare la razionalità della condotta grava sulle imprese).
4.3.3 Intesa anticompetitiva e rilevanza degli effetti da essa indotti sul mercato.
Va poi precisato come, nel caso di intesa avente un oggetto anticoncorrenziale, non sia necessario, al fine della sua qualificazione in termini di illiceità, condurre ulteriori valutazioni sugli effetti concreti che la stessa abbia determinato sul mercato, atteso che la qualificazione come illecita della condotta discende dall’oggettiva idoneità della stessa ad alterare la concorrenza, mentre l’analisi degli effetti prodotti dall’intesa sul mercato è idonea a refluire sulla valutazione della qualità (rectius: gravità) della stessa e, di conseguenza, sulla quantificazione della sanzione pecuniaria applicabile.
In sostanza, l’illiceità dell’intesa non può essere esclusa dal fatto che i potenziali effetti di limitazione della concorrenza non si siano in concreto verificati.
Tale conclusione può trarsi:
- sia dall’art. 81 del Trattato CE, laddove si designano in termini di incompatibilità con il mercato comune (conseguentemente vietandoli) tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, ed in particolare quelli consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione
- sia dall’art. 2 della legge 287/1990 che, mutatis mutandis, vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali.
Le norme in materia di concorrenza, in definitiva, colpiscono il dato sostanziale costituito dalla presenza di comportamenti collusivi tra imprese, non previamente identificabili, che abbiano oggetto o effetto anticoncorrenziale, sicché l’anticoncorrenzialità dell’oggetto è sufficiente a qualificare l’intesa come anticoncorrenziale e, quindi, illecita.
In ambito comunitario, risulta coerentemente – quanto condivisibilmente – sviluppato un procedimento logico-induttivo di carattere presuntivo, in base al quale la partecipazione stessa all’intesa (e, conseguentemente, gli accordi in base ad essa assunti dagli operatori che ne siano entrati a far parte) ha diretta e conseguenziale efficienza distorsiva sul mercato, senza che eventuali “ricadute” in termini di alterazione della concreta dinamica competitiva impongano un particolare onere probatorio.
Nel noto arresto giurisprudenziale di cui alla sentenza della Corte di Giustizia, sez. III, 4 giugno 2009 (procedimento C-8/08,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, nella causa T-Mobile Netherlands BV, KPN Mobile NV, Orange Nederland NV, Vodafone Libertel NV