TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-05-21, n. 201805618
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Pubblicato il 21/05/2018
N. 05618/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08106/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8106 del 2017, proposto da
N C F, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Livorno, 10;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Giudicatrice, non costituita in giudizio;
nei confronti
P L, non costituita in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione,
- di tutti i provvedimenti, conosciuti e non conosciuti, con i quali l’Amministrazione non ha consentito alla ricorrente la partecipazione al colloquio di cui all’art. 6, lettera b del bando, nonostante questa abbia superato le prove scritte per le quali in entrambe ha conseguito il massimo del punteggio di 30/30 e, in particolare, dei seguenti atti:
- dei verbali del 3 e 4 luglio 2017 delle sedute della Commissione Esaminatrice del Concorso Pubblico, per titoli ed esami, a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente Giudiziario, indetto con P.D.G. 18 novembre 2016 e pubblicato in G.U. - 4ª Serie Speciale – “Concorsi ed Esami” – 22 novembre 2016, n. 92, nella parte in cui la suddetta commissione – pronunciandosi sull’ammissione con riserva alle prove scritte di alcuni candidati – ha sciolto negativamente la riserva ed ha espresso parere contrario all’ammissione della ricorrente alla ulteriore fase concorsuale escludendola, conseguentemente, dall’elenco dei candidati ammessi al colloquio;
- del predetto elenco di candidati per come pubblicato sul sito web istituzionale nella parte in cui non include la ricorrente;
- del decreto del 06 luglio 2017, emesso dal Direttore Generale del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi – Direzione Generale del Personale e della Formazione, del Ministero della Giustizia, nella parte in cui, conformandosi a quanto deciso dalla commissione esaminatrice nelle sedute del 3 e 4 luglio 2017, ha escluso la ricorrente dall’elenco dei candidati ammessi alle prove orali del concorso sopra citato;
- nonché, in via subordinata, degli atti concorsuali relativi alla fase della preselezione con i quali la ricorrente non è stata ammessa alle successive fasi e in particolare:
- dell’art. 8 del Bando del Concorso Pubblico, per titoli ed esami, a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente Giudiziario, indetto con P. D. G. 18 novembre 2016 e pubblicato in G.U. - 4ª Serie Speciale – “Concorsi ed Esami” – 22 novembre 2016, n. 92, nella parte in cui prevede una predeterminazione numerica degli ammessi alle prove scritte indicando che: “ Saranno ammessi alle prove scritte i candidati classificatisi, in base al punteggio, tra i primi 3.200 (4 volte i posti a concorso), nonché i candidati che abbiano riportato lo stesso punteggio del concorrente classificato all’ultimo posto utile ” fissando una rigida soglia di sbarramento per l’ammissione;
- del provvedimento non conosciuto con il quale l’Amministrazione ha redatto, avallato o approvato l’elenco delle domande/quesiti/quiz formulati ai candidati durante la prova preselettiva nonché la griglia delle risposte esatte nella parte di interesse, nonché di ogni atto ad esse presupposto, connesso e consequenziale, nella parte in cui non si attribuisce il punteggio alla ricorrente per il quesito 22;
- della batteria completa delle domande da cui sono stati sorteggiati o comunque estratti i quesiti inseriti nei questionari somministrati nei giorni di prova.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;
Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 5163/2017 del 5.10.2017;
Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 5207/2017 del 1.12.2017;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2018 il dott. Ivo Correale e udito per la parte resistente il difensore, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con rituale ricorso a questo Tribunale, la dr.ssa Fonte, precisando di aver partecipato al concorso in epigrafe e di aver conseguito alla prova “preselettiva” il punteggio di 48,65/50 per aver risposto in maniera errata solo al quesito contraddistinto al n. 22, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti in epigrafe concernenti l’intera procedura concorsuale, specificando anche di aver sostenuto le prove scritte (con valutazione massima di 30/30) in seguito a un primo provvedimento di ammissione “con riserva” adottato dalla stessa amministrazione in seguito a istanza di autotutela, poi però sostanzialmente revocato con d.d. del 6.7.2017.
La ricorrente lamentava, in sintesi, quanto segue.
“ I. Violazione dell’art. 6 del bando di concorso. Violazione del principio dell’assorbimento codificato con l’art. 4, comma 2-bis, d.l. 115/2005) ”.
La dr.ssa Fonte evidenziava che le prove del concorso erano quelle scritte e orali previste nel bando, avendo quella “preselettiva” il solo scopo di “filtro” e “scrematura” degli aspiranti, per cui l’aver superato con il massimo punteggio le prove scritte doveva dare luogo all’applicazione del c.d. “principio dell’assorbimento”, ormai normativamente codificato.
“ II. In via subordinata: illegittimità del diniego dell’autotutela. Violazione dell’art. 3, L. 241/1990: difetto assoluto di motivazione. Violazione e falsa applicazione del principio del favor partecipationis (art. 7 d.p.r. 487/1994), violazione e/o falsa applicazione degli artt. 35 e 70 d.lgs. 165/2001. Illogicità ed erroneità del quesito n. 22. Perplessità” .
Riportando il testo dell’istanza di autotutela presentata, la ricorrente evidenziava l’erroneità del quesito n. 22 come proposto, laddove confondeva la categoria dei “provvedimenti” amministrativi con quella degli “atti” amministrativi, per cui la risposta n. 2 indicata come esatta era del tutto disallineata rispetto alla domanda e alle opzioni indicate, riferendosi queste ultime alla classificazione degli atti amministrativi e la domanda invece a quella dei provvedimenti amministrativi, con conseguente necessità di riconoscere alla ricorrente il punteggio sottratto.
Inoltre, era rilevata carenza di istruttoria e motivazione in ordine alla decisione definitiva del 6.7.2017 di non ammettere alle successive fasi concorsuali la ricorrente, anche in relazione al punteggio numerico attribuito agli elaborati.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, illustrando in memoria per la camera di consiglio le tesi orientate a rilevare l’infondatezza del ricorso nonché la sua inammissibilità per tardiva impugnazione della clausola del bando ritenuta lesiva.
Con l’ordinanza in epigrafe questa Sezione, rilevando la sussistenza del pregiudizio dedotto e profili di “fumus” in relazione a quanto lamentato in ordine alla formulazione del quesito contestato e alla conseguente motivazione del provvedimento della commissione di definitiva esclusione dalla procedura, accoglieva la domanda cautelare, disponendo l’ammissione “con riserva” della ricorrente alle ulteriori fasi della procedura concorsuale, in specie alla prova orale.
Con la seconda ordinanza in epigrafe, il Consiglio di Stato, in sede d’appello, riformava la suddetta statuizione.
In prossimità della trattazione di merito l’amministrazione costituita depositava un’ulteriore memoria a sostegno delle proprie tesi difensive e, alla pubblica udienza dell’11.4.2018, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio, preliminarmente, non ritiene condivisibile l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva impugnativa della clausola del bando e comunque degli atti conformanti l’intera procedura, in quanto la lesività della clausola e l’applicazione dei restanti provvedimenti si è concretizzata per la ricorrente solo in seguito alla comunicazione dell’esito della prova “preselettiva” e del mancato inserimento definitivo nell’elenco degli ammessi alla prova orale, di cui alla d.d. del 6.7.2017, non comportando la clausola suddetta alcun effetto escludente immediato che la riguardasse.
Passando all’esame del merito, si rileva l’infondatezza del primo motivo, in quanto l’invocato principio generale, ispirato alla tutela dell'affidamento, della “sanatoria legale” nei casi di ammissione con riserva, detto anche “principio dell'assorbimento”, come desumibile dall'art. 4, comma 2- bis, del d.l. n. 115/2005, conv. in l.n. 168/2005 (secondo il quale conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela) non è applicabile a procedura di tipo concorsuale come quella in esame ma soltanto a procedure di tipo “idoneativo”, finalizzate alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio - o l'accesso alla quale - risultino regolamentati nell'ordinamento interno, ma non riservati ad un numero chiuso di professionisti (TAR Veneto, Sez. I, 18.11.10, n. 6071). A ciò si aggiunga che, precedentemente alla codificazione del suddetto principio con il richiamato art. 4, comma 2 bis, d.l. n. 115/2005, la giurisprudenza lo aveva ritenuto applicabile solo per selezioni relative a corsi di studi scolastici o universitari, in assenza di posizioni e aspettative di altri partecipanti in selezioni a “numero chiuso” (Cons. Stato, Sez. IV, 6.5.04, n. 2767 e TAR Abruzzo, Aq, 14.7.16, n. 429).
Per quanto riguarda, poi, l’impugnativa avverso l’art. 8 del bando, questa Sezione ha già precisato che all’Amministrazione è riconosciuta un’ampia discrezionalità nella formulazione dei criteri delle prove “preselettive”, che non possono essere ricondotte nell’alveo delle prove di concorso, cui fanno riferimento esclusivo gli artt. 6, 7 e 8 d.pr. n. 487/94 cit. Nella normativa prevista dal bando, quindi, non era stata fissata una soglia minima numerica predeterminata e “assoluta” di punteggio per il superamento di tale prova, ma un “numero-limite” di candidati ammessi, ragionevolmente proporzionato alla peculiarità della procedura concorsuale e all’alto numero di partecipanti, che comunque ha consentito di selezionare un’amplissima schiera di candidati di elevato profilo che hanno ottenuto infatti il punteggio massimo previsto (TAR Lazio, Sez. I, 22.3.18, n. 3190 e 16.11.17, n. 11247).
Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, il Collegio – al non più sommario esame proprio della presente fase di merito – riscontra parimenti la sua infondatezza.
In primo luogo, dalla documentazione e dalle argomentazioni fornite in sede di merito dall’amministrazione, non confutate dalla ricorrente, si rileva che, nel rispetto della previsione dell’art. 8, comma 4, del bando di concorso, la commissione esaminatrice, nelle sedute del 10.4.2017 e del 2.5.2017, previo esame delle domande predisposte dalla società appaltatrice, aveva proceduto dapprima alla individuazione di quelle di “elementi di diritto amministrativo” e di quelle di “elementi di diritto pubblico” - rese pubbliche “on line” il 21.4.2017 in pari numero (2.500 per ciascuna materia) – e, all’esito della seconda seduta, aveva anche deliberato di espungere dalla banca dati i quesiti oggetto di segnalazione da parte dei candidati, vagliate anche dai membri supplenti della commissione medesima.
Per quanto riguarda più propriamente il quesito n. 22 contestato dalla ricorrente, si rileva che esso prevedeva la seguente domanda: “ Diversi sono i criteri di classificazione dei provvedimenti amministrativi, dal punto di vista del rapporto tra gli atti si distinguono:
Risposta 1: Atti procedimentali ed atti presupposti.
Risposta 2: Atti composti e atti contestuali.
Risposta 3: Atti con un solo destinatario, atti con una pluralità di destinatari ”.
Ebbene, a un più approfondito esame, risulta che la risposta idonea era la n. 2, non scelta dalla ricorrente.
Valga sul punto quanto indicato nell’ultima memoria dell’amministrazione, che, pur partendo dalla medesima riflessione della dr.ssa Fonte, secondo cui sussiste una nota distinzione dottrinale – oltre che giurisprudenziale e legislativa – tra atti amministrativi e provvedimenti amministrativi, ha evidenziato che era necessaria una lettura unitaria del quesito, fermo restando il rapporto genere/specie tra i primi e i secondi, laddove era evidente nella seconda parte della domanda il riferimento a una classificazione “dal punto di vista del rapporto tra gli atti”.
Il richiamo al “provvedimento” amministrativo, quindi, non costituiva il nucleo della domanda ma faceva “da sfondo”, giustificandosi alla luce del fatto che al provvedimento finale (inteso come atto peculiare nella struttura e nella forma che definisce la sequenza procedimentale) si perviene dopo il compimento di una pluralità di atti endoprocedimentali, come tali strumentali e preparatori della determinazione finale, secondo quanto elaborato anche dalla dottrina più recente che i candidati dovevano dimostrare di conoscere.
Così ragionando, quindi, la riposta 2) era quella corretta, in quanto evidenziava (la classificazione in base a) il rapporto tra atti come ora richiamati, laddove la risposta 1) faceva riferimento al solo profilo procedimentale, estraneo al rapporto in questione.
Alla luce di tale ricostruzione, allora, non emergendo illogicità manifesta nella proposizione del quesito e nell’indicazione della risposta corretta, può farsi riferimento alla conclusione richiamata nella su ricordata ordinanza del Consiglio di Stato pronunciata in sede cautelare, secondo la quale essa appare espressione di un non abnorme esercizio della discrezionalità tecnica, mantenutasi nei limiti della opinabilità e come tale insindacabile nel merito, non venendo in rilievo alcuno dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a. (cfr. sul principio generale, Ad. plen. n. 5 del 2015;per una applicazione in materia di selezione dei quesiti da sottoporre a candidati in concorsi pubblici, anche in formato di test a risposta multipla, cfr. sez. V, n. 2630 del 2015;sez. IV, n. 4238 del 2003;da ultimo, questa Sezione, TAR Lazio, Sez. I, 5.3.18, n. 2504).
Ciò anche tenendo conto della circostanza per la quale l’amministrazione aveva scrutinato le numerose “e-mail” pervenute in seguito alla ricordata pubblicazione sul “sito internet” della banca dati dei quesiti, tra cui prescegliere quelli per la prova “preselettiva”, al fine di segnalare eventuali ambiguità o anomalie ma tra tali segnalazioni non era pervenuta alcuna sul n. 315 (poi trascritto in quello n. 22 sottoposto alla ricorrente), a testimonianza dell’assenza di illogicità.
Alla luce di quanto dedotto e per l’errore in cui è incorsa la ricorrente, quindi, non può essere invocato il principio del “favor partecipationis” nel caso di specie, ove molti concorrenti, in numero superiore ai posti messi a concorso, hanno ottenuto il massimo punteggio di 50/50.
Per quanto riguarda la contestata assenza di motivazione nel provvedimento dirigenziale del 6.7.2017, nel caso di specie si è dato luogo a un evidente caso di motivazione “per relationem” sulle determinazioni della Commissione e, per giurisprudenza costante, in tale ipotesi è sufficiente che gli atti di riferimento contenenti la motivazione siano indicati e resi disponibili, nel senso che all'interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi ovvero di chiederne la produzione in giudizio, sicché sussiste l'obbligo dell'amministrazione non di allegarli ma soltanto di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell'interessato (da ult.: v.: TAR Lazio, Sez. I, n. 2504/18 cit.;26.10.17, n. 10726;11.5.17, n. 5704 e Sez. II, 8.5.17, n. 5498;Cons. Stato, Sez. IV, 22.3.17, n. 1299;TAR Campania, Na, Sez. VI, 27.9.17, n. 4739).
A ciò deve aggiungersi che non sussiste alcuna contraddizione nell’operato dell’Amministrazione, in quanto l’ammissione alle prove scritte era comunque interinale e con riserva, in attesa della revisione da parte della Commissione.
Ne consegue che, nel caso di specie, non si era quindi in presenza di una forma di autotutela nell’adozione del decreto dirigenziale del 6.7.2017, con conseguente necessità di esternare il pubblico interesse prevalente, secondo la doglianza della ricorrente, in quanto l’ammissione alle prove scritte era avvenuta sin dall’inizio esplicitamente “con riserva”, a causa della immediata prossimità della data di loro effettuazione, e non vi era alcuna definitività nell’ammissione come disposta che imponesse l’osservanza delle forme proprie di un provvedimento in autotutela, nell’ipotesi di scioglimento “in negativo” di detta riserva (TAR Lazio, Sez. I, nn. 2504/18 e 10726/17 citt.).
Essendo, infine, ben chiara la modalità di assegnazione automatica del punteggio per la prova “preselettiva” in questione, non si rileva alcuna necessità di una “esplicazione fraseologica del punteggio numerico assegnato” (pag. 9, ricorso), in assenza di profili di discrezionalità da parte della Commissione sul punto.
Per quanto illustrato, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese di lite possono eccezionalmente compensarsi per la novità della fattispecie e per l’esito della fase cautelare.