TAR Genova, sez. II, sentenza 2018-02-06, n. 201800127

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2018-02-06, n. 201800127
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201800127
Data del deposito : 6 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/02/2018

N. 00127/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00896/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 896 del 2013, proposto da:
D T, in proprio e quale legale rappresentante della società Compro oro di D T &
C. s.a.s., rappresentato e difeso dall'avvocato R T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carmela D Lucia in Genova, via XX Settembre 33/8;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, viale Brigate Partigiane n. 2;

per l'annullamento

del decreto di sospensione per giorni tre della licenza per l'attività di commercio all'ingrosso di oggetti preziosi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 24 gennaio 2018 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 19.7.2013 il signor Taccogna Domenico, in proprio e quale legale rappresentante della società Compro oro di D T &
C. s.a.s. e titolare della connessa licenza ex art. 127 del T.U.L.P.S., espone: - che, nel corso di una verifica fiscale in data 12.4.2012, militari della Guardia di Finanza reperivano 74 atti di vendita, relativi ad operazioni effettuate dal 31.3.2012 all’11.4.2012, custoditi in cassaforte unitamente ai documenti di identità dei clienti ed agli oggetti ritirati;
- che i militari effettuavano una verifica a campione, accertando la corrispondenza tra i quantitativi effettivi degli oggetti preziosi e le annotazioni riportate sui predetti atti;
- che egli aveva trattenuto la merce acquistata, senza inviarla in fonderia;
- che dunque, pur non essendo stati trascritti nell’apposito registro, gli atti di acquisto consentivano agli agenti accertatori di verificare i dati identificativi dei clienti, la corrispondenza del peso e la data di acquisto;
- che, in relazione a quanto sopra, gli veniva contestata la violazione dell’art. 128 comma 2 del R.D. 18.6.1931, n. 773 (TULPS), sanzionata dall’art. 17-bis del medesimo TULPS;
- che, previa comunicazione di avvio del procedimento, con provvedimento 18.10.2012 il questore della provincia di Imperia decretava ex art. 10 TULPS la sospensione per tre giorni dalla licenza;
- che, con provvedimento 14.5.2013, il prefetto della provincia di Imperia rigettava il ricorso gerarchico presentato avverso il provvedimento del questore.

Impugna il decreto 18.10.2012 del questore della provincia di Imperia e il decreto prefettizio 14.5.2013 di rigetto del ricorso gerarchico.

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:

1. Contraddittorietà: la sanzione accessoria ex art. 17-quater del TULPS (sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi), che è norma speciale, può essere applicata soltanto unitamente all’ordinanza che ingiunge il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, nel caso di specie non irrogata.

2. Carenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 10 R.D. 773/1931 – assenza di abuso: ai sensi dell’art. 20 L. n. 689/1981, le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna, e dunque, a fortiori, in pendenza del procedimento sanzionatorio.

3. Incompetenza: legittimato ad emettere la sanzione accessoria all’ordinanza ingiunzione sarebbe il prefetto, non già il questore.

4. Violazione della legge (art. 128 comma 2 TULPS): lo scopo della norma, che è quello di evitare i traffici illeciti di merce, consentendo all’autorità di P.S. di controllare la circolazione delle cose usate e di valore, sarebbe stato raggiunto, non essendo state riscontrate differenze quantitative.

5. Offensività – nullum crimen sine iniuria – inesistenza dell’illecito: il comportamento del ricorrente non ha leso né posto in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma, con conseguente inoffensività della condotta.

6. Omessa valutazione in concreto della singola vicenda e della situazione personale del soggetto.

7. Omessa motivazione, anche da parte del prefetto, circa l’esistenza di un interesse pubblico specifico e concreto (attesa l’assenza di offensività della condotta), prevalente su quello antagonista del privato.

Alla domanda di annullamento accede domanda di risarcimento dei danni.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, con memoria di mero stile.

Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2018 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

Giova premettere che, ai sensi dell’art. 128 T.U.L.P.S., i commercianti di oggetti preziosi devono tenere un registro delle operazioni “che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute e le altre indicazioni prescritte dal regolamento”.

Ciò premesso, il ricorso – i cui motivi, stante la stretta connessione logica, possono essere trattati congiuntamente - è infondato, per le motivazioni che seguono.

La disposizione violata tratta di registrazioni da compiersi “giornalmente”.

E’ dunque evidente come la mancata, tempestiva - cioè, quotidiana - registrazione sia suscettibile di integrare la violazione della disposizione, mettendo a repentaglio il bene giuridico tutelato dalla disposizione (la possibilità, per l’autorità di P.S., di controllare la circolazione delle cose usate e di valore), bene giuridico che, fino alla concreta registrazione, resta affidato non già – oggettivamente, come prevede la norma - all’annotazione nell’apposito registro, ma alla mera e soggettiva integrità e correttezza del singolo commerciante.

Dl resto, richiamata la distinzione tra reati di danno e reati di pericolo (per tali intendendosi quelli in cui non è necessario che il bene tutelato sia distrutto o diminuito, ma è sufficiente che sia minacciato) - predicabile anche alle infrazioni amministrative - si osserva come, per costante giurisprudenza, rispetto ai reati di pericolo non sia neppure configurabile l’ipotesi del reato impossibile ex art. 49 comma 2 c.p. (cfr., per tutte, Cass. Pen., II, 5.12.2017, n. 55079).

In tal senso, la violazione della disposizione è ben suscettibile di integrare, ex art. 10 TULPS, un “abuso” della corrispondente autorizzazione di polizia, per abuso dovendosi intendere - secondo il significato proprio delle parole - un uso dell’autorizzazione di polizia in violazione delle disposizioni che lo disciplinano (cfr. T.A.R. Lombardia, I, 17.3.2017, n. 660).

Né rileva che la sospensione possa essere irrogata anche, ex art. 17-quater del T.U.L.P.S., come sanzione amministrativa accessoria, unitamente all'ordinanza-ingiunzione che applica la sanzione amministrativa pecuniaria.

Nel caso di specie, infatti, l’autorità di P.S. ha fatto corretto uso del distinto ed autonomo potere di cui all’art. 10 TULPS – specificamente richiamato nei provvedimenti impugnati – sicché nessuna rilevanza riveste la circostanza che non sia stata in concreto irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria.

E poiché non si tratta della sanzione accessoria irrogabile congiuntamente all’ordinanza ingiunzione, ma della sospensione ex art. 10 TULPS dell’autorizzazione di polizia, la competenza a provvedere spettava certamente al questore.

Quanto alla omessa valutazione in concreto della singola vicenda e della situazione personale del soggetto, osserva il collegio come, per costante giurisprudenza, la revoca e/o la sospensione dell'autorizzazione di polizia per l'esercizio del commercio di oggetti preziosi usati ai sensi dell'art.10 TULPS, consentite in caso di abuso del titolo da parte della persona autorizzata, vanno disposte sulla base di una discrezionale valutazione dell'autorità competente, valutazione che, attesa la delicatezza del settore, giustifica la massima severità della stessa (Cons. di St., III, 11.7.2014, n. 3580;
T.A.R. Sardegna, I, 2.3.2017, n. 154).

Nel caso di specie, attesa l’eccezionale esiguità della sospensione disposta (tre giorni), non pare proprio che la valutazione dell’amministrazione, che peraltro è frutto di ampia discrezionalità, sia affetta da palese illogicità.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

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