TAR Firenze, sez. I, sentenza 2009-03-17, n. 200900460

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2009-03-17, n. 200900460
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 200900460
Data del deposito : 17 marzo 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01925/2004 REG.RIC.

N. 00460/2009 REG.SEN.

N. 01925/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1925 del 2004, proposto da:
D R G, rappresentato e difeso dall'avv. L G, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli N. 40;

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Commissione Esami di Avvocato c/o Corte D'Appello Firenze;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del verbale della Commissione per gli esami di Avvocato, Sessione 2003, presso la Corte di appello di Firenze del 24 febbraio 2004, nella parte in cui alla ricorrente è stato assegnato il punteggio complessivo di 83 punti, con conseguente mancata ammissione alla prova orale dell'esame;

- del provvedimento di incogniti estremi, di approvazione degli atti della Commissione e di non ammissione della ricorrente alla prova orale;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso ed in particolare di tutti verbali di lavori della Commissione e, segnatamente, di quello del 13 gennaio 2004 di determinazione dei criteri da seguire per la correzione degli elaborati.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/02/2009 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

La ricorrente ha partecipato alle prove scritte per gli esami di avvocato, sessione 2003, svoltesi presso la Corte d'appello di Firenze.

All'esito della correzione dei relativi elaborati, la Commissione d'esame, nella seduta del 24 febbraio 2004, le ha attribuito il voto complessivo di 83 (rispettivamente 30 punti per il parere di diritto civile, 27 punti per il parere di diritto penale e 26 per l’atto giudiziario), ritenendo sufficiente soltanto la prima delle tre prove scritte redatte dall’interessata.

Per conseguenza la dott.sa De Ricco non è stata ammessa allo svolgimento della prova orale.

Contro tale atto ricorre la sig.ra De Ricco chiedendone l’annullamento, previa sospensione e con richiesta di risarcimento del danno, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e degli artt. 17 bis e 23 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Violazione degli artt. 4 e 97 della Costituzione. Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 12 del d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487, nonché dei principi generali sull'espletamento delle prove d'esame. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, perplessità, travisamento dei fatti.

2. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 23 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Eccesso di potere per illogicità manifesta, carenza di istruttoria e dei presupposti, travisamento, violazione del giusto procedimento.

3. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 23 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, illogicità, carenza di istruttoria e dei presupposti, travisamento dei fatti, violazione del giusto procedimento.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 1115 depositata il 27 ottobre 2004 veniva respinta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in esame viene impugnato l'esito delle prove scritte sostenute dalla ricorrente per gli esami di avvocato, sessione 2003, svoltesi presso la Corte d'appello di Firenze per le quali la Commissione d'esame le ha attribuito il voto complessivo di 83, ritenendo sufficiente soltanto la prima delle tre prove scritte (parere di diritto civile), conseguentemente non ammettendo l’interessata allo svolgimento della prova orale.

Il ricorso non è suscettibile di accoglimento.

Con il primo motivo la ricorrente si duole dell'insufficienza dei criteri formulati dalla Commissione preliminarmente alla correzione degli elaborati che non consentirebbe la ricostruzione dell'iter logico in base al quale le è stato attribuito il punteggio che ha condotto alla sua non ammissione alla prova orale, attesa l'asserita genericità dei medesimi.

Correlativamente viene censurata l'espressione del giudizio attraverso una votazione meramente numerica che, anche per le ragioni sopra enunciate, impedirebbe la comprensione delle motivazioni poste a base della valutazione finale, sostanzialmente ostacolando o, quanto meno, rendendo assai difficoltosa anche la difesa in giudizio.

La tesi non può essere condivisa.

Per quanto la ricorrente citi, a suffragio delle sue affermazioni, alcune pronunce giurisprudenziali, il Collegio deve ribadire che l'orientamento largamente prevalente del Giudice amministrativo si esprime in senso esplicitamente contrario a tali argomentazioni.

Invero, quanto al primo profilo va sottolineato che, per gli esami di abilitazione alla professione di avvocato, nessuna norma impone alla Commissione di predeterminare i criteri di massima per la valutazione degli elaborati e, quindi, a maggior ragione, nessuna disposizione di legge prevede che, qualora la Commissione si determini autonomamente a fissare detti criteri, come accaduto nel caso di specie, gli stessi debbano essere specifici e dettagliati (Cons. Stato, sez. IV, 5 dicembre 2006, n. 7116).

L’art. 12 L. n. 487/94, invocato dalla ricorrente, in base al quale “Le Commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove”, è, infatti, inapplicabile al caso in esame, riferendosi esclusivamente all’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e alle modalità di svolgimento dei concorsi e non anche agli esami di abilitazione professionale, che soggiacciono, com’è evidente, a diversi criteri selettivi, non presupponendo una valutazione comparativa tra i candidati in relazione al ristretto numero di posti messo a concorso.

Non si può, d’altro canto, contrariamente all’avviso della ricorrente, ravvisare un vizio, sotto il profilo del difetto di motivazione, nella circostanza che sugli elaborati non siano apposti “segni di correzione” (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 1 settembre 2005, n. 3725).

Segni del genere vengono solitamente apposti nelle scuole, ed hanno una evidente funzione didattica. In un concorso o in un esame di abilitazione, invece, la commissione ha solo la funzione di esprimere un giudizio, non di aiutare il candidato ad apprendere come emendarsi per il futuro.

Con riferimento alla questione dell'insufficienza dell'espressione numerica del giudizio, il Collegio osserva che nei concorsi ed esami pubblici non è necessario un sia pur sintetico giudizio di merito, ma è sufficiente, in ordine alla motivazione della valutazione, il semplice punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica, ma eloquente, di esternazione il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte o orali di un concorso pubblico o di un esame di abilitazione che esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, (ex multis, cfr. (Cons. Stato, Sez. IV, 15 maggio 2002 n. 2600;
1 marzo 2003 n. 1162;
15 settembre 2003 n. 5109;
17 settembre 2004 n. 6155;
17 dicembre 2003 n. 8320;
7 maggio 2004 n. 2881;
C.G.A. reg. sic., 9 giugno 2003 n. 223;
T.A.R. Lazio, I Sez., 3 marzo 2004 n. 2017;
T.A.R. Milano, IV Sez., 8 aprile 2004 n. 1438;
T.A.R. Toscana, I Sez., 29 settembre 2003 n. 5187;
T.A.R. Napoli, IV Sez., 1 febbraio 2005 n. 615;
T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 12 ottobre 2006, n. 3576).

E’ stato sottolineato, infatti, che la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità dell’attività amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza sulle valutazioni di merito compiute dalla commissione e sul potere amministrativo da quest’ultima espletato (Cons. Stato, V Sez., 8 aprile 1999, n. 391).

Si è, altresì, precisato che nell'attuale quadro normativo, le ragioni che inducono a ritenere sufficiente il 'voto numerico' per la valutazione della inidoneità dell'elaborato scritto per l'esame d'avvocato sono sostanziali, poiché:

- si deve tenere conto delle esigenze di speditezza dei lavori della commissione;

- per la ponderata adeguatezza delle sue valutazioni, la normativa di settore prevede che della commissione facciano parte componenti dotati di particolari professionalità;

- ciascun componente della commissione può sollecitare valutazioni più approfondite e chiedere che su una sua proposta si decida motivatamente a maggioranza (con il pieno sindacato giurisdizionale ove la motivazione sia affetta da eccesso di potere);

- ove nessun componente solleciti valutazioni più approfondite per l'attribuzione di un voto diverso da quello in corso di verbalizzazione, la determinazione unanime di tutti i componenti, in quanto dotati di particolari professionalità, implica l'estrinsecazione di una ponderata scelta condivisa e di per sé insindacabile in sede giurisdizionale (Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 2008, n. 1553).

Con il secondo motivo è denunciata, sotto il profilo dell'eccesso di potere per carenza di istruttoria e violazione del giusto procedimento, la circostanza che la Commissione abbia compiuto, nella seduta del 24 febbraio 2004, il proprio lavoro di correzione degli elaborati scritti in maniera del tutto affrettata, impiegando un tempo palesemente insufficiente ad esprimere una valutazione corretta degli stessi.

La censura, peraltro ricorrente nel contenzioso in materia concorsuale, è infondata.

Costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui non sono normalmente sindacabili in sede di legittimità i tempi dedicati dalla Commissione giudicatrice di un concorso alla valutazione dei candidati, allorché tali tempi siano calcolati, come nel caso in esame, in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o per quello degli elaborati esaminati atteso che, di norma, non è possibile stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato (Cons. Stato, IV Sez., 17 ottobre 2000 n. 5249 e 12 marzo 2001 n. 1366;
T.A.R. Catanzaro, I Sez., 17 dicembre 2001 n. 2167 e 18 settembre 2002 n. 2277;
T.A.R. Bari, I Sez., 26 settembre 2000 n. 3788, 27 settembre 2000 n. 3804 e 3 gennaio 2001 n. 16;
T.A.R. Bologna, I Sez., 13 febbraio 2003 n. 98;
T.A.R. Napoli, IV Sez., 1 febbraio 2005 n. 615).

Assume, altresì, la ricorrente che il giudizio espresso dalla Commissione di esame in ordine alle sue prove scritte sia palesemente contraddittorio e viziato per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti, atteso che esse, come sarebbe riscontrabile attraverso una consulenza tecnica d'ufficio, presentano, in realtà, un contenuto apprezzabile e comunque sufficiente per il superamento delle prove.

Anche tale censura va rigettata.

Secondo l’orientamento ormai consolidato delle giurisprudenza amministrativa, infatti, il giudizio tecnico-discrezionale di una commissione esaminatrice circa la valutazione dei candidati costituisce espressione di un giudizio di puro merito e come tale non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento di fatto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2008, n. 2577;
id., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 536;
id., sez. V, 13 febbraio 1999, n. 163), ipotesi queste non sussistenti nel caso di specie.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere rigettato.

In relazione alla natura della controversia, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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