TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-01-05, n. 202400019

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-01-05, n. 202400019
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202400019
Data del deposito : 5 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/01/2024

N. 00019/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00907/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 907 del 2019, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati B S, S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per la condanna

dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno meglio specificato in narrativa in quanto dipendente dalla non adeguatezza dei luoghi di lavoro dove lo stesso si è prodotto alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro, da quantificare in € 20.171,52 per danno biologico permanente e temporaneo, cui dovranno essere aggiunti € 723,00 per spese mediche, o nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2023 il dott. L V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è -OMISSIS- della -OMISSIS-, in servizio presso la -OMISSIS- di Firenze.

Il giorno 12 novembre 2015 alle ore 10,30 circa, mentre si trovava di servizio presso il Reparto -OMISSIS- della suddetta -OMISSIS- e nel risalire le scale che conducono dal “-OMISSIS-” alle sale colloqui, scivolava, urtando violentemente la zona temporale destra del capo contro il muro e il ginocchio sinistro sul pianerottolo;
il giorno successivo si recava presso il Dipartimento Emergenza Accettazione dell’-OMISSIS-, ove gli era stato diagnosticato un “trauma cranico con distorsione del rachide cervicale”, con una prognosi di giorni lavorativi 10, con la prescrizione di indossare un collare di tipo “Schanz” da togliere per mangiare e per dormire;
a seguito della forte contusione al ginocchio, in data 3 novembre 2016, era sottoposto ad intervento chirurgico di “meniscectomia selettiva mediale” in artroscopia presso l’-OMISSIS-.

L’incidente era riconosciuto dipendente da causa di servizio, ma le richieste risarcitorie presentate dal ricorrente, a mezzo del proprio legale, rimanevano senza esito.

Con ricorso R.G. n. -OMISSIS-, al Tribunale di Firenze-Sez. Lavoro, il ricorrente chiedeva quindi il risarcimento del danno derivante dall’infortunio;
con sentenza -OMISSIS- era però dichiarato il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. nei confronti del Giudice amministrativo, trattandosi di controversia attinente ad un rapporto di pubblico impiego non privatizzato.

Il giudizio era quindi tempestivamente riassunto avanti alla Sezione ed il ricorrente chiedeva la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno biologico permanente e temporaneo derivante dalla non adeguatezza dei luoghi di lavoro, quantificato nella capital somma di €. 20.171,52, oltre all’ulteriore somma di €. 723,00 per spese mediche documentate o nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia (anche in conseguenza delle sofferenze psicologiche derivanti dall’infortunio), oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, limitandosi a depositare la documentazione in possesso dell’Amministrazione e le proprie difese nel giudizio avanti all’A.G.O.

Con ordinanza -OMISSIS-, la Sezione nominava un C.T.U., conferendogli l’incarico di accertare lo stato dei luoghi ed il danno non patrimoniale, anche a carattere temporaneo, derivante dall’infortunio.

Dopo il deposito dell’elaborato peritale, il ricorso era quindi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 20 dicembre 2023.

Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.

Nessun dubbio può sussistere in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell’azione risarcitoria, in considerazione della pacifica applicabilità alla fattispecie della previsione dell’art. 2087 c.c. (Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2018, n. 24180;
T.A.R. Valle d'Aosta, 20 settembre 2017, n. 56;
T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 luglio 2015, n. 1168), della completa assenza della prova giudiziale dell’assenza di responsabilità ad opera delle Amministrazioni convenute e dell’applicabilità alla fattispecie delle previsioni del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

In questa prospettiva, appare, infatti, assolutamente dirimente il fatto che il ricorrente abbia dato prova della mancata adozione delle cautele (corrimano e arrotondamento degli spigoli dei gradini) previste dalla normativa antinfortunistica, mediante deposito della relazione dell’Assistente tecnico R.S.P.P. del 27 ottobre 2016 rivolta al Direttore della struttura (doc. n. 5 del relativo deposito) e che tale circostanza sia ulteriormente ed espressamente confermata dalla nota 2 aprile 2019 prot. 14951 del Provveditorato Regionale per la Toscana e l’Umbria del Dipartimento dell’-OMISSIS-, lealmente depositata in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 12 settembre 2019.

L’iniziale prospettazione tendente a riportare l’incidente a caso fortuito articolata nelle difese avanti all’A.G.O. (si veda, al proposito, la relativa memoria di costituzione depositata in giudizio sempre in data 12 settembre 2019) non è poi stata più riproposta in questa sede e può pertanto concludersi che l’Amministrazione non abbia sollevato una sostanziale contestazione in ordine all’ an della responsabilità, attraverso la dimostrazione di “aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo” (Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2020, n. 6866;
24 maggio 2018, n. 3104;
sez. VI, 12 marzo 2015, n. 1282) o del fatto che l’adozione delle cautele sopra richiamate (corrimano e arrotondamento dei gradini) risultasse incompatibile con le “particolari esigenze connesse al servizio espletato o (le sue) peculiarità organizzative”, come reso possibile dalla generica clausola di compatibilità prevista dall’art. 3, 2° comma del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

La C.T.U. esperita dalla Sezione ha poi accertato come, per effetto degli eventi in questione, il ricorrente abbia subito un danno biologico di carattere permanente, quantificato nella misura del 3 % ed un’invalidità temporanea di complessivi 264 giorni “da suddividere in ITA: 11 gg, ITP al 75%: 30 gg, ITP al 50%: 30 gg, ITP al 25%: 193 giorni”;
la detta valutazione risulta poi essere stata espressamente condivisa dal C.T.P. di parte ricorrente (l’Amministrazione resistente non ha nominato un proprio consulente) e risulta pertanto del tutto inutile ogni ulteriore considerazione con riferimento ad una quantificazione che appare corretta, sotto tutti i profili.

Risulta pertanto positivamente accertata almeno la lesione della sfera biologica del ricorrente e del diritto alla salute ex art. 32 Cost. con conseguenziale sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del danno non patrimoniale, anche per quello che riguarda la lesione di almeno una posizione soggettiva di rilievo costituzionale.

Per quello che riguarda le modalità di liquidazione, la Sezione ha già manifestato, con la sentenza 20 giugno 2022, n. 818, la propria adesione all’orientamento giurisprudenziale che ha rilevato la natura unitaria del danno non patrimoniale, così superando le categorie del danno biologico, esistenziale e morale: “il danno non patrimoniale da lesione della salute di pubblico dipendente costituisce una categoria ampia e omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento mediante l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici, con la conseguenza che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale, con conseguente riconduzione ad unità del concetto di danno non patrimoniale alla salute, comprensivo di tutti gli aspetti con ricadute negative sull'integrità psicofisica e relazionale della persona lesa, da valutare in modo unitario e globale in un'ottica di personalizzazione con riguardo al caso concreto” (Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2017, n. 3242;
sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5497;
21 settembre 2015, n. 4375).

Per quello che riguarda la quantificazione dell’obbligazione monetaria dovuta a titolo di risarcimento, piuttosto che il riferimento alle tabelle dell'Osservatorio per la giustizia civile di Milano spesso utilizzato in giurisprudenza (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 11 ottobre 2018, n. 9920;
Cons. Stato sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1945;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 12 giugno 2015, n. 1432) e prospettato da parte ricorrente, la Sezione ha poi ritenuto più appropriato (sempre con la già citata sentenza 20 giugno 2022, n. 818) utilizzare, trattandosi di danno biologico per lesioni di lieve entità (cd. micropermanenti), le tabelle di cui all’art. 139, 5° comma del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private) oggi aggiornate dall’ultimo d.m. 16 ottobre 2023 emanato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy .

Trattandosi di “menomazione accertata … (non incidente) in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati” (come accertato dalla C.T.U. che ha constatato la mancanza di “postumi di tipo psichico” derivanti dall’infortunio), non può poi trovare applicazione la maggiorazione del 20% prevista dall’art. 139, 3° comma del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 e l’obbligazione risarcitoria gravante sulle Amministrazioni intimate deve essere quantificata nella capital somma di € 8.327,54 (di cui € 2.892,64 a titolo di danno biologico permanente, € 5.301,90 a titolo di danno biologico da invalidità temporanea, ed € 133,00 a titolo di danno emergente derivante dall’infortunio);
per quello che riguarda il danno emergente risulta, infatti, pienamente condivisibile la valutazione del C.T.U. che ha considerato pertinenti solo le spese documentate rientranti nel già richiamato importo ed anche dopo la sollecitazione del C.T.U., parte ricorrente non ha depositato in giudizio la documentazione atta a dimostrare il fatto che anche i costi previsti dalla notula del dott. L B (in astratto, suscettibili di considerazione) siano stati effettivamente sostenuti dal danneggiato.

La somma dovuta a titolo risarcitorio dovrà poi essere maggiorata di rivalutazione ed interessi dal momento del verificarsi del danno alla data di corresponsione della somma dovuta a titolo risarcitorio.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono essere liquidate, come da dispositivo.

Le spese della C.T.U. devono essere liquidate, sulla base della notula, in complessivi € 1.500,00, da porsi a carico in via definitiva dell’Amministrazione resistente (quindi, con conseguenziale rimborso delle somme già anticipate dal ricorrente al C.T.U.).

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