TAR Palermo, sez. II, sentenza 2024-05-13, n. 202401598
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Pubblicato il 13/05/2024
N. 01598/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01314/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1314 del 2021, proposto dal Comune di Mazzarrà Sant'Andrea, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato O P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Assessorato dell’energia e dei servizi di pubblica utilità della Regione Siciliana (Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti), in persona dell’Assessore
pro tempore
, rappresentato e difeso
ope legis
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento:
- del decreto dell’intimato Assessorato n. 125 del 26 febbraio 2021, trasmesso con nota n. 177736 del 5 maggio 2021, con oggetto «“ Interventi di smaltimento del percolato accumulato nelle vasche della discarica sita nella c.da Zuppà del Comune di Mazzarrà S. Andrea – III ed ultimo S.A.L. Ditta Ecosistem”- Decreto di accertamento somme in entrata »;
- di ogni altro atto presupposto o consequenziale, ivi compreso il D.D.S. n. 139 del 20 febbraio 2020 e ogni altro provvedimento che abbia qualificato il ricorrente Comune come “ ente inadempiente ” rispetto agli obblighi sostitutivi di cui all’art. 250, d.lgs. n. 152/2006, nei riguardi del proprietario/gestore della ex discarica di c.da Zuppà ricadente nei propri confini territoriali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Assessorato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 il dott. Fabrizio Giallombardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il Comune ricorrente ha impugnato il D.D.G. n. 125 del 26 febbraio 2021, con il quale l'amministrazione regionale, ai sensi dell'art. 250, d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 35, l.r. n. 3/2016, ha posto a suo carico (quale soggetto inadempiente) l'importo di euro 134.351,85, liquidati con D.D.S. n. 139 del 20 febbraio 2020 (parimenti impugnato), per le attività di smaltimento del percolato della discarica di C.da Zuppà.
1.1. Parte ricorrente ha articolato le seguenti doglianze.
1.1.1. Violazione di legge (art. 250, d.lgs. n. 152/2006), in quanto - posto che il Comune ricorrente non sarebbe proprietario della discarica in questione (riferibile, piuttosto, alla società Tirrenoambiente s.p.a.) - l'amministrazione regionale non avrebbe mai potuto considerarlo inadempiente ai sensi della disposizione sopra richiamata. Ciò tenuto conto che l'art. 253, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 prevede che le azioni di ripetizione delle spese possono essere esercitate nei soli confronti del proprietario del sito. Sarebbe poi spettato direttamente alla Regione sostituirsi al soggetto inadempiente in base al piano regionale di bonifica delle discariche. In ogni caso, il Comune ricorrente avrebbe coadiuvato l'amministrazione regionale quale soggetto attuatore.
1.1.2. In via subordinata, violazione di legge (art. 244, d.lgs. n. 267/2000;artt. 1218 e 1256, c.c.), in quanto in ogni caso il Comune ricorrente - trovandosi in situazione di dissesto finanziario - non avrebbe potuto realizzare gli interventi in via sostitutiva di cui trattasi.
1.1.3. Violazione di legge (art. 250, d.lgs. n. 152/2006) " per mancata considerazione dell'ordine di priorità per l’esecuzione degli interventi di salvaguardia ambientale dei siti contaminati delle ex discariche comprensoriali stabiliti dal vigente Piano Regionale di Bonifica delle discariche " e " insussistenza in fatto ed in diritto dei ogni qualsivoglia ipotizzato “inadempimento” – anche quale mero “soggetto vigilante” da parte del Comune vertendosi in materia di adempimenti di bonifica di siti contaminati costituiti da ex discariche a servizio di comprensori sub-provinciale per i quali il Piano Regionale di Bonifica delle discariche prevede la competenza esclusiva della Regione e non contempla, quindi, alcuna possibilità di intervento, nemmeno in via sostitutiva, da parte degli Enti minori o locali ", in quanto l'amministrazione regionale:
- avrebbe erroneamente ritenuto il Comune ricorrente onerato della vigilanza della discarica in questione;
- non avrebbe chiarito in cosa sarebbe consistito il preteso inadempimento dell'amministrazione comunale;
- non avrebbe tenuto conto del succitato piano regionale delle bonifiche, né del fatto che l'art. 3, c. 27, l. n. 549/1995, istitutiva del tributo speciale per il conferimento dei tributi in discarica, ha devoluto alle regioni il relativo introito, rimettendo una quota parte del gettito ai Comuni ove sono ubicate le discariche e a quelli limitrofi.
1.1.4. In via ulteriormente gradata, parte ricorrente ha contestato la " Violazione e mancata applicazione dell’art. 239 del D.Lgs 152/2006 – Mancata considerazione della deroga espressa all'art. 250 T.U. Ambiente per interventi eseguiti per la bonifica, anche parziale di ex discarica inserita nell’ambito del Piano Regionale delle Bonifiche delle discariche - Impossibilità conseguente dell’esercizio di azione di rivalsa " e la " Violazione e mancata applicazione dell’art. 3, comma 27, della Legge 549/95 in conseguenza della richiesta di restituzione da parte della Regione di contributi di carattere finalizzato da erogare ai Comuni sede di ex discariche quali contributi per interventi di mitigazione ambientale e bonifica ", in quanto l'art. 250, d.lgs. n. 152/2006 non riguarderebbe le ex discariche di rr.sss.uu. già attivate con il d.lgs. n. 22/1997, per le quali resterebbe onerata unicamente la Regione Siciliana. Ciò in quanto l'art. 239, d.lgs. n. 152/2006 escluderebbe l'applicazione delle disposizioni del Titolo V del medesimo decreto (ivi incluso il visto art. 250, d.lgs. n. 152/2006) per gli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali. Parte ricorrente ha inoltre ulteriormente richiamato il già visto art. 3, c. 27, l. n. 549/1995.
2. Si è costituita l'amministrazione regionale che, con successiva memoria, ha chiesto il rigetto del ricorso.
3. All'udienza camerale del 4 novembre 2021, preso atto della rinuncia alla domanda cautelare, il ricorso è stato cancellato dal relativo ruolo.
4. All'udienza pubblica dell'11 aprile 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il presente ricorso il ricorrente Comune ha contestato la pretesa creditoria avanzata dall’amministrazione regionale, ex artt. 250, d.lgs. n. 152/2006 e art. 35, c. 2, l.r. n. 3/2016, per i lavori di smaltimento del percolato della discarica sopra meglio specificata.
2. Preliminarmente va dato atto che, a rigore, il ricorso avrebbe dovuto essere depositato presso la segreteria della Sezione staccata di Catania (art. 47, c. 1, c.p.a.), in quanto afferente un provvedimento (i) che ha prodotto i propri effetti all’interno della relativa circoscrizione (sulla cui delimitazione, cfr. la tabella allegata al d.P.R. n. 277/1975, attuativo dell’art. 1, c. 3, l. n. 1034/1971, tuttora vigente), (ii) né rientrante nelle materie di cui all’art. 14, c.p.a.
Ad ogni modo, atteso che tale irregolarità non è stata eccepita dalla controparte nei termini di cui all’art. 47, c. 2, c.p.a., non può che darsi atto dell’intervenuto radicamento della presente controversia presso questo Tribunale.
3. Ciò posto, prima di passare all’analisi del ricorso, è altresì opportuno dare conto del contesto normativo - e interpretativo - di riferimento.
L’art. 250, c. 1, d.lgs. n. 152/2006, dispone che « qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissato dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio ».
Dunque, « nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari da parte di altri soggetti interessati, le opere di bonifica sono realizzate dalle amministrazioni competenti (art. 250) che, a fronte delle spese sostenute, si vedono riconosciuto un privilegio speciale immobiliare sul fondo (art. 253) » (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2021, n. 8702).
A livello regionale, l’art. 35, c. 2, l.r. n. 3/2016, dispone un meccanismo di rivalsa dell’amministrazione regionale nei confronti dei Comuni inadempienti rispetto agli obblighi suddetti.
Su tale disciplina si è recentemente pronunciato il Consiglio di giustizia amministrativa (C.g.a.r.s., sez. giurisd., 23 novembre 2023, n. 829), peraltro su una controversia promossa proprio dal Comune di Mazzarrà Sant’Andrea per contestare all’amministrazione regionale il recupero di somme da questa anticipate per la discarica della C.da Zuppà (in quell’occasione, si rileva, il ricorso è stato correttamente introitato presso la Sezione staccata di Catania, la cui sentenza n. 41/2021 è stata confermata in sede di appello).
Il giudice di appello ha chiarito – con argomentazioni condivise dal Collegio – che il provvedimento regionale di recupero è stato adottato nel pieno rispetto delle suddette disposizioni nazionali e regionali. Ha, in particolare, distinto tra “ ordine degli interventi ” di cui all’art. 250, d.lgs. n. 152/2006, e “ procedura di recupero ” di cui all’art. 35, l.r. n. 3/2016, concludendo in ordine all’infondatezza di un’interpretazione, qual è quella proposta dalla ricorrente amministrazione comunale (e qui sostanzialmente reiterata), che sovrapponga i suddetti piani sino a giungere a un’ interpretatio abrogans del menzionato art. 35.
4. Svolte le suddette premesse, può dirsi dell’infondatezza dei differenti motivi di ricorso.
4.1. Il primo motivo di ricorso, con il quale il Comune ha sostenuto di non poter essere considerato quale soggetto inadempiente, è smentito dalla superiore ricostruzione delle norme rilevanti nel caso di specie, così come interpretate dal giudice di appello.
Si consideri, inoltre, che il D.D.S. qui impugnato ha espressamente richiamato la delibera di Giunta regionale n. 378 del 12 ottobre 2018 (prodotta in giudizio come all. 2 da parte ricorrente e come all. 19 dalla resistente amministrazione regionale) che: i. già nel suo oggetto ha dato atto degli inadempimenti del gestore e del Comune; ii. ha espressamente richiamato il visto art. 35, l.r. n. 3/2016; iii. ha ripetutamente dato atto della necessità di reperire le somme rivalendosi sul soggetto inadempiente (pp. 4, 6 e 7); iv. ha chiarito che l’intervento regionale è stato dovuto all’impossibilità del Comune ricorrente di provvedere perché in stato di dissesto finanziario (p. 3, su tale specifica questione, cfr. infra ).
4.2. Il secondo motivo di ricorso, con il quale il Comune ha preteso di non poter essere comunque considerato inadempiente proprio in ragione della superiore dichiarazione di dissesto, è parimenti infondato.
Premesso che il diritto di rivalsa della pubblica amministrazione per le spese relative agli interventi di bonifica e ripristino ambientale eseguiti in via sostitutiva non va qualificato in termini di obbligazione risarcitoria, ma di obbligazione ex lege di natura indennitaria (Cass. civ., sez. III, 4 gennaio 2024, n. 199), ciò che rileva nel caso di specie è che la dichiarazione di dissesto (intervenuta con delibera della Commissione straordinaria con i poteri del consiglio n. 3 del 19 aprile 2017, prodotta come all. 3 da parte ricorrente) ha la funzione di ripristinare gli equilibri di bilancio degli enti locali in crisi mediante un’apposita procedura di risanamento, delineando così una netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente, che sarebbe pregiudicata ove nella seconda confluissero debiti sostanzialmente imputabili alle precedenti gestioni amministrative, con la conseguente creazione di una massa separata affidata alla gestione di un organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente locale (Cons. St., Ad. pl., 12 gennaio 2022, n. 1).
Dunque, avuto presente che la vista delibera di Giunta regionale n. 378/2018 è ampiamente successiva alla dichiarazione di dissesto, quest’ultima non può di per sé giustificare l’inadempimento del Comune rispetto all’obbligo di ripristino della discarica in questione, ben potendo l’amministrazione comunale provvedere a ciò nell’ambito della gestione corrente, in quanto strutturalmente separata dalla gestione dei debiti pregressi. E occorrendo, semmai, una prova ben più circostanziata delle ragioni che avrebbero determinato un inadempimento non imputabile per impossibilità della prestazione ex art. 1218, c.c.;ciò tanto più ove si consideri che l’art. 250, c. 2, d.lgs. n. 267/2000, prevede che l’ente in dissesto, con specifica motivazione, ben possa finanziarie le spese disposte dalla legge (tra le quali rientra, evidentemente, quella di cui all’art. 250, d.lgs. n. 152/2006) anche laddove manchino o siano insufficienti gli stanziamenti nell’ultimo bilancio approvato, con l’assunzione degli impegni corrispondenti.
La prova dell’impossibilità dell’inadempimento, dunque, è stata tutt’altro che fornita nel caso di specie.
Peraltro, com’è dato leggere dalla suddetta dichiarazione di dissesto del 19 aprile 2017, l’ingente massa debitoria dell’amministrazione comunale ha trovato, in buona parte, scaturigine nella mancata – e negligente – riscossione di crediti, per quasi sette milioni di euro, vantati dal Comune ricorrente nei confronti della società di gestione della discarica (partecipata al 47% dal Comune medesimo).
Ne discende che, ove si accedesse alla tesi del Comune e si ritenesse che il mancato intervento di ripristino del Comune sulla discarica in questione potesse essere in qualche modo giustificato dal (solo) suo stato dissesto, si addiverrebbe a un corto circuito logico, prima ancora che giuridico.
Si dovrebbe, infatti, affermare gli effetti della negligente condotta dell’amministrazione comunale in fase di riscossione di somme dovute dall’ente gestore della discarica (vale a dire, del responsabile dell’inquinamento), che sono alla base della dichiarazione di dissesto, potrebbero (seppur in via mediata, appunto, dalla dichiarazione di dissesto) giustificare l’ulteriore inadempimento del Comune in ordine alla mancata bonifica dell’inquinamento ascrivibile al suddetto gestore. E ciò, pretermettendo del tutto che la bonifica del percolato sia un adempimento ascrivibile ex lege al Comune, che ben avrebbe potuto essere da questi adempiuto pure in pendenza dello stato di dissesto, stante il disposto dell’art. 250, c. 2, d.lgs. n. 267/2000.
Tutto ciò avrebbe avuto, poi, il tutt’altro che auspicabile effetto di scaricare sull’ente sovraordinato le viste inadempienze dell’amministrazione comunale, in palese contrasto con la ratio del più volte citato art. 35, l.r. n. 3/2016.
Fermo restando che nulla esclude che il Comune, una volta saldato il proprio debito con l’amministrazione regionale, possa agire in rivalsa nei confronti della società di gestione della discarica, al fine di recuperare le relative somme.
4.3. Il terzo motivo di ricorso, con il quale il Comune ricorrente ha sostanzialmente ribadito la tesi dell’insussistenza di un suo inadempimento, richiamando all’uopo il piano regionale di bonifica delle discariche, è anch’esso infondato.
Non solo per le ragioni già viste con il primo motivo di ricorso, né tantomeno perché – come pure affermato dalla Sezione staccata di Catania con la sentenza n. 41/2021 (confermata dalla citata pronuncia n. 829/2023 del C.g.a.r.s.) – le varie delibere di Giunta regionale (ivi inclusa la delibera n. 378/2018, rilevante nel presente giudizio), hanno sempre fatto riferimento a interventi urgenti di smaltimento del percolato, e non a interventi di bonifica in senso proprio.
Appare piuttosto dirimente la considerazione che il piano regionale delle bonifiche non avrebbe mai potuto porsi in palese contrasto con le più volte menzionate disposizioni di legge, nazionale e regionale, che prevedono meccanismi di intervento sostitutivo e di recupero delle relative somme nei confronti dei soggetti inadempienti, indicando in primo luogo i Comuni.
Senza considerare che, in ogni caso, il suddetto piano, in materia di oneri finanziari, ha unicamente dato atto che “ per gli interventi realizzati sulle discariche […] sono state utilizzate risorse finanziarie comunitarie, statali, regionali/locali e private ” (cfr. all. 11b ricorrente, p. 168 del documento e p. 55 del file pdf). Manca, quindi, nel suddetto piano una chiara affermazione nel senso che l’unico soggetto a dover sostenere gli oneri di bonifica sarebbe l’amministrazione regionale, come invece – infondatamente – sostenuto dal Comune ricorrente.
Né, ancora, può sostenersi che la previsione, di natura tributaria, di cui all’art. 3, l. n. 549/1995, potrebbe giustificare una qualche forma di deroga alla previsione di cui all’art. 250, d.lgs. n. 152/2006 (e, ancora di più, all’art. 35, l.r. n. 3/2016).
L’art. 3, c. 27, l. n. 549/1995, laddove ha previsto che una quota del gettito di imposta affluisce in un fondo regionale destinato, tra l’altro, a realizzare la bonifica di suoli inquinati, non esclude affatto che tale fondo costituisca una extrema ratio rispetto all’intervento (anzitutto) del proprietario e (quindi) dell’amministrazione comunale. Anzi, è ben possibile (e auspicabile) che il fondo regionale in questione venga ripristinato per il mezzo di un meccanismo di rivalsa analogo a quello previsto dal più volte citato art. 35, l.r. n. 3/2016. Ciò, infatti, consente all’amministrazione regionale di avere sempre a disposizione le risorse per intervenire in via sostitutiva per le necessarie azioni di bonifica a fronte di inadempimenti come quello per cui è causa.
4.4. Può quindi dirsi dell’infondatezza del quarto motivo di ricorso, con il quale il Comune ricorrente ha sostenuto che, nel caso di specie, non troverebbe applicazione il visto art. 250, d.lgs. n. 152/2006, in quanto la discarica di c.da Zuppà rientrerebbe tra quelle di cui al d.lgs. n. 22/1997 e sarebbe quindi disciplinato da una legge speciale, in quanto tale sottoposta al regime derogatorio di cui all’art. 239, d.lgs. n. 152/2006.
L’infondatezza di un tale tesi è dimostrata, anzitutto, dal fatto che l’art. 264, c. 1, lett. i), d.lgs. n. 152/2006, ha espressamente abrogato il previgente d.lgs. n. 22/1997 che, a sua volta, disciplinava in via generale la materia dei rifiuti.
Tanto che la menzionata disposizione abrogatrice ha avuto cura di affermare l’ultrattività dei provvedimenti attuativi del d.lgs. n. 22/1997, al fine di assicurare che non vi fosse alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente all’attuale disciplina.
Dunque, il d.lgs. n. 22/1997 non può affatto ritenersi – come invece sostenuto dal Comune ricorrente – una legge speciale rispetto al d.lgs. n. 152/2006, in quanto tale in grado di derogare, ex art. 239, d.lgs. n. 152/2006, alle disposizioni del relativo Titolo V (ivi incluso il più volte citato art. 250, d.lgs. n. 152/2006).
Senza considerare che, anche accedendo all’infondata ricostruzione dell’amministrazione ricorrente, si dovrebbe comunque applicare l’art. 17, c. 9, d.lgs. n. 22/1997, il cui contenuto è sostanzialmente sovrapponibile a quello di cui all’art. 250, d.lgs. n. 152/2006.
Dunque, nemmeno per tale via il Comune ricorrente potrebbe sottrarsi alla responsabilità della bonifica, comunque prevista ex lege .
In merito alle (ripetute) considerazioni sull’art. 3, c. 27, l. n. 549/1995, basta rinviare a quanto detto nel precedente paragrafo.
5. Stante quanto precede:
- il ricorso è infondato e va rigettato;
- la complessità della questione impone la compensazione delle spese di lite.