TAR Firenze, sez. III, sentenza 2012-04-26, n. 201200839

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2012-04-26, n. 201200839
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201200839
Data del deposito : 26 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01094/2011 REG.RIC.

N. 00839/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01094/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1094 del 2011, proposto da Arcidiocesi di Siena - Colle di Val D'Elsa - Montalcino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M P e A P, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Firenze, piazza dell'Indipendenza n. 10;

contro

Agenzia del Demanio, in persona del Direttore pro tempore;
Agenzia del Demanio Filiale Toscana e Umbria;
Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero dell’Interno, in persona del rispettivo Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, e domiciliati per legge presso la stessa in Firenze, via degli Arazzieri n. 4;

nei confronti di

Comune di Siena, in persona del Sindaco in carica;
Provincia Toscana dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefania Mari e Mauro Giovannelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Firenze, lungarno degli Acciaiuoli n. 10;

per l'annullamento

della nota prot. n. 2011/4763 del 25/3/2011, diretta alla Caritas Diocesana di Siena e avente ad oggetto “Richiesta indennità pregresse per l’utilizzo del bene immobile identificato al N.C.E.U. del Comune di Siena Fg. 13 p.lla 961 sub. 15, appartenente al Demanio Pubblico dello Stato Ramo Artistico Storico – porzione della scheda SID0017”;

- nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso e, in particolare, della valutazione tecnica estimativa prot. 2011/R.I./313 del 24/2/2011, richiamata nella nota e non conosciuta dalla ricorrente;

nonché per l’accertamento

- del diritto di proprietà della ricorrente con riferimento alla porzione dell’ex Convento del Carmine;

- del diritto della ricorrente ad ottenere la retrocessione di una congrua parte dei beni in questione ai sensi e per gli effetti dell’art. 27, Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica del 1929;
art. 8 della legge n. 848/1929;
art. 15, r.d. 2262/1929;
art. 73, allegato, della legge n. 206/1985;
art. 73 della legge n. 222/1985.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero dell’Interno e della Provincia Toscana dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2012 il dott. G B e uditi per le parti i difensori M. Paolini, P.C. Po avvocato dello Stato e M G, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’Agenzia del Demanio, filiale per la Toscana e l’Umbria, con nota datata 25.3.2011 ha chiesto alla Caritas diocesana dell’Arcidiocesi di Siena, in Colle Val d’Elsa, il pagamento dell’indennità di euro 186.780, in relazione all’utilizzo senza titolo, per il periodo 2004 – 2010, di porzione posta al primo piano dell’immobile denominato “Ex Monastero del Carmine”, destinata ad uffici (foglio 13, particella 961, subalterno 15), avvertendo che, in difetto di pagamento entro il 30.4.2011, si sarebbe proceduto all’avvio del procedimento di riscossione coattiva, ai sensi dell’art. 1, comma 274, della legge n. 311/2004.

Avverso il suddetto atto la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione degli artt. 3, 5, 7, 8, 10 e 10 bis della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, contraddittorietà manifesta, sviamento di potere e ingiustizia manifesta;

2) violazione dell’art. 7, comma 2, della Costituzione e dell’art. 27 del Concordato con la Santa Sede del 1929, nonché degli artt. 8 della legge n. 848/1929, 15 del R.D. n. 2262/1929, 73, allegato, della legge n. 206/1985 e 73 della legge n. 222/1985;
eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione, contraddittorietà manifesta (e richiesta di accertamento del diritto di proprietà della ricorrente con riferimento ai locali di rettoria della Chiesa del Carmine);

3) violazione dell’art. 7, comma 2, della Costituzione e dell’art. 27 del Concordato con la Santa Sede del 1929, nonché degli artt. 8 della legge n. 848/1929, 15 del R.D. n. 2262/1929, 73, allegato, della legge n. 206/1985 e 73 della legge n. 222/1985;
eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione, contraddittorietà manifesta (con richiesta di accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere una congrua parte degli immobili del complesso del Carmine a suo tempo riservati dallo Stato al soddisfacimento della pretesa di retrocessione);

4) violazione dell’art. 2, comma 4, della legge n. 136/2001, nonché degli artt. 10 e 23 del d.p.r. n. 296/2005;
eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione, difetto dei presupposti normativi e di fatti;
contraddittorietà;

5) violazione dell’art. 2, comma 4, della legge n. 136/2001, nonché degli artt. 4, 9, 10, 11 e 23 del d.p.r. n. 296/2005;
eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione;
contraddittorietà manifesta;

6) violazione dell’art. 1, comma 274, della legge n. 311/2004;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà manifesta.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia Toscana dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, l’Agenzia del Demanio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero dell’Interno.

All’udienza del 22 marzo 2012 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

E’ stata eccepita l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione, della domanda di accertamento del diritto di proprietà e dell’impugnazione della richiesta di pagamento.

Il rilievo è fondato nei sensi appresso indicati.

L’accertamento in generale dell’esistenza e dell’estensione della proprietà privata o pubblica, avendo ad oggetto un diritto soggettivo, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cons. Stato, VI, 30.7.2010, n. 5044).

Parimenti difetta la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla richiesta di pagamento di indennità per occupazione senza titolo di immobile facente parte del patrimonio pubblico, giacchè tale determinazione costituisce esercizio di un potere vincolato a fronte del quale la posizione giuridica soggettiva del ricorrente assume consistenza di diritto soggettivo, la cui lesione è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (TAR Lazio, Latina, I, 28.3.2011, n. 294). Trattasi, inoltre, di pretesa patrimoniale attinente a posizioni di diritto e di obbligo delle parti, e non a posizioni di interesse legittimo (Cons. Stato, VI, 5.4.2006, n. 1775).

Il ricorso è inammissibile anche in relazione alla richiesta di accertamento del diritto ad ottenere la retrocessione di una congrua parte dei beni in questione (facente seguito alla domanda di retrocessione rivolta all’ente pubblico), sia perché tale richiesta sottintende l’accertamento del diritto di proprietà della ricorrente (rispetto al quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario), sia perché, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione sull’istanza del privato, ove sussista obbligo di provvedere, il rimedio previsto dall’ordinamento processuale è quello del ricorso avverso il silenzio inadempimento.

Sussiste invece la giurisdizione del TAR adito in relazione alle doglianze incentrate sull’esistenza di un rapporto concessorio discendente direttamente dalla legge (in particolare dall’art. 2, comma 4, della legge n. 136/2001), in quanto sotto tale profilo la causa petendi assume a fondamento l’incidenza della contestata determinazione su un rapporto concessorio in essere.

La Provincia Toscana dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi ha chiesto l’estromissione dal giudizio, eccependo la propria estraneità alla materia del contendere.

Il rilievo non è condivisibile.

Parte dei locali attualmente occupati dalla Caritas potrebbe coincidere con la proprietà acquistata nel 1938 dalla Provincia Toscana dei Carmelitani Scalzi (come viene ammesso alla pagina 12 della memoria depositata in giudizio da quest’ultima il 20.2.2012), la quale assume quindi la posizione di controinteressata.

Ciò premesso in rito, il Collegio ritiene di esaminare il terzo motivo di gravame, laddove incentrato sulla qualificazione dell’impugnata richiesta di pagamento quale implicito rigetto della domanda di retrocessione, in quanto tale asserita valenza provvedimentale, ove sussistente, radicherebbe in parte qua la giurisdizione amministrativa.

L’assunto della deducente non ha alcun pregio.

L’art. 8 della legge n. 848/1929 demanda ai comuni e alle provincie, che siano ancora proprietari dei fabbricati dei conventi soppressi, il rilascio di una congrua parte.

La particolarità della vicenda in esame consiste nel fatto che in data 9.3.1936 l’amministrazione statale ha ceduto al Comune alcune caserme, tra le quali la caserma Principe Umberto (ex convento del Carmine), riservandosi il diritto di escludere dalla cessione parte dei locali ex monastici qualora si addivenisse alla retrocessione all’Arcivescovo di Siena ex art. 8 della legge n. 848/1929 (documento n. 5 depositato in giudizio dalla ricorrente).

Tuttavia, la decisione sulla domanda di retrocessione, ai sensi della suddetta norma, non spettava allo Stato ma all’ente locale, la cui decisione di trasferire i beni all’Autorità ecclesiastica avrebbe evitato il triplice passaggio Stato-Comune-Chiesa e consentito il trasferimento della porzione dell’ex convento direttamente dallo Stato a quest’ultima.

Ne deriva che l’impugnata nota del 25.3.2011, in quanto proveniente dall’Agenzia del Demanio, ovvero da soggetto privo di competenza a pronunciarsi sulla domanda di retrocessione, non costituisce atto implicito di diniego.

Inoltre, l’atto impugnato assume a presupposto la situazione di fatto esistente nel periodo dal 2004 al 2010 e la constatazione dell’attuale mancanza di un titolo giustificante l’utilizzo privato del demanio statale, e non opera alcun riferimento, diretto o indiretto, alla domanda di retrocessione o alla sua istruttoria. Pertanto, anche sotto tale profilo, esso risulta estraneo al procedimento previsto dall’art. 8 della legge n. 848/1929.

Con la quarta censura la ricorrente sostiene che nel caso di specie il titolo ad occupare i locali discende direttamente dalla legge (ovvero dall’art. 2, comma 4, della legge n. 236/2001 e dagli artt. 10 e 23 del d.p.r. n. 296/2005), cosicchè difetterebbero i presupposti della contestata richiesta di pagamento.

Il rilievo non ha alcun pregio.

L’art. 2, comma 4, della legge n. 136/2001 prevede la concessione gratuita degli immobili statali adibiti al culto. Nello stesso senso si pone l’art. 23 del d.p.r. n. 296/2005.

Orbene, i locali in questione sono utilizzati come uffici della Caritas, e non sono quindi destinati a luogo di culto;
inoltre, il titolo concessorio non deriva direttamente dalla norma legislativa, ma richiede l’adozione di provvedimento amministrativo che, nel caso in esame, non è stato adottato.

Invero l’amministrazione è chiamata dal legislatore a verificare puntualmente la sussistenza dei presupposti della concessione gratuita, e solo in caso di esito positivo è tenuta a rilasciare la concessione gratuita, la quale non può prescindere dal preventivo esercizio della potestà amministrativa.

Pertanto la gravata determinazione non incide su un rapporto concessorio nascente direttamente dal disposto legislativo, ma riguarda la detenzione delle unità immobiliari, senza titolo alcuno, da parte della Caritas, ovvero l’utilizzo, avvenuto in via di fatto, del patrimonio pubblico.

In conclusione, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 5.000 (cinquemila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.


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