TAR Roma, sez. I, sentenza 2011-08-08, n. 201107047
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N. 07047/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04603/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4603 del 2007, proposto da:
D F N, rappresentato e difeso dai proff. avv.ti P S, F S e D G, con domicilio eletto presso F S in Roma, Lungotevere delle Navi, 30;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
M G, n.c.;
per l'annullamento
del provvedimento riportante i risultati delle prove scritte del concorso a 200 posti di notaio indetto con D.D.G. del 1 settembre 2004, pubblicato il 17 marzo 2007 nei locali del Ministero, ai sensi dell’art. 13, comma II, stesso D.D.G, nonché ai sensi dell’art. 23, comma 3, R.D. 14 novembre 1926, n. 1253 ed ai sensi dell’art. 21, comma 1, l. n. 1034/71, come modificato dall’art. 1 della l. n. 205/2000, nella parte in cui il ricorrente non è stato ammesso alla prova orale;di ogni altro atto, annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 6 luglio 2011 la d.ssa Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente ha partecipato al concorso a n. 200 posti di notaio, indetto con d.d.g. 1° settembre 2004, riportando i seguenti punteggi:
1) Atto tra vivi: 31
2) Ricorso di volontaria giurisdizione: 36
3) Atto di ultima volontà: 30,
per un totale di 97 punti, inferiore al limite minimo di 105 punti che rappresenta la sufficienza per potere essere ammessi agli orali.
Dopo avere avuto accesso a copia degli elaborati da lui redatti, al verbale di correzione e al verbale recante i criteri generali predisposti dalla Commissione esaminatrice, ha potuto verificare che, sia negli elaborati, sia nel verbale di correzione, era assente qualsiasi motivazione che potesse giustificare la bassa valutazione conseguita, in particolare, nell’atto tra vivi e in quello di ultima volontà, ciò a differenza di quanti, non avendo raggiunto nemmeno la soglia di idoneità, hanno invece ricevuto una puntuale motivazione della loro esclusione.
Con successiva istanza, ha quindi ottenuto copia degli elaborati di altri candidati, ammessi agli orali, facenti parte del medesimo verbale di correzione n. 132.
In essi, non ha peraltro rilevato differenze significative tali da giustificare la bassa valutazione attribuita ai propri elaborati.
In data 10 maggio 2007, parte ricorrente ha poi ottenuto un parere pro veritate del notaio P S – A, storico professionista della Capitale e stimato docente.
Alla luce di tanto, ha quindi impugnato il provvedimento di esclusione dalla prova orale, in particolare deducendo:
1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 24 del R.D. 1953/26 e successive modificazione e integrazioni, nonché violazione e falsa applicazione della l. n. 241/90, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e/o carenza, falsità o erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, disparità di trattamento, contraddittorietà, illogicità e sviamento, con conseguente violazione e falsa applicazione del precetto costituzionale sull’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa.
a) insufficienza della valutazione espressa con semplice voto numerico;
b) disparità di trattamento a seguito della inopinata scelta della Commissione di esame di motivare unicamente gli elaborati che non hanno raggiunto la sogli minima richiesta per l’approvazione (30 punti) con conseguente esclusione della motivazione degli elaborati di coloro che, come il ricorrente, hanno invece raggiunto e superato tale soglia minima ma che, come i primi, sono risultati inidonei;
c) erronea e manifesta illogicità della valutazione in ordine all’inidoneità degli elaborati del ricorrente a consentire il superamento delle prove scritte.
Con riguardo alla prima censura, pone in evidenza che il recente d.lgs. n. 166/2006, nel riformare la disciplina del concorso notarile, ha stabilito, tout court , che il giudizio di non idoneità deve essere motivato, mentre, nel giudizio di idoneità, il punteggio vale motivazione.
Parte ricorrente critica poi la previgente normativa, soprattutto in relazione al fatto che l’attribuzione del c.d. punteggio aggiuntivo, avviene ad esclusiva discrezione dei singoli commissari.
Si sarebbe comunque verificata una palese disparità di trattamento tra candidati parimenti giudicati inidonei, in quanto una motivazione esplicita è stata elaborata solo per i candidati che non hanno raggiunto la soglia di 90.
Parte ricorrente reputa, al riguardo, che per il concorso notarile, dato il suo elevato grado di complessità, non possa parlarsi di effettiva soglia di sufficienza se non al raggiungimento di 105, con conseguente impossibilità di distinguere la sufficienza dalla idoneità (come dimostrato dalla nuova disciplina).
Ad ogni buon conto, la votazione espressa dalla Commissione, non appare logicamente spiegabile, soprattutto ove si consideri che i compiti dei candidati ammessi alla prova orale, corretti nella medesima seduta, non presentano un livello di meritevolezza maggiore rispetto ai suoi.
Si costituiva, per resistere, l’amministrazione intimata.
Il dr. De Felice ha presentato una ulteriore memoria, in vista dell’udienza pubblica del 6 luglio 2011, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Il ricorso è infondato, e deve essere respinto.
2.1. In primo luogo, quanto alla mancata effusione di idoneo apparato motivazionale a conforto del giudizio di non ammissione alla prove orali – pur in presenza del conseguito punteggio di sufficienza in tutte le prove scritte – si osserva quanto segue.
La disciplina del concorso notarile è stata modificata dal d.lgs. n. 166/2006, il quale equipara, ai fini dell'ammissione all'orale, il voto di sufficienza a quello di idoneità, stabilendo che il giudizio di non idoneità è motivato mentre nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione.
L'art. 11, comma 3, in particolare, dispone che il giudizio di idoneità comporta l'attribuzione del voto minimo di 35 punti a ciascuna delle tre prove scritte: è pertanto evidente che il nuovo sistema delineato dalla legge non contempla più la figura del "novantista", ossia di colui che, come il ricorrente, ha conseguito un punteggio compreso tra 90 e 104 (vale a dire un punteggio di sufficienza ma non tale da raggiungere l'idoneità), ma prevede l'attribuzione:
- di un giudizio di non idoneità che, ai sensi dell'art. 11, comma 5, deve essere sempre motivato nei confronti del candidato che non consegua un voto minimo di trentacinque punti in ciascuna delle tre prove scritte,
- ovvero di un giudizio di idoneità non motivato, in quanto il punteggio vale motivazione, laddove il candidato consegua almeno trentacinque punti in ciascuna prova scritta.
In pratica, il livello di “sufficienza” si attesta, oggi, su quello che, in precedenza, veniva denominato di “sufficienza qualificata”, ovvero di eccellenza, risultando pertanto improponibile ogni raffronto tra la disciplina previgente, applicabile ratione temporis alla fattispecie, e quella dettata dalla disciplina di riforma.
L'art. 16, comma 2, del D.Lgs. 166/2006 stabilisce altresì che le disposizioni di cui all'art. 11 trovano applicazione “con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio”.
La nuova disciplina non può ritenersi, dunque, applicabile ai concorsi le cui prove scritte siano state svolte precedentemente, anche nel caso in cui, come nella specie, la correzione delle prove sia materialmente avvenuta dopo l'emanazione del bando di concorso successivo all'entrata in vigore del D.Lgs. 166/2006.
La norma, nonostante la sua formulazione poco perspicua, dispone evidentemente che le disposizioni de quibus si applicano a partire dal primo concorso successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo (rammentandosi, al riguardo, come l'eccezione di legittimità costituzionale della disposizione de qua , sollevata da questa Sezione, non abbia incontrato apprezzamento da parte della Corte Costituzione: cfr. sent. 1° agosto 2008 n. 328).
Ne consegue che - esclusa la condivisibilità delle argomentazioni ex adverso esposte dalla parte ricorrente con memoria depositata in giudizio il 20.6.2011 - il concorso di cui alla presente controversia, in quanto bandito anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. 166/2006, rimane disciplinato, per l'aspetto che qui interessa, dall'art. 24 del R.D. 1953/1926, secondo cui non è ammesso agli orali il concorrente che non abbia riportato almeno trenta punti in ciascuna delle prove scritte e non meno di centocinque nel complesso delle prove stesse, senza nulla indicare circa le motivazioni del giudizio di non idoneità.
In tale quadro normativo ed in un contesto fattuale in cui la Commissione ha stabilito discrezionalmente di motivare i giudizi di totale insufficienza, cioè degli elaborati che non hanno raggiunto la valutazione di trenta, occorre quindi stabilire se il candidato "novantista" abbia anch'egli diritto ad una motivazione che chiarisca in concreto le ragioni della mancata attribuzione del punteggio necessario per l'ammissione agli orali.
La giurisprudenza sia del giudice di appello che di primo grado, dalla quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, si è costantemente orientata per l'assenza di uno specifico obbligo motivazionale, evidenziando in particolare che convincenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere, nel sistema previgente rispetto al(l'entrata in vigore del) D.Lgs. 166/2006, la sussistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice di motivare specificamente il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore punteggio necessario per ottenere l'ammissione all'orale ( ex multis : Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2006 n. 4687).
Anche la Sezione (cfr., tra le tante, la sentenza n. 13561/2006, e da, ultimo, 17 gennaio 2011, n. 349) ha più volte avuto modo di affermare, in accordo con quanto fatto osservare dal Consiglio di Stato, che, nel concorso notarile – in base alla disciplina previgente, applicabile alla fattispecie – il conseguimento dei 15 punti ulteriori dipende da dichiarazioni dei singoli commissari, ai quali – una volta formulato dalla Commissione il giudizio di sufficienza – è uti singuli riconosciuta la facoltà di attribuire, o meno, punti aggiuntivi rispetto al minimo.
Ne segue che, nel caso dei c.d. “novantisti”, non c’è un giudizio collettivo che possa essere argomentatamente motivato dalla Commssione, laddove nel caso dell’insufficienza (che viene, infatti, significativamente deliberata a maggioranza) il giudizio negativo è riferibile all’Organo in modo unitario.
Le modalità di formazione del giudizio sono dunque, nei due casi, ben differenziate, il che, da un lato, giustifica differenti modalità di esternazione dei giudizi stessi, dall’altro rende di per sé non configurabile il vizio di disparità di trattamento, il quale ovviamente postula l’identità, ovvero la totale assimilabilità, delle situazioni di base poste a raffronto (così, in termini, Cons. St., sez. IV, sentenza n. 4687/2006).
La sentenza si inserisce nel solco di quella consolidata giurisprudenza secondo la quale le Commissioni di concorso godono di ampia discrezionalità nella predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove, criteri non sindacabili in sede di giurisdizione generale di legittimità, salvi i casi di manifesta illogicità ed irrazionalità.
Tanto meno la legge impone che vi siano anche criteri di massima calibrati specificamente sull’assegnazione dei singoli punti aggiuntivi alla sufficienza. La Commissione può infatti rinvenire i parametri orientativi, per l’assegnazione dei voti aggiuntivi, nei medesimi criteri adottati per pervenire al giudizio di sufficienza, trattandosi di apprezzare i differenti livelli qualitativi che caratterizzano ciascun elaborato.
Né, infine, appare seriamente sostenibile l’idea che possano prestabilirsi criteri tanto analitici, da determinare, per ogni tipologia di elaborato, l’assegnazione di ogni singolo punto, ed anzi risulta irragionevole la pretesa stessa “di negare alla Commissione, in pratica, l’insopprimibile apprezzamento del caso per caso, riducendone l’opera ad una macchinosa sequenza di raffronti delle singole prove ad una congerie di definizioni astratte più o meno differenziate tra loro”.
Con specifico riguardo alla tematica del voto numerico, il Consiglio di Stato ha poi da ultimo ribadito che “anche nei concorsi notarili il voto numerico attribuito alle prove scritte dei candidati costituisce una motivazione sintetica, ma comunque significativa ed idonea a rendere palese la valutazione compiuta dalla commissione, con la conseguenza che se per un verso non occorre integrare il punteggio numerico con un’apposita motivazione, un obbligo di motivazione integrativa si pone solo nel caso in cu vi sia un contrasto talmente rilevante tra i punteggi attribuiti dai componenti della commissione da configurare una eventuale contraddittorietà intrinseca del giudizio complessivo” (Cons. St., sez. IV, 23 agosto 2010, n. 5905).
Per quanto occorrer possa, si richiama, infine, il recente arresto della Corte costituzionale (sentenza n. 175/2011), la quale, sia pure con riferimento all’esame di avvocato, ha affermato che il criterio del punteggio numerico, ai fini della valutazione di procedure concorsuali e abilitative, rivela una valutazione che, attraverso la graduazione del dato numerico, conduce ad un giudizio di sufficienza o insufficienza della prova espletata e, nell’ambito di tale giudizio, rende palese l’apprezzamento più o meno elevato che la commissione ha attribuito all’elaborato oggetto di esame.
2.2. Si dimostra poi, parimenti inaccoglibile il motivo con cui parte ricorrente si duole del giudizio riservato agli elaborati formati in occasione dello svolgimento delle prove scritte: conseguentemente lamentando che il punteggio attribuito sia inferiore a quello effettivamente spettante, anche sulla scorta di un parere “ pro veritate ” allegato al ricorso.
È noto, al riguardo. che la Commissione di concorso esprime un giudizio tecnico-discrezionale, come tale, non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti viziato da macroscopica illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento del fatto (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 22 settembre 2005 n. 4989).
Tale tradizionale orientamento è stato affinato sulla scorta della più recente elaborazione giurisprudenziale in tema di discrezionalità tecnica, la quale ha precisato che, nel controllo giurisdizionale sull'esercizio del potere che ha quale presupposto la valutazione di un fatto, in base a conoscenze scientifiche (nella fattispecie derivanti dalla scienza giuridica), la cognizione del giudice amministrativo è comunque piena e non solo estrinseca.
Essa investe perciò non solo le modalità del procedimento valutativo ma anche l'attendibilità del giudizio espresso dall'organo amministrativo.
Il limite oggettivo di tale apprezzamento è determinato "dalla opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica e dalla impossibilità per il giudice di sostituirsi all'Amministrazione, in quanto il potere di valutazione sia stato attribuito dall'ordinamento all'amministrazione stessa e non si verta in tema di giurisdizione di merito" (in termini, Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003 n. 6201).
Nel rammentare come l'esercizio del sindacato giurisdizionale di legittimità non possa tradursi, di fatto, in una rivalutazione dell'elaborato stesso (pena, altrimenti, la pratica sostituzione della statuizione giudiziale all'apprezzamento tecnico-discrezionale invece riservato all'Amministrazione), deve quindi escludersi che il profilo di censura all'esame possa ammissibilmente trovare ingresso, con conseguente irrilevanza del parere pro veritate versato in atti, volto a confutare la valutazione operata dalla Commissione.
Né, sotto diverso aspetto, può trovare condivisione la sostenuta illegittimità del giudizio de quo , in ragione della disparità di trattamento sostanziata dalla valutazione riservata alla prova di altri candidati.
La Sezione ha, infatti, più volte evidenziato che una presunta disparità di trattamento nei confronti di altro candidato per errori da quest'ultimo commessi nello svolgimento della traccia non è suscettibile di comportare l'illegittimità del giudizio reso nei confronti del ricorrente, potendo al più refluire in un vizio di legittimità del giudizio reso nei confronti dell'altro candidato.
3. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.