TAR Catania, sez. IV, sentenza 2021-02-08, n. 202100373

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2021-02-08, n. 202100373
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202100373
Data del deposito : 8 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/02/2021

N. 00373/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01599/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1599 del 2018, proposto da S G, rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- il Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale Incentivi Imprese, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

- il Comune di Rosolini (n.q. di Soggetto Responsabile del Patto Territoriale Denominato “Eloro-Vendicari), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

- Europrogetti e Finanza S.r.l. in Liquidazione (Già Europrogetti e Finanza S.p.A. in Liquidazione), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l’annullamento:

- del decreto prot. N. 0242306 del 3 luglio 2018, comunicato via P.E.C. il medesimo giorno, con il quale il Ministero dello Sviluppo Economico ha rideterminato l’importo ammesso a contributo in € 893.450,02 disponendo il recupero della somma di € 24.012,39 in ragione della differenza con le somme già erogate a titolo di anticipazione;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale;

nonché per l’accertamento del corretto ammontare del rateo finale spettante a titoli di contributo;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico, con i relativi allegati;

Vista l’ordinanza cautelare n. 713/2018;

Viste le ordinanze collegiali nn. 1182/2019, 2538/2020, 450/2020 e 1363/2020;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021, celebratasi da remoto ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020, conv. in l. n. 176/2020, il dott. Maurizio Antonio Pasquale Francola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente rappresenta di avere ottenuto, in conformità alle previsioni del Patto Territoriale “Eloro Vendicari” concluso ai sensi dell’art. 2, c. 203, della Legge 23 dicembre 1996 n. 662 (pubb. in G.U. 28 dicembre 1996 n.303, S.O.) ed approvato con D.M. 9 ottobre 2001 n.2576, un’agevolazione in conto capitale per la realizzazione di un impianto produttivo destinato alla oleificazione, all’imbottigliamento e alla commercializzazione di olio extravergine di oliva DOP (originariamente in Contrada Pinetti/Cozzi, Comune di Pachino, poi) in Contrada Sichilli, Comune di Noto, con assegnazione, a titolo provvisorio, della somma di € 1.008.252,98 a fronte di un programma di investimenti complessivamente ammontante ad € 1.344.337,31.

Una volta ultimati i lavori, la Europrogetti &
Finanza S.p.A. in liquidazione, ed ossia la società incaricata di procedere alle verifiche di conformità delle opere finanziate, verificava la regolarità dei documenti offerti in comunicazione dal ricorrente, formulando taluni rilievi critici per le seguenti ragioni: “ per quanto riguarda la realizzazione del primo piano, è stata considerata non ammissibile la parte destinata a degustazione e accoglienza clienti. Inoltre, dal momento che è stata considerata ammissibile come uffici solo la superficie di mq 25 per una postazione per il titolare (non è prevista l’assunzione di alcun impiegato neanche per l’anno a regime) sono stati detratti dagli importi ammissibile mq 488 di uffici in esubero corrispondenti al 26% della superficie totale, con una riduzione complessiva di Euro 179.422,80, riduzione applicata a tutte le fatture rendicontate nel capitolo Opere Murarie ”. La Commissione ministeriale incaricata, a sua volta così si esprimeva: “ la Commissione propone di stralciare l’importo di Euro 23.666,67 relativi alle fatture 8-9-12-15/2004 di SIDIA srl – oggetto di sequestro come già detto in premessa – ed Euro 3.833,33 relativi alla fattura 19/2003 di G S non esibite in originale dal titolare dell’azienda, pervenendo ad una spesa di Euro 650.281,13. Inoltre, analogamente a quanto proposto dalla Banca concessionaria, propone di stralciare per le stesse motivazioni addotte dalla Banca, la stessa superficie del primo piano di mq 488, pari al 26% circa della superficie totale dell’oleificio per un importo corrispondente ad Euro 169.073,09 (26% di Euro 650.281,13) ”. In seguito, sia la Europrogetti &
Finanza S.p.A. in liquidazione, sia la Commissione ministeriale incaricata provvedevano a stralciare ulteriori voci: 1) Euro 40.800,00 per spese di progettazione;
2) Euro 23.666,67 ed Euro 3.833,33 inerenti a fatture (n. 8-9-12,15/2004 ditta Sidia e n. 19/2003 ditta Garofalo) relative ai lavori di scavo in quanto, pur correttamente allibrate dal ricorrente, non erano state esposte in originale. Instauratosi il contraddittorio, il ricorrente presentava delle controdeduzioni. All’esito dell’istruttoria, il Responsabile concludeva il procedimento rideterminando il valore complessivo del programma di investimento (originariamente di € 1.344.337,31) in € 1.191.266,69 e, conseguentemente, riducendo il valore del contributo ammesso (pari al 75%) da € 1.008.252,98 ad € 893.450,02. E poiché al ricorrente era stato erogato, a titolo provvisorio, un contributo pari ad € 907.427,68, il responsabile quantificava in € 13.977,66 la somma dovuta a titolo di ripetizione d’indebito.

Al ricorrente veniva contestata dal MISE l’irregolarità della documentazione attestante l’investimento del contributo concessogli per il finanziamento delle opere realizzate, diminuendo il finanziamento e disponendo, altresì, la restituzione della somma eccedente l’ammontare dell’importo del contributo quantificato, ossia € 13.977,66, oltre interessi, pari ad € 7.380,94, e spese di istruttoria per € 2.653,79, per un totale di € 24.012,39.

Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, la ricorrente impugnava il predetto provvedimento di rideterminazione del contributo e di ripetizione del presunto indebito, domandandone l’annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti, per i seguenti motivi: 1) Violazione art. 18 bis DL 29/11/2008, n. 185 – Violazione art. 12 comma 4 del D.L 320/2000 – Intervenuta prescrizione dei ratei di interesse applicati – Violazione art. 21 nonies della L. 241/90 – Violazione art. 97 Cost. e principi di buon andamento dell’azione amministrativa e principio del legittimo affidamento – perché l’eventuale rideterminazione del contributo pubblico spettante non avrebbe potuto implicare il recupero degli importi già erogati e regolarmente rendicontati, ed, in subordine, perché i pretesi interessi non sarebbero più esigibili per maturata prescrizione;
2) eccesso di potere per difetto di istruttoria – erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti e delle evidenze documentali – illogicità e non proporzionalità dei criteri di calcolo adottati – difetto assoluto di motivazione – violazione art. 3 L. 241/1990 - violazione Art. 7, lett. a) e c), D.l. 320/2000 – violazione art. 29 del DL n. 83/2012 – violazione Circolare 900315 del 14-7- 2000 all’allegato 7, lettera e) e v) – Violazione art. 4, lett. e) del DM 527/1995 – violazione D.M. del 27-7-2012 – violazione art. 21 nonies della L. 241/90 – violazione art. 97 Cost. e principi di buon andamento dell’azione amministrativa e principio del legittimo affidamento – perché 2.1) l’Amministrazione avrebbe erroneamente valutato la documentazione offerta in comunicazione dal ricorrente, avendo, infatti, imputato, senza alcuna puntuale motivazione o adeguata istruttoria, al capitolo opere murarie diverse fatture (quali ad esempio una idropulitrice, due serbatoi inox di stoccaggio) che non avrebbero nulla a che fare con le opere murarie perché inerenti, invece, al capitolo impianti;
2.2) non ricorrerebbe né la fattispecie di mancato utilizzo del contributo, né quella di utilizzo difforme del contributo che legittimerebbero, in astratto, la parziale revoca del finanziamento provvisoriamente concesso;
2.3) l’Amministrazione avrebbe erroneamente non computato tra le spese pertinenti e suscettibili di finanziamento quella indicata nella fattura n.19/2003 ed avrebbe erroneamente calcolato talune superfici come quella del primo piano adibita ad uffici;
2.4) l’Amministrazione avrebbe erroneamente individuato il criterio di calcolo applicato ed utilizzato anche ai fini dello stralcio;
2.5) nessuna incongruenza sussisterebbe in ordine alla superficie destinata ad uffici ed il numero di impiegati assunti;
2.6) la rideterminazione del contributo concesso sarebbe intervenuta a distanza di 17 anni dalla sua ammissione, avvenuta con D.M. 29 giugno 2000, con conseguente lesione dell’affidamento legittimamente riposto dal ricorrente sulla stabilità del finanziamento concessogli.

Si costituiva il Ministero dello Sviluppo Economico opponendosi all’accoglimento del ricorso, eccependone preliminarmente l’inammissibilità per difetto di giurisdizione e, in subordine, l’infondatezza.

Con ordinanza n.713/2018, il Collegio accoglieva l’istanza cautelare del ricorrente, sospendendo l’efficacia del provvedimento ministeriale impugnato.

Con ordinanza n.1182/2019, il Collegio, considerato che l’esatta classificazione delle spese sostenute dal ricorrente per la realizzazione dell’intervento oggetto di finanziamento quali relative ad immobili, o a macchinari ed impianti, così come la possibilità di considerare costi inerenti ed in che misura talune delle spese sostenute, richiedeva l’utilizzo di conoscenze proprie agli esperti di discipline di tipo tecnico-economico ed aziendalistico, disponeva una C.T.U., affidando al Dott. La Torre Giuseppe l’incarico di rispondere ai seguenti quesiti: 1) “ quanta parte della somma complessivamente ammessa a finanziamento deve considerarsi relativa ad opere murarie, e quanta parte invece ad impianti? ”;
2) “ è corretto che le fatture di scavo (fatture 8-9-12-15/2004) siano state riammesse nel computo a favore del ricorrente per un ammontare di Euro 17.513,33 ovvero con una decurtazione della percentuale del 26% (su Euro 23.666,67) applicata sul capitolo opere murarie? ”;
3) “ è corretta la mancata considerazione fra le spese sostenute dal ricorrente della fattura n. 19/2003 della ditta Garofalo, ed in caso negativo, si tratta di spesa rientrante fra quelle relative ad opere murarie, o fra quelle relative ad impianti? ”;
4) “ in base alle risposte date ai quesiti precedenti, quale è l’importo globale delle spese ammissibili sostenute dal ricorrente, rispetto alle quali deve essere calcolato l’importo complessivo del contributo ad esso spettante nella misura del 75% delle stesse? ”.

I termini fissati per il deposito della C.T.U. venivano dal Collegio prorogati con l’ordinanza n.2538/2019.

Dopo di che, il Collegio sostituiva il nominato C.T.U. con il Dott. B A che, a sua volta, veniva sostituito dal Dott. F F.

Nel frattempo, il Ministero depositava una memoria difensiva.

In data 22 dicembre 2020 il nominato C.T.U. depositava la propria relazione.

Il ricorrente, quindi, depositava una memoria conclusiva.

All’udienza del 28 gennaio 2021, celebratasi ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020, conv. in l. n. 176/2020, il Collegio tratteneva il ricorso in decisione.

DIRITTO

Il Collegio, preliminarmente, osserva che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art.133, c. 1, lett. a), n. 2), c.p.a. e di cui all’art.11, ult. c., della L. n. 241/1990, poiché il finanziamento in questione rientra tra gli investimenti produttivi disposti in sede di approvazione di un “ patto territoriale ”.

Secondo quanto, infatti, stabilito dalla Corte di Cassazione a SS.UU. 27.10.2014, n. 22747 « La cognizione della controversia relativa all'impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario accordato ad una società per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un "patto territoriale" appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 11, co. ultimo, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica » (Cfr. anche Cass. SS.UU., 8.7.2008, n. 18630 e n. 1132 del 21.1.2014;
in tal senso v. anche Consiglio di Stato, sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6277, che in tema di provvedimenti di revoca di finanziamenti concessi nell’ambito dell’attuazione dei Patti territoriali di cui alla L. n. 662/1996, poi disciplinati in via di dettaglio dal D.M. n. 320/2000, ha statuito che « La cognizione della controversia relativa all'impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario, accordato per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un "patto territoriale", costituente una delle possibili forme di programmazione negoziata tra parti pubbliche e parti private - in cui è, tra l'altro, necessario definire gli accordi programmatici ai sensi dell'art. 27 l. n. 142 del 1990 e individuare le convenzioni necessarie per l'attuazione di detti accordi - appartiene alla giurisdizione esclusiva del g.a. alla stregua dell'art. 11, ultimo comma, l. 7 agosto 1990 n. 241, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica »).

Il ricorso, pertanto, deve essere esaminato nel merito.

Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato « Non collide e non pregiudica l'effettività della tutela quella tecnica di giudizio che, in attuazione dei principi del giusto processo, tra cui figurano anche la celerità e le esigenze di economia processuale, seleziona i motivi da scrutinare a) in forza della c.d. ragione più liquida;
b) in ragione della ripetitività dei motivi medesimi rispetto ad altri già esaminati e respinti;
c) nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità
» (Consiglio di Stato sez. IV, 12/09/2017, n.4288).

In ragione del richiamato principio di diritto e delle risultanze dell’istruttoria processuale condotta, il Collegio ritiene di doversi pronunciare con priorità sul secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’illegittimità dei calcoli e delle valutazioni dell’Amministrazione resistente.

Le somme ammesse a contributo sono ripartite nei seguenti capitoli:

1) opere murarie: Euro 646.604,04;

2) macchinari, impianti ed attrezzature: Euro 629.044,50;

3) suolo aziendale: Euro 0;

4) progettazione e studi: Euro 68.688,77.

La somma totale di € 1.344.337,31 rappresenta il totale, nell’ambito del quale il ricorrente può richiedere il contributo del 75%, fermo rimanendo l’indirizzo produttivo e l’apporto di mezzi propri.

Le somme relative ai capitoli progettazione (competenze tecniche) e suolo aziendale non sono oggetto di contestazione. Le somme, invece, oggetto di causa sono quelle indicate nei capitoli opere murarie (Euro 646.604,04) e macchinari, impianti ed attrezzature (Euro 629.044,50).

In sede istruttoria, la società incaricata dal MISE ha evidenziato la seguente criticità: “ per quanto riguarda la realizzazione del primo piano, è stata considerata non ammissibile la parte destinata a degustazione e accoglienza clienti. Inoltre, dal momento che è stata considerata ammissibile come uffici solo la superficie di mq 25 per una postazione per il titolare (poiché non è prevista l’assunzione di alcun impiegato neanche per l’anno a regime) sono stati detratti … mq 488 di uffici in esubero corrispondenti al 26% della superficie totale, con una riduzione complessiva di Euro 179.422,80, riduzione applicata a tutte le fatture rendicontate nel capitolo Opere Murarie ”.

La predetta società indica l’importo delle opere murarie in € 690.088,00 (il cui 26% è quindi € 179.422,80). La Commissione Ministeriale, invece, ha ridotto il predetto importo ad € 677.781,13, dal quale ha stralciato l’ulteriore somma di € 6.153,33 (pari al 26% della sommatoria delle fatture di movimentazione terra cfr. Verbale Commissione Accertamento del 22-3- 2018).

Secondo quanto accertato dal nominato C.T.U., in risposta al quesito n.1 (“ quanta parte della somma complessivamente ammessa a finanziamento deve considerarsi relativa ad opere murarie, e quanta parte invece ad impianti? ”), si conferma che la somma complessivamente ammessa a finanziamento relativa ad opere murarie è di € 646.604,04, mentre quella complessivamente ammessa a finanziamento relativa a macchinari, impianti ed attrezzature è di € 629.044,50.

In relazione al secondo quesito (con cui si chiedeva di accertare se fosse corretto computare a favore del ricorrente le fatture di scavo (fatture 8-9-12-15/2004) per un ammontare di Euro 17.513,33 ossia con una decurtazione della percentuale del 26% su € 23.666,67 applicata sul capitolo opere murarie), il nominato C.T.U. ha risposto che non ha rinvenuto ragioni che giustifichino la riduzione sull’intero importo del capitolo opere murarie, concludendo, quindi, nel senso di dover ammettere nel computo la somma per intero indicata nelle fatture in questione.

Con il terzo quesito si è, poi, chiesto di accertare se fosse corretta la mancata inclusione della fattura n. 19/2003 della ditta Garofalo fra le spese sostenute dal ricorrente, ed in caso di risposta negativa, se la predetta fattura indicasse spese rientranti fra quelle relative al capitolo dedicato alle opere murarie, o fra quelle relative ad impianti.

Il nominato C.T.U. ha accertato che la mancata considerazione fra le spese sostenute dal ricorrente della fattura n. 19/2003 della ditta Garofalo non fosse corretta, in quanto attinente a lavorazioni concernenti le opere di scavo, cioè movimenti di terra che rientrano interamente tra le opere murarie da eseguire comunque ed indipendentemente da modifiche interne. La fattura, quindi, doveva essere ammessa nella sua interezza, essendo stata praticata una decurtazione impropria.

Infine, chiamato a quantificare con il quesito finale l’importo globale delle spese ammissibili sostenute dal ricorrente rispetto alle quali deve essere calcolato l’importo complessivo del contributo spettante nella misura del 75% delle stesse, il nominato C.T.U. ha concluso che l’importo globale delle spese ammissibili sostenute dal ricorrente, rispetto alle quali deve essere calcolato l’importo complessivo del contributo spettante nella misura del 75% delle stesse è di € 1.344.337,31 il cui 75% è pari ad € 1.008.252,30. Pertanto, sottraendo da quest’ultima somma quanto già incassato a titolo provvisorio (ossia € 907.427,68), si ottiene che la somma al ricorrente spettante a titolo di soldo definitivo del contributo a lui concesso è pari ad € 1.008.252,30 - € 907.427,68 = € 100.824,62.

Il Collegio, non ravvisando ragioni per discostarsi dalle conclusioni del nominato C.T.U. (peraltro non contestate dall’Avvocatura erariale), dichiara fondato il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo e di tutte le ulteriori censure di legittimità dedotte e non esaminate.

Il ricorso, pertanto, va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e dichiarazione di sussistenza del diritto del ricorrente alla corresponsione della dovuta la somma di € 100.824,62 a titolo di saldo definitivo del contributo a lui spettante.

Le spese processuali, da liquidarsi in dispositivo avuto riguardo al valore della controversia ed all’attività espletata dalle parti, seguono la soccombenza tra le parti costituite, potendo dichiararsi irripetibili nei confronti delle parti non costituite.

Le spese di C.T.U., da liquidarsi con separato decreto, vanno poste a carico del Ministero dello Sviluppo Economico.

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