TAR Milano, sez. III, sentenza 2009-07-01, n. 200904235

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2009-07-01, n. 200904235
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 200904235
Data del deposito : 1 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02781/2006 REG.RIC.

N. 04235/2009 REG.SEN.

N. 02781/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2781 del 2006, proposto da:
Istituto Clinico Citta' di Brescia S.p.a., rappresentato e difeso dagli avv. G C, M S C, con domicilio eletto presso G C in Milano, via Marina, 6;

contro

Regione Lombardia, rappresentato e difeso dagli avv. S G, M E M, M O, con domicilio eletto presso S G in Milano, c/o Avv. Regionale via F. Filzi, 22;
Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della delibera della Giunta Regionale della Lombardia n. 8/3065 in data 1 Agosto 2006, pubblicata sul BURL n. 36 del 4 Settembre 2006, recante “determinazione in merito alla remunerazione di alcune funzioni non coperte da tariffe predefinite svolte dalle aziende ed enti pubblici e privati accreditati, per l’anno 2005.- Assegnazione del fondo qualità avanzata di cui alla D.G.R. n. 7/16827 del 19 Marzo 2004”;

della delibera della Giunta Regionale della Lombardia n. 8/370 in data 20 Luglio 2005.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27/11/2008 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

L’ISTITUTO CLINICO CITTA’ DI BRESCIA SPA è titolare della omonima struttura accreditata con il Servizio Sanitario Regionale. Relativamente agli esercizi 2003 e 2004 le era stata riconosciuta la funzione c.d. non “tariffabile” “ossigeno terapia iperbarica”, remunerata dal SSN con un importo complessivo di € 84.000,00. Nell’esercizio successivo, aveva ottenuto il riconoscimento delle nuove funzioni di “Pronto soccorso” e “Funzione per la qualità e l’alta complessità dell’assistenza riabilitativa” e ricevuto la somma di € 109.00,00, pari a quella ricevuta nell’anno precedente incrementata del 30%.

Con ricorso depositato il 29 novembre 2006, la società istante ha impugnato il provvedimento in epigrafe chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento essendo lo stesso viziato da violazione di legge ed eccesso di potere sotto il profili della contraddittorietà, della illogicità, della proporzionalità e della disparità di trattamento.

Si è costituita in giudizio la REGIONE LOMBARDIA chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza istruttoria del 23 ottobre 2008, il Tribunale Amministrativo ha ingiunto alla Amministrazione di fornire taluni chiarimenti.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza.

DIRITTO

1.Il ricorso non può essere accolto per i seguenti motivi.

2. In via pregiudiziale, ritiene il Collegio sussista sulla controversia in oggetto la giurisdizione “ratione materiae” del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 33 d.lgs. 80/1998, tenuto conto che la valutazione discrezionale riservata alla Giunta Regionale nella determinazione della remunerazione delle prestazioni non tariffabili si inserisce in una fase del rapporto amministrativo che attiene al momento prettamente organizzativo del servizio pubblico. Anche in punto di petitum sostanziale, l’azione amministrativa controversa concreta l’esercizio di un potere di programmazione sanitaria a fronte del quale, senza dubbio, la situazione soggettiva in cui versano gli enti gestori di una struttura privata accreditata non può che essere di interesse legittimo.

3. E’ opportuno procedere alla rapida ricognizione della cornice normativa nella quale si colloca l’azione amministrativa sospettata di illegittimità.

L’organizzazione del servizio sanitario rientra nell’ambito della “tutela della salute” ed è quindi oggetto, fuor che per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, del potere legislativo concorrente dello Stato e della Regione, ai sensi dell’art. 117 Cost. Nella specie, la disciplina censurata attiene, in prevalenza, alla materia di competenza concorrente, dovendosi escludere la sua riconducibilità alle materie di competenza esclusiva statale “ordinamento civile” e “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni economiche e sociali”.

3.1. Sino al 1998, il sistema sanitario era finanziato dallo Stato con le entrate derivanti dalla fiscalità generale. A partire dal d.lgs. 56/2000, il livello di governo competente (le Regioni) è anche il principale responsabile del finanziamento dei servizi sanitari. Le Regioni, difatti, cui spetta garantire i mezzi per l’erogazione dell’assistenza sanitaria, utilizzano tre canali di finanziamento: entrate proprie (aventi natura tributaria o extratributaria), quote di compartecipazione al gettito di tributi erariali (compartecipazione IVA, addizionale IRPEF) e (eventualmente) contributi perequativi ai sensi dell’art. 119, comma II e III, Cost.

3.2. L’art. 1 d.lgs. n. 502 del 1992, collega l’individuazione dei livelli essenziali ed uniformi d’assistenza, assicurati dal S.s.n. alla contestuale individuazione delle risorse destinate al S.s.n., in modo da contemperare la tutela della salute pubblica postulata dall’art. 32 cost. con l’ammontare delle risorse finanziarie disponibili, attraverso un bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionali protetti, che si pongono come limiti di utilità solidale alla libertà d’iniziativa economica fissati dallo stesso art. 41 Cost.

3.3. Il sistema della legge n. 833/78 si fondava sulla esclusività dell’erogazione di prestazioni sanitarie da parte delle strutture pubbliche, per cui la struttura privata convenzionata poteva intervenire solo laddove l’erogazione della prestazione all’esterno fosse stata previamente e motivatamente autorizzata dall’Amministrazione. All’epoca, il rapporto tra USL e Centri esterni era riconducibile ad una concessione di pubblico servizio;
vigeva un sostanziale regime di monopolio pubblico nel quale i rapporti tra concedente e concessionario, regolati da rigide convenzioni, erano nel senso di assoluta preminenza del primo sul secondo.

La riforma del S.s.n. del 1992 ha introdotto il criterio del libero mercato per l’erogazione di prestazioni sanitarie, sostituendo così il sistema della concessione-convenzione con quello di accreditamento. La creazione di un libero mercato ha portato come è noto all’introduzione di un regime di concorrenza amministrata tra strutture pubbliche e private (alcuni autori preferiscono parlare di “quasi” mercato dal momento che il non soddisfacente funzionamento di alcune strutture pubbliche e la carenza di risorse ha minato di fatto il disegno di una effettiva concorrenza). Il sistema sanitario, dunque, ispirandosi ai principi e modelli concorrenziali tipici dei Paesi di Common Law, richiede per i soggetti erogatori di prestazioni a carico del S.s.n. due distinti ma collegati presupposti: l’autorizzazione (provvedimento autoritativo con effetti abilitativi che riguarda qualsiasi struttura sanitaria che intenda operare a livello territoriale, il cui rilascio richiede come unico presupposto l’accertamento di requisiti di carattere igienico-sanitario della struttura);
l’accreditamento (costitutivo di un rapporto privatistico conformato da esigenze di carattere programmatorio, sia sotto il profilo del contenuto economico del contratto, ai sensi dell’art. 8 quinques, sia riguardo ad esigenze di distribuzione delle prestazioni sanitarie su base regionale e distrettuale).

Nel perseguire l’obiettivo di fondo di migliorare l’efficienza e l’economicità del servizio reso alla collettività introducendo, sia pure gradualmente, nel sistema elementi di concorrenzialità, il modello delineato si basa, dal lato dell’offerta, su una sostanziale parità tra istituzioni pubbliche e private nella erogazione competitiva delle prestazioni agli assistiti, e, dal lato della domanda, sulla libertà di scelta riservata all’utente di rivolgersi alla struttura di fiducia per la fruizione dell’assistenza.

L’equilibrio di tale nuovo sistema è affidato a vari strumenti.

Da una parte è previsto un controllo tendenziale sul volume complessivo della domanda. Per quanto riguarda le quantità delle prestazioni, è devoluta alla programmazione sanitaria, sulla base dei dati epidemiologici, la fissazione tra l’altro dei livelli uniformi di assistenza sanitaria (fatta salva la potestà delle regioni di prevedere livelli superiori con il proprio autofinanziamento);
è inoltre prevista la elaborazione di protocolli diagnostici e terapeutici, ai quali i medici di base sono tenuti ad attenersi, nella prescrizione delle prestazioni. Per quanto riguarda il costo delle medesime, vengono predeterminate le tariffe in base alle quali sono pagate, in un regime di sostanziale monopolio, le prestazioni a carico del servizio sanitario.

Dall’altra parte, sono contemplati i controlli dell’offerta, per quanto riguarda la fissazione e la verifica degli “standards” qualitativi minimi, il regime di accreditamento, la liquidazione delle spese basata (anche per le istituzioni pubbliche) sulla remunerazione delle prestazioni effettivamente erogate.

Il raggiungimento degli obiettivi è, dunque, fondamentalmente affidato al funzionamento, sia pure con i necessari correttivi, di meccanismi tipici del mercato, imperniati sulla responsabilizzazione, da una parte, delle istituzioni sanitarie pubbliche, indirizzate verso un modello aziendale attento alle esigenze della produttività e della economicità, e dall’altra parte sull’apertura della competizione con (e tra) le istituzioni sanitarie private, svincolate da un ruolo sussidiario rispetto alle strutture pubbliche e nello stesso tempo dalla protezione insita nel regime concessorio delle convenzioni.

Tuttavia il problema della razionalizzazione e del controllo della spesa sanitaria ha costituito, già all’indomani della riforma e fino ad oggi, uno dei punti cruciali delle manovre di finanza pubblica collegate alle leggi finanziarie che si sono susseguite in questi anni. Del resto, il giudice delle leggi aveva già sottolineato, a fronte dell’esigenza costituzionale di preservare l’equilibrio non solo del bilancio statale ma anche dei bilanci regionali, la necessità di “una disciplina che miri a rendere graduale – e quindi controllabile, sotto il profilo delle finanze regionali, e adeguato, sotto il profilo delle prestazioni – il passaggio verso il nuovo sistema e il funzionamento a regime dello stesso” (cfr. Corte cost., 28/7/1993, n. 355).

3.4. Il sistema attraverso il quale vengono remunerate le prestazioni rese dalle strutture, che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale, è individuato nell’art. 8 sexies della vigente versione del d.lgs. n. 502 del 1992. Il corrispettivo pagato a fronte dell’erogazione delle suddette attività salutari si traduce in una forma di retribuzione specifica, ovvero in un prezzo finale che risulta essere pari ad un ammontare predeterminato nei contratti di cui all’art. 8 quinquies. Esso si compone di due tipologie retributive, entrambe da definirsi in sede di conclusione di detti accordi contrattuali: la prima, quella destinata alle strutture che assicurano la spedalità, determinata sulla base di tariffe predefinite per prestazioni: la seconda, quella che assicura l’erogazione del corrispettivo per le funzioni assistenziali rese dalle strutture ambulatoriali, calcolata in rapporto al costo standard di produzione del relativo programma assistenziale.

3.5. Ai sensi dell’art. 3 d.m. Sanità del 30 giugno 1997, le regioni e le province autonome prevedono programmi finalizzati di finanziamento regionale mediante i quali remunerare le seguenti attività, ove siano specificamente individuate dalla programmazione nazionale e regionale: a) le attivita' di emergenza ed urgenza, ivi compreso il funzionamento delle centrali operative, nonche' le attivita' previste dal decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992;
b) le attivita' delle unita' spinali;
c) le attivita' di assistenza ai grandi ustionati;
d) le attivita' di trapianto di organi, ivi comprese le attivita' di mantenimento e monitoraggio del donatore in terapia intensiva, l'espianto degli organi da cadavere, le attivita' di trasporto, il coordinamento e l'organizzazione della rete di prelievi e trapianti, gli accertamenti preventivi sui donatori;
e) le attivita' di assistenza ospedaliera in regime di ricovero per i pazienti affetti da malattia da virus della immunodeficienza umana (H.I.V.);
f) le attivita' di ospedalizzazione a domicilio;
g) le attivita' di formazione;
h) le attivita' istituzionali di didattica e di ricerca, in quanto siano specificamente previste e non altrimenti finanziate;
i) altre attivita' di rilievo regionale, in quanto previste da specifici atti della programmazione sanitaria regionale. Le regioni e le province autonome determinano l'entita' dei finanziamenti da riconoscere alle strutture di ricovero che ne abbiano titolo, in quanto erogano le attivita' descritte al comma 1, sulla base dei seguenti costi correlati al volume ed alla tipologia delle attivita' erogate: costi del personale direttamente impiegato, costi dei materiali consumati, costi della manutenzione e dell'ammortamento delle apparecchiature utilizzate e una quota dei costi generali. Le regioni e le province autonome possono prevedere programmi finalizzati di finanziamento regionali mediante i quali remunerano le attivita' di terapia intensiva. Tenuto conto che le tariffe gia' comprendono la componente di risorse e costi mediamente impiegata per il trattamento dei pazienti nelle unita' di terapia intensiva, l'entita' dei finanziamenti da riconoscere alle strutture di ricovero che erogano le predette attivita' deve essere proporzionata ai sottoelencati parametri: a) il numero dei posti letto nelle unita' di terapia intensiva previsti in ciascun istituto di cura da atti programmatori regionali ed effettivamente operativi;
b) il rapporto, per ciascun istituto di cura, fra il numero delle giornate di degenza erogate dalle unita' di terapia intensiva ed il numero di giornate di degenza erogate in totale.

4. Passando ora alla specifica disciplina vigente nella Regione Lombardia, si osserva che, ai sensi della legge regionale Lombardia 11 luglio 1997 n. 31, la Giunta regionale: a) fissa i criteri ed i requisiti strutturali, gestionali e di qualità richiesti per l’accreditamento delle strutture pubbliche e private di riabilitazione extra ospedaliera e delle strutture che erogano servizi socio sanitari integrati;
b) disciplina le modalità per la richiesta di accreditamento da parte delle strutture, per la concessione e l'eventuale revoca dello stesso, nonché per la verifica circa la permanenza dei requisiti richiesti per l’accreditamento medesimo;
c) accredita le singole strutture e dispone successive eventuali variazioni dell'accreditamento;
d) determina le prestazioni, la remunerazione delle stesse nonché le modalità di pagamento (art. 4).

La giunta regionale con proprio provvedimento costituisce un fondo e determina le modalità del suo riparto e assegnazione, finalizzandolo alla remunerazione delle funzioni non tariffabili (art. 13, l. n. 31 cit.).

Per il finanziamento dei progetti specifici definiti dagli strumenti della programmazione regionale la giunta regionale definisce le somme a carico del fondo sanitario da attribuire alle Aziende sanitarie con vincolo di destinazione. I soggetti erogatori, pubblici e privati, sono remunerati dalle A.S.L. nel cui territorio risiede l’assistito cui è resa la prestazione, sulla scorta di adeguata documentazione. Per gli assistiti provenienti da altre Regioni la remunerazione è effettuata dalla Regione, con proprio atto. La regione remunera le eventuali funzioni non tariffabili riconosciute ai soggetti erogatori.

4.1. Orbene, come risulta dalle disposizioni appena richiamate, la Regione Lombardia, nella piena esplicazione della propria autonomia normativa ed organizzativa, ha deciso, fermo restando la remunerazione delle singole prestazioni con lo strumento del nomenclatore tariffario, di sovvenzionare lo svolgimento di talune attività sanitarie (da individuarsi con provvedimento apposito) con un ulteriore riconoscimento economico finalizzato a coprire i costi fissi aggiuntivi (es. costi di attesa, immobilizzazione irreversibili) indefettibilmente connessi alla specifica tipologia di servizio sanitario ovvero i costi dell’elevato standard erogato (es. funzioni di qualità);
tutto ciò al fine di incentivare l’investimento privato da parte degli enti gestori accreditati.

4.2. Dando esecuzione alla disciplina di legge regionale, con delibera di Giunta n. 15324 del 28 novembre 2003, la Regione Lombardia ha individuato le risorse destinate alla remunerazione delle funzioni non tariffabili;
con delibera di Giunta n. 370 del 20 luglio 2005, ha provveduto alla valutazione delle attività riconducibili alle c.d. funzioni “non tariffabili” svolte dalle aziende pubbliche e private. Con delibera di Giunta 20 luglio 2005 n.8/379, dopo la chiusura dell’esercizio al quale il provvedimento adottato si riferisce, ha definito i criteri di remunerazione delle funzioni in questione, ed alle conseguenti assegnazioni alle strutture accreditate. Con delibera 1 agosto 2006 n. 8/3065, premesso che i criteri utilizzati per il riconoscimento delle funzioni 2005 sarebbero rimasti sostanzialmente quelli già utilizzati per l’anno 2004, ha introdotto un tetto di finanziamento per le funzioni “non tariffabili” svolte dalle strutture. Tale innovativa disposizione è stata motivata al fine di garantire una maggiore equità distributiva delle risorse resa necessaria dalla natura particolare delle attività finanziate e della loro prevalente componente di costo fisso che richiede di essere comunque riconosciuto e protetto da eccessive variazioni temporali e quantitative riferite alle singole strutture e per rispettare previsioni e i vincoli di spesa.

5. E’ possibile, a questo punto, passare all’esame delle censure svolte.

Non è fondata la dedotta violazione degli articoli 7 ed 8 l. n. 241 del 1990. Come è noto, la comunicazione di avvio del procedimento (ai sensi dell’art. 13, l. n. 241 del 1990) non è prevista per i procedimenti tributari e per l’attività della p.a. diretta all’emanazione di atti generali. Nell’ambito di questi ultimi rientrano senza dubbio, a parere del Collegio, le delibere concernenti la programmazione delle modalità di ripartizione del fondo deputato al sovvenzionamento della funzioni “non tariffabili” al pari di qualunque altro provvedimento avente ad oggetto la fissazione della prestazione tariffaria di un servizio pubblico locale (cfr. gli argomenti utilizzati con riferimento a fattispecie parzialmente diversa ma valevoli anche per la vicenda per cui è causa, Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2001, n. 1807;
T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 06 giugno 2006, n. 6756).

5.1. Deduce, altresì, il ricorrente che il tetto limitante il riconoscimento economico per ciascuna struttura al 30% delle risorse assegnate nel 2004 sarebbe illegittimo con riferimento a quelle strutture, quali quella di cui è titolare il ricorrente, che nel 2005 hanno conseguito il riconoscimento di ulteriori funzioni rispetto all’anno precedente. Si sostiene, sul punto, che i riconoscimenti per le funzioni non tariffate avrebbero natura di corrispettivo per l’espletamento di attività che non sono state considerate ai fini della determinazione delle tariffe omnicomprensive e che, quindi, non troverebbero in essa remunerazione, essendo il tetto correlato non all’incremento di ogni singola funzione ma al riconoscimento complessivo;
ciò, si aggiunge, determinerebbe irragionevoli compensazioni tra somme dovute a titolo diverso.

Anche tale censura è infondata.

Nell’attuale assetto ordinamentale, le Regioni discrezionalmente programmano gli assetti organizzativi e i livelli di assistenza sulla base delle risorse disponibili. Tali scelte sono effettuate dagli organi politico-istituzionali posti al vertice della Regione, cui spetta di ponderare, da un lato, la pretesa degli assistiti alle prestazioni sanitarie, dall’altro, la necessità di rispettare determinati equilibri finanziari (i quali non possono contare su risorse illimitate), gli interessi imprenditoriali degli operatori privati ed, infine, l’efficienza delle strutture pubbliche;
tutti interessi fondamentali meritevoli di tutela.

Il finanziamento delle prestazioni non tariffabili, descritto assai genericamente dalla norma di legge regionale che ha regolato i poteri in materia, esula senz’altro dal corrispettivo sinallagmatico con cui il S.s.n. “compra” dai gestori privati le prestazioni sanitarie giacchè non è contemplato nel regolamento di interessi contenuto nel contratto accessivo all’accreditamento. L’istituto risponde piuttosto alla nozione di sovvenzione pubblica rispetto al quale la norma di legge regionale prefigura un potere della Giunta ampiamente discrezionale nel quantum (la legge non ha prefissato né l’entità della somma da erogare nè i presupposti dell'erogabilità). Pertanto l’Amministrazione non è tenuta a corrispondere una somma corrispondente all’intera spesa che le strutture devono sostenere per le funzioni “non tariffabili”, ma può discrezionalmente determinare di anno in anno l’ammontare della sovvenzione discernendo di volta in volta come contribuire congruamente al funzionamento degli stessi.

Orbene, per gli stessi motivi, anche la regressione o “contenimento” di tale contributo a partire da un dato esercizio finanziario, deve ritenersi rimesso all’esplicazione del potere autoritativo che alle Regioni stesse è affidato. Si tratta, infatti, di una manifestazione di volontà strumentale all’obiettivo del contenimento della spesa, che trova ragionevolmente una sua giustificazione nei vincoli di spesa oltre che nella possibilità che le imprese fruiscano di economie di scala (i costi fissi di ammortamento diminuiscono anno per anno;
la giurisprudenza ha avuto modo di affermare la legittimità della regressione progressiva del rimborso tariffario per le prestazioni sanitarie che eccedono il tetto massimo: Consiglio Stato, sez. V, 29 maggio 2006 , n. 3239).

Il Collegio è ben consapevole che la legittimità della “regressione” della sovvenzione (così come per qualunque altra determinazione altamente discrezionale) è subordinata al vaglio di ragionevolezza e logicità che involge, da un lato, i tempi della programmazione e, dall’altro, le percentuali di abbattimento. Nella specie, tuttavia, la determinazione della Regione appare ragionevole e logica in relazione ad entrambi i profili: difatti, il sovvenzionamento delle funzioni non coperte da tariffe predefinite non viene eliminato;
al contrario, gli importi storicamente percepiti dalle strutture accreditate per le funzioni dell’anno pregresso sono rimasti invariate e, in ragione della limitatezza delle risorse finanziarie, unicamente limitate nella loro percentuale di incremento per l’anno successivo.

5.2. Tanto premesso, non coglie nel segno l’affermazione di parte ricorrente secondo cui il criterio adottato dalla Regione sarebbe illegittimo con specifico riferimento a quelle strutture, quali quella di cui è titolare il ricorrente, che nel 2005 hanno conseguito il riconoscimento di ulteriori funzioni rispetto all’anno precedente.

Il fondamento della determinazione della Regione è proprio quello di impedire la lievitazione della spesa derivante dallo svolgimento, da parte della singola struttura accreditata, di nuove funzioni non tariffabili;
diversamente, il provvedimento non sortirebbe alcun effetto finanziario.

5.3. Neppure è predicabile una violazione dell’art. 12 l. 241 del 1990.

L’art. 12 l. 7 agosto 1990 n. 241, rivolto ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa, si pone come precetto che si atteggia a principio generale dell'ordinamento ed impone che l’attività di erogazione dell’Amministrazione debba non solo essere preceduta da una adeguata pubblicizzazione dell'avvio del procedimento, ma debba rispondere a referenti di carattere assolutamente oggettivo, precedenti al singolo provvedimento.

Nel caso di specie, in disparte la considerazione che la norma suddetta non trova applicazione per gli atti di pianificazione, l’Amministrazione non doveva far precedere all’atto impugnato alcunché giacchè è proprio quello impugnato l’atto che determina i criteri da osservare per la concessione delle sovvenzioni.

5.4. In definitiva, il “tetto” imposto dalla Regione Lombardia al fine di rispettare previsioni e i vincoli di spesa non si appalesa irragionevole o illogico ma rispettoso delle regole giuridiche che governano l’esercizio del potere. Sotto altro profilo, i criteri di allocazione delle risorse tra le diverse missioni istituzionali affidate all’ente territoriale costituiscono il frutto di una scelta di merito insindacabile dal Giudice che impinge la sfera libera dell’attività amministrativa discrezionale nella quale la p.a. deve potersi determinare senza possibilità di essere sostituita.

6. Le spese di lite sono interamente compensate tra le parti attesa l’obiettiva difficoltà e novità della materia trattata.

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