TAR Brescia, sez. II, sentenza 2020-09-28, n. 202000670
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Testo completo
Pubblicato il 28/09/2020
N. 00670/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00104/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 104 del 2014, proposto da
Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F P e V R D M, con domicilio eletto presso lo studio Matteo Panni in Brescia, via S. Bartolomeo, 9;
contro
Comune di Cedegolo, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del “Regolamento comunale per l’applicazione del canone ricognitorio” del Comune di Cedegolo, approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 21 del 2 ottobre 2013, di cui la società ricorrente ha avuto conoscenza con la nota del 3 dicembre 2013, prot. n. 6209.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 settembre 2020 la dott.ssa Mara Bertagnolli e vista la richiesta di parte ricorrente affinchè la controversia fosse trattenuta in decisione sulla scorta degli scritti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame si domanda l’annullamento delle norme del regolamento comunale approvato con la deliberazione consiliare in epigrafe che hanno previsto la possibilità dell’imposizione di un canone concessorio non ricognitorio, a fronte dell’occupazione di strade pubbliche, anche da parte di concessionari di pubblico servizio, quale è la ricorrente.
Più precisamente, il Comune ha deliberato l’introduzione dei canoni non ricognitori di cui all’art. 27 del d. lgs. 285/1992, assoggettando al pagamento del canone patrimoniale le occupazioni permanenti delle sedi stradali e delle relative fasce di rispetto, prevedendo che tale canone fosse versato oltre alla TOSAP (art. 1 del regolamento).
Con il ricorso in esame è stata, quindi, dedotta l’illegittimità del regolamento (e, conseguentemente, dei successivi atti attuativi dello stesso) sotto tre principali profili:
1. la violazione del principio che vieta la doppia imposizione per il medesimo titolo, derivante dalla violazione degli artt. 120 e 125 del RD 11 dicembre 1933 n. 1775, recanti una disciplina speciale, derogatoria rispetto a quella generale prevista dal Codice della Strada, che impone, per le condutture elettriche, la costituzione di una servitù di elettrodotto, con pagamento di un canone annuo regolato, quanto all’importo, dall’art. 4 della legge 21 dicembre 1961, n. 1501 e dall’art. 6 del DM 2 marzo 1998, n. 258;
2. la erronea applicazione dell’art. 27 del d.l.vo 1992 n. 285, in quanto il peso gravante sul demanio stradale nel caso di condutture interrate sarebbe nullo, così come il vantaggio del concessionario e, dunque, anziché un calcolo a metri lineari o a metri quadrati, avrebbe dovuto essere effettuata una stima forfettaria.
Data tale ricostruzione in fatto, si ritiene necessario premettere che questo Tribunale ha sempre accolto i ricorsi del tenore di quello in esame sulla scorta delle seguenti considerazioni:
- il rapporto tra concessionario del servizio di distribuzione dell’energia elettrica e il Comune è regolato dall’apposita convenzione sottoscritta in occasione della costituzione della servitù di elettrodotto;
- il presupposto per la legittima imposizione di un canone concessorio è rappresentato dal fatto che lo stesso deve colpire