TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-05-03, n. 202400311

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-05-03, n. 202400311
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 202400311
Data del deposito : 3 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/05/2024

N. 00311/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00270/2023 REG.RIC.

N. 00650/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 270 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
A PIE’ DE MA’ di B B, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Riomaggiore, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Mulazzo, largo Martiri della Libertà, 12;



sul ricorso numero di registro generale 650 del 2023, proposto da
Iacopo Celano, rappresentato e difeso dall’avvocato F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Riomaggiore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Mulazzo, largo Martiri della Libertà, 12;

quanto al ricorso n. 270 del 2023:

per l’accertamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

dell’illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dal Comune di Riomaggiore in relazione:

1) alla richiesta di concessione di suolo pubblico inviata per PEC in data 21 dicembre 2022, per parte dell’area (in realtà) di proprietà privata libera al pubblico sita al civico 55 della via dell’Amore per una superficie complessiva di 33 mq, distinta al NCEU di Riomaggiore fg. 21 mapp. 395, dal 14 giugno al 17 settembre 2023;

2) all’integrazione della richiesta di cui sopra inviata per PEC in data 8 marzo 2023;

e, per l’effetto, per la condanna

del Comune di Riomaggiore a provvedere in ordine alle suddette istanze previa, ove necessaria, nomina di un commissario ad acta ;
nonché

per quanto riguarda i motivi aggiunti:

per l’annullamento

della “ concessione occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche n. 21-T/23 ” del 9 giugno 2023, del presupposto parere contestuale rilasciato dall’Ufficio di Polizia Municipale in data 9 giugno 2023 e, in parte qua , del Regolamento per la disciplina del canone patrimoniale di occupazione del suolo pubblico approvato con delibere del Consiglio comunale n. 25 del 31 luglio 2021, n. 4 del 18 febbraio 2023 e n. 15 del 29 aprile 2023 e dei relativi allegati;

quanto al ricorso n. 650 del 2023:

per l’annullamento

della nota prot. n. 7376 del 23 maggio 2023 di riscontro negativo all’istanza di correzione della planimetria allegata al Regolamento per la disciplina del canone unico patrimoniale di occupazione del suolo pubblico laddove include tra i suoli pubblici anche una porzione del terreno di proprietà del ricorrente sito in via dell’Amore n. 55 catastalmente censito al Fg. 21 Part. 1874;

del suddetto laddove, nel delimitare i suoli oggetto del divieto di rinnovo di concessione di suolo pubblico a scopo commerciale, come introdotto dal nuovo art. 9, co. 2, lett. a), include anche la suddetta porzione di terreno;

degli atti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Riomaggiore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2024 il dott. D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sig.ra B B, titolare di un’impresa individuale (A PIE’ DE MA’ di B B) e in tale qualità affittuaria (in forza di contratto stipulato in data 31 gennaio 2018) dell’azienda di proprietà del sig. Iacopo Celano avente ad oggetto l’esercizio di bar-ristorante sotto l’insegna “Pié de Ma’”, ha adito il Tribunale per l’accertamento del silenzio-inadempimento serbato dal Comune di Riomaggiore in relazione ad una richiesta di concessione di occupazione di suolo pubblico presentata in data 21 dicembre 2022 e integrata in data 8 marzo 2023. Integrazione, quest’ultima, volta a precisare che l’area cui la richiesta si riferiva (e negli anni precedenti oggetto di analoghe istanze di concessione di occupazione di suolo pubblico, sempre assentite) è di proprietà privata, ancorché il proprietario si sia impegnato a mantenerla aperta all’uso pubblico. In particolare, detta istanza (e la successiva integrazione) è riferita all’occupazione, per il periodo dal 14 giugno al 17 settembre 2023, di un’area di superficie pari a 33 mq insistente su una corte esterna (materialmente contigua, senza soluzione di continuità, a via dell’Amore) posta al livello del piano primo di un fabbricato adibito a bar (quanto al piano terra e alla prospiciente terrazza) e a ristorante (la cui cucina è situata all’interno del piano primo), i cui tavoli occupano (nei soli mesi estivi e soltanto in orario serale, in cui il ristorante è aperto) l’area cui la richiesta si riferisce.

2. Successivamente al deposito del ricorso per silentium , il Comune ha rilasciato il provvedimento richiesto, limitatamente:

(a) ad una superficie di 27 mq (in luogo dei 33 mq richiesti), in quanto, in base a quanto accertato dalla Polizia municipale in occasione di un sopralluogo eseguito in data 9 giugno 2023, parte della superficie richiesta (per 6 mq) insisterebbe su via dell’Amore, in relazione alla quale, a seguito di una modifica (approvata con delibera del Consiglio comunale n. 4 del 14 febbraio 2023) del Regolamento per la disciplina del canone patrimoniale di occupazione del suolo pubblico e di esposizione pubblicitaria e del canone mercatale (“Regolamento”), non possono essere rilasciate concessioni di suolo pubblico a uso commerciale (art. 9 del Regolamento, in relazione alla planimetria di via dell’Amore allegata allo stesso);

(b) all’orario 20.00/01.00, in quanto, a seguito della riapertura al transito di via dell’Amore tra le ore 10.00 e le ore 19.00, il Comune ha ritenuto necessario prevedere un congruo arco temporale in cui consentire il deflusso dei numerosi visitatori attesi.

3. Con motivi aggiunti depositati in data 15 giugno 2023 la ricorrente ha impugnato il menzionato provvedimento (unitamente al precedente parere formulato dalla Polizia Municipale all’esito del sopralluogo) e il Regolamento, quest’ultimo nella parte in cui comprende via dell’Amore nelle aree con riferimento alle quali è stato introdotto il divieto di rilascio di concessioni di suolo pubblico. È stata altresì formulata istanza di sospensione, in via cautelare, del provvedimento impugnato.

3.1. Con un primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 10- bis , legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto la riqualificazione dell’istanza di autorizzazione in richiesta di concessione e le limitazioni di orario e di superficie stabilite dal provvedimento, rispetto a quanto chiesto dall’istante, integrerebbero un rigetto parziale dell’istanza, che doveva quindi essere preceduto dal preavviso di cui all’art. 10- bis (rispetto al quale non è applicabile l’art. 21- octies , co. 2, legge n. 241/1990).

3.2. Con il secondo e il terzo motivo si deduce l’eccesso di potere, per avere il Comune irragionevolmente stabilito una limitazione dell’area assentita, rispetto a quanto richiesto, sulla base dell’erroneo presupposto che il tratto di strada in questione sia particolarmente stretto, mentre è più ampio sia di quello che precede sia di quello che segue, e, comunque, in quanto la superficie pari a 6 mq non assentita non insiste sulla pubblica via, bensì sull’area di proprietà privata;
nonché per avere imposto un orario (ore 20.00) di inizio dell’occupazione non compatibile con la necessità di provvedere al posizionamento dei tavoli e alla preparazione degli stessi in tempo utile per le prime prenotazioni per la cena, e ciò sulla base degli erronei presupposti rappresentati dalla riapertura del sentiero (che in realtà sarebbe stato riaperto soltanto a partire dal 1° luglio) e del correlato notevole flusso di visitatori (che in realtà potrebbero accedervi soltanto trenta per volta, previa prenotazione online ).

3.3. Con un quarto motivo si deduce l’eccesso di potere, sub specie di contraddittorietà esterna, in quanto la recente modifica al Regolamento ha introdotto il divieto di concedere l’uso di suolo pubblico in via dell’Amore, laddove l’area in parola non insiste sulla pubblica via.

3.4. Con un quinto motivo, relativo al Regolamento, si deduce l’illegittimità dell’art. 9 dello stesso (per violazione degli artt. 1 e 2 del regolamento medesimo, nonché delle pertinenti norme costituzionali, CEDU e civilistiche in materia di diritto di proprietà), come da ultimo modificato, nella parte in cui stabilisce dei limiti al rilascio di concessioni di aree e spazi in determinate porzioni di territorio, tra cui la via dell’Amore. In particolare, la summenzionata modifica avrebbe, di fatto, annesso al patrimonio comunale la porzione (di proprietà privata) di 6 mq non assentita, in assenza di regolare procedura espropriativa.

3.5. Con il sesto e il settimo motivo si lamenta l’eccesso di potere, nella parte in cui il Regolamento, rispettivamente: (a) preclude il rilascio della concessione per l’occupazione dell’area di 6 mq non assentita, situata al di fuori del centro storico, nonostante le finalità perseguite (tutela del paesaggio urbano storico, salute pubblica, civile convivenza e decoro urbano) riguardino, per espressa previsione del Regolamento, il centro storico;
(b) assoggetta alla limitazione in parola la sola area (privata) di 6 mq non assentita e non la pubblica via (più stretta dell’area privata assoggettata alle limitazioni). Ciò, peraltro, nonostante in passato l’area in questione sia sempre stata assentita.

4. Si è costituito in giudizio il Comune di Riomaggiore.

Con ordinanza n. 161 del 10 luglio 2023 la richiesta di misura cautelare è stata accolta limitatamente all’auspicata anticipazione dell’orario di occupazione (dalle ore 20.00 alle ore 19.00).

5. Il Comune, sul presupposto della sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento del provvedimento impugnato, ha eccepito l’inammissibilità dei motivi aggiunti nella parte in cui hanno ad oggetto il Regolamento. Nel merito, sul presupposto della sussistenza di una servitù di uso pubblico gravante sull’area in questione (in forza di quanto stabilito dalla convenzione del 1998), il Comune ha evidenziato l’infondatezza del ricorso avverso il Regolamento (oltre che di quello avverso il provvedimento, rispetto al quale evidenzia comunque la dichiarazione della ricorrente circa la cessazione della materia del contendere), che si sarebbe limitato a preservare l’uso pubblico dell’area, in ragione del carattere panoramico della stessa.

6. All’esito dell’udienza del 17 novembre 2023, con ordinanza n. 955 del 4 dicembre 2023, la decisione del ricorso è stata differita al 19 aprile 2024, in ragione della connessione esistente con il ricorso proposto dal Celano avverso il Regolamento e iscritto al R.G. n. 650/2023 a seguito della trasposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Il Celano, infatti, ha impugnato il provvedimento di diniego, intervenuto in data 23 maggio 2023, relativo all’istanza di correzione della planimetria allegata al Regolamento (istanza presentata in data 6 marzo 2023, antecedente alla pubblicazione del Regolamento, di cui il Celano avrebbe avuto conoscenza in via informale), nonché, in parte qua , il Regolamento stesso, muovendo censure analoghe a quelle dedotte dalla B, deducendo altresì la violazione dell’art. 10- bis , legge n. 241/1990 rispetto al provvedimento di diniego.

Anche in detto giudizio si è costituito il Comune di Riomaggiore, il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui ha ad oggetto il provvedimento di diniego (in ragione della natura meramente confermativa di quest’ultimo) e l’irricevibilità dello stesso nella parte in cui ha ad oggetto il Regolamento (in quanto conosciuto almeno a far data dal 6 marzo 2023, allorché è stata presentata l’istanza di correzione), oltre al difetto di giurisdizione in ragione della clausola di arbitrato contenuta nella convenzione. Nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando – tra l’altro – la violazione del principio di alternatività tra ricorso al giudice amministrativo e ricorso straordinario al Capo dello Stato (violazione conseguente – si sostiene – all’inammissibilità del ricorso della B).

7. Con memoria depositata in data 18 marzo 2024 la B ha insistito in ordine alla fondatezza (virtuale) tanto del ricorso principale (avverso il silenzio) quanto dei motivi aggiunti, nella parte in cui hanno ad oggetto il provvedimento espresso, nonché alla tempestività dell’impugnazione proposta avverso il Regolamento.

Il Comune, oltre ad insistere per la declaratoria dell’inammissibilità dei motivi aggiunti nella parte in cui hanno ad oggetto il Regolamento, ha evidenziato che l’area in questione, costituendo oggetto di una servitù di uso pubblico, è assoggettata, in forza dell’art. 825 cod. civ., alla disciplina dei beni demaniali, con la conseguenza che detta area sarebbe stata correttamente assoggettata al Regolamento.

All’udienza del 19 aprile 2024 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, il Collegio ritiene di riunire i ricorsi indicati in epigrafe, in quanto essi hanno, in parte, il medesimo oggetto (il Regolamento, in parte qua ) e sono sorretti dalle medesime censure.

2. A seguito dell’adozione del provvedimento espresso (impugnato con motivi aggiunti), deve essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, l’originario ricorso proposto (ai sensi dell’art. 117 cod. proc. amm.) dalla B avverso il silenzio-inadempimento.

3. L’esame delle censure mosse dalla B con i motivi aggiunti e dal Celano con il ricorso proposto da quest’ultimo presuppone la ricostruzione del regime giuridico dell’area oggetto dell’istanza parzialmente respinta dal Comune.

L’area, di superficie pari a 6 mq, richiesta dalla B e non assentita dal Comune, è (al pari della restante area di 27 mq, assentita dal Comune e in ordine alla quale non si controverte, se non per quanto concerne le limitazioni all’orario) di proprietà privata e non insiste sulla pubblica via (pur essendo adiacente alla stessa). In particolare, detta area appartiene al Celano, il quale l’ha realizzata in ampliamento rispetto a via dell’Amore (previa demolizione di un fabbricato ivi esistente in precedenza) ed è obbligato nei confronti del Comune a consentirne l’uso pubblico permanente (ciò in virtù dell’art. 2, lett. B) della convenzione stipulata tra il Celano e il Comune in data 11 dicembre 1998, che così recita: “[i] l richiedente s’impegna a consentire l’uso pubblico permanente dell’area adiacente a via dell’Amore ampliata come da progetto (indicata con tratteggio nella tavola 2 bis dello S.U.A. in premessa indicato) […]. In occasioni eccezionali, previa autorizzazione preventiva dell’Amministrazione comunale, il richiedente potrà utilizzare (senza corresponsione di corrispettivo) l’area adiacente alla via dell’Amore, così come precedentemente individuata per eventuali manifestazioni e/o iniziative di carattere turistico ”). La necessità, per la B (affittuaria dell’azienda di proprietà del Celano), di chiedere al Comune la concessione per l’occupazione di suolo “pubblico” deriva, pertanto, non dal fatto che l’area di 33 mq insiste sulla pubblica via, bensì dal predetto obbligo gravante sul proprietario (e, conseguentemente, sull’affittuaria). Ciò è incontroverso tra le parti e corrisponde, peraltro, al contenuto dei documenti prodotti in giudizio.

Dunque, è accertato che l’intera area oggetto dell’istanza (inclusa la superficie non assentita) è di proprietà del sig. Celano ed è gravata da un diritto di uso pubblico (c.d. servitù di uso pubblico) di cui è titolare il Comune di Riomaggiore, ossia da un diritto reale attribuito al Comune al fine di soddisfare un interesse generale della collettività (e non un’utilità di un fondo di proprietà pubblica;
per tale ragione, è preferibile utilizzare la locuzione “diritto di uso pubblico”, in luogo di “servitù di uso pubblico”). Ne consegue che, ai fini che in questa sede rilevano (ossia sul piano della gestione amministrativa, e del correlato esercizio dei relativi poteri;
non certo ai fini dell’accertamento della titolarità del bene in questione), l’area in questione è equiparata al demanio pubblico in forza dell’art. 825 cod. civ. (come correttamente osservato dal Comune, sotto questo profilo, nella memoria depositata in data 29 marzo 2024). Detta disposizione, infatti, assoggetta alla disciplina del demanio pubblico (individuata dal precedente art. 823 cod. civ.) tanto “ i diritti reali che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l’utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti ” (ossia le servitù pubbliche in senso proprio, gravanti su un bene – di proprietà privata o di un soggetto pubblico diverso dal titolare del fondo dominante – in funzione dell’utilità di un bene demaniale), quanto i diritti (reali) costituiti (per usucapione, dicatio ad patriam o, come è avvenuto nel caso di specie, in forza di apposita convenzione) “ per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi [demaniali]”, ossia per il soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico della collettività (e non per l’utilità di un altro fondo, di proprietà pubblica), in assenza di un rapporto funzionale tra beni (Cons. St., sez. II, 12 maggio 2020, n. 2999). L’assoggettamento di un bene di proprietà privata ad un diritto di uso pubblico comporta, pertanto, l’applicazione rispetto a detto bene della stessa disciplina applicabile ai beni demaniali. Per quanto rileva nel caso di specie, ne consegue che l’atto con cui l’Amministrazione sottrae all’uso indifferenziato da parte della collettività il bene privato gravato dal diritto di uso pubblico, ponendolo a disposizione (per alcuni mesi dell’anno e soltanto in determinati orari) di uno o più soggetti determinati (lo stesso proprietario del bene, come è avvenuto nel caso di specie, o – laddove ciò sia previsto dal titolo o, in mancanza, con il consenso del proprietario – anche soggetti diversi dal proprietario), ha la stessa natura della concessione per l’occupazione del suolo pubblico (sebbene, a rigore, non si tratti di suolo di proprietà pubblica, ma di un’area di proprietà privata gravata da un diritto di uso pubblico).

Non è un caso, infatti, che, come osservato dal Comune, l’art. 5, co. 1 del Regolamento stabilisca (legittimamente) che anche l’occupazione di “ aree private gravate da servitù di pubblico passaggio ” sia subordinata al rilascio di un provvedimento di concessione (“[l] ’occupazione di strade, di spazi ed aree pubbliche o di aree private gravate da servitù di pubblico passaggio è consentita solo previo rilascio di un provvedimento espresso di concessione ”). Non solo. Anche ai fini della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (c.d. TOSAP) l’art. 38, co. 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 stabiliva che “[l] a tassa si applica, altresì, alle occupazioni realizzate su tratti di aree private sulle quali risulta costituita, nei modi e nei termini di legge, la servitù di pubblico passaggio ”, con conseguente equiparazione anche sotto il profilo tributario delle occupazioni di beni privati gravati da diritti di uso pubblico (ammissibili, laddove concesse a terzi diversi dal proprietario, soltanto se previste dal titolo o con il consenso del proprietario medesimo;
cfr. Cass., Sez. Un., 18 marzo 1999, n. 158) a quelle di beni del demanio (o del patrimonio indisponibile) dei comuni e delle province. Sul piano tributario, a seguito della sostituzione (a decorrere dal 2021) della c.d. TOSAP con il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (c.d. canone unico patrimoniale) per effetto dell’art. 1, co. 816 ss., legge 7 dicembre 2019, n. 160, l’equiparazione è divenuta controversa, ma soltanto in quanto la nuova disciplina non contiene più, espressamente, il riferimento ad aree private gravate da servitù di pubblico passaggio.

4. Ciò premesso, è ora possibile procedere allo scrutinio delle eccezioni processuali formulate dal Comune e delle censure mosse con i ricorsi in decisione.

5. Per connessione con quanto appena esposto, tuttavia, il Collegio ritiene di rilevare sin d’ora l’infondatezza del secondo motivo del ricorso proposto dal Celano, incentrato sul contrasto tra il Regolamento e la convenzione, contrasto che deve essere risolto nel senso della prevalenza del Regolamento (nella parte in cui impone il conseguimento della concessione, non potendo il riferimento contenuto nell’art. 2, lett. B) della convenzione all’autorizzazione gratuita essere inteso che con riguardo ad utilizzi “ in occasioni eccezionali ” che non integrino un’occupazione del suolo gravato dal diritto di uso pubblico) e l’assorbimento del primo motivo, con cui si deduce la violazione dell’art 10- bis , legge n. 241/1990 (in connessione con il potenziale contributo che il ricorrente avrebbe potuto offrire in sede procedimentale con riferimento alla medesima questione.

6. I motivi aggiunti depositati dalla B in data 15 giugno 2023, nella parte in cui (dal primo al quinto motivo) deducono vizi concernenti il gravato provvedimento relativo alla richiesta di occupazione di suolo pubblico, sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse (salvo quanto sarà meglio precisato infra in ordine alla limitazione temporale dell’occupazione), dal momento che l’efficacia del predetto provvedimento è cessata in data 17 settembre 2023, con la conseguenza che l’eventuale annullamento dello stesso non risulterebbe di alcuna utilità per la ricorrente. Quest’ultima, peraltro, ha rinunciato allo svolgimento dell’attività di ristorazione, per l’anno 2023, sulla corte adiacente a via dell’Amore, e ha concluso nel senso della cessata materia del contendere (sebbene la fattispecie sia riconducibile, come detto, alla sopravvenuta carenza di interesse) con memoria depositata in data 16 ottobre 2023. La specifica dichiarazione in tal senso proveniente dalla ricorrente e la circostanza che, nel caso di specie, la possibile reiterazione, in futuro, del provvedimento impugnato, nella medesima configurazione (ossia con l’esclusione dell’area di 6 mq), dipenda dall’applicazione del Regolamento (anch’esso oggetto di impugnazione e rispetto al quale, come si vedrà infra , permane l’interesse all’annullamento) consentono di prescindere dal noto orientamento giurisprudenziale (Cons. St., sez. V, 12 novembre 2012, n. 571) in base al quale, laddove il provvedimento che produce effetti limitati nel tempo sia, come nel caso di specie, suscettibile di ripresentarsi in maniera ripetitiva (ad ogni successiva stagione estiva), l’interesse al ricorso permane anche se, al momento della decisione, il provvedimento impugnato ha cessato di produrre effetti, in quanto è necessario definire una volta per tutte la questione di merito per evitare il ripresentarsi di una analoga situazione lesiva del medesimo interesse. Nel caso di specie, infatti, la definitiva risoluzione della questione controversa è comunque consentita dalla decisione in ordine ai motivi aggiunti che hanno ad oggetto il Regolamento.

7. Preliminarmente, devono essere esaminate le eccezioni processuali formulate dal Comune con riferimento ad entrambi i ricorsi in decisione.

7.1. Nella parte in cui lamentano l’illegittimità del Regolamento (come modificato per effetto della delibera n. 4 del 14 febbraio 2023), i motivi aggiunti (quinto e sesto) proposti dalla B sono ricevibili, dovendo ritenersi che il termine di decadenza per l’impugnazione del Regolamento – che in questa parte produce effetti immediatamente lesivi della situazione giuridica del proprietario e di quella, da quest’ultima dipendente, dell’affittuaria – decorre, per quest’ultima (cui la modifica al Regolamento non è stata notificata) dalla piena conoscenza della modifica e non dalla pubblicazione della stessa. Piena conoscenza che, nel caso di specie, non può che ritenersi acquisita in occasione della notifica del provvedimento applicativo, non potendo desumersi dalla mera notifica nei confronti del proprietario e dal rapporto contrattuale che questi intrattiene con l’affittuaria la prova della conoscenza della modifica da parte di quest’ultima in data antecedente alla notifica del provvedimento applicativo. Risulta, pertanto, altresì irrilevante, ai fini della valutazione in ordine alla procedibilità del ricorso avverso il Regolamento (contestata dal Comune, il quale sostiene che, poiché il Regolamento è stato impugnato – unitamente al provvedimento applicativo – soltanto in quanto atto presupposto, l’improcedibilità del ricorso avverso l’atto applicativo determinerebbe il venire meno dell’interesse all’impugnazione dell’atto presupposto), la circostanza che, come detto, il ricorso avverso il provvedimento applicativo sia improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che l’adozione del provvedimento applicativo (e la comunicazione dello stesso all’odierna ricorrente) è rilevante soltanto al fine di determinare la conoscenza, da parte dell’odierna ricorrente, della delibera del Consiglio comunale che ha modificato il Regolamento, e dunque a stabilire la decorrenza del termine di decadenza per l’impugnazione del Regolamento (come modificato), e non anche ai fini della procedibilità del ricorso avverso il Regolamento. In altri termini, l’eccezione – formulata dal Comune – di improcedibilità del ricorso avverso il Regolamento per effetto (si sostiene) dell’improcedibilità del ricorso avverso il provvedimento applicativo è infondata, in quanto non si tratta (tecnicamente) di un caso di c.d. doppia impugnativa – in cui, pacificamente, la mancata impugnazione del provvedimento applicativo o l’improcedibilità del ricorso proposto avverso quest’ultimo determina l’improcedibilità del ricorso avverso il regolamento non immediatamente lesivo (e in quanto tale impugnato solo unitamente al provvedimento applicativo) –, ma di un caso in cui il regolamento, immediatamente lesivo, è stato impugnato unitamente al provvedimento applicativo (non perché il provvedimento applicativo ha determinato l’insorgenza dell’interesse a ricorrere, sorto già per effetto dell’emanazione del regolamento, ma) in quanto la comunicazione di quest’ultimo (impugnato sia per vizi propri, sia per vizi derivati dal Regolamento) ha determinato la conoscenza del primo.

7.2. Parimenti ricevibile è il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dal Celano e trasposto in questa sede, in quanto il ricorso è stato notificato (in data 25 luglio 2023) entro il termine di centoventi giorni dalla scadenza (30 marzo 2023) del termine di pubblicazione del Regolamento, a nulla rilevando la precedente conoscenza (in via informale) di una bozza dello stesso da parte del medesimo ricorrente, posto che ben avrebbe potuto la versione definitiva del Regolamento differire da quella precedentemente (e in via informale) conosciuta dal Celano.

L’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dal Comune è evidentemente infondata, dal momento che nel caso di specie si controverte in ordine ad una situazione giuridica soggettiva che ha natura di interesse legittimo, con la conseguenza che non può trovare applicazione la clausola che prevede l’arbitrato, la cui efficacia è limitata alle ipotesi in cui si controverta in ordine ad un diritto soggettivo (art. 12 cod. proc. amm.).

8. Nel merito, il quinto dei motivi aggiunti formulati dalla B è infondato, innanzitutto, nella parte in cui denuncia la violazione, da parte della delibera che ha modificato il Regolamento, delle norme del Regolamento medesimo che ne delimitano l’ambito di applicazione. Ciò per l’evidente ragione per cui non può ravvisarsi alcuna sovraordinazione di alcune norme di un regolamento rispetto ad altre, trattandosi in entrambi i casi di fonti normative di rango secondario il cui eventuale contrasto (nel caso di specie, peraltro, insussistente) non può che essere risolto, qualora (come nel caso di specie) non possano operare il criterio gerarchico e quello di specialità, in base al criterio temporale ( lex posterior derogat priori ).

Il motivo in esame è infondato anche nella parte in cui denuncia la violazione delle norme costituzionali e CEDU, nonché dell’art. 832 cod. civ., in quanto dette censure si fondano su un’erronea ricostruzione del contenuto e della portata della modifica regolamentare impugnata. La delibera del Consiglio comunale, nella parte in cui (tramite il rinvio all’allegato) ha delimitato l’area di 6 mq al fine di individuare l’oggetto della limitazione introdotta, consistente nel divieto di rilasciare o rinnovare concessioni di suolo pubblico a scopo commerciale, non è idonea a produrre l’effetto espropriativo lamentato dalla ricorrente, in quanto detta delibera si limita a delimitare l’area con riferimento alla quale vige il divieto, per la stessa Amministrazione comunale, di rilasciare o rinnovare concessioni di suolo pubblico, senza incidere sulla natura e sulla titolarità (pubblica o privata) dell’area in questione, che rimane pertanto inalterata (nella ricostruzione esposta al par. 3). Del resto, come detto, i provvedimenti di concessione di suolo pubblico sono necessari per consentire l’utilizzo, da parte di un privato, non soltanto di un’area di proprietà comunale, ma altresì di un’area di proprietà dello stesso privato il quale è tuttavia obbligato a consentirne l’uso pubblico. Ne consegue che la preclusione, stabilita in sede di modifica al Regolamento, al rilascio di concessioni di suolo pubblico con riferimento all’area in questione non implica affatto il riconoscimento della proprietà comunale della stessa, né, dunque, un’espropriazione avvenuta al di fuori di un regolare procedimento espropriativo.

Per le medesime ragioni è infondato il terzo motivo del ricorso proposto dal Celano, incentrato sulle medesime censure sollevate con il quinto dei motivi aggiunti proposti dalla B.

9. Risultano fondati, tuttavia, il sesto dei motivi aggiunti formulati dalla B e il quarto motivo del ricorso proposto dal Celano, in quanto il Collegio ritiene che il dedotto vizio di eccesso di potere – sub specie di contraddittorietà interna – sia sussistente, tenuto conto che il Regolamento, in parte qua , ha natura provvedimentale, in quanto stabilisce il regime giuridico dell’area di proprietà del Celano, incidendo direttamente sulla sfera giuridica di quest’ultimo e su quella della B, titolare di una situazione giuridica dipendente;
ciò, peraltro, in pendenza del procedimento avviato dall’istanza di concessione di occupazione di suolo pubblico presentata dall’affittuaria. Sebbene la finalità, perseguita dal Comune, di tutelare la civile convivenza, il decoro urbano e, soprattutto, il paesaggio (profili tutti, quelli appena citati, che prescindono – contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti – dalla collocazione dell’area con riferimento alla quale è stata posta la censurata limitazione, dal momento che il riferimento ai “ centri storici ” è evidentemente riferito al solo profilo della “ identità culturale e storico architettonica ”, e non agli altri) sia certamente meritevole di tutela, la limitazione introdotta con riferimento all’area in questione non è sorretta da una adeguata motivazione, dal momento che non si comprendono le ragioni per cui gli interessi pubblici che il Comune intende perseguire sarebbero pregiudicati dalla sola presenza di tre tavoli (e relative sedie) nell’area di 6 mq non assentita (e sempre assentita in passato, senza che ne sia derivato un pregiudizio per gli interessi pubblici) e non anche dalla presenza di un numero maggiore di tavoli (sei) nell’attigua area (di 27 mq) assentita o da eventuali occupazioni di ulteriori porzioni di suolo pubblico insistenti sulla pubblica via (dunque, sulla proprietà comunale), che in altri tratti risulta essere molto più stretta rispetto alla porzione in cui è collocata l’area non assentita. D’altra parte, l’intera area oggetto dell’istanza di concessione si trova al di fuori della zona ad accesso controllato (sebbene sia situata in prossimità della stessa). Ne consegue che la pregnanza degli interessi pubblici che il Comune ha inteso tutelare attraverso l’introduzione delle menzionate limitazioni all’accesso non è riscontrabile con riferimento all’area che a dette limitazioni non è assoggettata. In altri termini, l’inclusione dell’area in questione tra quelle rispetto alle quali non verranno in futuro rilasciate concessioni per l’occupazione di suolo pubblico è viziata da eccesso di potere in quanto, senza una ragione plausibile, viene assoggettata allo stesso regime di un’area (tra l’altro, di proprietà pubblica) caratterizzata da limitazioni all’accesso non riscontrabili con riferimento all’area privata de qua .

10. Da ultimo, il Collegio ritiene di confermare quanto già stabilito con ordinanza n. 161 del 10 luglio 2023 in ordine alla limitazione oraria (soltanto a partire dalle ore 20.00) dell’assentita occupazione del suolo pubblico, che non risulta sorretta da adeguata motivazione alla luce della chiusura della parte contingentata di via dell’Amore alle ore 19.00. Pertanto, sono fondati il secondo e il terzo dei motivi aggiunti proposti dalla B, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento del 9 giugno 2023 (n. 21 - T/2023), permanendo – limitatamente al profilo della limitazione oraria – l’interesse alla decisione del ricorso proposto avverso detto provvedimento;
interesse che, sotto ogni altro profilo, è venuto meno per le ragioni sopra esposte.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenendo conto che i ricorrenti vittoriosi sono assistiti dal medesimo difensore e rivestono la medesima posizione processuale.

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