TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-10-30, n. 202316138

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-10-30, n. 202316138
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202316138
Data del deposito : 30 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/10/2023

N. 16138/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05617/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5617 del 2023, proposto dal sig. C P, rappresentato e difeso dall’Avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

della determinazione direttoriale n. prot. 34396 del 19.01.2023, con la quale si dispone l’esclusione del ricorrente dal concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di 40 dirigenti di II fascia presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, codice ADM/DIR-EC, bandito con determinazione direttoriale n. prot. 414208/RU del 05.11.2021.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2023 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’odierno ricorrente – premesso di essere attualmente in servizio alle dipendenze dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (nel prosieguo anche ADM) sin dal 1° dicembre 2017 con qualifica di funzionario e di aver partecipato al concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di 40 dirigenti di fascia II presso ADM (Codice ADM/DIR-EC, indetto con D.D. n. 414208/RU, del 5 novembre 2021), nonché di aver superato dapprima la prova preselettiva e poi la prova scritta e di essere stato successivamente escluso dal suddetto concorso (con conseguente impossibilità di partecipare all’ultima prova orale) per non essere in possesso del requisito di ammissione consistente nell’anzianità di servizio di almeno 5 anni alle dipendenze di una “pubblica amministrazione” – insorge avverso il suddetto atto di esclusione, chiedendone l’annullamento.

Deduce in particolare il ricorrente che sebbene la sua anzianità alle dipendenze di ADM non raggiunga la soglia minima di 5 anni scolpita nel requisito partecipativo prescritto dalla lex specialis , cionondimeno tale soglia sarebbe comunque conseguita mercè il periodo di servizio che egli ha prestato in passato (dal 13 luglio 2013 al 30 novembre 2016) alle dipendenze della Fondazione Apulia Film Commission (nel prosieguo anche la “Fondazione”), con qualifica di Impiegato Direttivo livello D1 e contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Il ricorso è affidato ad un unico motivo di censura, con cui il ricorrente sostiene che tale Fondazione - pur essendo formalmente qualificata come ente privato “controllato” dalla Regione Puglia - andrebbe comunque considerata alla stregua di una Pubblica Amministrazione.

E ciò in primis perché la Fondazione è obbligata ad assumere il proprio personale con pubblico concorso.

Parte ricorrente richiama, a tal proposito, l’art. 4 del regolamento della Fondazione in vigore alla data della sua assunzione (con decorrenza dal 20 marzo 2009), ai sensi del quale “ Il reclutamento del personale sarà preceduto da idoneo bando pubblicato nel sito informatico della Fondazione e su quello della Regione Puglia e/o in aggiunta su uno o più quotidiani a tiratura regionale almeno 15 giorni prima dello svolgimento delle selezioni. Le prove selettive si informano alle tradizionali tecniche di valutazione delle conoscenze, capacità ed attitudini tecniche, professionali e gestionali, nonché all’impiego di strumenti di preselezione, il tutto attraverso la verifica dei titoli, delle qualifiche, dell’età e dell’esperienza del candidato. Le graduatorie delle selezioni potranno essere utilizzate, per il reclutamento del personale con identiche caratteristiche professionali con una validità temporale superiore alla iniziale esigenza da soddisfare, previa determinazione del C.d.A. appositamente motivata anche successivamente all’atto dell’approvazione del bando iniziale ”.

Le medesime disposizioni sono contenute nell’art. 4 del nuovo Regolamento della Fondazione entrato in vigore in data 15 dicembre 2015.

Ad ulteriore riprova di quanto precede, parte ricorrente rileva che il sig. P è stato assunto dalla Fondazione all’esito di un concorso pubblico indetto con bando n. prot. N 1545/13/U del 13 marzo 2013.

Tale concorso prevedeva - in applicazione di un regolamento di detta Fondazione - una selezione pubblica basata sui titoli e sull’esito di un esame orale vertente sulle materie indicate nell’art. 10 del bando.

Parte ricorrente deduce, inoltre, ad ulteriore conforto della natura pubblica della Fondazione, il fatto che in base all’art. 4 dello statuto della Fondazione - nella sua versione approvata in data 8 novembre 2010 - aderiscono alla Fondazione in qualità di soci fondatori la Regione Puglia, le Provincie e i Comuni capoluogo della Puglia. Possono inoltre aderire in qualità di soci altri Enti locali pugliesi, altri Enti pubblici, le Camere di Commercio e, unico soggetto privato, le fondazioni bancarie.

Peraltro, il medesimo articolo 4 dello statuto della Fondazione prevede che i soci non fondatori concorrono al bilancio della Fondazione secondo modalità e criteri stabiliti di volta in volta dal Consiglio di Amministrazione (art. 4, comma 7).

Gli elementi valorizzati dalla difesa di parte ricorrente per dimostrare la natura di Pubblica Amministrazione della Fondazione sono quindi due, da un lato l’asserito obbligo di reclutare il personale con pubblico concorso e, dall’altro lato, la natura prevalentemente pubblica dei soci e degli scopi della Fondazione.

ADM si è ritualmente costituita in giudizio per resistere al ricorso, instando per la sua reiezione nel merito.

Espone in particolare ADM che:

1) “ La Fondazione Apulia Film Commission viene espressamente qualificata nel sito della Regione Puglia, sezione amministrazione trasparente, quale ente di diritto privato controllato e, in quanto tale, non rientra evidentemente nel novero delle pubbliche amministrazioni richiamate dall’art. 3, comma 2, del bando di concorso. A ben vedere, infatti, la previsione contenuta nella lex specialis rimanda ad una definizione precisa di pubblica amministrazione che il legislatore ha ben circoscritto sotto il profilo soggettivo limitandola agli enti di cui all’art. 1, comma 2, del D.lgs. 165/2001 ”;

2) “ Anche laddove non si volesse far riferimento esclusivo alla nozione formale di pubblica amministrazione, la Fondazione richiamata non è qualificabile quale pubblica amministrazione sulla sola scorta del fatto che le modalità di reclutamento del personale possano avvenire mediante l’espletamento di una procedura selettiva pubblica se questa, però, manca dei requisiti normativi previsti dal legislatore relativamente alla disciplina del concorso pubblico. A tal uopo, è opportuno sottolineare, che quand’anche il Regolamento per il reclutamento del personale dipendente e per l’instaurazione dei rapporti di collaborazione dell’ente della cui natura si discute imponesse alla Fondazione l’obbligo di attivare una procedura comparativa, dall’analisi puntuale del bando di selezione al quale ha partecipato il Dott. P (all.5), emerge chiaramente, sotto vari aspetti, che la selezione non ricalca i crismi propri del concorso pubblico di cui al D.P.RP. 487/1994. Quest’ultima, infatti, consisteva in una procedura per titoli e esame orale (art. 9 del bando) e prevedeva l’attribuzione un punteggio massimo di 40 punti per la valutazione dei titoli e di un punteggio un massimo di 60 punti per la valutazione della prova orale . Invero, è appena il caso di precisare che la normativa nazionale di riferimento per le pubbliche amministrazioni in materia di procedure concorsuali, rappresentata dal succitato D.P.R. 487/94, quanto delle modalità di svolgimento delle prove nei concorsi per titoli ed esami, prevedeva all’epoca dell’indizione della procedura di selezione di cui trattasi, per l’assunzione di profili professionali della quinta e sesta qualifica (corrispondente alla categoria D1 Impiegato direttivo): lo svolgimento di due prove scritte e una prova orale, consentendo l’ammissione al colloquio ai candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente;
inoltre, il colloquio vertente sulle materie oggetto delle prove scritte e sulle altre indicate nel bando si intende superato con una votazione di almeno 21/30 o equivalente. Infine, nel caso di concorso per titoli ed esami, il predetto D.P.R. prevede che il punteggio attribuibile ai titoli non può essere superiore a 10/30 o equivalente. Orbene, è di tutta evidenza che il bando di selezione per titoli e esame orale indetto dalla Fondazione Apulia Film Commission è stato redatto secondo il Regolamento interno approvato dalla stessa (si vedano le premesse al bando punto n. 3) ma non è normativamente assimilabile ad un concorso pubblico, così come stabilito dalla normativa sopra richiamata. Analogamente le modalità di composizione della commissione esaminatrice e il regime di pubblicità del bando non riflettono quanto previsto dal legislatore in materia dei concorsi pubblici delle “Pubbliche Amministrazioni”. Infatti, come si legge all’art. 14 del citato bando, lo stesso risulta pubblicato esclusivamente sul sito istituzionale della Fondazione, in contrasto con la normativa applicabile alla pubblicazione dei bandi per concorso a pubblico impiego emessi nel periodo di riferimento. … Tanto vale a chiarire che la procedura selettiva avviata dalla Fondazione in argomento non può configurarsi a tutti gli effetti come concorso pubblico, pertanto, neanche alla luce della giurisprudenza richiamata da parte ricorrente è possibile attribuire alla Fondazione, presso la quale lo stesso ha prestato servizio, natura sostanzialmente pubblicistica. In altri termini, l’indizione di una procedura cd. concorsuale finalizzata al reclutamento del personale, non è sintomatica, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia (vds. sent. Consiglio di Stato, Sez VI, n. 3849/2010), della natura sostanzialmente pubblica della Fondazione Apulia Film Commission, essendo, invece, necessaria l’imposizione di un obbligo di attivazione della stessa conformemente a quanto previsto dalla legge in materia di concorsi pubblici, quale unico strumento di reclutamento del personale
”.

Sulla scorta di tali argomentazioni, pertanto, ADM ha chiesto che il ricorso venga respinto.

È seguito il deposito dei documenti e delle memorie nel rispetto dei termini ex art. 73, c. 1, c.p.a.

All’udienza pubblica del 25 ottobre 2023, il Collegio ha introiettato la causa in decisione.

DIRITTO

Tanto chiarito in punto di fatto, il ricorso va respinto in quanto infondato.

Il “fuoco” della controversia è indiscutibilmente quello della natura di Pubblica Amministrazione (o meno) della Fondazione Apulia Film Commission.

Ciò impone di rievocare preliminarmente, sia pure in estrema sintesi, la questione di principio dei criteri generali in base ai quali è possibile stabilire se un determinato ente sia (o meno) una Pubblica Amministrazione.

Orbene, costituisce principio ormai ampiamente consolidato in giurisprudenza (si veda ex multis Cons. St., sez. VI, n. 3043 del 2016) quello secondo cui l’individuazione dell’ente pubblico deve avvenire in base a criteri non “statici” e “formali”, bensì “dinamici” e “funzionali”.

Ciò implica che il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato.

La nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale non può, dunque, ritenersi fissa ed immutevole.

Non può ritenersi, in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi automaticamente e in maniera automatica l’integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione.

Al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una nozione “funzionale” e “cangiante” di ente pubblico.

Si ammette senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti e allo stesso tempo possa invece non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica.

Giova precisare che la c.d. nozione funzionale di ente pubblico che qui si accoglie non contrasta con la previsione contenuta nell’art. 4 della legge n. 70 del 1975, in base alla quale “ nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge ”.

La nozione “funzionale” e “dinamica” non predica, infatti, che un soggetto possa essere qualificato come “pubblico” a prescindere dall’esistenza di una base legislativa che sottoponga quel soggetto ad un regime pubblicistico.

Al contrario, alla base della qualificazione funzionale di ente pubblico ci deve essere sempre un fondamento normativo da cui derivano, per quell’ente, obblighi e doveri, oppure prerogative e poteri, di natura pubblicistica.

Fermo quanto precede, va soggiunto che anche a livello comunitario non esiste, come la Corte di Giustizia europea ha più volte affermato, un concetto unitario di Pubblica Amministrazione.

La stessa nozione di organismo di diritto pubblico, ad esempio, non ha affatto carattere di generalità, perché rileva soltanto nel settore degli appalti pubblici per assoggettare all’obbligo di gara quei soggetti che, ad altri fini, sono invece soggetti privati.

Molto diversa è poi la nozione euro-unitaria di Pubblica Amministrazione che viene in rilievo al fine di stabilire l’ambito di operatività della deroga al principio della libera circolazione dei lavoratori, o, ancora, quella elaborata in sede giurisprudenziale allo scopo di individuare i soggetti i cui comportamenti danno luogo alla responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario.

Detto in altri termini, l’esigenza di tutelare i principi fondamentali del diritto euro-unitario può talvolta determinare:

(a) un’“espansione” della nozione di pubblica amministrazione (come ad esempio nel settore degli appalti pubblici, dove spicca la necessità di evitare qualsiasi elusione – tramite soggetti pubblici “travestiti” da privati – dell’obbligo di evidenza pubblica e del sotteso diritto della concorrenza);

(b) una “contrazione” della nozione di pubblica amministrazione (come ad esempio nel settore dei pubblici concorsi per il reclutamento del personale della PA, nel quale spicca la necessità euro-unitaria di restringere il più possibile l’ambito di applicazione delle deroghe alla libera circolazione dei lavoratori).

Da tali premesse discende che la nozione di Pubblica Amministrazione a cui fa riferimento il bando di concorso oggetto del presente giudizio deve essere delimitata in base ad un criterio sostanziale (tenendo conto della ratio della previsione della lex specialis ) e non meramente formale, in adesione a quanto già rilevato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato rispetto ad un caso analogo (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 3849 del 2010).

Muovendo da tale criterio sostanziale, deve ritenersi che, quando per partecipare al concorso, il bando in esame richiede una certa esperienza presso una Pubblica Amministrazione, si sia inteso includere nel concetto di Pubblica Amministrazione solo quegli enti sottoposti, quando assumono personale, all’obbligo del pubblico concorso.

È solo questo dato che qualifica, infatti, nell’ambito di una procedura concorsuale, la pregressa esperienza lavorativa, irrilevante quindi essendo la natura pubblica (o meno) dei soci e degli scopi della Fondazione della quale si discorre.

Non è quindi sufficiente la circostanza che l’ente in questione svolga pubbliche funzioni, anche perché oggi è sempre più diffuso il fenomeno che vede svolgere funzioni pubbliche da parte di soggetti ritenuti soggetti privati.

A parità di funzioni esercitate, quindi, affinché l’esperienza lavorativa possa assumere valore come requisito di partecipazione al concorso, occorre che essa sia stata svolta in seguito al superamento di un pubblico concorso.

Ritiene il Collegio, però, che ai fini che precedono non rileva il superamento di una qualsiasi selezione o procedura comparativa, bensì soltanto il superamento di un concorso che sia stato svolto nel pieno rispetto delle norme di legge generali che per l’appunto disciplinano (con criteri omogenei e uniformi) tutti i concorsi delle pubbliche amministrazioni ai sensi del DPR n. 487 del 1994.

Ciò per evidenti esigenze di par condicio tra quei candidati che – nel partecipare al medesimo concorso – rivendicano tutti lo stesso tipo di anzianità di servizio, ancorchè presso pubbliche amministrazioni diverse.

È evidente, infatti, che se alcuni di questi candidati sono stati reclutati in passato da enti pubblici all’esito di un concorso pienamente conforme alle regole generali in materia di concorsi della PA (così come dettate dal DPR n. 487 del 1994), gli stessi non possono vedere equiparata la loro anzianità di servizio a quella di quei candidati che, invece, hanno trascorso lo stesso periodo alle dipendenze di enti che – in quanto non soggetti all’applicazione del DPR n. 487 del 1994 – hanno indetto mere selezioni per titoli, oppure procedure concorsuali comunque non pienamente assimilabili a quelle regolate dal DPR n. 487 del 1994.

La diversità delle due posizioni giustifica, pertanto, la valorizzazione dell’anzianità di servizio dei primi e la mancata valorizzazione dell’anzianità di servizio dei secondi.

L’esigenza di differenziare la posizione dei primi rispetto a quella dei secondi (negando a questi ultimi la pregressa esperienza presso la PA) viene ovviamente in rilievo ogniqualvolta esistano alcune difformità significative tra il pubblico concorso ex DPR n. 487 del 1994 a cui sono stati sottoposti i primi e, dall’altro lato, la selezione o procedura concorsuale espletata al di fuori del campo di applicazione del DPR n. 487 del 1994 (a cui sono stati sottoposti i secondi).

Dette difformità possono essere senz’altro significative allorquando uno dei candidati vanti, a mero titolo esemplificativo, una pregressa esperienza non già presso una pubblica amministrazione sottoposta al vincolo del pubblico concorso ex DPR n. 487 del 1994, bensì presso una società a controllo pubblico.

Le società a controllo pubblico non sono tenute, infatti, ad espletare un vero e proprio concorso nel pieno rispetto di tutti i “crismi” del DPR n. 487 del 1994, bensì soltanto a reclutare il personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (secondo quanto previsto dall’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 recante il “ Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica ”, che nella sostanza ribadisce quanto già previsto in passato dall’art. 18 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

Un conto è quindi il pubblico concorso (il quale consiste in una procedura selettiva comparativa caratterizzata dalla nomina di una commissione esaminatrice e dalla formazione di una graduatoria finale di merito dei candidati all’esito di una valutazione comparativa), un altro conto è invece il reclutamento del personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (il quale non impone necessariamente la nomina di una commissione esaminatrice e lo svolgimento di una valutazione comparativa pienamente rispettosa di tutti i vincoli stabiliti dal DPR n. 487 del 1994).

Venendo quindi al caso di specie, il Collegio non disconosce che la procedura di reclutamento indetta dalla Fondazione possa avere (in considerazione delle peculiari regole dettate dal suo statuto) i caratteri del pubblico concorso.

Quel che disconosce, tuttavia, è che tale concorso sia pienamente assimilabile ad un qualsiasi altro pubblico concorso indetto da una Pubblica Amministrazione.

Come condivisibilmente eccepito dalla difesa erariale, infatti, il “concorso” indetto dalla Fondazione disvela almeno due significativi scostamenti rispetto a qualsiasi altro pubblico concorso che sia stato indetto da un soggetto pubblico ricompreso nel campo di applicazione del DPR n. 487 del 1994, ovverossia:

a) il concorso pubblico ex DPR n. 487 del 1994 contempla almeno 3 prove (due scritte ed una orale), mentre il concorso indetto dalla Fondazione contempla una sola prova (peraltro esclusivamente orale);

b) nel concorso pubblico ex DPR n. 487 del 1994 non può essere attribuito ai titoli “ un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente ”, mentre nel concorso indetto dalla Fondazione il punteggio massimo attribuibile ai titoli è pari a 40/100.

Le due difformità appena evidenziate testimoniano:

- da un lato una minore selettività della prova d’esame del concorso indetto dalla Fondazione (una sola prova di tipo esclusivamente orale) rispetto alla prova d’esame del pubblico concorso ex DPR n. 487 del 1994 ( id est due prove scritte e una orale);

- dall’altro lato anche una minore valorizzazione della prova per esami (a favore di quella per titoli) nel concorso indetto dalla Fondazione rispetto a ciò che invece accade nel concorso pubblico ex DPR n. 487 del 1994.

Tanto basta a ritenere che il concorso indetto dalla Fondazione non sia pienamente equiparabile (in termini di selettività) al concorso indetto da un qualsiasi altro ente pubblico sottoposto al DPR n. 487 del 1994.

Il che esclude che l’anzianità di servizio maturata dal ricorrente alle dipendenze della Fondazione possa valere ai fini del soddisfacimento del requisito partecipativo de quo (e cioè un’esperienza lavorativa di almeno 5 anni presso la Pubblica Amministrazione).

Diversamente opinando, infatti, si incorrerebbe in una manifesta violazione del principio di par condicio tra la posizione del ricorrente e la posizione di quei candidati che, invece, a differenza del ricorrente, hanno maturato un’esperienza quinquennale alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione che li ha assunti all’esito di un concorso connotato dal maggior grado di selettività proprio e tipico delle regole dettate dal DPR n. 487 del 1994.

Le suesposte considerazioni conducono, pertanto, alla reiezione del ricorso.

Attesa la peculiarità della controversia, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

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