TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2022-12-07, n. 202200433

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2022-12-07, n. 202200433
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 202200433
Data del deposito : 7 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/12/2022

N. 00433/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00156/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 156 del 2016, proposto da
N P, Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico della Frazione di Assergi del Comune di L'Aquila, Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico della Frazione di Paganica del Comune di L'Aquila, G D T, U D T, P I, S I, M S, V S, F S, A S, A V, P V, C V, L C, I C, P C, I V, L V, A C, L V, D V, S V, F V, rappresentati e difesi dall'avvocato R L, con domicilio eletto presso lo studio Avv. R L in L'Aquila, Vico di Picenze, n. 25;

contro

Comune di L'Aquila, non costituito in giudizio;

per l'annullamento:

- della deliberazione del Consiglio del Comune dell’Aquila n. 138 del 17/12/2015 e, specificatamente, dell'art.30 bis delle n.t.a. del PRG con essa approvato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2022 la dott.ssa Maria Colagrande;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I ricorrenti sono Amministrazioni separate di beni di uso civico e proprietari di terreni compresi nel territorio del Comune dell’Aquila - già incisi da vincoli pre – espropriativi scaduti per decorso del termine quinquennale.

Con la gravata deliberazione consiliare n. 138/2015 in variante al PRG del Comune dell’Aquila, detti suoli, sono stati compresi in “ zona di cessione perequativa degli standard urbanistici ”.

In particolare, l’art. 30 bis delle NTA della variante al PRG, approvate con la deliberazione impugnata, prevede che i proprietari delle aree comprese in “ zona di cessione perequativa degli standard urbanistici ”, già destinate con i vincoli decaduti a parcheggi (art. 27), verde pubblico attrezzato (art. 29) e servizi pubblici (art.30), possano realizzare, su lotti di superficie minima di 1500 mq. opere edilizie purché adeguate al massimo risparmio energetico, di altezza massima di m. 7,50, indice di edificabilità pari a 0,08 mc/mq, dotazione di parcheggi pari a 2,5 mq ogni 30 mq di superficie utile.

Tutto ciò a condizione che cedano gratuitamente al Comune dell’Aquila, con accordi ex art. 11 l. 241/1990, il 65% della proprietà fondiaria per consentire la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, da eseguire a loro spese, e secondaria.

L’art. 30 bis stabilisce inoltre che le zone di estensione inferiore a 1500 mq, ove i proprietari non intendano accorpare le loro aree per raggiungere la consistenza dell’unità minima d’intervento, assumono la destinazione di " zona di rispetto dell'abitato ".

I ricorrenti impugnano la variante e chiedono il risarcimento dei danni che ne conseguono.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1. violazione del principio di legalità e tipicità degli strumenti urbanistici (art. 7 e segg. L. 1150/1942, art. 9 e segg. L.R. 17/83);
violazione e falsa applicazione dell’art. 42 e 117 Cost., nonché dei principi dell’ordinamento comunitario (art. 1 del Protocollo addizionale CEDU [Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali], in uno con l’art. 117 Cost.).;
violazione e falsa applicazione di legge (art. 1 e 13 della l. 241/90)
;
il sistema delineato dall’art. 30 bis delle NTA evidenzia che il diritto di edificare non è insito nel diritto di proprietà, ma viene concesso dal Comune a condizione che sia ceduta la parte maggioritaria del suolo che, in caso contrario, è del tutto inedificabile, in aperto contrasto con i principi da tempo affermati dalla Corte costituzionale sul contenuto minimo della proprietà fondiaria;
la possibilità di dettare un assetto del territorio per accordi integrativi o sostitutivi è inoltre espressamente esclusa dall’art. 13 l. n. 241/1990;

2. violazione e falsa applicazione di legge (art. 23 e 53 Cost.);
violazione del principio di proporzionalità e di adeguatezza;
violazione del principio di logicità, imparzialità e buona amministrazione ex art. 97 Cost.;
violazione di legge (art. 21 septies l. 241/90 e/1418 c.c.);
violazione di legge (art. 3 l. 241/90);
eccesso di potere per disparità di trattamento
;
la subordinazione della concessione dei diritti edificatori alla cessione al Comune della maggior parte del suolo, in sé sproporzionata, costituisce un prestazione coattiva che solo la legge potrebbe imporre oltre che discriminatoria rispetto ad altre zone del PRG, ove i diritti edificatori sono attribuiti senza alcuna controprestazione;

3. violazione e falsa applicazione di legge (D.M. 1444/68;
art. 41 quinquies, comma 8 L.U., introdotto dalla c.d. legge ponte n. 765/1967;
art. 9 e 39 d.PR. 327/2001;
violazione di legge (art. 3 l. 241/90) ed eccesso di potere per errata e contraddittoria motivazione e per sviamento, sviamento di potere
;
la destinazione a “ zona di cessione perequativa degli standard urbanistici ” con la previsione di un identico, ma estremamente esiguo indice edificatorio, non tiene in alcun conto le caratteristiche morfologiche e insediative del territorio che presiedono alla conformazione urbanistica, ma sottende l’obbiettivo di lasciare inalterati i precedenti vincoli scaduti, imponendo condizioni estremamente vessatorie per l’esercizio dei diritti edificatori, che verosimilmente non troveranno disponibili i proprietari delle aree interessate, destinate in tal caso a “ zone di rispetto dell’abitato ” e quindi interdette all’uso edificatorio;

4. violazione e falsa applicazione di legge (l. 1150/1942 e smi);
violazione del principio di legalità, di tipicità degli strumenti urbanistici, per altro verso, e di quello della ragionevolezza ed imparzialità;
violazione del principio di proporzionalità, di uguaglianza e trasparenza;
violazione di legge (art. 3 l. 241/90);
eccesso di potere per carenza ed erroneità della motivazione;
eccesso di potere per disparità di trattamento e sviamento
;
l’art. 30 bis delle NTA introduce elementi estranei alle finalità dell’attività di pianificazione urbanistica laddove non consente l’edificazione a soggetti che non abbiano adempiuto ad obblighi convenzionali aventi ad oggetto opere di urbanizzazione, o consente l’esercizio del diritti di edificare solo se vengono realizzati edifici con le massime prestazioni energetiche;

5. violazione di legge (art. 3 l. 241/90, art. 9 e 39 del d.P.R. n. 327/2001);
eccesso di potere per erronea, carente e contraddittoria motivazione;
sviamento di potere
;
la variante non contiene alcuna motivazione sulla necessità di riservare al Comune, mediante la cessione perequativa, per opere e servizi pubblici gran parte delle aree che, sebbene prenotate con vincoli di inedificabilità fin dal 1984, non sono mai state espropriate a conferma del fatto che lo standard di opere di urbanizzazione era ed è sovradimensionato e verosimilmente il Comune non utilizzerebbe a tal fine il 65% delle aree eventualmente cedute in difetto di ragioni di pubblica utilità;

6. violazione di legge (art. 9 e 39 d.P.R. 327/2001);
violazione dei principi costituzionali e comunitari in materia di proprietà privata (art. 42 Cost., art. 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo);
violazione di legge (art. 3 l. 241/90 ed art. 39 d.P.R. 327/01);
eccesso di potere per carente, errata e contraddittoria motivazione
;
la natura della variante di sostanziale reiterazione dei vincoli scaduti avrebbe dovuto quanto meno imporre l’accantonamento delle somme necessarie per corrispondere ai proprietari l’indennizzo previsto dalla legge;

7. violazione di legge (l.r. 25/88, art. 9 l. 1766/27 e r.d. 332/28);
violazione dei principi di logicità e ragionevolezza;
violazione di legge (art. 3 l. 241/90);
eccesso di potere per carenza di motivazione;
sviamento;
violazione dei principi costituzionali e comunitari a difesa della proprietà ( art. 42 Cost., art. 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo)
;
il comma 16 dell’art. 30 bis esclude dalle zone di perequazione urbanistica le aree di natura demaniale civica, che restano dunque gravate a tempo indeterminato, senza alcun indennizzo, dai vincoli decaduti, benché la normativa regionale imponga al Comune di giustificare le scelte urbanistiche incidenti sui suoli di uso civico;

8. violazione di legge (art. 7 l. 241/1990;
art. 4, comma 6, l. 439/1989);
violazione dei principi comunitari e dell’art. 118 Cost.)
;
la variante è stata approvata senza il coinvolgimento procedimentale delle A.S. ricorrenti.

Il Comune dell’Aquila, ritualmente intimato, non si è costituito.

Con memoria del 20.12.2022 i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda di risarcimento del danno da reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio.

All’udienza pubblica del 23 novembre 2022 il ricorso è passato in decisione.

Come dedotto dai ricorrenti le principali questioni dedotte nel ricorso (primo, secondo, terzo e sesto motivo) sono state ritenute fondate in sede consultiva del Consiglio di Stato (decisione n. 675/2021) con motivazioni di seguito riportate che il Collegio condivide:

“2. […] la variante adottata dal Comune dell’Aquila [...] presenta evidenti profili di atipicità e di discostamento significativo dai corretti parametri di legittimità che conformano e tipizzano il – pur ampiamente discrezionale – potere pianificatorio urbanistico […].

4. L’art 30-bis - Zona di cessione perequativa degli standard urbanistici - delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale prevede zone (di cui agli art. 27) per viabilità e parcheggi, zone a verde pubblico attrezzato (art. 29) e zone (art. 30) a servizi pubblici, i cui vincoli preordinati all'esproprio siano decaduti, e qualifica tali zone edificabili nei limiti di cui ai successivi commi. In tali zone l'edificabilità è subordinata alla cessione, volontaria e gratuita al Comune, delle aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla stipula dell'accordo sostitutivo di provvedimento ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990. L'indice di edificabilità riconosciuto alle proprietà interessate è riferito all'intera superficie territoriale della zona di cessione perequativa. La ripartizione funzionale della superficie territoriale (St) è così determinata: superficie fondiaria (Sf) pari al 35% della superficie territoriale (St);
superficie per le opere di urbanizzazione, da cedere al Comune da parte del proprietario proponente, pari al 65% della superficie territoriale (St). Le superfici di cessione comprendono le opere di urbanizzazione primaria da realizzarsi a cura del proprietario proponente, le opere di urbanizzazione secondaria dell'intervento privato, le dotazioni territoriali del PRG. In tali zone le costruzioni private devono rispettare i seguenti parametri urbanistici ed edilizi: indice di utilizzazione territoriale (Ut) = 800 (ottocento) mq/ha di Superficie Utile Lorda (SUL), esteso sull'intera area della superficie territoriale (St). Nelle costruzioni private sono ammesse le seguenti destinazioni d'uso: residenziale, esercizi commerciali di vicinato, studi professionali, artigianato di servizio, ristorazione;
turistico ricettive, ricettività alberghiera e alloggi turistici attività direzionali;
servizi privati, commerciale nel rispetto delle disposizioni sovraordinate e di settore. L'unità minima d'intervento non può essere inferiore a 1.500 mq e deve riguardare l'intera superficie di ciascuna delle zone, o più di una, di cui all'art. 27, limitatamente ai parcheggi, 29 e 30 così come individuate nelle tavole del PRG vigente. È possibile l'accorpamento consensuale di zone, le cui aree appartengano a diversi proprietari, al fine di raggiungere la misura minima di 1500 mq per l’intervento. Le zone inferiori a 1.500 mq per le quali i proprietari non intendono avvalersi delle disposizioni di cui al presente articolo, assumono la destinazione d'uso di "Zona di rispetto dell'abitato" ai sensi dell'art. 74 delle N.T.A. Le aree escluse dalle zone di cessione perequativa di cui al comma 17 assumono la destinazione di "Zona agricola di rispetto ambientale"- art. 63 NTA del vigente PRG.

5. La variante contestata nasce [.] dall’esigenza di recuperare un quadro unitario di razionale pianificazione delle aree interessate da vincoli espropriativi in relazione agli standard urbanistici nelle zone omogenee ad intervento diretto e nei tessuti urbani esistenti, decaduti a decorrere dalla data del 25 ottobre 1984 […]. L’Amministrazione comunale ha dunque rinunciato all’opzione di adottare una “variante di reiterazione dei vincoli, comportante ablazione della proprietà [….] ed ha optato per l’introduzione, negli ambiti territoriali in cui il vigente PRG prevede la trasformazione delle aree residenziali tramite interventi diretti, della possibilità di acquisire aree con destinazione pubblica (standard urbanistici) tramite la concessione ai proprietari di previsioni edificatorie.

6. Orbene, questa nuova disciplina urbanistica delle aree interessate dalla variante, così come in sintesi tratteggiata nei suoi contenuti caratterizzanti nei precedenti paragrafi, si espone alle fondate censure dedotte in ricorso, sia sotto il profilo della manifesta sproporzione delle condizioni e dei limiti imposti alla ridottissima edificabilità riconosciuta alle suddette aree, che è tale da inverare la contestazione di un effetto sostanzialmente ablatorio che intacca il nucleo minimo incomprimibile dello jus aedificandi insito nella proprietà privata, sia sotto il profilo della assoluta atipicità della misura, che si discosta notevolmente e irragionevolmente dai modelli tipici della pianificazione urbanistica, per come stabiliti dalle norme di principio fondamentale della materia declinata nella legislazione nazionale di riferimento (senza peraltro trovare validi riferimenti normativi neppure nella legislazione concorrente regionale).

7. Sono dunque fondati i motivi di ricorso [...] con i quali si è dedotta la violazione dell'art. 9 del d.P.R. n. 327 del 2001 e dell'art. 42 della Costituzione, poiché la minima capacità edificatoria riconosciuta sull’area della ricorrente, con un indice di utilizzazione territoriale uguale a 800 mq/ha di “Superficie Utile Lorda” (SUL), ossia 8 mq ogni 100 mq, da concentrare come superficie fondiaria nel 35% della superficie territoriale, lasciando il restante 65% per le opere di urbanizzazione da cedere al Comune da parte del proprietario proponente, supera, a giudizio del Collegio, il limite oltre il quale la misura urbanistica trasmoda in un’espropriazione sostanziale, senza indennizzo, poiché riduce le facoltà edificatorie oltre il nucleo minimo che trova tutela nell’art. 42 della Costituzione, secondo i principi e le norme declinati nel testo unico sulle espropriazioni di cui al d.P.R. n. 327 del 2001. Questa conclusione è rafforzata dalla considerazione che la surrichiamata, minima capacità edificatoria risulta ulteriormente condizionata dall’imposizione dell’unità minima d'intervento non inferiore a 1.500 mq, con la conseguenza (quasi sanzionatoria) per cui le zone inferiori a 1.500 mq per le quali i proprietari non riescano ad associarsi (o, comunque, ad accordarsi per cumulare le rispettive proprietà), e dunque non possano avvalersi delle suddette disposizioni, assumono la destinazione d'uso di "Zona di rispetto dell'abitato" ai sensi dell'art. 74 delle presenti N.T.A. o di "Zona agricola di rispetto ambientale".

8. Ebbene […] si profila fondata anche la censura di sostanziale sviamento della funzione, poiché, in definitiva, emerge come il Comune intimato, scaduti i vincoli espropriativi ab origine imposti sulle predette aree, abbia inteso, mediante l’atipico strumento della variante “perequativa” qui in discussione, conseguire l’obiettivo di acquisire le aree destinate a servizi pubblici evitando i costi degli indennizzi espropriativi, in tal modo, come criticamente rimarcato dalla ricorrente, eludendo l'obbligo di espropriare a titolo oneroso le aree necessarie alla realizzazione degli impianti pubblici (parcheggi, verde pubblico, scuole, chiese, caserme, etc.), che verrebbero in questo modo acquisite gratuitamente al patrimonio comunale sotto forma di cessioni “volontarie” […] risulta evidente che l’Amministrazione ha concepito la variante di salvaguardia per la cessione perequativa degli standard urbanistici qui in discussione come strumento alternativo per conseguire il medesimo risultato, in termini di acquisizione di aree a servizio pubblico, ma senza ricorrere allo strumento espropriativo ed evitando i conseguenti indennizzi [...].

11. La “Variante di salvaguardia per la cessione perequativa degli standard urbanistici” in esame, inoltre, a dispetto della sua formale denominazione […] , mal si inquadra nell’ambito della stessa urbanistica di perequazione o di compensazione, per difetto del requisito della consensualità, poiché non riconosce ai proprietari una reale facoltà di scelta, ma, al contrario, li pone in una condizione praticamente vincolata alla cessione del 65% della proprietà, pena la conseguenza di una sorta di inedificabilità assoluta, con la classificazione delle aree come "Zona di rispetto dell'abitato" o "Zona agricola di rispetto ambientale". Inoltre [...] la delibera impugnata, lungi dal conseguire effetti perequativi, finisce per concentrare in capo a un ristretto gruppo di cittadini (i proprietari delle zone bianche) un onere (quello di finanziare l'acquisizione delle aree necessarie per le attrezzature pubbliche) che dovrebbe ricadere su tutti i membri della comunità, riguardando opere destinate ad un uso collettivo [...]. La variante qui in discussione manca tali finalità [distribuire equamente i diritti edificatori tra tutte le proprietà ricomprese all'interno dei medesimi ambiti, onde eliminare le diseguaglianze prodotte dalla pianificazione tradizionale tra proprietari di aree aventi caratteristiche simili] ed è carente di tali pur essenziali caratteri, poiché, come si è visto, per un verso si traduce in realtà in una disciplina che non offre reali spazi di manovra e di libera scelta a chi, come la parte ricorrente, ritrovandosi proprietaria di un ridotto appezzamento fondiario, non ha reali possibilità edificatorie, né alternative effettive alla cessione delle aree al Comune;
per altro verso, lungi dall’assicurare le pur dichiarate finalità perequative, finisce per concentrare in maniera sproporzionata il “peso” del recupero delle aree destinate a servizi sulle proprietà – come quella di parte ricorrente - già “colpite” dalle pregresse previsioni di vincolo sostanzialmente espropriative, poi decadute per mancata attuazione
”.

Ciò premesso, occorre considerare che il Consiglio di Stato ha proposto l’annullamento (che il Presidente della Repubblica ha decretato) della deliberazione del Consiglio del Comune dell’Aquila n.138, del 17.12.2015 “ nei limiti dell’interesse della parte ricorrente ”.

Pur avendo ad oggetto un atto generale, detta decisione non ha, dunque, effetti erga omnes e il tribunale deve pertanto decidere il ricorso nel merito.

In adesione agli argomenti esposti nel richiamato parere devono essere accolti i motivi primo, secondo, terzo e sesto, assorbiti gli altri, tranne il settimo l’ottavo con i quali le ricorrenti Amministrazioni separate per i beni di usi civico lamentano, rispettivamente, l’esclusione (disposta dal comma 16 dell’art. 30 bis ) dei suoli demaniali dal regime stabilito dalla variante che resterebbero dunque soggetti a tempo indeterminato ai vincoli di inedificabilità - e censurano la violazione dei principi in materia di partecipazione al procedimento.

I motivi sono infondati.

Sul primo aspetto è dirimente il fatto che le aree in questione non sono più incise dai precedenti vincoli ablatori, perché da tempo scaduti, né risulta che ne sia stata disposta la reiterazione.

Dette areee, pertanto – estromesse dalla disciplina delle zone di cessione perequativa, sebbene vi siano comprese - sono equiparate alle zone prive di disciplina urbanistica per le quali l’art. 9 del d.P.R. n. 380/2001 prevede standard urbanistici generali suppletivi, fino a nuova conformazione che il Comune è tenuto ad adottare e gli interessati possono pretendere, anche promuovendo l’azione avverso l’eventuale inerzia nell’adozione degli atti a tal fine necessari.

Quanto al mancato coinvolgimento delle A.S. nel procedimento di pianificazione occorre richiamare il chiaro disposto dell’art. 13 l. 241/1990 che esclude l’applicazione delle norme generali in materia di partecipazione rinviando, per gli atti di pianificazione, “ alle particolari norme che ne regolano la formazione ” le quali consentono agli interessati di intervenire con osservazioni sugli atti prodromici all’approvazione del piano, soggetti a tal fine a un particolare regime di pubblicità.

Non risulta però dedotto che alle A.S. ricorrenti sia stato impedito di avvalersi degli strumenti partecipativi previsti dagli articoli 9 e 10 della l. r. Abruzzo n. 18/1983.

La novità, alla data della presentazione del ricorso, delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese processuali.

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