TAR Trento, sez. I, sentenza 2013-11-07, n. 201300360

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2013-11-07, n. 201300360
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 201300360
Data del deposito : 7 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00319/2012 REG.RIC.

N. 00360/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00319/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 319 del 2012, proposto da:
G P e M M, rappresentati e difesi dall'avv. M M ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Trento, via Grazioli, n. 27

contro

- Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti N P, M M e M C ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura della Provincia in Trento, Piazza Dante, n. 15;
- Comune di Pellizzano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. R d P e con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, via SS. Trinità, n. 14

nei confronti di

Francesco Lancioni, Maria Antonietta Bonfiglioli, Marco Vanini, Luca Vanini e Massimo Fini, rappresentati e difesi dall’avv. Federico Gualandi ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Patrizia Corona, in Trento, via Grazioli, n. 62

per l'annullamento

in parte qua,

- della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1901, di data 7 settembre 2012, con cui è stata annullata parzialmente la concessione edilizia n. 185 dell’8 maggio 2009, rilasciata dal Comune di Pellizzano per gli interventi sulla p.ed. 62 in C.C. Termenago;

- dell’accordo procedimentale integrativo del provvedimento di annullamento parziale della concessione edilizia;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Trento;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pellizzano;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dei controinteressati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il cons. Alma Chiettini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con concessione edilizia n. 185, rilasciata in data 8.5.2009, il Comune di Pellizzano ha autorizzato i sig.ri Francesco Lancioni, Maria Antonietta Bonfiglioli, Marco Vanini, Luca Vanini e Massimo Fini ad eseguire sull’immobile di loro proprietà, situato nel centro storico della frazione Termenago, i lavori di “ risanamento conservativo e ristrutturazione rustico p.ed. 62, porzioni materiali 1, 2, 3, 6 e 7, con parziale cambio di destinazione in appartamenti ordinari ”.

Lo stabile, assoggettato dalla scheda n. 80 del piano regolatore a “ risanamento conservativo ”, consisteva in un “ maso ”, ossia in vecchio edificio rustico, in pessimo stato di conservazione, con parte dei muri in sasso e, per altra parte, in tamponamenti lignei, e con tetto a due falde con manto di copertura in scandole e lamiera zincata. Era principalmente adibito a stalla, con una porzione al primo piano accatastata come abitazione.

La relazione accompagnatoria dava conto che si sarebbero ricavati un deposito nel seminterrato, i garage al piano terra e tre appartamenti tra il primo e il secondo piano, e che l’edificio sarebbe stato sopraelevato di 50 cm.

2. Nel corso dei lavori, a seguito di ripetute segnalazioni da parte degli odierni ricorrenti, proprietari di unità immobiliari situate a breve distanza dalla p.ed. 62, segnalazioni inviate dapprima all’Amministrazione comunale (ancora nell’autunno 2009) e, quindi, l’anno successivo, al Servizio provinciale competente in materia di urbanistica, con le quali prospettavano un eccessivo sviluppo dell’altezza dell’immobile rispetto allo stato precedente, l’Amministrazione provinciale ha eseguito dapprima alcune verifiche amministrative (contattando il Comune e i proprietari del maso) e, quindi, ha affidato ad un tecnico (per.ind. T) l’accertamento della consistenza dell’edificio utilizzando il sistema LIDAR.

La relazione conclusiva di tale verifica ha elencato sia le difformità riscontrate tra il progetto autorizzato e la disciplina edilizia-urbanistica (artt. 12 e 39 n.t.a. del p.r.g.), sia le differenze tra quanto autorizzato e quanto edificato, riscontrando, in conclusione, che nella documentazione tecnica allegata alla concessione l’edificio era stato rappresentato più alto di circa 0,925 cm. e che la sopraelevazione effettuata era pari a 1,095 m.

3. A fronte delle contestazioni dei proprietari, che sul punto hanno prodotto un’apposita perizia, l’Amministrazione provinciale ha effettuato ulteriori approfondimenti tecnici, affidandoli al dott. Zambotto, il quale ha concluso affermando che la p.ed. 62 è stata sopraelevata da un minimo di 134 cm. ad un massimo di 189 cm. Ne consegue che lo scostamento tra lo stato precedente l’intervento e lo stato attuale, al netto della sopraelevazione autorizzata pari a 50 cm., varia da 84 cm. a 139 cm.

4. Acquisite le controdeduzioni e le perizie di parte, la Giunta provinciale, con la deliberazione n. 1901 del 7 settembre 2012, ha annullato parzialmente la concessione edilizia 185/2009 specificando che l’annullamento riguarda due previsioni: la sopraelevazione per la parte eccedente i 50 cm. ammessi dal p.r.g. e il numero e le dimensioni dei fori di facciata rispetto allo stato preesistente.

Contestualmente, ha imposto l’obbligo del ripristino tipologico mediante la ricomposizione delle facciate e dei prospetti (tenendo conto dell’impianto originario dell’edificio) e l’abbassamento della copertura nella misura di 70 cm. Infine, con un accordo procedimentale, la Provincia e i proprietari hanno precisamente individuato gli interventi di ripristino tipologico che i privati si sono impegnati ad eseguire.

5. Con il presente ricorso i sig.ri P e M hanno impugnato, in parte qua, detta deliberazione di annullamento parziale deducendo i seguenti motivi di diritto:

I - violazione ed erronea applicazione dell’art. 139 della l.p. 4.3.2008, n. 1, travisamento dei fatti, motivazione carente e contraddittoria, illogicità e irragionevolezza manifeste, violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, del giusto procedimento e dell’art. 97 Cost.

I ricorrenti, che premettono di condividere la decisione dell’Amministrazione provinciale di disporre l’annullamento parziale del titolo concessorio, denunciano l’illegittimità della scelta di limitare il ripristino tipologico mediante l’abbassamento della copertura di soli 70 cm., tenuto conto che le risultanze delle ultime verifiche tecniche hanno accertato uno scostamento in altezza che varia da 84 a 139 cm. (al netto della sopraelevazione autorizzata);
in tal modo, a detta dei deducenti, consentendo la fruizione ad abitazione del piano sottotetto si vanificherebbe la portata dell’annullamento e si inciderebbe su scelte di utilizzazione urbanistico-edilizia che competono esclusivamente al Comune;

II - violazione ed erronea applicazione degli artt. 139 e 140 della l.p. 4.3.2008, n. 1, dell’art. 11 della l. 7.8.1990, n. 241;
dell’art. 28 della l.p. 30.11.1992, n. 23;
incompetenza, difetto del presupposto, carenza di motivazione e sviamento di potere;
violazione del principio di legalità e di tipicità degli atti amministrativi.

I deducenti lamentano che l’Amministrazione provinciale si sarebbe sostituita a quella comunale nell’individuazione e nell’applicazione del regime ripristinatorio e sanzionatorio, tenuto oltre modo conto che l’accordo procedimentale non è stato sottoscritto dal Comune, ossia dall’unica autorità competente al rilascio dei titoli abilitativi edilizi;

III - motivazione illogica, carente e contraddittoria, difetto di istruttoria e violazione dei principi sul giusto procedimento,

i ricorrenti lamentano che la loro proprietà risulta penalizzata dall’ingombro in altezza dell’edificio dei controinteressati sia per la riduzione della visuale sul Gruppo del Brenta che per la diminuzione della luce;
deducono pertanto che non sarebbe stato valutato il loro interesse, nonostante abbiano promosso il procedimento provinciale e vi abbiano partecipato attivamente fornendo utili elementi di valutazione.

6. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione provinciale intimata per chiedere, argomentatamente, la reiezione del ricorso in quanto infondato.

7. Anche l’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio, principalmente per affermare la legittimità del suo operato;
per ribadire di non aver autorizzato un intervento di pressoché totale demolizione e ricostruzione;
per precisare che se anche fosse stata espletata un’istruttoria preliminare al rilascio del titolo edilizio più rigorosa non sarebbero comunque emerse le difformità rispetto allo stato di fatto successivamente riscontrate, che infatti sono state evidenziate solo a seguito di indagini approfondite e dettagliate con apparecchiature specifiche (vedasi rilievo LINDAR).

8. I controinteressati si sono invece costituiti per evidenziare di aver eseguito gli interventi edilizi qui contestati diversi anni orsono;
di esserne stati necessitati perché lo stabile era a rischio di crollo;
di aver presentato la documentazione richiesta a corredo del titolo edilizio e di aver realizzate le opere in buona fede. Hanno quindi eccepito: da un lato, l’insussistenza dell’interesse al ricorso in capo ai ricorrenti che non avrebbero indicato e comprovato alcun pregiudizio concreto;
per altro verso, l’inammissibilità del ricorso (e l’intervenuta acquiescenza) perché gli attuali ricorrenti non hanno impugnato il presupposto titolo concessorio rilasciato nel 2009 e comunque in possesso dei ricorrenti, unitamente a tutti gli elaborati progettuali, fin dal maggio 2011. In ogni caso, difetterebbe in capo ai ricorrenti l’interesse ad impugnare un provvedimento assunto in sede di autotutela perché, altrimenti opinando, ciò si tradurrebbe in un’inammissibile rimessione in termini per contestare una situazione definita con un provvedimento inoppugnabile. Da ultimo anch’essi hanno chiesto la reiezione del ricorso nel merito.

9. In vista dell’udienza di merito le parti hanno depositato ulteriore documentazione e memorie riepilogative delle rispettive posizioni.

10. Alla pubblica udienza del 24 ottobre 2013 il Presidente ha indicato ai procuratori presenti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., la necessità di approfondire nella discussione la tematica connessa all’interesse e alla legittimazione dei ricorrenti. Sentiti gli avvocati come da verbale d’udienza, che hanno diffusamente illustrato le rispettive posizioni, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in fatto, i sig.ri P e M impugnano in parte qua la deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1901 del 2012 con cui:

- è stata annullata parzialmente - e segnatamente nelle previsioni riguardanti la sopraelevazione dell’edificio per la parte eccedente i 50 cm ammessi dal p.r.g. rispetto all’edificio preesistente, nonché il numero, le dimensioni e le finiture dei fori di facciata rispetto a quelli preesistenti - la concessione edilizia n. 185, dell’8 maggio 2009, rilasciata dal Comune di Pellizzano per il risanamento conservativo e la ristrutturazione della p.ed. 62 di proprietà dei controinteressati;

- è stato al contempo stabilito che l’obbligo al ripristino tipologico dell’edificio debba consistere nella rimodellazione delle facciate e dei prospetti finalizzata alla ricomposizione dei fronti e della partitura dei fori che tenga conto dell’impianto originario, nonché nell’abbassamento della copertura nella misura di 70 centimetri, misura che non compromette la possibilità di fruire del piano sottotetto a fini residenziali e consente di mantenere il manto di copertura in lamiera che assicura un migliore inserimento dell’edificio nel contesto di riferimento.

Ora, posto che è stato accertato - e su questo punto non vi è alcuna contestazione fra le parti - che l’edificio di causa risulta sopraelevato, rispetto allo stato precedente e al netto dei 50 centimetri autorizzati, in una misura che varia da 84 a 139 cm., i ricorrenti concentrano la loro impugnazione sulla parte del provvedimento provinciale che, ordinando l’abbassamento di 70 centimetri, permette il mantenimento della sopraelevazione in una misura che varia da 14 a 69 centimetri.

Essi, in concreto, denunciano l’illegittimità di tale scelta limitativa rispetto al completo ripristino tipologico perché, così disponendo, l’Amministrazione provinciale non solo si sarebbe sostituita a quella comunale ma non avrebbe nemmeno valutato né il loro affidamento a che la procedura di annullamento provinciale - da essi stessi attivata - si concluda con il solo annullamento parziale senza prescrizioni, né il loro interesse a che l’altezza dell’edificio sia identica a quella precedente per non essere penalizzati dalla diminuzione di visuale e di luce.

2. Occorre ora puntualizzare che i ricorrenti hanno avuto contezza dei lavori di risanamento / ristrutturazione che interessavano il maso situato nei pressi delle loro proprietà e, specificamente, anche dello “ sviluppo delle altezze del tutto anomalo ”, ancora nell’autunno 2009, tanto che il 29 ottobre e il 6 novembre di quell’anno il sig. P ha inviato due richieste di verifica all’Amministrazione comunale segnalando che l’edificio risultava più alto di circa 1,50 metri rispetto allo stato originario. L’11 novembre 2009 anche il sig. M ha segnalato al Sindaco che “ l’edificio in costruzione ” era “ più alto di circa 1,85 metri rispetto al maso preesistente ” (cfr., doc. n. 6 e n. 7 in atti dei ricorrenti).

L’anno successivo, ed esattamente in data 26 agosto 2010, il sig. P ha inoltrato al Comune l’istanza per ottenere copia della documentazione amministrativa relativa al titolo edilizio rilasciato per la p.ed. 62. Tale istanza è stata rinnovata e integrata l’anno ancora successivo, ossia il 19 aprile 2011.

Con nota del 23 maggio 2011 il Segretario comunale ha consegnato la documentazione richiesta al P, che ne ha rilasciato ricevuta in data 30 maggio 2011. L’interessato, rilevata la presenza di alcune incongruenze, ha chiesto la sostituzione di parte dei documenti, che l’Amministrazione interpellata ha provveduto ad effettuare il giorno 13 giugno 2011 (cfr., doc. n. 9, n. 10, n. 18 e n. 19 in atti dei ricorrenti).

3a. Dal quadro provvedimentale e documentale esposto emerge dunque, con assoluta certezza, che:

- ancora nell’autunno 2009 gli attuali ricorrenti erano pienamente a conoscenza dell'iniziativa edificatoria avviata dai loro vicini, la quale, già a quella data, mostrava in modo certo e univoco lo sviluppo in altezza diverso da quello preesistente;

- essi hanno successivamente commissionato una perizia al geom. S C per evidenziare le difformità edilizie realizzate e in corso di realizzazione sulla p.ed. 62;
la relazione del nominato tecnico, che ha quantificato il sopralzo in una misura variabile da 2,04 a 2,21 metri, è datata 21 luglio 2010 (cfr., doc. n. 22 in atti dei ricorrenti);

- in ogni caso, dal 13 giugno 2011, a seguito dell’esercitato accesso, essi erano anche formalmente nella piena conoscenza di tutti gli elaborati progettuali che avevano accompagnato il titolo edilizio.

3b. Ciononostante, essi non hanno mai impugnato la concessione edilizia che ha autorizzato i lavori qui contestati.

4. Essi hanno scelto di coltivare una diversa via.

Infatti, ancora in data 23 luglio 2010, lamentando la “ mancata assunzione di procedure ” da parte dell’Amministrazione locale, e allegando la “ dettagliata relazione di carattere tecnico, normativo e storico ” del geom. Contrini, essi hanno chiesto alla Provincia un “ intervento urgente ” ai sensi dell’art. 134 (annullamento di provvedimenti) della l.p. 5.9.1991, n. 22, ovvero dell’art. 139 della nuova l.p. 4.3.2008, n. 1 (cfr., doc. n. 4 in atti della Provincia).

Da qui l’avvio del procedimento provinciale che, dopo il contradditorio fra le parti e l’esperimento di due complessi accertamenti tecnici, ha condotto all’adozione della deliberazione della Giunta provinciale del 7 settembre 2012, qui impugnata perché non soddisfa pienamente l’aspettativa dei ricorrenti che deducono il loro interesse all’eliminazione dell’intera sopraelevazione.

5a. Occorre a questo punto rammentare che nella materia dell’edilizia il termine decadenziale di impugnazione decorre dall’esecuzione dei lavori e, comunque, dal momento in cui sono apprezzabili materialmente le dimensioni e le caratteristiche delle opere asseritamente lesive, e quindi, l'entità delle violazioni urbanistiche ed edilizie che si assumono commesse, con la sola eccezione del caso - che nella specie non ricorre - in cui il ricorrente contesti in radice la stessa possibilità di edificazione in quel luogo (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 4.9.2013, n. 4409;
sez. IV, 25.6.2013, n. 3456;
5.4.2013, n. 1904;
26.3.2013, n. 1699).

Quanto, poi, al punto di equilibrio fra la sufficienza della conoscenza di fatto dell'esecuzione di opere edili asseritamente abusive con il principio della piena conoscenza degli atti o dei provvedimenti per far decorrere il termine di impugnazione, esso è stato così individuato: il dies a quo del termine decadenziale di impugnazione coincide con il momento in cui, in relazione allo stato dei lavori, è oggettivamente apprezzabile lo scostamento di essi dal paradigma legale (cfr., da ultimo, C.d.S., sez. IV, 21.1.2013, n. 322).

5b. Su questa tematica è stato anche precisato che la tutela dell'amministrato che intende contestare l’iniziativa edificatoria del vicino non può spingersi ogni oltre limite temporale in base ad elementi puramente esteriori e formali, o ad atti lasciati alla sua libera iniziativa (quali “ richieste d'accesso, istanze, segnalazioni ”);
in tal modo, infatti, l'attività dell'Amministrazione e le iniziative dei controinteressati sarebbero esposte indefinitivamente, o per tempi dilatati, ad impugnazioni, anche quando l'interessato non si renda parte diligente nel far valere la propria pretesa entro i limiti temporali assicuratigli dalla legge (cfr., cfr., C.d.S., sez. IV, 12.6.2009, n. 3730;
sez. V, 11.9.2007, n. 4809;
sez. VI, 30.3.2004, n. 1692).

6a. Come si è già detto, gli attuali ricorrenti non hanno impugnato la concessione rilasciata ai vicini ma hanno privilegiato “ sollecitare ” l’avvio del potere di rimozione delle concessioni illegittime attribuito alla Giunta provinciale dall’articolo 139 della l.p. 4.3.2008, n. 1 (e, in precedenza dall’art. 134 della l.p. 5.9.1991, n. 22), il cui comma 1 recita: “ Le deliberazioni e i provvedimenti dei comuni … non conformi alle leggi urbanistiche, ai regolamenti e agli strumenti di pianificazione territoriale, o che li violano, possono essere annullati dalla Giunta provinciale, entro dieci anni dalla loro adozione ”.

Nelle regioni ordinarie il corrispondente potere, già disciplinato dall’articolo 27 della legge 17.8.1942, n. 1150, e dall’articolo 1 del D.P.R. 15.1.1972, n. 8, che ha trasferito alle regioni la relativa funzione statale, è ora previsto dall’articolo 39 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, che pure stabilisce in dieci anni il termine massimo per l’adozione del provvedimento di annullamento.

6b. Ebbene, tale via è stata all’evidenza utilizzata quale espediente per non impugnare direttamente la concessione edilizia, ovvero per aggirare la scadenza del perentorio termine di decadenza.

Tuttavia, tale innovativa strategia impugnatoria non può ricevere alcun avallo da questo Collegio.

Infatti, se l’inosservanza dell’onere di diligenza nell’acquisire e nel valutare tempestivamente tutti gli elementi di una nuova iniziativa edilizia (che si manifesta idonea a ledere gli interessi di una parte) per farne oggetto di una specifica impugnazione, potesse tramutarsi nell’alternativa possibilità di inviare una segnalazione alla Provincia al fine di attivare l’istruttoria per l’adozione - entro l’ampissimo termine decennale, avente quasi una natura prescrizionale - del provvedimento di annullamento, provvedimento che poi la stessa parte terza può impugnare con argomentazioni riferibili all’illegittimità della concessione edilizia, ne conseguirebbe che con tale tecnica processuale non solo si elude ostentatamente il termine decadenziale di impugnazione ma si introduce anche nell’ordinamento una novella azione impugnatoria.

6c. Come è stato autorevolmente affermato, in osservanza di ineludibili principi di effettività e di certezza delle situazioni giuridiche “ il terzo non è libero di attendere il completamento dell'opera per poi ottenerne la demolizione quale effetto dell'azione annullatoria ” (cfr., C.d.S., n. 322 del 2013, cit.).

Ciò deve valere non solo nel caso di diretta impugnazione della concessione edilizia ma anche nel caso di un’impugnazione surrettizia della stessa, quale è sostanzialmente quella in esame, ove i ricorrenti hanno scelto di non impugnare la concessione ma di attivare il procedimento di annullamento provinciale, vedendosi infine obbligati ad impugnare il provvedimento conclusivo perché non ha disposto la demolizione dell’altezza dell’edificio dei controinteressati come da essi preteso.

7. Il presente ricorso è pertanto inammissibile in quanto tardivo.

8a. A tale conclusione si accompagna un ulteriore profilo.

Si premette che l’eccezionale potere di annullamento dei titoli edilizi riservato alla Provincia rientra nei più ampi poteri conferiti alla stessa per la vigilanza e il controllo sulle Amministrazioni comunali (cfr., l’art. 54, primo comma, n. 5), dello Statuto speciale d’autonomia che affida alla Giunta provinciale “ la vigilanza e la tutela sulle amministrazione comunali ”).

Tale potere straordinario di annullamento - tenuto conto che la normativa urbanistico-edilizia locale è emanata dalla Provincia nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva - è volto principalmente al ripristino della legalità obiettiva e quindi a richiamare l’Amministrazione comunale, il cui operato viene vagliato dalla Provincia, a conformarsi rigorosamente alle prescrizioni edilizie ed urbanistiche vigenti e violate.

8b. È indiscutibile che nell’esercizio di tale potere la Provincia debba necessariamente applicare, quanto alla fase procedimentale, le disposizioni di cui alla l.p. 30.11.1992, n. 23.

8c. Tuttavia, se la segnalazione del privato dell’esistenza di un illegittimo titolo abilitativo è idonea ad attivare tale specifico potere provinciale, la stessa segnalazione non è però idonea ad attribuire al suo autore la qualifica di controinteressato, restando egli portatore di un interesse di mero fatto.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che l’autore di un esposto o di una segnalazione all’Amministrazione non assume necessariamente la veste di controinteressato nel giudizio contro l’annullamento del provvedimento amministrativo successivamente adottato da quell’Amministrazione quando il provvedimento è stato emesso - come nel caso in esame - per il raggiungimento di finalità di pubblico interesse, rispetto alle quali i soggetti privati che hanno meramente sollecitato l’intervento dell’Amministrazione rimangono formalmente estranei (cfr., C.d.S., sez. IV, 6.6.2011, n. 3380;
15.11.2004, n. 7417;
C.G.A. 13.9.2011, n. 552).

Per altro ma correlato verso, è stato anche affermato che l’apertura del procedimento amministrativo alle istanze partecipative e collaborative dei privati non ingenera automaticamente la loro legittimazione all’impugnazione del relativo esito, in quanto la partecipazione procedimentale e la legittimazione processuale sono situazioni caratterizzate da finalità non coincidenti (cfr., C.d.S., sez. VI, 12.4.2000, n. 2185;
sez. IV, 22.3.2001, n. 1683;
sez. IV, 29.8.2002, n. 4343;
sez. IV, 3.8.2011, n. 4644).

La prima, infatti, è posta a garanzia dell’esigenza che tutti i cittadini siano in grado di esporre le loro ragioni a tutela dei propri interessi, ma anche a titolo di collaborazione nell'interesse pubblico, prima che sia assunta la determinazione conclusiva da parte dell'Amministrazione;
la seconda presuppone invece la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata da quella del quisque de populo .

8d. Calando i riportati principi al caso in esame, si deve concludere rilevando che i ricorrenti, pur avendo partecipato al procedimento amministrativo posto in essere dalla Provincia, non sono titolari di alcuna posizione qualificata per contestare le modalità di esercizio del potere provinciale di annullamento, perché non è esercitato in sede di amministrazione attiva ma di vigilanza e quindi è volto a sindacare l’attività del Comune e finalizzato a ricondurre l'Amministrazione locale al rigoroso rispetto della normativa edilizia.

9. Il presente ricorso è pertanto inammissibile anche per difetto di legittimazione, poiché i ricorrenti in relazione alla fattispecie dedotta non sono dotati di una posizione giuridicamente tutelata e, quindi, della legittimazione ad agire.

10. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, debbono porsi a carico della parte soccombente.

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