TAR Milano, sez. I, sentenza 2013-05-29, n. 201301389

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2013-05-29, n. 201301389
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201301389
Data del deposito : 29 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03100/2012 REG.RIC.

N. 01389/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03100/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3100 del 2012, proposto da:
M.1 Wall Media LLC Italia, rappresentata e difesa dall'avv. G D C, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Corridoni, 8

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti M R S, R M e D S, domiciliato in Milano, Via Andreani, 10;

Ministero per i Beni e le Attività culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, Via Freguglia, 1

per l'annullamento

del provvedimento del 28.9.2012, con cui il direttore del settore pubblicità del Comune di Milano ha disposto il rigetto dell'istanza di autorizzazione all'installazione di mezzi pubblicitari presentata dalla società ricorrente in data 26.10.2011;
del parere negativo emesso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano in data 21.2.2012;
del parere negativo emesso in data 28.2.2012 dal responsabile del comando di zona della direzione centrale Polizia locale e sicurezza;
di ogni altro atto presupposto e/o connesso con il provvedimento sopra indicato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività culturali e del Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2013 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso ritualmente proposto la società M1 Wall Media LLC Italia ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 28.9.2012, con cui il direttore del settore pubblicità del Comune di Milano ha disposto il rigetto dell'istanza di autorizzazione all'installazione di un impianto pubblicitario (su una parete facente parte dell’immobile sito in Corso Monforte, n. 19, ma affacciata su Via Santa Cecilia, nelle immediate vicinanze dell’immobile vincolato sito in Corso Monforte n. 16), presentata in data 26.10.2011;
il parere negativo emesso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano in data 21.2.2012;
il parere negativo emesso in data 28.2.2012 dal responsabile del comando di zona della direzione centrale Polizia locale e sicurezza;
ogni altro atto presupposto e/o connesso con il provvedimento sopra indicato.

A fondamento dell’impugnazione ha dedotto i seguenti motivi:

1°) eccesso di potere sotto il profilo della falsità dei presupposti e travisamento dei fatti;
illogicità ed incompletezza della motivazione e del parere della Soprintendenza per i beni architettonici ed ambientali di Milano;

2°) eccesso di potere sotto il profilo della falsità dei presupposti;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23, comma 1 del codice della strada e dell’art. 9, comma 1, lett. i) del regolamento comunale sulla pubblicità;
carenza di istruttoria.

La domanda cautelare è stata radicata, oltre che sulla fondatezza in diritto del ricorso, sul pregiudizio integrato dalle “ spese sopportate sino ad oggi per l’acquisto dell’impianto pubblicitario, per la redazione del progetto ” (cfr. pag. 11).

Si sono costituiti in giudizio, con memorie formali, il Ministero per i beni e le attività culturali (24.12.2012) e il Comune di Milano (11.1.2013), quest’ultimo depositando, in pari data, ulteriore memoria nella quale ha opposto che l’impianto programmato, consistente in un “ un maxischermo di notevoli dimensioni (mt. 2,56 x 4,80) che proietta immagini luminose intercambiabili (…) verrebbe a coprire quasi interamente la parte cieca della parete destra dello stabile di C.so Monforte 19, via centrale della città ” (cfr. pag. 7);
che l’impugnato provvedimento costituirebbe una misura di tutela indiretta (art. 45 del D.lgs. 42/2004) del citato edificio “ neoclassico del XVIII ”, tale disciplina trovando, peraltro, esplicito riscontro nella previsione di cui all’art. 8 del vigente regolamento comunale, in cui si prescrive il divieto di installazione “ sugli edifici e nei luoghi di interesse storico artistico o in prossimità di essi, ossia posti entro un’area situata ad una distanza inferiore a 50 metri dal perimetro del bene vincolato, ove non siano previste specifiche zone di rispetto nei provvedimenti statuenti il vincolo e per gli edifici che non occultino la visione del bene sottoposto a vincolo ad altezza d’uomo, ferma restando ogni ulteriore norma più restrittiva da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano e salvo nulla osta della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano ” (cfr. pag. 8);
che, inoltre, sussisterebbe una preclusione all’installazione derivante dall’alto scorrimento che caratterizza la strada in questione, essendo qualificata “ l’intersezione semaforica ubicata in Corso Monforte (…) ad alta intensità di traffico ” (cfr. pag. 11).

Con ordinanza collegiale n. 286 del 31.1.2013 la Sezione, avendo rilevato “ che le esigenze cautelari rappresentate dalla società ricorrente risultano adeguatamente tutelabili tramite una sollecita definizione del giudizio nel merito, al fine di verificare, nel contraddittorio pieno tra le parti, la sussistenza o meno dei presupposti (pregiudizio per il vincolo monumentale, eccessive dimensioni dell’installazione proposta, alterazione del decoro architettonico, impatto viabilistico), oggetto dei pareri negativi espressi in sede istruttoria ”, ha disposto l’effettuazione “ tramite personale dell’Ufficio tecnico compente, diverso da quello già utilizzato ”, di un “ sopralluogo congiunto con il ricorrente od un suo incaricato dei luoghi interessati dalla programmata installazione, onde verificare, nel contraddittorio tra le parti: a) se dall’immobile vincolato, sito in Corso Monforte, n. 16, sia possibile, o meno, scorgere – ai fini dell’accertamento sulla contestata interferenza visiva – la facciata dell’immobile sito in Via Santa Cecilia ove, invece, è stata programmata l’installazione in questione, anche in rapporto alle dimensioni proposte dalla società ricorrente (circa 12 mq.), ferma, inoltre, restando la facoltà della ricorrente di proporre una riduzione delle stesse;
b) la compatibilità tra la posizione che avrebbe l’impianto pubblicitario da installare e le sorgenti luminose derivanti dalle lanterne semaforiche ivi esistenti
”, infine ordinando all’Amministrazione comunale di “ redigere una dettagliata relazione in cui venga dato atto delle operazioni effettuate congiuntamente con la parte privata, delle osservazioni del ricorrente e della valutazione finale operata ”.

Il Comune di Milano ha ritualmente depositato la relazione in data 5.4.2013.

In vista dell’udienza di discussione nel merito, fissata con la citata ordinanza n. 268/13 per l’8.5.2013, le parti hanno depositato le rispettive memorie.

In particolare:

- nella memoria depositata in data 27.3.2013 il Ministero per i beni e le attività culturali ha opposto che “ la porzione di facciata in angolo su Via Santa Cecilia, sulla quale è prevista l’installazione, appare molto bene percepibile dal Corso in direzione San Babila e rientra nel cono visivo prospettico di chi percorrendola guardi la facciata dell’immobile tutelato, e ne costituisce naturale cornice e contesto urbano, come verificabile dalla ripresa fotografica depositata dal Comune di Milano ” (cfr. pag. 3), inoltre osservando che “ l’impianto, sebbene “sottilissimo”, come strenuamente ribadito dalla ricorrente, è costituito da una tipologia che per le proprie caratteristiche di luminosità e movimento delle immagini risulterebbe particolarmente invasivo e di disturbo percettivo ” (cfr. pag. 4);

- nella memoria del 5.4.2013 il Comune di Milano ha reso noto che “ all’esito del sopralluogo la Polizia locale rendeva in data 8.3.2013 il parere negativo, che fa parte integrante della relazione del settore pubblicità depositata in giudizio ” (cfr. pag. 4), per il resto riportandosi alle precedenti conclusioni;

- nella memoria del 6.4.2013 la società ricorrente si è riportata, sul piano tecnico, alle risultanze della relazione di un consulente di parte, depositata in atti, dalla quale emergerebbe prova che “ dall’immobile storico non si vede, né si scorge l’impianto pubblicitario richiesto in quanto posto sulla facciata perpendicolare a Corso Monforte, precisamente in Via Santa Cecilia ”, inoltre contestando “ l’erronea valutazione dello stato dei luoghi in cui è incorsa la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano nel parere negativo ” pure oggetto di impugnazione (cfr. pag. 3);
ad avviso della deducente, quindi, “ Via Santa Cecilia non si colloca in una zona che non ammette contaminazione alcuna della visuale naturale dei luoghi in quanto si trovi in pieno “centro storico”, caratterizzato da una serie di monumenti pregiati o in una zona sottoposta a vincolo “paesaggistico”, ma è situata in un contesto urbano “normale” ove insiste un singolo edificio storicamente tutelato in quanto antico (…) dal quale non si scorge il pannello pubblicitario ” (cfr pag. 4);
ha, infine, censurato “ il confermato parere negativo concernente l’impatto viabilistico, ovvero la possibile distrazione degli utenti della strada derivante dall’installazione del cartellone pubblicitario ” (cfr. pag. 5), deducendone l’inattendibilità sulla scorta delle risultanze della prodotta consulenza di parte.

All’udienza dell’8 maggio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Con il primo motivo la società ricorrente ha censurato il parere negativo emesso in data 21.2.2012 dalla Soprintendenza per i beni architettonici e ambientali di Milano, deducendo che non vi sarebbe incompatibilità tra la programmata installazione e il contesto architettonico di riferimento, in quanto “ l’impianto pubblicitario è, in realtà, ubicato nella parete rientrante dell’edificio di Corso Monforte n. 19, ovvero in Via Santa Cecilia, che è strada senza uscita, una mini stradina senza sbocco, una strada senza numeri civici ”, da ciò derivando che “ dal civico 16 non si scorge affatto il pannello pubblicitario ”, il che “ significa che la cornice e la visuale prospettica dell’edificio sottoposto a vincolo non risultano affatto compromesse ” (cfr. pag. 5).

Ha, poi, soggiunto che non sarebbe attendibile la valutazione espressa dall’organo ministeriale circa “ l’inserimento non armonico dell’impianto nella facciata dell’immobile”, inoltre contestando l’assunto secondo cui “l’installazione risulta fuori scala e dimensioni e contrastante con la semplice ed ordinata scansione degli elementi architettonici ”, dal momento che “ il cartellone pubblicitario verrebbe posto ad un’altezza dal suolo (quota marciapiede 0,00) di mt. 4,59, ponendosi al di sopra dell’impianto a bandiera (cassonetto illuminato con pubblicità Alias), e risulta allineato con la marcatura del piano, sia inferiore che superiore ” (cfr. pag. 6).

Sia il Comune di Milano che il Ministero resistente, sul punto, hanno opposto la legittimità dell’impugnato diniego sulla scorta della disciplina di cui al cosiddetto “ vincolo indiretto ”, trasfusa, sia pure con ulteriori elementi di dettaglio, nel vigente regolamento comunale sulla pubblicità (art. 8).

La censura non coglie nel segno.

L’art. 45 del D.lgs. 42/2004 – in linea di assoluta continuità, anche testuale, con le previgenti disposizioni del testo unico in materia di beni culturali (art. 49 del D.lgs. 490/99), e, ancor prima, della legge “ sulla tutela delle cose d’interesse artistico e storico ” (art. 21 della legge 1089/1939) e nell’art. 14 della legge 364/1909 – prevede che “ il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici ”.

Si tratta di una disposizione di meditata elaborazione legislativa, la cui génesi è da ricondurre ai lavori del congresso internazionale degli architetti e tecnici dei monumenti, tenutosi a Venezia nel 1964, in esito al quale fu emanata la c.d. “ Carta internazionale del restauro ”, nella quale è stato valorizzato un concetto di tutela del patrimonio culturale esteso al contesto urbano e territoriale, espresso nell’art. 6, ove fu previsto che “ la conservazione di un monumento implica quella delle sue condizioni ambientali. Quando sussiste un ambiente tradizionale, questo sarà conservato, verrà inoltre messa al bando qualsiasi nuova costruzione o utilizzazione che possa alterare i rapporti di volumi e colori ”.

Il fondamento di tale disciplina è rimasto inalterato nella citata disposizione del codice dei beni culturali, che attribuisce alla Soprintendenza il potere di prescrivere misure di tutela della cornice architettonica, di far inserire nei piani regolatori appositi perimetri di tutela monumentale, di fissare direttamente tali perimetri in assenza di piano regolatore e di dettare precetti equipollenti alle prescrizioni dello strumento urbanistico.

In attuazione delle citate norme di rango primario il Comune di Milano ha, quindi, approvato un regolamento che, all’art. 8, prescrive il divieto di installazione “ sugli edifici e nei luoghi di interesse storico artistico o in prossimità di essi, ossia posti entro un’area situata ad una distanza inferiore a 50 metri dal perimetro del bene vincolato ”, ovvero “ in posizioni che interferiscano con la panoramicità dei luoghi soggetti a vincolo, in quanto ne diminuiscono il godimento e le visuali prospettiche ”.

In tale previsione trova, appunto, espressione la tutela indiretta, che, rientrando nella categoria generale dei limiti amministrativi al diritto di proprietà, aventi causa nella prossimità e nella funzione strumentale e servente per il perseguimento di una piena tutela del bene vincolato, giustifica, nel caso di specie, la disposta compressione – per vero di limitata entità, in quanto riferita soltanto alla collocazione di cartelli – delle facoltà di uso e godimento dell’immobile sito in Corso Monforte n. 19, stabile comprendente la parete che si affaccia su Via Santa Cecilia, dove è stata programmata la controversa installazione.

Non può, di conseguenza, ritenersi dirimente ai fini della dedotta illegittimità del provvedimento, ancorché rispondente alle verifiche effettuate in occasione del disposto sopralluogo, la circostanza che, in effetti, “ dal civico 16 non si scorge affatto il pannello pubblicitario ”, da ciò concludendo, la società ricorrente, “ che la cornice e la visuale prospettica dell’edificio sottoposto a vincolo non risultano affatto compromesse ” (cfr. pag. 5).

Va, infatti, considerato che “ per tutela della prospettiva non si intende solamente l’esigenza di assicurare una libera visibilità del bene immobile, ma anche quella di salvaguardare l’aspetto esteriore del bene così come inserito nell’ambiente, insieme con altre eventuali opere che, pur potendo non presentare in sé particolari pregi artistici, vengono indirettamente a valorizzarsi con il bene principale e, a loro volta, a meglio valorizzare quest’ultimo ” (cfr. TAR Emilia Romagna, 16 giugno 1993, n. 153).

Nel caso di specie, è vero che sia all’incrocio tra Corso Monforte e Via Visconti, sia ove si transiti su Via Visconti con l’intento di svoltare su Corso Monforte, non è possibile scorgere il cartello eventualmente installato;
ma è, di contro, evidente che ove si percorra Corso Monforte e si arrivi in prossimità dell’incrocio (privo di impianto semaforico) con Via Ronchetti (sulla sinistra) e Via Santa Cecilia (sulla destra), l’impianto risulta interferente con il cono ottico dell’immobile vincolato, in ciò giustificandosi la disarmonìa architettonica rilevata dalla Soprintendenza.

È, pertanto, comprovata la contrarietà della programmata installazione non soltanto all’ambito di rispetto delineato dalla distanza di 50 metri dal perimetro del bene tutelato (art. 8, comma 1, lett. p), del citato regolamento), ma anche alla disposizione di cui al comma 1, lett. b), della medesima norma, che inibisce la presenza di impianti pubblicitari “ in posizioni che interferiscano con la panoramicità dei luoghi soggetti a vincolo, in quanto ne diminuiscono il godimento e le visuali prospettiche ”.

Né, infine, può rilevarsi la disparità di trattamento che la società ricorrente ha dedotto con riguardo al fatto che “ all’interno dell’edificio – monumento (…) alloca una pizzeria-grill (…) che si affaccia su Corso Monforte ed occupa le prime quattro finestre con relativa pubblicità del ristorante ” (cfr. pag. 6), trattandosi, con tutta evidenza, di semplici tende da sole a caduta verticale interamente di colore scuro, eccezion fatta per il logo dell’esercizio commerciale in questione.

Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui si è censurato il parere emesso in data 28.2.2012 dal Comando di Polizia locale, nel quale si è rilevato che “ dal punto di vista strettamente viabilistico si esprime parere negativo, in quanto nelle immediate adiacenze a metri 27,00 vi è un impianto semaforico. Inoltre, trattandosi di una intersezione ad alta intensità di traffico, l’impianto di trasmissione e/o riproduzione di immagini potrebbe generare confusione, distrazione o qualsiasi altro tipo di interferenza che in qualche modo possa incidere sulla sicurezza della circolazione stradale ”.

Sul punto, la società ricorrente ha dedotto che l’art. 8, comma 1, lett. i) del regolamento comunale vieta l’installazione di impianti pubblicitari “ in corrispondenza degli incroci, lungo le curve e in tutte le posizioni vietate dal Codice della Strada ”, ma che, nondimeno, tale divieto sarebbe stato derogato dal successivo art. 9, comma 1, in cui si prevede che “ fermi restando i divieti stabiliti dal Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della Strada e succ. mod., il Comune dispone le seguenti deroghe relative alle distanze ”, e che, nel caso di specie, le distanze minime “ sia da intersezione semaforizzata, ovvero prima e dopo l’intersezione, sia da intersezione non semaforizzata, ovvero prima e dopo l’intersezione, sono corrispondenti a 0 ” (cfr. pag. 9).

Tale assunto è infondato.

L’art. 49, comma 2 del D.lgs. 42/2004 prevede, infatti, che “ lungo le strade site nell’ambito o in prossimità dei beni indicati al comma 1, è vietato collocare cartelli o altri mezzi di pubblicità, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole della soprintendenza sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo di pubblicità con l’aspetto, il decoro e la pubblica fruizione dei beni tutelati ”.

Pertanto, anche in difetto di prescrizioni sul rispetto di distanze minime dall’impianto semaforico per i cartelli pubblicitari, resta comunque ostativo il negativo parere emesso dalla Soprintendenza, nonché quello espresso dalla Polizia locale relativamente ai profili di “ sicurezza della circolazione stradale ”, apprezzamento che appare in linea con l’interpretazione dell’art 23 del codice della strada, che “ indica chiaramente l'intento perseguito dal legislatore, che è quello di prevenire la collocazione sugli spazi destinati alla circolazione veicolare, così come sugli spazi a questi adiacenti, di fonti di captazione o disturbo dell'attenzione dei conducenti e di consequenziale sviamento della stessa dall'unica ed essenziale funzione al momento commessale, che è quella della guida del veicolo ” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 29 novembre 2012, n. 6044, che espressamente richiama Corte di Cassazione, sez. II civ., 24 febbraio 2009, n. 4683).

Tale cautela trova, infatti, conferma nel rapporto di servizio del settore pianificazione e programmazione dell’8.3.2013, allegato alla relazione depositata dal Comune di Milano, dal quale è emerso che l’eventuale installazione dell’impianto pubblicitario in questione determinerebbe, in corrispondenza dell’incrocio tra Corso Monforte, Via Ronchetti e Via Santa Cecilia, una situazione generatrice di distrazione per i veicoli in transito, tanto più in ragione dell’assenza di un semaforo che regoli il traffico.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Quanto alle spese processuali, il Collegio è dell’avviso che, in disparte dai delibati profili giuridici, la società ricorrente si sia determinata a proporre l’odierna impugnazione in esito all’esame del complessivo contesto urbano nel quale si trova l’immobile vincolato di Corso Monforte, n. 16, che risulta adibito ad uso abitazione, ma anche ad uffici ed esercizi commerciali, oltre al fatto che sul solaio dello stabile di cui al civico 17, frontistante l’ingresso dell’immobile vincolato, risulta posizionata un’antenna per comunicazioni telefoniche, ancorché impiantata a notevole altezza dal suolo.

La situazione rappresentata poteva, quindi, astrattamente indurre a ritenere ammissibile la proposta installazione.

Per tali ragioni, facendo proprio l’orientamento espresso sul punto dalla Corte di Cassazione, secondo cui “ non è sufficiente che il giudicante fornisca una qualsiasi motivazione, ma è necessario che esponga argomentazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la statuizione di compensazione adottata in concreto, potendo solo in tal caso ritenersi che la disposizione di legge sia stata osservata ” (cfr. 20 ottobre 2010, n. 21521), si dispone, ai sensi dell’art. 92, comma 2 c.p.c., la compensazione delle spese di giudizio.

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