TAR Bologna, sez. II, sentenza 2022-06-09, n. 202200506

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. II, sentenza 2022-06-09, n. 202200506
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202200506
Data del deposito : 9 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/06/2022

N. 00506/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00587/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 587 del 2017, proposto da
C G, G G, P A, G R, D P P e A P, tutti rappresentati e difesi dall’avv. B B, con domicilio digitale presso l’indirizzo PEC avvbarbarabuffoni@ordineavvocatibopec.it;

contro

Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti A T e C S, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, in Bologna, piazza Maggiore n. 6;

per l’annullamento

dell’ordinanza di pagamento di sanzione pecuniaria emessa ex art. 34 DPR 380/2001 - P.G.n.85507/2017 e ai medesimi notificata in data 10 marzo 2017, nonché di ogni altro provvedimento presupposto, consequenziale od altrimenti connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2022 la dott.ssa A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

A seguito di trasposizione di ricorso straordinario in sede giurisdizionale i signori Guido C, Gabriella G, A P, R G, P d P e P A agiscono avanti a questo Tribunale Amministrativo Regionale per ottenere l’annullamento dell’ordinanza di pagamento di sanzione pecuniaria emessa nei loro confronti dal Comune di Bologna, ai sensi dell’articolo 34 D.P.R. n. 380/2001.

I ricorrenti sono proprietari delle singole unità abitative costituenti il condominio di via Tosi Bellucci n. 5 a Bologna. L’abuso per il quale essi sono stati sanzionati riguarda le parti comuni, e, precisamente, l’incremento volumetrico pari a 15 mc. del piano sottotetto, in difformità della licenza edilizia del 1958.

I ricorrenti sostengono che il provvedimento sia illegittimo perché le difformità contestate erano già state sanate dai condomini con la SCIA in sanatoria PG n. 328389/2013 integrata con atto PG 277391/2014 e male avrebbe fatto il Comune a non tenerne conto.

Si dolgono altresì i ricorrenti che le istanze di riesame presentate dal signor C non abbiano ottenuto positivo riscontro dall’Amministrazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Bologna con atto di mera forma seguito da memorie difensive, opponendosi al ricorso avversario e concludendo per la sua reiezione.

I ricorrenti in memoria ex articolo 73 Cod. proc. amm. si sono lamentati della condotta processuale dell’Amministrazione resistente, che – in tesi – avrebbe leso il loro diritto di difesa, ragione per la quale chiedono che degli argomenti prospettati da controparte non si tenga conto o, in alternativa, che venga rinviata ad altra udienza la trattazione della causa.

Alla pubblica udienza del 18 maggio 2022 la causa è stata introitata.

Preliminarmente, va respinta la richiesta di rinvio dell’udienza avanzata dai ricorrenti.

Il termine fissato dall’articolo 46 Cod. proc. amm. per la costituzione in giudizio ha pacificamente natura ordinatoria (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I bis, sentenza n. 1581/2020;
C.019), Sez. III, sentenza n. 6998/2019), con la conseguenza che l’Amministrazione, costituita con atto di mero stile, può legittimamente riservarsi di svolgere le proprie difese negli scritti conclusivi previsti dall’articolo 73 Cod. proc. amm., com’è appunto avvenuto nel caso di specie.

Peraltro, documenti e memorie sono stati depositati dal Comune di Bologna nel rispetto dei termini fissati dal precitato articolo 73 Cod. proc. amm., sicché non vi è ragione per cui di essi il Collegio non tenga conto nel delibare la causa.

Sempre preliminarmente va precisato che il Collegio si pronuncerà esclusivamente sulle doglianze dedotte in ricorso e non anche sugli ulteriori profili di illegittimità dell’atto impugnato, introdotti irritualmente e tardivamente nella memoria conclusiva depositata da parte ricorrente in data 8 maggio 2022.

Ciò premesso, il ricorso è infondato.

Dalla documentazione in atti risulta che la sanatoria del 2013 è stata presentata dai consorti C e G per sanare abusi riguardanti l’unità immobiliare in loro proprietà esclusiva. Di certo non è possibile estendere la domanda di sanatoria a ulteriori abusi realizzati non sulla parte di proprietà esclusiva, bensì su quella di proprietà comune ai condomini.

A questo deve aggiungersi che – sempre come documentato in atti – l’integrazione di sanatoria del 2014 è stata depositata quando oramai erano decorsi i termini per l’esercizio da parte del Comune dei poteri inibitori sulla SCIA in sanatoria del 2013, con la conseguenza che si erano già prodotti gli effetti di legge connessi alla presentazione di siffatto tipo di atto da parte del privato. L’ambito della SCIA era oramai definito e non poteva essere allargato, con una riapertura del procedimento.

In ogni caso, la SCIA “integrativa”, peraltro non presentata da tutti i condomini, era incompleta, mancando della relazione di un tecnico abilitato e di un estratto planivolumetrico della porzione di immobile interessato dall’abuso. Quindi, anche a tutto voler concedere, la SCIA del 2014 non poteva essere considerata atto autonomo e sanare l’abuso ivi denunciato.

In conclusione, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’incremento volumetrico del sottotetto condominiale, in difformità al titolo edilizio, non era mai stato sanato, con la conseguenza che l’applicazione della sanzione da parte dell’Amministrazione comunale era atto doveroso, indipendentemente dal lasso di tempo decorso dalla commissione dell’abuso (cfr. ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 372/2022).

Per tanto il ricorso viene respinto e, come da regola generale, le spese di lite sono poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo.

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