TAR Roma, sez. 4T, sentenza 2024-10-14, n. 202417608
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Testo completo
Pubblicato il 14/10/2024
N. 17608/2024 REG.PROV.COLL.
N. 04437/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4437 del 2024, proposto da S.U.M. - Sindacato Unico dei Militari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Catania, via Domenico Cimarosa n. 10;
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti
il Ministero della Difesa e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legai rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
SI.U.L.M - Sindacato Unitario Lavoratori Militari, non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione e ammissione con riserva alle procedure di contrattazione,
- del Decreto Ministeriale del 29.03.2024 con il quale il Ministro per la Pubblica Amministrazione ha proceduto all’individuazione delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari rappresentative del personale delle Forze Armate per il triennio 2022-2024 e ha decretato la “Cessazione delle funzioni della rappresentanza militare e dei relativi organi ai sensi dell'articolo 19 della legge 28 aprile 2022, n. 46 e dell'articolo 2257, commi 1 e 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Funzione Pubblica, del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’associazione professionale a carattere sindacale tra militari (APCSM, acronimo impiegato dal legislatore agli artt. 1476 ss., d.lgs. n. 66/10, “Codice dell’ordinamento militare”, di seguito “C.O.M.”) S.U.M. - Sindacato Unico dei Militari ha impugnato il decreto del Ministro della pubblica amministrazione, adottato in data 29 marzo 2024, “ sentiti, per quanto di rispettiva competenza, i Ministri della difesa e dell'economia e delle finanze ”, secondo quanto previsto dall’art. 1478, comma 5, COM, avente ad oggetto la ricognizione delle APCSM rappresentative a livello nazionale, ammesse alla contrattazione collettiva per il triennio 2022-2024.
2. Stando alla sintesi dei motivi contenuta nell’ incipit del ricorso, l’associazione ricorrente lamenta:
2.1. l’illegittimità costituzionale, nei termini di seguito indicati, per violazione degli artt. 3 e 39, comma 4 Cost. (instando affinché il Tribunale investa la Corte della relativa questione), della disposizione che regola il metodo di rilevazione della rappresentatività delle APCSM, con particolare riguardo alla base di calcolo (“ forza effettiva complessiva della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare di riferimento ”), contenuta nell’art. 1478 C.O.M., sulla base della quale è stato effettuato il riconoscimento delle associazioni sindacali per mezzo del decreto impugnato;
2.2. la “discriminazione indiretta”, a norma dell’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 216/03 (“ Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e della direttiva n. 2014/54/UE relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori ”), asseritamente subita dalla ricorrente “ a causa di una disposizione di legge in contrasto con il principio di parità di trattamento ” (pag. 3 del ricorso), che ne avrebbe determinato l’esclusione dal novero delle APCSM rappresentative a livello nazionale.
3. Scendendo nel dettaglio, l’associazione ricorrente ritiene l’art. 1478 C.O.M. in contrasto, innanzitutto, con l’art. 39, comma 4 della Costituzione, nella parte in cui il legislatore ha assunto, come base di calcolo sulla quale applicare le soglie espresse in termini percentuali, previste dalla medesima disposizione, ai fini del raggiungimento della soglia di rappresentatività, della “ forza effettiva complessiva ” (vale a dire, dell’intero organico) della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare di riferimento e non già della c.d. “forza sindacalizzata” (consistente nel numero dei soli lavoratori che abbiano aderito ad un’associazione sindacale).
Tale opzione legislativa avrebbe arrecato un evidente e sostanziale pregiudizio in danno delle associazioni che hanno iniziato la loro attività di proselitismo in epoca recente (va ricordato, infatti, che è soltanto a seguito della sentenza n. 120/18 della Corte costituzionale, la quale ha rimosso lo storico divieto per gli appartenenti alle Forze armate di costituire proprie organizzazioni sindacali, e dell’entrata in vigore della legge attuativa n. 46/22 che le APCSM hanno iniziato ad operare) e, ciò nonostante, hanno acquisito un quantitativo rilevante di adesioni. È chiaro che, più è ampia la base di calcolo, maggiore è il numero di adesioni necessarie al fine di raggiungere le percentuali di legge.
La disposizione sarebbe, altresì, irragionevole e, dunque, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, posto che, allo stato, la “ quantità di lavoratori che non hanno espresso alcun consenso, non sottoscrivendo alcuna delega ” risulterebbe “ abnormemente superiore a quelli che hanno espresso il su richiamato consenso ” (pag. 6 del ricorso).
L’ammissione alla contrattazione collettiva e il riconoscimento di diritti e prerogative ulteriori alle associazioni che hanno soddisfatto il criterio delineato dal legislatore, ritenuto “ in disarmonia con i principi stessi che reggono l’ordinamento italiano ” (pag. 7 del ricorso), si risolverebbe, così, in una disparità di trattamento rispetto alle altre associazioni (e ai lavoratori da queste rappresentati).
In sostanza, prosegue la ricorrente, premesso che le procedure di contrattazione devono costituire espressione della volontà dei soggetti nei confronti dei quali il contratto collettivo è destinato a produrre effetti vincolanti, “ a queste dovrebbero prendere parte le APCSM che rappresentano complessivamente almeno il 51 per cento del personale nei cui confronti il contratto esplica i suoi effetti ”, pena la violazione dei “ principi di democraticità e partecipazione a cui si deve ispirare l’attività sindacale ” (pag. 8 del ricorso). Diversamente, ad una minoranza di lavoratori appartenenti al comparto di riferimento verrebbe attribuita la possibilità di decidere “ le sorti ” della maggioranza dei colleghi, che ha deciso di aderire ad altra associazione sindacale non riconosciuta come rappresentativa ovvero di non prestare adesione ad alcuna delle associazioni iscritte nell’apposito elenco.
Ulteriore conseguenza del denunciato meccanismo sarebbe ravvisabile nell’effetto distorsivo consistente nella revoca delle deleghe e nella migrazione dei lavoratori verso le associazioni rappresentative, atteso che a queste e ai loro aderenti il legislatore riconosce prerogative pregnanti e decisive nello svolgimento dei rapporti sindacali (solo a titolo esemplificativo, diritti informativi, diritto a distacchi e permessi sindacali retribuiti, partecipazione alle commissioni di conciliazione ex art. 1482 bis , C.O.M.).
Conclusivamente, ad avviso della ricorrente, l’unico metodo di rilevazione della rappresentatività compatibile con la Costituzione sarebbe quello che assume come base di calcolo il personale che abbia deciso di farsi rappresentare, in coerenza con l’art. 39, comma 4, Cost. (nella parte in cui fa riferimento alla proporzione rispetto agli iscritti), come accade nel pubblico impiego c.d. contrattualizzato (art. 43, d.lgs. n. 165/01), ove si tiene conto della “ media tra il dato associativo e il dato elettorale ”. Diversamente, “ il tenere nel computo ai fini della rappresentatività anche il personale che decide di non versare alcun contributo sindacale e quindi rinuncia a farsi rappresentare e ad eleggere i propri rappresentanti, comporta una discriminazione in pregiudizio di quei lavoratori che delegano i rispettivi dirigenti sindacali attraverso la relativa sottoscrizione di atto di delega ” (pag. 19 del ricorso).
Espressione di tale principio, ritenuto cardine del sistema, sarebbe anche l’art. 15 del c.d. Statuto dei lavoratori (l. n. 300/70).
4. Così delineata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1478 COM, la ricorrente lamenta, altresì, la disparità di trattamento subita dalle neoistituite APCSM e, correlativamente, il vantaggio di cui avrebbero beneficiato le associazioni che vantano la presenza, al loro interno, di dirigenti che hanno continuato a ricoprire, nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della l. n. 46/22 (in virtù della disposizione transitoria di cui all’art. 19, comma 2) e l’adozione del decreto impugnato, cariche nell’ambito degli organi unitari della rappresentanza militare (Co.Ce.R e Co.I.R.), che hanno cessato le loro funzioni a decorrere dall’adozione del predetto decreto, come previsto dell’art. 2257, comma 3, C.O.M.
Sostiene la ricorrente che “ le APCSM oggi riconosciute rappresentative con il decreto qui impugnato hanno verosimilmente potuto contare sulle informazioni raccolte dai rispettivi dirigenti in qualità di