TAR Bari, sez. III, sentenza 2009-08-17, n. 200902023

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2009-08-17, n. 200902023
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 200902023
Data del deposito : 17 agosto 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01703/2007 REG.RIC.

N. 02023/2009 REG.SEN.

N. 01703/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1703 del 2007, proposto da:
O C S in persona del legale rappresentante p.t. sig. V O, rappresentata e difesa dagli avv. N M e R V, con domicilio eletto presso N M in Bari, via Andrea Da Bari, 35;

contro

Comune di Rodi Garganico in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. V.A P, con domicilio eletto presso Vito A P in Bari, via Pizzoli, 8;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Rodi Garganico;

Viste le memorie difensive;

Visto l’atto di motivi aggiunti reso contestualmente a memoria difensiva e depositato, previa notifica del 5.1.2009, in data 14 gennaio 2009 in cui si viene a chiedere che il Comune di Rodi Garganico sia condannato alla restituzione del fondo in favore della O C S, il tutto a titolo di risarcimento in forma specifica .

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/04/2009 il dott. V M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con atto notificato e depositato rispettivamente il 16 ed il 30 novembre del 2007 la società ricorrente comproprietaria con eredi Antonio Saccia di suoli della particella n. 680 del foglio 7 in agro del Comune di Rodi Garganico, oltre che proprietaria di altri suoli sempre al fg. 7 particelle 219 e 1004e tutti ricadenti nella perimetrazione della zona omogenea C2, ha svolto l’azione risarcitoria di cui in epigrafe. Ha fatto presente che i suoli della particella 680 ad essa ricorrente pervenuti a seguito della messa in liquidazione della soc. Immobiliare Viridiana Srl furono oggetto di occupazione d’urgenza giusto decreto sindacale n. 2535 dell’8.3.1989 e per la intera estensione di mq. 12.244 per la costruzione di parco giochi per l’infanzia (il verbale di consistenza e la immissione in possesso avveniva il 28.4.1989). Al tempo il sig. Olivieri quale amministratore unico della società Viridiana con comunicazione del 27.4.1989 prot. n. 3497 indirizzata al Sindaco dichiarava la disponibilità alla cessione volontaria, bonaria e gratuita dei suoli “a condizione che la volumetria rinveniente dalla estensione dell’area di proprietà possa essere comunque realizzata attraverso la formazione di comparti, in modo cioè che gli oneri degli standards urbanistici non ricada unicamente sulla società Veridiana”. “Pertanto <si continuava in essa proposta>
nella formazione dei futuri strumenti urbanistici attuativi devono essere individuate le volumetrie spettanti alla stessa società”. La proposta veniva accettata dal Comune con delibera di C.C. n. 159 del 13.7.1989, ma successivamente –continua la soc. ricorrente- l’amministrazione non ha mai provveduto alla stipula formale del negozio di cessione, né alla emanazione del decreto di esproprio, anche se da tempo ha realizzato l’opera pubblica e ciò nonostante l’impegno formalmente assunto e ribadito con nota sindacale n. 5852 del 22.9.2000. Ciò premesso in punto di fatto, in diritto la ricorrente osserva che non essendosi perfezionato il negozio di cessione e non essendo neppure stato emesso il decreto di esproprio nel termine di cinque anni dal decreto di occupazione dell’8.3.89 ed avendo nel contempo il Comune realizzato il parco giochi si è verificata una lesione del diritto di proprietà di essa ricorrente in relazione all’occupazione sine titulo dell’area. Lamenta che il Comune oltre a non aver stipulato un regolare atto di cessione, non ha provveduto a redigere il piano particolareggiato dell’area assegnando al lotto residuo di proprietà Olivieri Costruzioni la volumetria dell’area acquisita, ai fini del concreto utilizzo.

Osserva quindi la ricorrente che si è avuto un illecito permanete da parte dell’amministrazione che utilizza il suolo altrui in mancanza di un decreto di espropriazione, ribadendo che il negozio di cessione volontaria abbisogna della forma scritta, a pena di nullità, e che l’accordo sull’ammontare della indennità viene a perdere di efficacia ove il procedimento , e per essere nelle more verificatesi la c.d. occupazione acquisitiva, non si concluda col negozio di cessione o con decreto di esproprio.

La soc. ricorrente, si continua, non è stata messa in condizioni di poter usufruire della volumetria dell’area acquisita dal Comune, posto che il PRG prevede che la edificazione dell’area avvenga previa redazione di un piano attuativo esteso ad una superficie ben più ampia della residua area ancora in proprietà della soc. ricorrente, la quale –facendosi carico degli oneri di progettazione- aveva essa stessa predisposto un piano attuativo, ostacolato dal Comune con motivazioni del tutto pretestuose.

Il Comune quindi deve risarcire i danni patiti per lesione del diritto di proprietà derivante dall’occupazione senza titolo dell’area. Per quanto riguarda la natura dell’area, secondo la ricorrente ne è certo il carattere edificatorio in rapporto alla zona territoriale omogenea in cui la stessa è ricompresa. Per il valore va fatto riferimento al prezzo medio di mercato pari al momento dell’acquisizione illecita;
la parte –che è proprietaria al 50% dell’area occupata- rivendica la somma di € 638.350,00 (euro 100,00 per mq.12757 diviso due = 638.350,00) più 237.034,00 per svalutazione, più 388.397,00 per interessi legali e quindi complessivamente euro 1.263.771,00.

Rivendica altresì indennità per occupazione legittima di cinque anni che quantifica in € 439.568,00 comprensivi di interessi ad oggi maturati (euro 159.307,00), oltre interessi sino al soddisfo.

Competente a decidere è poi il G.A. qui dotato di giurisdizione esclusiva.

Si è costituito in giudizio il Comune che con controricorso del 4 marzo 2008 ha contestato le avverse prospettazioni;
ha fatto presente che il tutto muove da una proposta avanzata dal sig. V O, già amministratore Unico della Immobiliare Veridiana srl, formalizzata con istanza del 27.4.1989 (un mese dopo il decreto di occupazione d’urgenza) di cessione volontaria, bonaria e gratuita dei suoi suoli ed alla condizione del recupero a titolo di corrispettivo da parte della società cedente della volumetria espressa dai suoli oggetto di ablazione, condizione questa realizzatasi attraverso lì’approvazione del nuovo PRG che ha tipizzato le aree residue nella perimetrazione della zona omogenea C2 la cui edificazione è subordinata alla relazione di strumento urbanistico attuativo. Tra l’altro parte privata ebbe a presentare del maggio 2006 lottizzazione su cui il Comune ha solo avanzato richieste istruttorie. Ha eccepito poi il Comune l’avvenuta prescrizione in quanto la cessione dei suoi è avvenuta in uno con la realizzazione del parco giochi agli inizi degli anni novanta, e quindi la domanda risarcitoria è proposta ben oltre il quinquennio.

Con atto di motivi aggiunti, contestuale a memoria difensiva, notificato in data 5 gennaio 2009 e depositato il successivo 14 gennaio parte ricorrente, muovendo sempre dalla mancata conclusione del procedimento di esproprio, sottolineando anche con richiamo alle disposizioni di cui all’art. 43 del t.u. sugli espropri n. 327 del 8 giugno 2001 che l’amministrazione non può diventare proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge, ed aggiungendo ancora che non è dato ravvisare alcuna prescrizione perché il diritto di proprietà del privato per fatto imputabile alla p.a. non si prescrive, ha chiesto la condanna del Comune alla restituzione del fondo su cui è stato realizzato il parco giochi.

La difesa del Comune ha decisamente contestato essa richiesta (vedi memoria del 30 marzo 2009) parlando di inammissibile mutatio libelli più che di emendatio libelli e ribadendo, per il resto, quanto già espresso nelle sue prime memorie.

DIRITTO

La vicenda sottosta all’esame del Collegio presenta degli aspetti singolari: v’era stato un “accordo” tra privato e Comune e su proposta del privato Sig. Vincenzo Ulivieri amministratore al tempo della Immobiliare Viridiana Srl ed ora legale rappresentante della società ricorrente–la cui proprietà (mq. 12.244 foglio n. 7 p.lla 680, urbanisticamente Zona E1 –Verde agricolo) era stata incisa nel marzo del 1989 da decreto di occupazione di urgenza per la realizzazione di un parco giochi. La proposta avanzata un mese dopo, cioè il 27 aprile 1989, di cessione volontaria, bonaria e gratuita era sottoposta alla condizione “ che la volumetria rinveniente dalla estensione dell’area di proprietà possa essere comunque realizzata attraverso la formazione di comparti, in modo cioè che l’onere degli standards urbanistici della zona non ricada unicamente sulla società Viridiana”.

Il Comune aveva accettato essa proposta con deliberazione di C.C. del 13 luglio del 1989, demandando al Sindaco la stipula del prescritto contratto, che però non venne mai stipulato, né lo è stato successivamente, anche se medio tempore e con l’approvazione del PRG, esso Comune conferiva ai suoli di che trattasi suscettibilità edificatoria. Pon mente anche osservare che parte ricorrente ha avanzato e per la zona confinante (ormai edificatoria) piano di lottizzazione nel 2006, su cui vi sono state osservazioni da parte del Comune, che per suo conto non consta aver “chiuso” del tutto possibilità realizzative –vedi nota comunale del 21 agosto del 2007 n. 8369 esibita in atti, cui poi è seguito il presente contenzioso.

Osserva subito il Collegio che la circostanza che nell’atto introduttivo si venga a chiedere dalla parte privata il risarcimento danni e nell’atto di motivi aggiunti si venga a chiedere la restituzione del bene (suolo della superficie di oltre 12.000 mq su cui è stato realizzato il parco giochi) non costituisce una “inammissibile” mutatio libelli. Invero a mente dell’art. 35 del d.lgs. n. 80/1998 nella sua formulazione testuale appare configurabile la tutela in forma specifica e quella per equivalente come mezzi concorrenti rimessi al prudente apprezzamento del giudice sulla scorta della domanda del soggetto danneggiato che agisce per ottenere ala riparazione di un pregiudizio;
ai sensi di tale norma pertanto il mutamento della domanda, da risarcimento a restituzione, è da considerare non già come mutatio, ma come emendatio libelli (cfr. Tar Lombardia Brescia n. 1796/08).

Parte ricorrente nella sua richiesta prima risarcitoria e poi restitutoria viene anche a chiedere il risarcimento per il periodo quinquennale di occupazione di urgenza (indennità dovuta per occupazione legittima);
a riguardo vi è un difetto di giurisdizione in capo all’adito G.A. e ciò a vantaggio di quella del G.O., giusta lettera b) terzo comma art. 34 del d.lgs. n. 80/98 del seguente tenore: “Nulla è innovato in ordine … alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione della indennità, in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”. Sul punto ed in applicazione del principio della translatio iudicii di cui alla sentenza della Corte Costituzionale del 12 marzo 2007 n. 77, il processo deve essere riassunto dinanzi a quello munito di giurisdizione ed entro 6 mesi dalla comunicazione della presente, restando impregiudicati gli effetti sostanziali e processuali prodottisi dinanzi al giudice non competente (CdS Sez. VI, n. 474/2009).

Per la parte rimanente v’è la giurisdizione di questo G.A. (vedi A.P. n. 9 e n. 12 del 2008) e ciò vale anche per i procedimenti svoltisi anteriormente all’introduzione dell’art. 43 dPR 327/01.(A.P. n. 9/07).

Sempre in rito e sulla prescrizione del diritto al risarcimento danni eccepita dal Comune resistente, ritiene il Collegio che essa eccezione sia destituita di fondamento;
infatti il diritto di proprietà è imprescrittibile ed il suo trasferimento in capo alla p.a. (vedi anche art. 1 protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti del’uomo del 1950) avviene solo in virtù di decreto di esproprio o di formale atto di trasferimento della proprietà, qui invece –quanto meno nella prospettazione di parte ricorrente che di seguito si va ad esaminare- carente.

Il punto di causa è se –pacifico che non vi sia mai stato un atto di esproprio- possa ai fini del trasferimento della proprietà tra privato e comune ritenersi valido “l’accordo” conseguente alla proposta della soc. Immobiliare accettata dal Comune con delibera consiliare del 13.7.1989 n. 159. Trattavasi, come detto nella parte in fatto, di proposta di cessione volontaria del suolo di 12.224 mq. destinato nell’allora vigente PdF a “Zona E1 –Verde agricolo coltura caratteristica da preservare” condizionata dalla valorizzazione a fini edificatori dei suoli oggetti della procedura espropriativa.

Orbene, secondo il Collegio, non si può parlare di trasferimento di proprietà perché i contratti della p.a. necessitano della forma scritta ad substantiam che ne costituisce l’elemento essenziale avente funzione costitutiva e non dichiarativa;
di recente la prima sezione della Cassazione con sentenza del 2 aprile 2009 n. 8044 (ma è da ritenersi giurisprudenza consolidata, vedi anche Cass. Civ. 1^ Sez. 15 gennaio 2007 n. 621 pronunciata proprio in tema di acquisto di immobile) ha ribadito che il contratto stipulato dall’Amministrazione pubblica deve essere redatto a pena di nullità per iscritto ed a questo fine è irrilevante l’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico che abbia autorizzato la stipulazione del contratto, ove tale deliberazione non si sia tradotta in un unico atto contrattuale coevamente sottoscritto dal rappresentante esterno dell’ente e dal privato, da cui possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto. Nella specie nella delibera consiliare del 1989, accettandosi la proposta del privato, si incaricava il Sindaco della stipula del contratto, stipula mai avvenuta. In virtù dei principi dianzi accennati non può altresì aver valore sostitutivo un scambio epistolare;
la presenza di un Ente pubblico non consente di estendere principi propri del campo civilistico alla fattispecie che ne occupa.

Ciò detto, il Collegio deve prendere comunque atto da quanto, e ripetutamente, ribadito dalla difesa comunale, vale a dire che ci sono stati -ed a vantaggio della ricorrente- degli effetti scaturenti dalla proposta della cessione volontaria dei suoli al tempo avanzata dal privato ed accettata dall’Amministrazione, vale a dire la variazione della destinazione urbanistica impressa all’area e la ricomprensione dei terreni nel comparto edificatorio, giusto quanto disposto nel PRG;
quanto innanzi non può essere obliterato, pena una locupletazione da parte del privato in conseguenza del mancato accordo scritto (cui anche da parte privata si sarebbe potuto dare impulso). V’è, e d’altro canto, pure da aggiungere che la stessa condizione apposta alla proposta non si è verificata compiutamente, soprattutto sotto il profilo operativo. La proposta, infatti, prevedeva il recupero all’interno di comparti della volumetria espressa dalle aree di proprietà sottoposte al procedimento espropriativo, nel mentre il PRG ha previsto per la zona in questione un comparto di grandi dimensioni comprendente anche suoli non di proprietà della ricorrente il cui piano di lottizzazione del 2006 è stato pure osservato dal Comune, con la conseguenza che parte privata si sente abilitata a parlare di volumetrie astrattamente previste dal PRG ma prive di effetti concreti.

Ritiene ora il Collegio che per la soluzione del caso debba e necessariamente farsi riferimento all’art. 43 del t.u. delle espropriazioni n. 327/01, applicabile anche a casi di occupazione sine titulo già verificatesi alla sua data di sua entrata in vigore (vedi CdS IV Sez. n. 2582 e n. 3752 del 2007 e nn. 5854, 5846 e 5857 del 2008) e con particolare riferimento al 2^ comma dell’art. 2058 stante l’avvenuta e da tempo, realizzazione dell’opera pubblico (parco giochi per l’infanzia).

Pertanto, e respinta la eccezione di prescrizione (il diritto di proprietà del privato per fatto imputabile alla p.a. è imprescrittibile e lo stesso art. 43 t.u. 327/01 impone la restituzione del bene ablato “senza limiti di tempo” -e non vi sono ragioni logiche oltre che giuridiche perché essa illimitatezza temporale prevista per la esecuzione in forma specifica non debba riguardare anche la esecuzione per equivalente), il ricorso va accolto con riferimento alla domanda risarcitoria (fermo restando che il pagamento dell’indennità riferita al periodo di occupazione legittima va rivendicata presso l’AGO) e con la precisazione che non si è verificato alcun passaggio di terreno occupato dal Comune. Esso Comune quindi potrà diventare proprietario dell’area occupata solo con l’adozione del provvedimento previsto dal citato art. 43. E’, questa una possibilità offertole dall’ordinamento (il “può disporre” di cui all’art. 43) a fronte della quale è recessiva al momento la richiesta restitutoria del privato. Osservato poi che si è in presenza di un comportamento dell’amministrazione connesso però all’esercizio di una funzione pubblica, vi è giurisdizione ed “esclusiva” del G.A. (vedi decisione del CdS, Sez. IV, n. 2582/07).

Nell’ambito di essa giurisdizione esclusiva, ritiene il Collegio che le contrapposte parti debbano raggiungere un accordo ai sensi dell’art.35 comma 2 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 e sulla base dei seguenti criteri:

entro 60 gg. dalla notifica o comunicazione della presente sentenza il Comune e la società ora ricorrente dovranno addivenire ad un accordo in base al quale la proprietà venga trasferita al Comune, in tale accordo valorizzando la possibilità di portare a definizione il lottizzazione chiesta nel 2006 da parte privata (il cui procedimento risulta “arenatosi”), e nella considerazione che la vigente legge regionale n. 22 del 19.7.2006, il cui art. 37 ha esteso per la formazione ed attuazione degli strumenti esecutivi l’applicazione dell’art. 16 della l.r. n. 20/2001, consente ora l’approvazione di un PdL proposto da un numero di proprietari non necessariamente pari all’intera proprietà della superficie catastale interessata, purchè non inferiore al 51%. Se non sarà percorribile “la ripresa” del presentato PdL, le parti dovranno concordare la somma per il trasferimento di proprietà.

Qualora detto accordo non venga raggiunto, il Comune entro i successivi 60 gg. dovrà emettere un formale decreto in cui disporrà l’acquisizione dell’area al suo patrimonio ex art. 43 t.u. (acquisizione sanante), ovvero la restituzione dell’area a suo tempo occupata.

Per la determinazione dell’importo da corrispondere a titolo di risarcimento sia in caso di accordo che in caso di emanazione dell’atto ex art. 43 del t.u., si dovrà far riferimento al valore di mercato dell’area interessata alla data di scadenza di occupazione legittima (marzo 1994);
a tale criterio il Collegio perviene tenuto anche conto dell’aumentato valore per tipizzazione a suolo comunque edificatorio dei terreni contermini di proprietà della ricorrente, il tutto in riferimento al primitivo accordo mai formalizzato in contratto scritto.

Qualora il Comune ed i ricorrenti non concludano alcun accordo e il Comune nemmeno adotti un atto formale volto alla acquisizione ovvero alla restituzione dell’area, parte ricorrente potrà chiedere a questa Sezione l’esecuzione della presente decisione per l’adozione delle misure consequenziali, ivi compresa la nomina di commissario ad acta.

In conlusione il ricorso va accolto nei termini sopra evidenziati.

Quanto alla spese, la particolarità della vicenda (accordo risalente a circa venti anni fa e non formalizzato compiutamente, benefici comunque conseguenti alla parte privata) dispone per la compensazione tra le parti in causa.

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